Tempo di lettura: 3 minutiOltre metà della popolazione – circa il 60 per cento – soffre di mal di schiena. Spesso nasce da cattive abitudini, anche inconsapevoli. Stando ai dati, questo disagio comune colpisce più di 619 milioni di persone nel mondo. Oggi è la prima causa di disabilità ed è destinata a peggiorare nei prossimi tre decenni. Si prevede che il numero di persone colpite salirà a 840 milioni, con un aumento del 36%. Le stime sono riportate da due studi dell’Università delle Hawaii, pubblicati sull’International Journal of Environmental Research and Public Health. Inoltre gli analisti mettono in correlazione mal di schiena con sintomi depressivi e dolore spinale con problematiche cardiovascolari, ipertensione e diabete.
Eppure basterebbe davvero poco per stare meglio e scongiurare cronicità o conseguenze più gravi nel lungo periodo. Infatti, il più delle volte il mal di schiena non è causato da problematiche importanti. A fare il punto sulle abitudini sbagliate che causano il disagio è il dott. Giuseppe Falvella, fisioterapista, specializzato in rieducazione posturale, ortopedica e sportiva. Da anni segue sportivi professionisti e non, per aiutarli nella prevenzione dell’infortunio e durante la fase riabilitativa. “È luogo comune pensare che il mal di schiena sia dovuto a una grave condizione di salute, quale per esempio un’ernia del disco o una protrusione discale”, spiega lo specialista. “In realtà, nel 90-95% dei casi circa il mal di schiena non rappresenta nulla di particolarmente allarmante. In sostanza, quindi, è quasi sempre un dolore di lieve rilevanza clinica”.
Ma, allora, cosa scatena il mal di schiena nella maggior parte delle persone?
“Nel rispondere a questa domanda, gli esperti chiamano in causa il concetto di tolleranza al carico. Quando i tessuti della schiena (muscoli, articolazioni, legamenti, dischi ecc.) subiscono stress e stimoli maggiori rispetto alla loro capacità di tolleranza al carico, entrano in uno stato di sofferenza e, conseguentemente, compare dolore. Ciò spiega per quale motivo, per esempio, compiere attività insolite, che sovraccaricano la schiena, sfoci in dolore lombare. Lo stesso dicasi quando si dorme male, in posizioni scomode oppure quando si assume la stessa postura per tempi prolungati (es: molto ore in piedi)”.
Lo stile di vita quanto incide sul malessere?
“Ci sono dei fattori che alimentano il dolore e che, tante volte, sono motivo della sua cronicità. Si tratta di: scarsa qualità del sonno notturno, sedentarietà, ansia, stress e anche la paura di eseguire determinati movimenti. Un dato importante è che nella maggior parte dei casi, il mal di schiena è dovuto a condizioni facilmente correggibili”.
Quando il mal di schiena deve preoccupare?
“Molto più di rado, il mal di schiena è dovuto a patologie serie, che meritano le attenzioni di un professionista del settore medico-sanitario”, sottolinea lo specialista. “Le più importanti tra queste patologie sono, senza dubbio, l’ernia del disco e le discopatie in generale. Si tratta di condizioni in cui si assiste a un’alterazione più o meno grave del disco intervertebrale che può associarsi alla compressione e irritazione delle radici nervose dei nervi spinali o del midollo spinale. All’interno di questo quadro clinico, rientrano anche la sciatica (sciatalgia), la lombosciatalgia. Alle discopatie, seguono malattie ancora più serie (ma per fortuna ancora meno frequenti), come fratture, infezioni, tumori (tumori spinali e mieloma multiplo) e cause di natura viscerale”.
Quanto pesa una vita poco attiva?
“Le evidenze più recenti suggeriscono che una povertà di stimoli motori comporti, a livello di schiena, atrofia muscolare e una spiccata tendenza all’affaticamento da parte dei muscoli profondi (erettori spinali, multifido ecc.). Da questa scarsa performance muscolare ne consegue una diminuzione della stabilità della colonna, che si traduce in un maggiore stress (non lesione) per le articolazioni, i legamenti e i dischi intervertebrali. Il quadro sopra descritto interessa molto da vicino le persone sedentarie e coloro che forniscono alla schiena stimoli scarsamente variegati (come quelli che per esigenze lavorative trascorrono molto tempo in posizione seduta o in piedi)”.
In questi casi, quindi, bisogna intervenire anche sui muscoli?
“In questi soggetti, l’esercizio terapeutico mirato al rinforzo della muscolatura può rappresentare la chiave per la risoluzione del dolore. Ovviamente è importante ricordare quanto sia importante, almeno in fase iniziale, la supervisione di un fisioterapista, ortopedico o osteopata”.
Stili di vita sani, ecco come migliorare
News PresaPiccole scelte di salute, così si cambiano i propri stili di vita a lungo termine. I consigli per il 2024 arrivano dall’American Medical Association (AMA) che ha stilato una serie di raccomandazioni per incidere concretamente e in positivo sulla salute nell’arco di un anno e, si spera, per il corso della vita.
Gradualità
La prima regola da seguire è quella di un cambiamento nei propri stili di vita che sia graduale, senza eccessi e senza particolari sacrifici. E non deve meravigliare che al primo posto ci sia la lotta alla sedentarietà. Gli adulti dovrebbero svolgere almeno 150 minuti a settimana di attività, mantenendo un’intensità moderata o 75 minuti sempre a settimana di attività ad alta intensità. Ma in questo secondo caso è bene essere già allenati.
A tavola
Impossibile cambiare in meglio la propria salute se non si adotta qualche cambiamento anche nell’alimentazione: è fondamentale dire addio, o almeno ridurre, il consumo di bevande zuccherate e di alimenti trasformati, soprattutto quelli con aggiunta di sodio e zucchero, bevendo più acqua e consumando cibi integrali e nutrienti, tra cui frutta, verdura, cereali integrali, noci e semi, latticini a basso contenuto di grassi, e carni magre e pollame. Importante è poi consumare gli alcolici con moderazione ed eventualmente parlare con il proprio medico del consumo di sigarette normali ed elettroniche e di come smettere.
Screening
Uno dei consigli che arrivano dall’AMA è quello di creare un vero e proprio calendario della salute, mettendo in agenda gli appuntamenti che riguardano agli screening, assicurandosi che tutta la famiglia sia “al passo” con i vaccini durante la stagione dei virus respiratori, incluso quello antinfluenzale annuale e quello aggiornato contro il Covid. Costanti controlli per conoscere e gestire i propri valori di pressione e il rischio di diabete sono essenziali. Non servono enormi sforzi, per cambiare le cose a lungo è meglio procedere a piccoli passi.
Tumori del sangue, con farmaci innovatici oltre 70% pazienti guarisce
Farmaceutica, News Presa, Ricerca innovazioneTumori del sangue. L’innovazione e la ricerca scientifica hanno rivoluzionato le terapie per i tumori del sangue negli ultimi vent’anni, cambiando la vita a milioni di persone. Se alla fine degli anni Novanta guariva appena il 30 per cento dei pazienti con malattie ematologiche, oggi guarisce oltre il 70 per cento. La“cronicizzazione” ha trasformato alcuni tipi di tumori da letali a innocui, restituendo un’aspettativa di vita comparabile a quella di una persona senza tumore. Grazie alla medicina personalizzata, le cure sono mirate per ciascun paziente, infatti le caratteristiche genomiche della malattia variano per ogni caso.
“Oggi possiamo dire che non c’è tumore del sangue che non abbia avuto un sostanziale miglioramento delle terapie negli ultimi dieci anni. In campo ematologico l’immunoterapia, dalle CAR-T agli anticorpi monoclonali fino all’ultima frontiera degli anticorpi bi-specifici, ha avuto un impatto ancora più sostanziale che nei tumori solidi”. Lo ha affermato il professor Armando Santoro, Direttore del Cancer Center di Humanitas e responsabile dell’Unità di Oncologia e di Ematologia. “Credo che mai prima nella storia della medicina si sia visto un così rapido progresso su così tante patologie diverse. Quando si parla di innovazione clinica in ematologia, usare il termine ‘rivoluzione’ non è affatto un’esagerazione”.
Tumori del sangue. Svolta nella cura dei tumori del sangue
Linfomi, mielomi, leucemie
I linfomi sono tumori del sangue causati da una crescita incontrollata di alcune cellule del sistema immunitario (i linfociti o i loro precursori). Queste cellule fuori controllo si accumulano nei linfonodi o in altri organi, dando vita ai linfomi di vario tipo. I mielomi sono invece tumori del sangue che nascono nel midollo osseo, a partire dalle plasmacellule, un tipo di linfociti deputati alla produzione degli anticorpi.
“Nella cura dei linfomi le principali novità sono legate all’immunoterapia”, ha evidenziato il professor Carmelo Carlo-Stella, responsabile Linfomi e Mieloma del Cancer Center di Humanitas. Si tratta degli inibitori dei check-point immunitari e dei farmaci ancora più innovativi, come gli anticorpi bi-specifici (farmaci che si legano a due target terapeutici anziché uno). Humanitas è stato il primo centro italiano a ottenere il nuovo accreditamento da parte di AIFA per condurre studi clinici di fase precoce e ha creato una Clinical Trial Unit, ovvero un’Unità con personale e spazi completamente dedicata alla conduzione di sperimentazioni cliniche innovative.
Linfoma di Hodgkin, mieloma e leucemia
Oggi, grazie alle nuove immunoterapie, la maggioranza dei pazienti con Linfoma di Hodgkin, guarisce in modo definitivo. Anche la cura del mieloma multiplo è stata rivoluzionata, grazie all’anticorpo monoclonale che riconosce il recettore CD38, altamente espresso dalle plasmacellule malate e consente di tenere la malattia sotto controllo. Nelle leucemie, la ricerca ha scritto allo stesso modo nuove pagine di storia nella medicina degli ultimi vent’anni. Si tratta dei tumori che nascono dalle cellule staminali del midollo osseo e che producono tutte le cellule del sangue (ovvero i globuli bianchi, i globuli rossi e le piastrine).
“A metà degli anni novanta la leucemia acuta promielocitica era la forma di tumore del sangue con il tasso di mortalità più alto”, ha continuato il professor Carmelo Carlo-Stella. “Ora una persona con questa patologia, grazie ai farmaci innovativi a disposizione (terapie mirate che hanno eliminato l’uso della chemioterapia), ha una probabilità di cura definitiva maggiore del 95%”. Gli anticorpi bi-specifici hanno rivoluzionato per esempio anche il trattamento della leucemia acuta linfoblastica, un’altra forma di leucemia insidiosa ed aggressiva. Oggi anche i pazienti più anziani possono essere trattati grazie agli avanzamenti tecnologici e la disponibilità di nuovi farmaci
Tumori del sangue, dal trapianto alle CAR-T
Oltre ai nuovi farmaci a base di anticorpi, efficaci sulle tre aree – mielomi, linfomi e leucemie – ci sono le terapie cellulari. Queste ultime vanno dalle più antiche, come il trapianto di midollo alle più moderne, come le CAR-T. Si basano sull’ingegnerizzazione genetica dei globuli bianchi del paziente al fine di renderli in grado di riconoscere e sconfiggere le cellule tumorali. Humanitas porta avanti molti studi clinici che prevedono la somministrazione di CAR-T per indicazioni solitamente orfane: come il mieloma multiplo in prima linea; il linfoma in prima linea. “O ancora per la leucemia linfoblastica acuta come seconda linea di trattamento” – ha spiegato la dottoressa Stefania Bramanti, responsabile CAR-T e Trapianti presso il Cancer Center di Humanitas.”L’obiettivo di questi studi – ha sottolineato la specialista – è, da un lato, quello di testare le CAR-T in fasi precoci di malattia invece che come soluzioni di ultima linea e dall’altro quello di sperimentare le nuove CAR-T allogeniche e a doppio target. Si tratta di terapie in grado cioè di riconoscere due recettori tumorali invece che uno solo, riducendo così il rischio di recidiva”.
Vaccino covid aggiornato, efficacia superiore al 70%
News Presa, PrevenzioneIl vaccino contro il Covid-19 aggiornato alla variante XBB.1.5 è stato oggetto di uno studio olandese che ne ha testato l’efficacia. Dai risultati è emersa una protezione superiore al 70% dal ricovero e dalle cure in terapia intensiva. Il nuovo vaccino funziona contro tutte le varianti attualmente in circolazione.
Studio sul vaccino aggiornato alle nuove varianti
La ricerca è stata coordinata dal National Institute for Public Health and Environment olandese e pubblicata su Eurosurveillance, la rivista European Centre for Disease Prevention and Control (Ecdc). I ricercatori hanno analizzato i dati di poco più di duemila ricoveri avvenuti in Olanda tra i primi di ottobre e i primi di dicembre. In questo periodo la vaccinazione ha avuto un’efficacia del 70,7% contro il ricovero, mentre il livello di protezione dalle cure in terapia intensiva è stata del 73,3%. Si tratta di livelli di quasi 10 punti più alti rispetto a quelli riscontrati nello stesso periodo dello scorso anno.
Efficacia diminuisce nei mesi
L’efficacia del vaccino diminuisce con il trascorrere del tempo dalla somministrazione, come osservato nelle precedenti campagne di vaccinazione in Europa. Tuttavia, sebbene la protezione cali nell’arco dei mesi, i dati confermano l’efficacia della strategia vaccinale nel ridurre il peso delle forme gravi di Covid-19 nei periodi con maggiori contagi.
Mal di schiena, cause più comuni. Specialista spiega come intervenire
Benessere, News Presa, Prevenzione, Rubriche, Stili di vitaOltre metà della popolazione – circa il 60 per cento – soffre di mal di schiena. Spesso nasce da cattive abitudini, anche inconsapevoli. Stando ai dati, questo disagio comune colpisce più di 619 milioni di persone nel mondo. Oggi è la prima causa di disabilità ed è destinata a peggiorare nei prossimi tre decenni. Si prevede che il numero di persone colpite salirà a 840 milioni, con un aumento del 36%. Le stime sono riportate da due studi dell’Università delle Hawaii, pubblicati sull’International Journal of Environmental Research and Public Health. Inoltre gli analisti mettono in correlazione mal di schiena con sintomi depressivi e dolore spinale con problematiche cardiovascolari, ipertensione e diabete.
Eppure basterebbe davvero poco per stare meglio e scongiurare cronicità o conseguenze più gravi nel lungo periodo. Infatti, il più delle volte il mal di schiena non è causato da problematiche importanti. A fare il punto sulle abitudini sbagliate che causano il disagio è il dott. Giuseppe Falvella, fisioterapista, specializzato in rieducazione posturale, ortopedica e sportiva. Da anni segue sportivi professionisti e non, per aiutarli nella prevenzione dell’infortunio e durante la fase riabilitativa. “È luogo comune pensare che il mal di schiena sia dovuto a una grave condizione di salute, quale per esempio un’ernia del disco o una protrusione discale”, spiega lo specialista. “In realtà, nel 90-95% dei casi circa il mal di schiena non rappresenta nulla di particolarmente allarmante. In sostanza, quindi, è quasi sempre un dolore di lieve rilevanza clinica”.
Ma, allora, cosa scatena il mal di schiena nella maggior parte delle persone?
“Nel rispondere a questa domanda, gli esperti chiamano in causa il concetto di tolleranza al carico. Quando i tessuti della schiena (muscoli, articolazioni, legamenti, dischi ecc.) subiscono stress e stimoli maggiori rispetto alla loro capacità di tolleranza al carico, entrano in uno stato di sofferenza e, conseguentemente, compare dolore. Ciò spiega per quale motivo, per esempio, compiere attività insolite, che sovraccaricano la schiena, sfoci in dolore lombare. Lo stesso dicasi quando si dorme male, in posizioni scomode oppure quando si assume la stessa postura per tempi prolungati (es: molto ore in piedi)”.
Lo stile di vita quanto incide sul malessere?
“Ci sono dei fattori che alimentano il dolore e che, tante volte, sono motivo della sua cronicità. Si tratta di: scarsa qualità del sonno notturno, sedentarietà, ansia, stress e anche la paura di eseguire determinati movimenti. Un dato importante è che nella maggior parte dei casi, il mal di schiena è dovuto a condizioni facilmente correggibili”.
Quando il mal di schiena deve preoccupare?
“Molto più di rado, il mal di schiena è dovuto a patologie serie, che meritano le attenzioni di un professionista del settore medico-sanitario”, sottolinea lo specialista. “Le più importanti tra queste patologie sono, senza dubbio, l’ernia del disco e le discopatie in generale. Si tratta di condizioni in cui si assiste a un’alterazione più o meno grave del disco intervertebrale che può associarsi alla compressione e irritazione delle radici nervose dei nervi spinali o del midollo spinale. All’interno di questo quadro clinico, rientrano anche la sciatica (sciatalgia), la lombosciatalgia. Alle discopatie, seguono malattie ancora più serie (ma per fortuna ancora meno frequenti), come fratture, infezioni, tumori (tumori spinali e mieloma multiplo) e cause di natura viscerale”.
Quanto pesa una vita poco attiva?
“Le evidenze più recenti suggeriscono che una povertà di stimoli motori comporti, a livello di schiena, atrofia muscolare e una spiccata tendenza all’affaticamento da parte dei muscoli profondi (erettori spinali, multifido ecc.). Da questa scarsa performance muscolare ne consegue una diminuzione della stabilità della colonna, che si traduce in un maggiore stress (non lesione) per le articolazioni, i legamenti e i dischi intervertebrali. Il quadro sopra descritto interessa molto da vicino le persone sedentarie e coloro che forniscono alla schiena stimoli scarsamente variegati (come quelli che per esigenze lavorative trascorrono molto tempo in posizione seduta o in piedi)”.
In questi casi, quindi, bisogna intervenire anche sui muscoli?
“In questi soggetti, l’esercizio terapeutico mirato al rinforzo della muscolatura può rappresentare la chiave per la risoluzione del dolore. Ovviamente è importante ricordare quanto sia importante, almeno in fase iniziale, la supervisione di un fisioterapista, ortopedico o osteopata”.
Ossa più forti nei bambini cresciuti in aree verdi. Lo studio
Bambini, Benessere, News Presa, Prevenzione, Stili di vitaOssa più forti. I bambini che vivono in aree più verdi hanno ossa più forti rispetto a quelli che vivono in zone più grigie. L’infanzia, infatti, è un periodo decisivo per la salute delle ossa per il resto della vita. A rivelarlo è uno studio coordinato dalla Hasselt University, in Belgio, e pubblicato su Jama Network Open. Gli autori spiegano che il picco di massa ossea si raggiunge nella prima età adulta e dipende dall’accumulo di massa ossea durante la crescita e lo sviluppo scheletrico. “Per questo motivo, un accumulo non ottimale in giovane età è cruciale per l’insorgenza dell’osteoporosi“, mettono in evidenza.
Lo studio
Lo studio ha preso in esame 327 bambini fino all’età di 4-6 anni. Sono stati messi a confronto i dati sulla salute delle ossa con le caratteristiche delle zone di residenza. Dai risultati è emerso che i bambini che vivevano in aree con zone verdi avevano una più alta densità minerale ossea. Quest’ultimo è un indicatore della salute delle ossa. Inoltre, lo studio dimostra un rischio fino al 67% più basso di soffrire di fragilità delle ossa.
Attività fisica e ossa nei bambini
Gli effetti benefici del verde urbano potrebbero dipendere dalla possibilità di fare molta più attività fisica. Questa, a sua volta, favorisce i processi di rafforzamento delle ossa. I ricercatori ribadiscono l’urgente necessità di sensibilizzare i responsabili politici sull’importanza di conservare ed espandere gli spazi verdi residenziali. Un elemento strettamente legato alla salute, in grado anche di “massimizzare la densità minerale ossea durante i periodi cruciali di crescita e sviluppo”, hanno sottolineato i ricercatori. “La promozione di queste strategie preventive potrebbe ridurre il rischio di fratture e/o di osteoporosi più avanti nella vita”. Ciò significherebbe un risparmio della spesa sanitaria, oltre a benefici in termini fisici e psicologici per l’individuo e l’intera comunità, hanno concluso.
Sindrome otolitica, movimenti da evitare contro recidive
Benessere, News Presa, PrevenzioneLa vertigine parossistica posizionale benigna, nota come sindrome otolitica, è una delle malattie dell’orecchio interno più comuni. Il disturbo ha una prevalenza doppia nel genere femminile e un picco di insorgenza fra i 50 e i 60 anni. In Italia e nel mondo, ogni anno l’incidenza è di 10 casi ogni 100mila persone.
Cause della sensazione di “testa fra le nuvole”
Ancora non esiste una patogenesi dimostrata. Tuttavia la prevalenza nelle donne di mezza età suggerisce che il disturbo sia collegato al diverso metabolismo del calcio. “Anche l’ipertensione arteriosa – nella misura di un terzo dei casi – i traumi cranici, le infezioni virali possono essere considerate le possibili cause”. Lo sottolinea il professor Stefano Di Girolamo, ordinario e direttore della Clinica di Otorinolaringoiatria del Policlinico Tor Vergata.
“La patologia si verifica quando gli otoliti, microscopici cristalli di bicarbonato di calcio, una volta che si staccano dalla macula, loro sede naturale, ed entrati nel canale semicircolare, provocano un violento impulso, determinando la sindrome vertiginosa, ogni qual volta ci si sdraia o si cambia posizione nel letto”. Lo aggiunge il professore che ha documentato, sin dal 1998, presso il centro di vestibologia del Policlinico Tor Vergata, la concomitante presenza di un alterato controllo posturale anche al di fuori della sindrome, spesso descritto dai pazienti come sensazione di “testa fra le nuvole”.
Sindrome otolitica, terapie e rischio recidive
Il disturbo non viene trattato con terapia farmacologica ma è l’otorinolaringoiatra che pratica delle manovre liberatorie (come ad esempio la manovra di Lampert o “rotazione barbecue”). Si tratta di tecniche specifiche per lato e canale semicircolare interessato, al fine di far uscire il materiale otolitico. “Le manovre hanno percentuali di guarigione molto alta se ben effettuate”, commenta Di Girolamo.
“La possibilità di recidiva è stimata intorno al 20 cento soprattutto se non si pone attenzione ad alcuni movimenti, come ad esempio alzare la testa per guardare il soffitto e sporgere il capo per allacciarsi le scarpe. Inoltre, dopo aver effettuato la manovra, nelle notti a seguire è consigliabile dormire con due cuscini uno sopra l’altro per evitare il rientro dell’otolita nel canale semicircolare”.
Dimagrire, creata pillola che vibra e fa sentire sazi
Alimentazione, Farmaceutica, Ricerca innovazioneUn team di ricercatori ha creato una pillola per dimagrire che stimola le terminazioni nervose dello stomaco generando movimenti che favoriscono il senso di sazietà. La pillola vibrante si chiama Vibes, acronimo di Vibrating Ingestible BioElectronic Stimulator e ha le dimensioni di una compressa vitaminica. L’obiettivo per cui è stata studiata per affrontare il problema dell’obesità, un’emergenza che in America riguarda quasi metà della popolazione adulta. Secondo la letteratura scientifica, l’obesità è associata a un aumento del rischio di mortalità per tutte le cause, mentre il sovrappeso lo è in maniera ridotta. Il dispositivo inoltre aiuterebbe a rientrare nei canoni che consentono l’intervento bariatrico.
Pillola per dimagrire, come agisce
Stimola le terminazioni nervose dello stomaco, comunicando al cervello la sensazione di sazietà. L’innovazione è stata introdotta da un gruppo di esperti guidato da Shriya Srinivasan, ingegnere biomedico dell’Università di Harvard, e Giovanni Traverso, gastroenterologo e ingegnere biomedico del Massachusetts Institute of Technology.
La pillola è stata testata su un gruppo di maiali, somministrata circa mezz’ora prima dei pasti. Dai risultati è emersa una riduzione del 40% nell’assunzione di cibo durante l’ora successiva, con un aumento più lento del peso corporeo. In altre parole, la pillola crea un’illusione nel cervello, agendo sui recettori dello stomaco che rispondono allo stiramento delle pareti gastriche, simulando così la presenza di cibo.
Questa stimolazione del nervo vago invia segnali all’ipotalamo, provocando un aumento dei livelli di alcuni ormoni, come l’insulina, che inducono una sensazione di sazietà. Inoltre provoca una diminuzione di altri ormoni, come la grelina, associati alla sensazione di fame.
Rischi e prospettive
Questo dispositivo innovativo ha le dimensione di 31×10 millimetri ed è dotato di un piccolo motore e batteria che si attiva una volta che il gel interno si dissolve a contatto con i fluidi gastrici. Sebbene gli esperimenti su maiali abbiano dimostrato un’efficacia per la riduzione del senso di fame e quindi del peso, serviranno ulteriori ricerche per stabilire l’applicabilità su pazienti umani e la sicurezza.
Febbre e dolori: la giusta alimentazione può rimetterci in piedi
Alimentazione, CovidFebbre alta, dolori muscolari ed ossei e nei casi più gravi complicanze respiratorie. Come temevano i medici di famiglia, il 2024 è iniziato con la tempesta perfetta: un mix di influenza e Covid che sta mettendo a dura prova i pronto soccorso nazionali e costringendo a letto a milioni di italiani. In molte regioni si è dovuto correre ai ripari bloccando gli interventi programmati e destinando nuovi posti letto all’emergenza. Naturalmente, la situazione non ha nulla a che vedere con la crisi della pandemia, ma è importante che sia tenuta sotto controllo.
Vitamina e zinco
Un valido alleato della salute è il cibo, quello giusto. Ci sono alcuni alimenti, infatti, che possono aiutare il sistema immunitario e rafforzare le nostre difese. La vitamina C è nota per il suo ruolo fondamentale nel supportare il sistema immunitario. Frutti come agrumi, fragole, kiwi e peperoni (solo scottati sulla piastra) sono ricchi di questa vitamina e possono contribuire a ridurre la durata e l’intensità dei sintomi influenzali. Sono dunque alimenti che possono aiutare sia a prevenire che a combattere l’influenza. Anche lo zinco è essenziale per il corretto funzionamento del sistema immunitario. Carne rossa magra, semi di zucca e noci sono ottime fonti di zinco. In generale, le proteine sono fondamentali per la costruzione e il ripristino dei tessuti del corpo. Carne magra, legumi, latticini e tofu sono ottime fonti di proteine che supportano la salute generale e aiutano l’organismo a recuperare più rapidamente dall’influenza. Integrare questi alimenti nella dieta può aiutare a sostenere la produzione di cellule immunitarie e a accelerare il processo di guarigione.
Omega-3
Gli acidi grassi omega-3, presenti nel pesce, semi di lino e noci, svolgono un ruolo cruciale nella riduzione dell’infiammazione nel corpo. Mantenere un equilibrio adeguato di questi acidi grassi può favorire una risposta immunitaria più efficace, contribuendo a prevenire e combattere il virus influenzale. Non meno importante è mantenere un adeguato livello di idratazione, cruciale per il corretto funzionamento del sistema immunitario. Bere abbondante acqua (almeno 1,5 litri al giorno), ma anche tisane e brodi nutrienti è molto utile per garantire un’idratazione ottimale, ancor più se si è a letto con la febbre o il Covid.
Demenza precoce in aumento, 4 fattori di rischio
Anziani, News Presa, Prevenzione, Ricerca innovazioneAumentano in maniera crescente i casi di demenza tra gli under 65. Il declino cognitivo, infatti, può iniziare già intorno ai 30 anni e senza segnali apparenti. Il rischio, quindi, non riguarda più solo gli anziani.
Un nuovo studio pubblicato su Jama Neurology ha indagato la demenza giovanile, scoprendo quattro specifici fattori di rischio associati. I risultati della ricerca aprono la possibilità di azioni preventive. Il team di scienziati, guidato da Stevie Hendriks, della Maastricht University in Olanda, ha analizzato i dati relativi a più di 360 mila individui della UK Biobank, seguiti per 8 anni.
Demenza giovanile, lo studio
Durante il trial, i casi di demenza ad esordio precoce sono risultati circa 17 l’anno ogni 100 mila persone. La maggioranza dei partecipanti colpiti aveva tra i 40 ed i 50 anni. Quattro fattori di rischio, potenzialmente modificabili, sono stati associati all’insorgere della demenza prima dei 65 anni. Si tratta di: bassi livelli di vitamina D, ipotensione ortostatica (ossia il brusco calo della pressione sanguigna nell’alzarsi e cambiare posizione), un aumento della proteina C reattiva nel sangue che indica infiammazione, vivere isolati socialmente. “In particolare abbiamo osservato che livelli inferiori alla norma di vitamina D – che ha un effetto neuroprotettivo e, al contrario, livelli alti di proteina C reattiva, sembrano predire le probabilità di demenza giovanile”, si legge nello studio. Serviranno nuove indagini per validare i risultati e inserirli tra fattori di rischio in una strategia preventiva delle demenze.
Dimagrire, pronti a rimettersi in forma
Alimentazione, Benessere, SportDimagrire e rimettersi in forma è l’obiettivo di quanti hanno trascorso il Natale e la notte di San Silvestro tra eccessi fatti di cene e aperitivi, per non parlare di dolci e di qualche bicchiere di troppo. Un mix che in molti casi lascia ora strascichi pesanti e un verdetto impietoso della bilancia. Dopo giorni di eccessi, insomma, ritornare in forma può sembrare una sfida impegnativa. Tuttavia, con la giusta mentalità e una strategia ben studiata, è possibile rimettersi in forma e ritrovare lo slancio giusto. Ecco allora alcuni consigli pratici per affrontare il periodo post-feste con determinazione e successo.
Obiettivi realistici
La prima cosa da fare per dimagrire e rimettersi in forma è fissare obiettivi che siano alla portata, senza strafare. Impostare obiettivi realistici è fondamentale per mantenere la motivazione. Meglio evitare di fissare traguardi irraggiungibili e concentrarsi invece su piccoli miglioramenti settimanali. Una giusta perdita di peso potrebbe essere di 1 o 2 chili al mese, o si può puntare ad aumentare gradualmente la propria resistenza fisica. Qualunque sia l’obiettivo, dopo una pausa prolungata dall’allenamento è importante non forzare il corpo e riprendere l’attività fisica gradualmente. Meglio iniziare con sessioni leggere di esercizio aerobico come camminate, nuoto o bici. Con il tempo, si può poi aumentare l’intensità e la durata degli allenamenti.
Idratazione adeguata
Dopo tante bibite gasate e zuccherate o qualche bicchiere di vino in più è essenziale tornare a idratarsi in modo corretto, l’acqua è necessaria al funzionamento del corpo e può essere di grande aiuto nel processo di perdita di peso. Servono almeno otto bicchieri d’acqua al giorno, e di certo è necessario ridurre il consumo di bevande zuccherate e alcoliche. L’idratazione adeguata può anche aiutare a controllare la fame e a migliorare l’energia complessiva.
Meno zuccheri e alimenti processati
Zuccheri in eccesso e cibi processati aumentano il senso di stanchezza e di pesantezza. Gradualmente è bene riportare il corpo ad un funzionamento ordinario, riducendo gradualmente l’assunzione di dolci, bibite zuccherate e alimenti confezionati. I cibi freschi, ricchi di nutrienti e a basso contenuto calorico come frutta, verdura e proteine magre sono perfetti per ritrovare velocemente le energie. Un buon modo per non incorrere in tentazioni è quello di pianificare i pasti in anticipo. Batsa preparare pasti equilibrati che includano una combinazione di proteine, carboidrati integrali e verdure. Consumare porzioni moderate e fare attenzione alle sensazioni di sazietà.
Un partner di allenamento
Una disciplina molto utile al fisico è il pilates, rimanere motivati può essere più facile se si condivide l’esperienza con qualcuno, ecco perché si dovrebbe coinvolgere un amico, un partner di allenamento o considerare l’opzione di affidarsi ad un personal trainer. Anche il riposo è cruciale per il recupero muscolare e la gestione dello stress. Fondamentale è ripristinare il ritmo circadiano, dormire a sufficienza e dedicare del tempo alle attività che di svago. Un buon equilibrio tra attività fisica e benessere mentale è essenziale per mantenere uno stile di vita sano. Inutile cercare scappatoie, serve impegno e costanza, ma con una pianificazione attenta e un approccio graduale, è possibile raggiungere obiettivi importanti. Ogni piccolo passo conta e la chiave del successo è mantenere uno stile di vita sano nel lungo termine.