Tempo di lettura: 3 minutiIl cambiamento climatico influisce sulla qualità di vita dei pazienti affetti da malattie respiratorie. Un peso che incide non solo sulla salute fisica, ma anche sul benessere generale. Lo dimostra un sondaggio, parte di un report pubblicato dall’Economist Impact e supportato da Chiesi.
Il report spiega l’influenza degli effetti negativi della scarsa qualità dell’aria sulle persone affette da patologie respiratorie. Infatti i fattori legati al clima hanno un impatto significativo sulla salute dei polmoni. Secondo i risultati, la scarsa qualità dell’aria può costituire un ostacolo alle attività che agevolando il benessere dei pazienti. In particolare, più della metà dei pazienti che vivono in aree con scarsa qualità dell’aria evita attività fisica e interazioni sociali. Le patologie respiratorie, indipendentemente dalle disparità di reddito, sono causa di preoccupazione per la sicurezza del lavoro e dell’occupazione.
Il nuovo report sull’impatto del clima
In occasione della Giornata internazionale dell’aria pulita per i cieli blu, un nuovo report dell’Economist Impact intitolato Cleaner air, clearer lungs, better lives: exploring the intersection of air quality, health inequalities and lung health fa luce sull’interazione tra qualità dell’aria, salute polmonare e disparità socioeconomiche.
I risultati sono stati presentati oggi a Milano in un panel di professionisti sanitari, scienziati ambientali e associazioni di pazienti in un evento intitolato Patient Perspectives on the Impact of Climate Change on Respiratory Wellbeing. I riflettori sono puntati su coloro che subiscono, sulla propria salute, gli effetti della crisi climatica.
Il sondaggio dell’Economist Impact e l’analisi della letteratura che l’accompagna, analizzando a fondo le esperienze di persone affette da malattie polmonari in cinque Paesi chiave (Regno Unito, Italia, Spagna, Germania e Francia), suggeriscono che i fattori legati al clima hanno un impatto significativo sulla qualità di vita, non solo in termini di salute fisica, ma anche di benessere complessivo. Il sondaggio esplora, inoltre, il modo in cui questo impatto possa interagire con altri parametri sociali, come l’istruzione, il reddito e lo stato socioeconomico complessivo, richiedendo soluzioni olistiche di politica sanitaria.
Attraverso un documento sono state messe in luce le questioni della salute polmonare, della qualità dell’aria e delle disuguaglianze sanitarie attraverso gli occhi dei pazienti affetti da patologie polmonari. Il fine è “contribuire alla definizione di politiche più efficaci in materia di salute polmonare“, ha spiegato Gerard Dunleavy, Senior Consultant dell’Economist Impact.
La percezione dei pazienti affetti da malattie respiratorie
Nonostante i miglioramenti complessivi della qualità dell’aria registrati nei cinque Paesi, l’inquinamento atmosferico rimane una delle principali preoccupazioni per la salute degli europei.
È quanto emerge dalla percezione degli intervistati, il 69 per cento dei quali ha dichiarato di ritenere che la situazione sia peggiorata negli ultimi cinque anni. Quando è stato chiesto di indicare le principali cause dell’inquinamento atmosferico, oltre il 40 per cento ha sottolineato i fattori legati al cambiamento climatico, in particolare gli eventi meteorologici estremi, come le ondate di calore e l’aumento delle concentrazioni di pollini.
Città sotto accusa
La percezione dell’impatto della cattiva qualità dell’aria è sensibilmente più alta nelle città che nelle campagne. Il 35 per cento degli intervistati nei centri urbani afferma che la cattiva qualità dell’aria ha influito molto sui sintomi e solo il 5 per cento ha affermato che non ha influito per nulla. Ci sono, inoltre, maggiori probabilità che gli intervistati residenti nelle aree urbane ritengano che gli spostamenti per andare al lavoro, l’attività fisica all’aperto e al chiuso e la semplice permanenza in casa peggiorino la loro condizione polmonare.
“La Ella Roberta Foundation crede in un mondo in cui tutti possano respirare aria priva di inquinamento nocivo, indipendentemente dal luogo in cui vivono, dalla loro condizione economica o dalla loro origine etnica. In Europa stiamo registrando livelli di inquinamento atmosferico fuori dalle norme e il report ribadisce ancora una volta perché dobbiamo fare pressioni affinché questo aspetto rientri nell’agenda politica. L’inquinamento atmosferico uccide, ma non è inevitabile che sia così. Nel caso di Ella, il medico legale è stato chiaro: se il governo non ripulisce l’aria, i bambini come Ella continueranno a morire“, ha aggiunto Rosamund Adoo-Kissi-Debrah, Presidente della Ella Roberta Foundation, uno dei relatori dell’evento di oggi.
I pazienti che vivono in aree con scarsa qualità dell’aria hanno maggiori probabilità di temere un peggioramento della propria salute rispetto a quelli che vivono in aree con buona qualità dell’aria (rispettivamente il 44 per cento vs il 28 per cento). Oltre la metà degli intervistati in contesti con bassa qualità dell’aria riferisce di aver evitato attività all’aperto, sia di tipo fisico che sociale, che avrebbero potuto avere un impatto positivo sulla loro salute.
Malattie respiratorie, morti evitabili
“È sorprendente come in questo secolo le cause di morte evitabili continuino a mietere vittime. Il peso delle malattie polmonari e respiratorie croniche (CRD) è in aumento a causa del peggioramento della qualità dell’aria provocato dall’inquinamento atmosferico, a sua volta aggravato dai cambiamenti climatici. È fondamentale affrontare le implicazioni più vaste della crisi climatica sulla qualità dell’aria. Il dialogo sarà fondamentale per diagnosticare, trattare e prevenire le malattie respiratorie. Prevenire queste malattie è più importante che curarle“, ha concluso Arzu Yorgancıoğlu, Presidente della Global Initiative for Asthma (GINA).
Sigaretta elettrica rilascia residui tossici su superfici per un mese
News PresaI giovani sono i principali utilizzatori della sigaretta elettrica, con numeri in costante aumento, ma gli effetti sulla salute non sono ancora del tutto chiari. Ora uno studio ha dimostrato come il vaping rilasci sostanze sulle superfici, allo stesso modo delle sigarette classiche. Si tratta quindi a tutti gli effetti di fumo di ‘terza mano’ che secondo gli scienziati può causare malattie polmonari, specie nei bambini.
Sigaretta elettrica e fumo di terza mano
Viene definito fumo ‘di terza mano’ il residuo che si deposita sugli abiti e sulle superfici e ciò avviene anche durante il vaping. Una ricerca australiana ha dimostrato come queste sostanze possano causare gravi malattie polmonari soprattutto nei bambini.
I residui, identificati dal Woolcock Institute of Medical Research di Sydney, aderiscono alle superfici dopo che la persona ha fumato. Vengono assorbiti attraverso il tatto ed entrano nel flusso sanguigno e quindi nell’organismo, raggiungendo i polmoni. I bambini sono i più vulnerabili perché hanno più probabilità di portare le mani alla bocca, permettendo agli oli di essere ingeriti, arrivare nei polmoni ed entrare nel più ampio metabolismo – scrive sul sito dell’Istituto il responsabile della ricerca Brian Oliver, specialista di malattie respiratorie, che ha condotto lo studio con la collaborazione di ricercatori dell’Università di Tecnologia di Sydney.
Sostanze tossiche a lungo sulle superfici
“Quando le persone svapano, i fumi che vengono emessi sono molto aderenti e coprono molto efficacemente le superfici”, scrive lo studioso. “Credo che le persone non pensino a quanto ciò che fanno abbia effetto sugli altri”, aggiunge.
Il fumo di terza mano risulta tossico in media per un mese, quindi può aderire a lungo sulla mobilia e nell’interno delle auto ed è quasi del tutto inodore. I residui sono così invasivi, tanto da spingere alcune compagnie di autonoleggio a proibite il vaping nelle loro auto, poiché i depositi annebbiavano il parabrezza.
“Il nostro modello di esposizione di terza mano indica che gli effetti sono profondi. I polmoni hanno evidenze di fibrosi tipicamente presenti in persone che soffrono di malattie polmonari croniche, come asma ed enfisema. I polmoni mostravano evidenze di un danno che probabilmente dura una vita”, aggiunge lo studioso. “Il fumo dei vape inoltre può essere particolarmente difficile da evitare, a causa delle fragranze con cui sono solitamente confezionati”.
L’odore e l’aroma della sigaretta elettrica nascondono la potenziale tossicità, spiegano gli scienziati. Questi aspetti sensoriali rendono il vaping difficile da lasciare. Si tratta quindi di una maniera inefficace di rinunciare al fumo di tabacco. Inoltre il vaping è accompagnato dagli stessi rituali delle sigarette, diversamente da altri sostituti della nicotina che invece impediscono alla persona di riprodurre percorsi associativi nel cervello che portano al desiderio di fumare, sottolineano gli autori. In altre parole, il vaping replica le sensazioni della sigaretta, non aiutando a smettere, concludono.
Rientro a scuola, il decalogo con i consigli dei pediatri
Bambini, GenitorialitàRientro a scuola, dal Bambin Gesù di Roma arriva un decalogo con i consigli dei pediatri: dalla postura al peso degli zaini, passando per alimentazione, gestione del tempo e dello stress. L’obiettivo è quello di aiutare i genitori ad affrontare nel migliore dei modi, insieme ai propri figli, il ritorno a scuola. Per milioni di bambini e ragazzi è infatti arrivato il momento di sedersi sui banchi: gli istituti di tutta Italia riaprono i cancelli entro la prima metà di settembre. Sul portale dell’Ospedale, inoltre, è a disposizione delle famiglie un’intera sezione dedicata alla scuola con altri suggerimenti utili e approfondimenti su temi specifici come l’inserimento dei bambini nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria.
Mammografia, troppe donne rinunciano allo screening
News PresaMolte donne tra i 50 e i 69 anni non si sono mai sottoposte ad una mammografia. In altre parole, non hanno mai fatto prevenzione per il tumore al seno. I dati sono quelli dell’Istituto Superiore di Sanità e dipingono un quadro a tinte fosche, con divari importanti da regione a regione. In particolare, emerge che 1 donna su 10 non ha mai fatto un esame mammografico e quasi il 20% riferisce di averlo eseguito da oltre due anni.
Gap culturale
I dati evidenziano un importante gap culturale, visto che la quota di donne che si sottopone allo screening mammografico è maggiore fra quelle più istruite o con maggiori risorse economiche, fra le donne di cittadinanza italiana rispetto alle straniere, e fra le donne coniugate o conviventi. Emerge, inoltre, un altro dato: la prevenzione del tumore della mammella in Italia resta per lo più ristretta ai programmi realizzati dalle Asl.
Screening
Grazie a queste campagne di screening il sistema sanitario riesce ad intercettare più della metà delle donne alle quali questi controlli sono dedicati, anche grazie a metodiche innovative, mentre la restante quota di donne che si sottopone a una mammografia preventiva nei tempi raccomandati lo fa al di fuori dei programmi organizzati (un ulteriore 20% circa della popolazione target).
Da Nord a Sud
Ancora oggi sembra persistere una sorta di “questione meridionale” anche in sanità, con una copertura dello screening mammografico estremamente esplicita in questo senso: l’80% al Nord, il 76% nel Centro e solo del 58% nelle Regioni meridionali. Qual è la regione con la maggior adesione? Il Friuli Venezia Giulia (88%), mentre Calabria (43%), Molise e Campania (entrambe al 51%) sono le Regioni con le coperture totali più basse.
Il ruolo dei medici di famiglia
Un fatto altrettanto utile da evidenziare è il ruolo dei medici di famiglia nel convincere e coinvolgere le donne a sottoporsi a screening preventivi. L’efficacia della promozione dello screening cresce se all’invito della ASL si accompagna il consiglio del proprio medico di fiducia o di un operatore sanitario. Negli anni, proprio grazie al lavoro certosino dei medici di medicina generale, il gap tra Nord e Sud si è ridotto, anche se ancora molto si può e si deve fare.
Tumore del pancreas, cos’è e come lo si può affrontare
Contributi OL, News Presa«Affrontiamo una vasta gamma di patologie che colpiscono il pancreas. Tra queste neoplasie, la più frequente è l’adenocarcinoma, che purtroppo ha quasi sempre una prognosi molto severa. Questo avviene sia perché il pancreas è un organo complesso, che si trova al centro dell’addome e ha una connessione con altri organi e strutture vascolari e linfonodali fondamentali del nostro organismo, sia perché quasi sempre si arriva alla diagnosi in una fase tardiva che consente solo nel 20 per cento dei casi l’intervento chirurgico». A parlare è il Professor Carlo Molino, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Chirurgia Generale I e Chirurgia del Pancreas dell’Azienda Ospedaliera Antonio Cardarelli di Napoli.
Oltre l’adenocarcinoma, quali altri tumori possono colpire il pancreas?
«Forme talvolta meno aggressive sono i tumori neuroendocrini. Ad esempio, i cosidetti tumori pancreatici funzionanti (attivi perché secernono sostanze attive, ndr) come l’insulinoma, generalmente benigno. O ancora, i tumori neuroendocrini non funzionanti che in alcuni casi non richiedono un intervento, bensì una vigile attesa. Poi esistono diverse patologie neoplastiche che interessano il pancreas, ma sono secondarietà di altri tumori. Una nota a parte la meritano le lesioni cistiche del pancreas per le quali oggi possiamo fare prevenzione».
Professore, qual è l’incidenza del tumore del pancreas in Campania e in Italia?
«Il primo dato da considerare è che tra pochi anni, di qui a un decennio, si prevede che il tumore del pancreas sarà la seconda causa di morte per neoplasia. L’incidenza sta aumentando notevolmente. La nostra regione conta circa 830 nuovi casi di tumore al pancreas ogni anno, e come dicevo prima solo il 20 per cento può essere affrontato upfront con la chirurgia».
Incidenza in linea con le altre regioni d’Italia?
«Sì. È una realtà non solo della nostra regione, ma comune a tutti gli altri territori. In media, l’esordio di queste neoplasie del pancreas riguarda i settantenni. Tuttavia, stiamo riscontrando un incremento anche tra pazienti più giovani».
Esistono fattori di rischio noti?
«Fumo e alimentazione sono fattori predisponenti. Purtroppo, anche i fattori ambientali sono determinanti e favoriscono l’aumento delle neoplasie».
Campanelli d’allarme ce ne sono?
«Ad oggi per il tumore del pancreas non esistono test di screening come invece avviene per altre forme di tumore molto frequenti (si pensi al sangue occulto per le neoplasie del colon). Arriviamo a una diagnosi in modo accidentale, quando facciamo un esame per qualche altra patologia e scopriamo un tumore del pancreas. Oppure, lo diagnostichiamo dai sintomi, ma in fase molto avanzata. In linea generale possiamo dire che i tumori della testa del pancreas vengono scoperti per la comparsa di ittero (comparsa di colorazione giallastra della cute, ndr), e i tumori del corpo coda per il dolore che fa l’esordio come primo sintomo, ma è anche segno di notevole estensione della neoplasia agli organi circostanti».
Tutto questo a meno che non vi sia una patologia nota a carico del pancreas che quindi monitorate sino a un eventuale intervento?
«Sì, ma sono casi sporadici».
Ricevuta una diagnosi, come si interviene?
«Si interviene unendo le forze. Chirurgia e terapia medica oncologica viaggiano insieme. Spesso ormai la chemioterapia precede la chirurgia (la cosiddetta chemioterapia neoadiuvante) consentendoci in molti casi, grazie a nuove molecole, di operare pazienti che prima non sarebbero stati trattati chirurgicamente. Anche le tecniche chirurgiche si sono affinate. Oggi le possiamo realizzare in modo mininvasivo, in laparoscopia o con tecnica robotica. Noi siamo stati i primi, in Campania, a operare in robotica i tumori della testa del pancreas».
Molto ha fatto parlare il caso di una paziente di Siena che, dopo una diagnosi e uno screening genetico, ha ricevuto una terapia e il suo caso si è risolto.
«È uno dei casi che ci ricorda come la scienza faccia progressi e quanto il quadro complessivo sia in evoluzione. Purtroppo resta un caso limitato, esistono molte mutazioni in questi tumori, individuarle ci consente a volte di personalizzare la terapia con successi straordinari. Questi sono ancora casi rari che, però, ci danno grande speranza».
La sua Unità Operativa Complessa è un punto di riferimento non solo per la Campania, ma per l’intero Mezzogiorno.
«Riceviamo pazienti da tutto il Meridione, ma anche da regioni del Nord Italia. Otre le varie terapie che sono disponibili in quasi tutte le strutture italiane, noi siamo in grado di offrire anche una procedura che si chiama elettroporazione irreversibile, che si pratica per i tumori non resecabili. Siamo stati tra i primi al mondo a renderla disponibile e non a caso il nostro è un centro di riferimento per questa patologia. Abbiamo le competenze e per accogliere i pazienti e offrire una presa in carico globale. Il paziente oncologico deve essere messo al centro di un percorso di cura che gli garantisca il supporto di vari specialisti, senza che debba essere lui ad andare a cercare le diverse consulenze».
In conclusione, possiamo dunque dire che oggi una diagnosi di tumore del pancreas non va interpretata necessariamente come una sentenza?
«Siamo sulla strada giusta per fare in modo che anche il tumore del pancreas diventi una malattia cronicizzabile. Spostiamo sempre più in alto un’asticella che prima era estremamente bassa. L’importante è rivolgersi a strutture come la nostra, che da anni si occupano di questa patologia e che possono offrire i migliori trattamenti e le cure più innovative».
Tentativi suicidio 70% accessi tra i giovani al Bambino Gesù
Adolescenti, Bambini, Genitorialità, News Presa, Pediatria, Prevenzione, PsicologiaI numeri diffusi dall’ospedale pediatrico mostrano una vera e propria emergenza psichiatrica tra i giovani. Nel 2022 sono stati 387 gli accessi in emergenza per tentativi di suicidio al Pronto soccorso. Il 90% sono ragazze e l’età media è di 15 anni. Oggi, 10 settembre, si celebra la giornata mondiale della prevenzione al suicidio. Le statistiche rivelano una sofferenza diffusa che spesso non viene vista o non trova risposte adeguate sul tutto il territorio.
Tentativi suicidio aumentano tra i giovani
Ogni giorno almeno 4 tra bambini e ragazzi accedono in emergenza per problematiche mentali. I ricoveri nel reparto protetto di Neuropsichiatria del Bambino Gesù, dove vengono gestiti i casi più complessi, sono stati 544 (+10%). Il 70% di queste ospedalizzazioni riguardavano casi di ideazione suicidaria o di tentato suicidio. Nel 2022 le consulenze neuropsichiatriche effettuate nel pronto soccorso della struttura sono state 1.580. Si tratta di un’impennata rispetto alle 155 del 2011.
“La depressione e i disturbi d’ansia tra i giovanissimi sono in aumento esponenziale da anni. Siamo di fronte a una vera e propria emergenza psichiatrica. Lo testimoniano i numeri altissimi registrati al Bambino Gesù negli ultimi anni, in particolare dopo l’esperienza traumatica della pandemia – sottolinea il prof. Stefano Vicari, responsabile di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza dell’Ospedale e ordinario all’Università Cattolica. Gli accessi in urgenza di giovani accompagnati sono sempre più spesso legati all’autolesionismo fin da bambini. “È un dato che colpisce e che testimonia una sofferenza psicologica dei ragazzi che non va ignorata ma che non trova invece sufficiente ascolto e risposte adeguate”.
Il telefono per rispondere alle richieste di aiuto
La Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza del Bambino Gesù ha predisposto un percorso clinico di alta assistenza per l’autolesionismo e la prevenzione del suicidio in età evolutiva. Il servizio si rivolge ai giovani e alle loro famiglie nel tentativo per aiutare a prevenire e arginare il fenomeno in crescita. Il servizio è attivato in collaborazione con varie Asl della Regione Lazio ed è integrato dalla linea telefonica ‘Lucy‘ (06.6859.2265) per le consulenze psicologiche urgenti, attiva tutti i giorni 24 ore su 24.
HPV, infetto un uomo su 3 nel mondo. Diagnosi e vaccino
News Presa, PrevenzioneGli uomini sono un serbatoio importante per l’infezione da HPV. Lo conferma una stima globale sulla prevalenza del papilloma virus nella popolazione maschile. Se per le donne i numeri sono più chiari, gli uomini portatori di infezione da papilloma virus (HPV) fino ad oggi risultavano ancora difficili da tracciare. Ora un dato arriva da un’indagine internazionale pubblicata su The Lancet Global Health. I numeri rivelano che un terzo dei maschi è infettato da almeno un tipo di Hpv, un quinto da almeno un ceppo ad alto rischio.
Lo studio
Le stime pubblicate fanno luce sulla prevalenza del papilloma virus nella popolazione maschile. Gli autori dell’indagine hanno raccolto i dati di 65 studi, per un totale di quasi 45mila uomini coinvolti, nel periodo 1995-2022. Globalmente, la prevalenza dell’Hpv fra i maschi è risultata essere del 31 per cento, del 21 per cento se si considerano solo i tipi di Hpv ad alto rischio. Il virus è più presente nei giovani uomini fra i 25 e i 29 anni, ma già fra i 15 e i 19 è alta (28 per cento dei ragazzi, 20 per cento con un Hpv ad alto rischio) e per molte popolazioni resta elevata nel tempo.
Cos’è l’HPV
Il papilloma virus umano (HPV) è l’infezione sessualmente trasmessa più comune al mondo ed è quasi sempre asintomatica. Il virus si trasmette attraverso il contatto fra le mucose, fra gli organi genitali e anche tramite la bocca, perciò è molto diffusa nelle persone sessualmente attive. Sebbene nella gran parte dei casi l’organismo riesca a debellare l’infezione, in alcuni casi può diventare cronica e portare conseguenze più o meno gravi in base al ceppo (ne esistono centinaia). In particolare, la permanenza di alcuni ceppi del virus all’interno delle cellule può portare a patologie benigne (come i condilomi, le verruche genitali) ma può portare anche a tumori, come nel caso dei ceppi ad alto rischio. Oggi la scienza ha provato che tutti i tumori della cervice sono dovuti all’Hpv, così come la gran parte dei tumori anali, una quota importante dei tumori del pene, della vagina e dei tumori della vulva, oltre che dei tumori dell’orofaringe (tonsille e lingua, ad esempio).
Diagnosi e vaccino contro il papilloma virus
Per gli uomini ad oggi non esistono ancora test sicuri per la diagnosi del papilloma virus. Il mezzo più efficace è l’esame obiettivo fatto dall’urologo. Il vaccino è dunque l’arma più importante per prevenire l’hpv. Uno strumento che vale sia per gli uomini che per le donne. Il momento migliore per sottoporsi al vaccino è nella pre-adolescenza (l’offerta vaccinale dall’undicesimo anno d’età è rivolta a maschi e femmine), prima dell’inizio dell’attività sessuale. Tuttavia gli studi dimostrano che, anche eseguito in fase sessualmente attiva, il vaccino è efficace. Oltre che ridurre la diffusione della malattia, attiva un’azione preventiva nell’uomo (questo vale anche nella donna). In altre parole, meglio vaccinarsi tardi che mai.
HPV negli uomini in Europa
In Europa, secondo i dati ottenuti su 19 studi, si stima che sia presente almeno un tipo di Hpv nel 31 per cento degli uomini. Almeno un tipo ad alto rischio riguarda invece il 22 per cento della popolazione maschile. Il 6 per cento invece si stima abbia l’Hpv-16 il virus oncogeno, prevenibile con il vaccino e il 3 per cento l’Hpv-6, virus non oncogeno ma responsabile dei condilomi genitali, anch’esso incluso nel vaccino quadrivalente e nonavalente.
A differenza di altre aree del mondo, in Europa la presenza del virus resta elevata almeno fino ai 50 anni. «I nostri risultati mostrano che la prevalenza di HPV è alta nei maschi con più di 15 anni e indica che gli uomini sessualmente attivi, di qualunque età, rappresentano un importante serbatoio per l’infezione genitale da HPV – hanno commentato gli autori -. Queste stime sottolineano l’importanza di includere i maschi nelle strategie di prevenzione per ridurre le malattie e la mortalità maschili correlate all’Hpv, e fondamentalmente per raggiungere l’eliminazione del carcinoma della cervice e delle altre malattie dovute all’Hpv».
La vaccinazione HPV gratuita
Nel mondo, nel 2022 erano 45 i paesi che avevano avviato un programma di vaccinazione maschile per il papilloma virus. Il vaccino contro l’hpv è considerato uno strumento fondamentale anche dal piano europeo contro il cancro (il Beating Cancer Plan). Nel nostro Paese dal 2017 il vaccino nonavalente (attivo contro nove tipi di Hpv) è raccomandato e offerto gratuitamente a partire dal dodicesimo anno d’età a maschi e femmine. La vaccinazione non è obbligatoria ma rientra nei Lea (Livelli Essenziali di Assistenza). Le coperture però variano a seconda delle regioni e sono lontane dall’obiettivo del 95 per cento. Nel 2021 era vaccinato quasi il 27 per cento dei maschi dodicenni, e il 44 per cento dei tredicenni a livello nazionale.
Aria inquinata uccide oltre 90 neonati a settimana in EU e Asia
Adolescenti, Bambini, Pediatria, PrevenzionePiù di 90 bambini con meno di 1 anno muoiono ogni settimana in Europa e Asia centrale per cause legate all’aria inquinata. Sono invece oltre 5.800 i bambini e gli adolescenti morti nel 2019. La maggior parte – l’85% – è morta prima del compimento del primo anno di vita. L’inquinamento atmosferico può portare anche a disturbi neurologici da adulti, come conseguenza dei danni al cervello da bambini. A fare i conti è una nuova analisi dei dati riportata in un Policy Brief pubblicato di recente dall’UNICEF.
Polmoni più piccoli pagano prezzo più alto
“Quando si tratta di inquinamento atmosferico, i polmoni più piccoli sono quelli che pagano il prezzo più alto. Questo provoca danni alla salute e allo sviluppo dei bambini, a volte costando loro la vita”, ha dichiarato Regina de Dominicis, Direttore regionale dell’UNICEF per l’Europa e l’Asia centrale.
“Ridurre gli inquinanti atmosferici e l’esposizione dei bambini all’aria tossica è fondamentale per proteggere la loro salute e le loro società, con conseguente riduzione dei costi sanitari, miglioramento dell’apprendimento, aumento della produttività e un ambiente più sicuro e pulito per tutti”. I bambini esposti all’inquinamento atmosferico corrono un rischio maggiore di gravi problemi di salute, tra cui le infezioni respiratorie acute come la polmonite, più pericolose per i neonati e i bambini piccoli.
Respirare aria inquinata provoca danni di lunga durata ai polmoni dei bambini. In particolare aumenta il rischio di asma e di malattie respiratorie e cardiovascolari croniche, compreso il cancro. L’inquinamento atmosferico può portare a disturbi neurologici più avanti nella vita, come risultato di danni precoci al cervello dei bambini, si legge nel Policy Brief.
Aria inquinata, bimbi più esposti
I bambini sono fisicamente più esposti all’inquinamento atmosferico rispetto agli adulti. I più piccoli respirano due volte più velocemente e spesso con la bocca, assorbendo più inquinanti. Sono spesso più vicini al suolo, dove si accumulano gli inquinanti. Inoltre sono fisiologicamente più vulnerabili all’inquinamento atmosferico rispetto agli adulti perché il loro cervello, i polmoni e altri organi sono esposti a infiammazioni e danni durante un periodo di rapido sviluppo, si legge nel documento.
In Europa e in Asia centrale, l’inquinamento atmosferico – PM 2,5 e PM 10 – è causato principalmente da pratiche residenziali e commerciali, tra cui l’uso di carbone e altri combustibili fossili per il riscaldamento e per cucinare. L’Unicef ha esortato i governi a rafforzare le politiche e gli investimenti per accelerare la transizione verso un’energia e un trasporto puliti ed efficienti in tutti i settori. Inoltre ha sottolineato l’importanza di istituire e mantenere sistemi di monitoraggio della qualità dell’aria nelle vicinanze di asili e scuole e di riferire le informazioni al pubblico, rilevando i livelli di inquinamento atmosferico pericolosi per i bambini e le donne in gravidanza.
Malattie respiratorie aggravate dal clima. Il report
News PresaIl cambiamento climatico influisce sulla qualità di vita dei pazienti affetti da malattie respiratorie. Un peso che incide non solo sulla salute fisica, ma anche sul benessere generale. Lo dimostra un sondaggio, parte di un report pubblicato dall’Economist Impact e supportato da Chiesi.
Il report spiega l’influenza degli effetti negativi della scarsa qualità dell’aria sulle persone affette da patologie respiratorie. Infatti i fattori legati al clima hanno un impatto significativo sulla salute dei polmoni. Secondo i risultati, la scarsa qualità dell’aria può costituire un ostacolo alle attività che agevolando il benessere dei pazienti. In particolare, più della metà dei pazienti che vivono in aree con scarsa qualità dell’aria evita attività fisica e interazioni sociali. Le patologie respiratorie, indipendentemente dalle disparità di reddito, sono causa di preoccupazione per la sicurezza del lavoro e dell’occupazione.
Il nuovo report sull’impatto del clima
In occasione della Giornata internazionale dell’aria pulita per i cieli blu, un nuovo report dell’Economist Impact intitolato Cleaner air, clearer lungs, better lives: exploring the intersection of air quality, health inequalities and lung health fa luce sull’interazione tra qualità dell’aria, salute polmonare e disparità socioeconomiche.
I risultati sono stati presentati oggi a Milano in un panel di professionisti sanitari, scienziati ambientali e associazioni di pazienti in un evento intitolato Patient Perspectives on the Impact of Climate Change on Respiratory Wellbeing. I riflettori sono puntati su coloro che subiscono, sulla propria salute, gli effetti della crisi climatica.
Il sondaggio dell’Economist Impact e l’analisi della letteratura che l’accompagna, analizzando a fondo le esperienze di persone affette da malattie polmonari in cinque Paesi chiave (Regno Unito, Italia, Spagna, Germania e Francia), suggeriscono che i fattori legati al clima hanno un impatto significativo sulla qualità di vita, non solo in termini di salute fisica, ma anche di benessere complessivo. Il sondaggio esplora, inoltre, il modo in cui questo impatto possa interagire con altri parametri sociali, come l’istruzione, il reddito e lo stato socioeconomico complessivo, richiedendo soluzioni olistiche di politica sanitaria.
Attraverso un documento sono state messe in luce le questioni della salute polmonare, della qualità dell’aria e delle disuguaglianze sanitarie attraverso gli occhi dei pazienti affetti da patologie polmonari. Il fine è “contribuire alla definizione di politiche più efficaci in materia di salute polmonare“, ha spiegato Gerard Dunleavy, Senior Consultant dell’Economist Impact.
La percezione dei pazienti affetti da malattie respiratorie
Nonostante i miglioramenti complessivi della qualità dell’aria registrati nei cinque Paesi, l’inquinamento atmosferico rimane una delle principali preoccupazioni per la salute degli europei.
È quanto emerge dalla percezione degli intervistati, il 69 per cento dei quali ha dichiarato di ritenere che la situazione sia peggiorata negli ultimi cinque anni. Quando è stato chiesto di indicare le principali cause dell’inquinamento atmosferico, oltre il 40 per cento ha sottolineato i fattori legati al cambiamento climatico, in particolare gli eventi meteorologici estremi, come le ondate di calore e l’aumento delle concentrazioni di pollini.
Città sotto accusa
La percezione dell’impatto della cattiva qualità dell’aria è sensibilmente più alta nelle città che nelle campagne. Il 35 per cento degli intervistati nei centri urbani afferma che la cattiva qualità dell’aria ha influito molto sui sintomi e solo il 5 per cento ha affermato che non ha influito per nulla. Ci sono, inoltre, maggiori probabilità che gli intervistati residenti nelle aree urbane ritengano che gli spostamenti per andare al lavoro, l’attività fisica all’aperto e al chiuso e la semplice permanenza in casa peggiorino la loro condizione polmonare.
“La Ella Roberta Foundation crede in un mondo in cui tutti possano respirare aria priva di inquinamento nocivo, indipendentemente dal luogo in cui vivono, dalla loro condizione economica o dalla loro origine etnica. In Europa stiamo registrando livelli di inquinamento atmosferico fuori dalle norme e il report ribadisce ancora una volta perché dobbiamo fare pressioni affinché questo aspetto rientri nell’agenda politica. L’inquinamento atmosferico uccide, ma non è inevitabile che sia così. Nel caso di Ella, il medico legale è stato chiaro: se il governo non ripulisce l’aria, i bambini come Ella continueranno a morire“, ha aggiunto Rosamund Adoo-Kissi-Debrah, Presidente della Ella Roberta Foundation, uno dei relatori dell’evento di oggi.
I pazienti che vivono in aree con scarsa qualità dell’aria hanno maggiori probabilità di temere un peggioramento della propria salute rispetto a quelli che vivono in aree con buona qualità dell’aria (rispettivamente il 44 per cento vs il 28 per cento). Oltre la metà degli intervistati in contesti con bassa qualità dell’aria riferisce di aver evitato attività all’aperto, sia di tipo fisico che sociale, che avrebbero potuto avere un impatto positivo sulla loro salute.
Malattie respiratorie, morti evitabili
“È sorprendente come in questo secolo le cause di morte evitabili continuino a mietere vittime. Il peso delle malattie polmonari e respiratorie croniche (CRD) è in aumento a causa del peggioramento della qualità dell’aria provocato dall’inquinamento atmosferico, a sua volta aggravato dai cambiamenti climatici. È fondamentale affrontare le implicazioni più vaste della crisi climatica sulla qualità dell’aria. Il dialogo sarà fondamentale per diagnosticare, trattare e prevenire le malattie respiratorie. Prevenire queste malattie è più importante che curarle“, ha concluso Arzu Yorgancıoğlu, Presidente della Global Initiative for Asthma (GINA).
Violenza e abusi, cosa pensano gli adolescenti
Adolescenti, Genitorialità, News PresaViolenza ed enormi problemi relazionali, sono due delle piaghe che affliggono la società dell’immagine. Una società che spesso si presenta come “fluida”, che pare aver sacrificato sull’altare dei social il senso stesso di ciò che è giusto. Uno spaccato estremamente interessante di questa realtà arriva dal sondaggio realizzato da Ipsos per ActionAid su un campione rappresentativo di circa 800 ragazze e ragazzi tra i 14 e i 19 anni.
Opinioni
Mai come negli ultimi mesi, la cronaca è piena di episodi di violenza e di bullismo. Ma cosa pensano i ragazzi di quel che accade? Colpisce che per molti di loro (1 su 5) toccare le parti intime di una persona senza il suo consenso “non è violenza”. Una stessa quota pensa che le ragazze possano provocare la violenza sessuale se mostrano un abbigliamento o un comportamento provocante. Certo, l’80% dei giovani sembra essere consapevole che toccare qualcuno nelle parti intime senza consenso è violenza, ma colpisce che un 20% di ragazzi e ragazze la pensano diversamente.
Idee confuse
Colpisce anche un altro dato che emerge dal sondaggio: se a tutti sembra chiaro l’identikit di chi più di tutti commette violenza, le idee sono ben più confuse su cosa sia violenza e cosa no. Picchiare qualcuno è percepito un atto di violenza per il 79% dei giovani, in assoluto quello più citato dai maschi. Al terzo posto, con il 78%, fare foto o video in situazioni intime e diffonderle ad altre persone, soprattutto per le ragazze con 84% delle citazioni.
Identikit
Gli adolescenti italiani sono concordi su chi commette atti di violenza nel nostro Paese: i ragazzi maschi, soprattutto se in gruppo, e gli uomini adulti. Non c’è invece accordo su quali comportamenti siano violenti e quali no, e sembra esistere un gap di percezione rispetto a dove si annida la violenza e le conseguenze che ne derivano. Dati che devono far riflettere soprattutto chi è chiamato a prendere decisioni, con la speranza che si punti con decisione sull’educazione al rispetto dell’altro e che episodi come quelli che hanno segnato questa calda estate non diventino la normalità.
Come superare l’ansia del ritorno a scuola
Genitorialità, News Presa, PsicologiaCome superare l’ansia da rientro a scuola? Se lo chiedono moltissimi studenti che tra poco saranno chiamati ad un nuovo e impegnativo anno scolastico. Per alcuni di loro ci sarà da gestire lo stress di un cambio di classe e le difficoltà di farsi nuovi amici. Il tutto in una stagione della vita, l’adolescenza, estremamente difficile ed emotivamente pesante. Chiaramente, un grande aiuto può arrivare dai genitori, pur consapevoli che non esiste un unico segreto, né si può usare la bacchetta magica. Per superare l’ansia dal rientro a scuola ci si può rifare a sette consigli che arrivano da un approfondimento sul portale The Conversation, a cura di due psicologhe della RCSI University of Medicine and Health Sciences di Dublino.
Ascolto
Innanzitutto, è importante far comprendere ai propri figli che si è pronti ad ascoltarli con attenzione. Il primo impulso potrebbe essere quello di respingere le loro paure rassicurandoli sul fatto che tutto si risolverà, ma è più efficace far capire loro che li si comprende e che sarete sempre pronti a sostenerli. Come secondo suggerimento, è fondamentale indagare sulle cause delle loro preoccupazioni. Le ragioni per cui un bambino potrebbe avere difficoltà all’idea di tornare a scuola possono essere molte. Ad esempio, l’ansia del rientro potrebbe essere legata a situazioni negative come il bullismo, un ambiente scolastico ostile, difficoltà nelle interazioni con i compagni di classe o un’eccessiva pressione. Inoltre, problemi come la dislessia, possono rendere la scuola un luogo di sfida.
Routine
Altra preoccupazione, e quindi fonte di stress, potrebbe quella di lasciare la casa in cui ci si è abituati a trascorrere tutto il tempo durante le vacanze estive e di dover invece studiare in un ambiente luminoso e rumoroso che potrebbe essere opprimente. Il bambino potrebbe infine provare ansia da separazione e voler star vicino ai genitori. Scoprire cosa lo preoccupa aiuterà sempre a trovare una soluzione.
Nessun timore
Importante è poi far sapere ai bambini e ai ragazzi che avere paura è normale e non qualcosa di cui vergognarsi. Essenziale è inoltre fare le cose passo per passo, organizzando un pomeriggio di gioco con alcuni compagni di scuola nei giorni precedenti l’inizio della scuola, in modo si possa recuperare il legame prima del giorno di inizio della scuola.
Diario dei desideri
Concentrarsi su una buona routine del sonno è importante, così come prestare attenzione al proprio umore in modo che non influenzi quello dei figli e incoraggiare l’ottimismo. Una strategia utile può essere scrivere ogni sera, prima di andare a letto, tre cose che non si vede l’ora di fare il giorno seguente: per esempio vedere gli amici, o il pasto preferito. Questo può aiutare a bilanciare le emozioni negative. Utile sarebbe anche se nelle scuole italiane i giovani potessero sistematicamente contare sul supporto di uno psicologo. Ma questa è un’altra storia.