Tempo di lettura: 4 minutiI risultati dell’Indice di Vicinanza della salute contenuti nel 2° Rapporto dell’Osservatorio Salute Benessere e Resilienza indicano la necessità di un Piano Nazionale di Salute. Durante la presentazione, questa mattina al Senato, Americo Cicchetti, Direttore Generale della Programmazione Sanitaria – Ministero della Salute, in collegamento ha annunciato la volontà di realizzarlo entro il 2025.
Covid. Rapporto Salute Benessere e Resilienza
Dopo gli anni della pandemia, in termini di ripresa proprio la Salute sembra pagare il prezzo più alto, secondo i dati. Un costo che si traduce in isolamento, disgregazione delle relazioni sociali, visite mediche e interventi rimandati, stress del personale sanitario, vulnerabilità di stili di vita e alimentari dovuti al cambiamento climatico.
Continua la discesa anche negli anni che dovrebbero essere di ripresa. L’Indice di Vicinanza della salute nel 2022 ha totalizzato 86 punti, perdendo 14 punti rispetto al valore base di 100 punti fissato per il 2010, anno di partenza della rilevazione. Si è scesi così di altri 4 punti rispetto al 2021 in cui si registravano 90 punti.
Covid. Concetto di vicinanza della salute
La Fondazione Bruno Visentini ha presentato la seconda edizione del Rapporto che misura l’Indice di Vicinanza alla Salute che prende in esame l’andamento 72 indicatori organizzati in 3 Contesti e 22 Domini. L’obiettivo è verificare come stiano cambiando le dinamiche, i servizi e le condizioni di salute dal 2010 ad oggi. Uno sforzo di ricerca culminato nel Rapporto di ricerca intitolato ‘Unire i puntini: verso un Piano Nazionale di Salute’ presentato oggi presso la sala Zuccari in Senato su iniziativa della senatrice Ylenia Zambito.
Con il concetto di ‘Vicinanza della salute’ si intende la relazione nello spazio e nel tempo che sussiste tra la persona e la disponibilità del bene salute e la possibilità di fruirne. Ovvero, quanto tempo intercorre tra il momento in cui il bisogno di salute si origina, il momento in cui questo bisogno viene captato, il momento in cui viene fornita una risposta e il momento in cui il destinatario effettivamente ne beneficia.
Covid. Logica One Health
“La prevenzione, la presa in carico del paziente, la telemedicina, l’assistenza territoriale, i servizi socio-sanitari, l’ospedale, ma anche il territorio, il terzo settore e i diversi attori del welfare che comunque contribuiscono alla tutela della salute pubblica e individuale, rappresentano i tanti puntini che devono essere uniti in quello che deve essere un approccio olistico ai bisogni di salute, esattamente come è previsto dalla logica One Health” – ha dichiarato la Senatrice Ylenia Zambito – “E come si possono unire i puntini se negli ultimi anni abbiamo assistito ad un incremento di interventi normativi abnorme? Lo si può fare solo attraverso la realizzazione di un momento di programmazione condivisa con tutti gli stakeholders a livello nazionale, che definisca i connotati dell’evoluzione del sistema di salute, a partire da un piano sanitario nazionale (l’ultimo risale al 2008), ma includendo anche gli altri elementi che sono a pieno titolo ‘attori della salute’, come la componente sociale o ambientale. Una sfida che, insomma, ci riguarda tutti”.
Covid. PNR e digitalizzazione
“Nel 2022, nonostante i molteplici interventi normativi, non abbiamo assistito ancora ad una inversione i trend negativi acuitisi ulteriormente rispetto all’anno precedente, e le molteplici iniziative previste dal PNRR (molte delle quali ancora sulla carta) non sono ancora pienamente arrivate a migliorare lo stato della Vicinanza alla salute per i cittadini italiani” spiega il Professor Duilio Carusi, Adjunct Professor Luiss Business School, Coordinatore dell’Osservatorio “il desiderio di dare soluzioni e risposte ha dato luogo ad una proliferazione di interventi normativi e piani ad hoc spesso tra loro poco raccordati ed in parte sovrapposti. Manca ancora una visione di insieme riassunta in questo lavoro”.
“A cominciare dal marzo 2020 abbiamo assistito ad una produzione normativa in materia sanitaria caratterizzata da una ipertrofia. Prevenzione, cronicità̀, telemedicina, fascicolo sanitario elettronico, assistenza territoriale, bacini di utenza ospedaliera hanno costituito, l’oggetto di svariate iniziative normative. Per rispondere alle tante criticità rilevate, ora più che mai c’è la necessità di far dialogare la sfera sanitaria con le componenti relative alla assistenza sociale, sociosanitaria e della tutela ambientale.” conclude il Professor Carusi.
Covid. Piano Sanitario Nazionale
Gli esperti hanno sottolineato come appaia sempre più necessario ritornare a uno sforzo di pianificazione a livello paese, che conduca ad un ‘Piano nazionale di salute’, che riprenda – ed integri anche su dimensioni extrasanitarie- un Piano Sanitario Nazionale.
Secondo il report, le questioni più rilevanti di oggi per la popolazione che vive in Europa sono: “essere in grado di vivere non di sopravvivere, vivere in comunità sane e sicure e di potere beneficiare di politiche per la salute in grado di assicurare loro una vita migliore sia già oggi che per le prossime generazioni”. Tuttavia i dati dimostrano che oltre il 20% della popolazione nelle regione europea dell’OMS ( che include anche gli stati dell’ex-Unione Sovietica,Turchia e Israele), vivono con malattie prevenibili che ne limitano la loro partecipazione sia alla vita sociale sia a quella economica. Inoltre il 20% della popolazione europea più povera è a rischio doppio di essere colpita da una malattie mentale, con la conseguenze che, la loro cura, raggiunge costi che corrispondono al 4% del PIL del singolo Stato.
“Tuttavia, dice la dott.ssa Christine Brown, Direttore dell’Ufficio europeo dell’OMS per gli investimenti per la salute e lo sviluppo con sede a Venezia, la buona notizia che possiamo dare oggi è quella che abbiamo già soluzioni che possono dare risultati nella popolazione in 4 anni, riuscendo a migliorare ad esempio, la salute di ben 250 mila persone per un Paese di 60 milioni di abitanti”.
La logica “One Health” e la strategia di “Health in all policies”, sostenuta dall’OMS e previste nel quadro dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, impongono al sistema sanitario di procedere in maniera multidisciplinare e trasversale per essere oggi piu’efficace. Ciò potrà avvenire solo con una visione di insieme, spiegano gli specialisti, che preveda nuovi strumenti organizzativi e tecnologici in un quadro di governance della salute umana, animale e ambientale, condiviso ed inclusivo da tutti gli Stati Membri.
Dengue, in Perù dichiarato lo stato d’emergenza
News PresaSempre più spesso siamo stati costretti ad occuparci di febbre dengue, torniamo a farlo (nostro malgrado) sulla scorta delle decisioni assunte dal governo del Perù, che a causa di questa malattia ha dichiarato lo stato di emergenza sanitaria. Presieduto dalla presidente Dina Boluarte, il consiglio dei ministri ha deliberato questa decisione per affrontare l’epidemia che attualmente coinvolge 20 delle 24 regioni del Perù.
L’emergenza
La situazione attuale evidenzia un’allarmante crescita dei casi, con un totale di 24.981 contagi registrati. Il ministro della Salute, Casar Vasquez, ha rimarcato la dimensione della crisi, spiegando che oltre l’83% del territorio del paese è coinvolto nella lotta contro la malattia. Il decreto di emergenza permetterà un utilizzo più flessibile del bilancio pubblico per contrastare la diffusione della Dengue, una misura cruciale per proteggere la popolazione.
Aumento dei casi
I dati del ministero della Salute mostrano un incremento dei casi del 100% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, passando da 12.624 a 24.981 casi. Inoltre, il numero dei decessi legati alla Dengue è già salito a 32 rispetto ai 18 dell’anno scorso. Questa epidemia non riguarda solo il Perù, ma anche paesi confinanti come l’Argentina e il Brasile, che stanno vivendo un’esplosione simile di casi e decessi. È evidente che la situazione richiede azioni immediate e coordinate.
Nessun allarme
La Dengue è una malattia virale trasmessa dalle zanzare Aedes aegypti, che può causare sintomi gravi come febbre alta, dolori muscolari e articolari, e eruzioni cutanee. Nei casi più estremi, può portare a emorragie interne e persino alla morte. È cruciale ribadire che in Italia (benché in passato si siano registrati alcuni casi) e in Europa non c’è alcun allarme, benché anche il governo italiano abbia di recente intensificato i controlli.
Diabete: 1 paziente su 3 con dolore. I segnali della PND
News PresaSi tratta di una delle complicanze del diabete con sintomi precisi ma che spesso vengono confusi. La polineuropatia diabetica dolorosa (PND) viene infatti riconosciuta e trattata spesso molto tardi. I risultati di un nuovo studio sulle terapie di stimolazione spinale ad alta frequenza (10 kHz) confermano però l’efficacia di questo tipo di tecnologia, dove è possibile osservare una riduzione media del dolore del 79,9% .
“Le persone che soffrono di polineuropatia diabetica dolorosa attraversano decenni di dolore con notevoli ripercussioni sulla qualità di vita. Il dolore persistente può avere impatti duraturi sulla vita quotidiana e sullo stato emotivo dei pazienti. Intervenire tempestivamente – commenta Giuliano De Carolis, Dirigente Anestesia e Terapia del dolore AOU Pisana – non solo allevia i sintomi, ma può anche contribuire a garantire una migliore salute complessiva e un benessere ottimale per chi deve gestire oltre al dolore anche il proprio diabete. I risultati dello studio, oltre a rafforzare l’efficacia di questo trattamento, mostrano l’importanza di utilizzarla in maniera precoce”.
Neuropatia diabetica, complicanza del diabete
La neuropatia diabetica è un termine utilizzato per definire un gruppo di patologie nervose spesso associate a disabilità che può interessare sia il diabete di tipo 1 (17,5% dei casi) che il tipo 2 (31,5% dei casi). Il diabete, quando non tenuto “sotto controllo”, ossia con i livelli di zucchero nel sangue elevati per lungo tempo, provoca una serie di alterazioni tra cui la produzione di sostanze infiammatorie e un aumento dello stress ossidativo. I nervi periferici sono il bersaglio di questa alterata produzione di sostanze che in ultimo li danneggiano portando allo sviluppo della neuropatia.
Diabete, 5 segnali per riconoscere la PND
“I sintomi della PND colpiscono gli arti inferiori a partire dalle dita dei piedi fino al polpaccio, ma possono estendersi anche ad altre parti del corpo. Ecco i 5 segnali più noti – continua De Carolis – che ciascun paziente con diabete e caregiver deve conoscere e monitorare, al fine di agevolare l’intervento del medico per ridurre il forte dolore ed evitare complicanze gravi e invalidanti”.
Trattamento e terapie
Secondo le ultime linee guida internazionali, la terapia farmacologica antidolorifica rappresenta il primo livello di intervento (uso di anticonvulsivanti e antidepressivi). Tuttavia può verificarsi un effetto limitato a lungo termine.
Impulsi elettrici per alleviare il dolore
Tra gli approcci non farmacologici raccomandati dall’ADA (American Diabetes Association) oltre all’attività fisica e alle patch, ci sono le terapie di stimolazione nervosa. Negli ultimi anni infatti la terapia SCS (Spinal Cord Stimulation) ad alta frequenza in grado di erogare stimolazioni a 10.000 Hz, ha dimostrato di ottenere miglioramenti clinici significativi della sintomatologia dolorosa della PND nelle persone resistenti alla terapia farmacologica standard. Un recente studio ha evidenziato con tale frequenza di erogazione una riduzione media del dolore di circa il 79,9% .
“La neurostimolazione spinale ad alta frequenza è una modalità di stimolazione che agisce senza essere mai percepita dal paziente. È una tecnica che noi usiamo già da qualche anno – conclude Massimo Innamorato, Direttore UOC Terapia Antalgica Romagna – e che ora stiamo applicando anche nei casi di pazienti con neuropatia diabetica con ottimi risultati. Questo trattamento prevede l’impianto di elettrodi nello spazio epidurale, che inviano impulsi in grado di inibire i segnali dolorifici tipici della polineuropatia diabetica dolorosa. L’impulso oltre a mascherare il dolore, ripristina il microcircolo, riducendo quindi la sofferenza e migliorando la ripresa del movimento e la qualità di vita”.
Gli psicofarmaci fanno ingrassare?
Alimentazione, News PresaGli antidepressivi fanno ingrassare? Può sembrare una domanda assurda, ma di fatto molte giovani donne si rifiutano di seguire le prescrizioni dello psichiatra, nonostante forme più o meno gravi di depressione, per il timore di ingrassare. Proviamo dunque a fare un po’ di chiarezza.
Metabolismo
Può capitare che l’uso di psicofarmaci porti ad un aumento del peso. Può succedere a cusa di alcuni meccanismi fisiologici, tra cui un incremento dell’appetito, un accumulo maggiore di grasso corporeo, un ridotto metabolismo e variazioni nei livelli di insulina. In realtà, molto dipende dal farmaco, il rischio di aumento di peso può infatti variare molto a seconda del medicinale. Questo non significa però che sia una buona idea non prendere i farmaci prescritti e, soprattutto, che non si possano attuare strategie di compensazione.
Monitoraggio e alimentazione equilibrata
Per mitigare il rischio di aumento di peso, è fondamentale adottare un approccio proattivo. Monitorare regolarmente il peso corporeo e seguire una dieta sana ed equilibrata possono essere passi cruciali. Ridurre l’assunzione di alimenti ad alto contenuto calorico e ricchi di grassi, eliminare gli alcolici e aumentare il consumo di verdure cotte possono contribuire a mantenere un peso corporeo ottimale.
Attività fisica
L’esercizio fisico regolare svolge un ruolo chiave nel controllo del peso e nel miglioramento del benessere generale. Anche una breve camminata quotidiana può fare la differenza. Integrare un’attività fisica nella routine quotidiana può contribuire significativamente a mantenere un peso corporeo sano.
No al fai da te
Quando si verifica un aumento significativo di peso durante il trattamento con psicofarmaci, è essenziale discuterne con il medico curante. Il medico può valutare se modificare il farmaco, sviluppare strategie comportamentali per ridurre i rischi o aggiungere farmaci coadiuvanti per il controllo del peso. Ciò che si deve tenere bene a mente è che in molti casi, i benefici terapeutici dei farmaci possono superare i rischi associati all’aumento di peso. Tuttavia, in situazioni in cui l’accumulo di peso rappresenta un problema significativo, può essere opportuno considerare un cambio di terapia verso farmaci con un rischio metabolico inferiore. Sempre, come detto, parlandone con il proprio medico.
Colesterolo, ecco come abbassare quello cattivo
Benessere, News Presa, Stili di vitaIl colesterolo è, semplificando, il grasso che circola nel sangue e che svolge funzioni vitali per l’organismo. Tuttavia, quando i suoi livelli sono troppo alti, può diventare un pericolo per la salute, aumentando il rischio di malattie cardiache. Proviamo allora a capire meglio cos’è il colesterolo, quali sono i suoi tipi e come lo sport può aiutare a mantenerlo sotto controllo.
Cos’è il colesterolo e perché è importante
Il colesterolo è un tipo di lipide, ovvero un grasso, che fa parte della membrana cellulare e che è coinvolto in vari processi fisiologici, come la sintesi di ormoni, vitamine e acidi biliari. Il colesterolo viene prodotto in parte dal fegato e in parte introdotto con l’alimentazione. Il colesterolo non è solubile in acqua, quindi per essere trasportato nel sangue si lega a delle proteine, formando delle strutture chiamate lipoproteine. Esistono due tipi principali di lipoproteine: le LDL (Low Density Lipoprotein) e le HDL (High Density Lipoprotein). Le LDL sono responsabili del trasporto del colesterolo dal fegato alle cellule, mentre le HDL hanno il compito di rimuovere il colesterolo in eccesso e riportarlo al fegato, dove viene eliminato con la bile.
Il “buono” e il “cattivo”
Per questo motivo, le LDL sono spesso indicate come colesterolo “cattivo”, in quanto possono depositarsi sulle pareti delle arterie, formando delle placche che ne riducono il calibro e ostacolano il flusso sanguigno. Questo fenomeno, noto come aterosclerosi, può portare a gravi conseguenze, come infarto e ictus. Le HDL, invece, sono considerate colesterolo “buono”, in quanto svolgono un’azione protettiva per il sistema cardiovascolare, favorendo l’eliminazione del colesterolo in eccesso.
La somma fa il totale
Il colesterolo totale è dato dalla somma di LDL e HDL. Per valutare il rischio cardiovascolare, si tiene conto anche del rapporto tra LDL e HDL, che dovrebbe essere inferiore a 3. I valori ottimali di colesterolo totale sono inferiori a 200 mg/dl, quelli di LDL sono inferiori a 130 mg/dl e quelli di HDL sono superiori a 40 mg/dl per gli uomini e a 50 mg/dl per le donne.
Il nuoto
Per mantenere il colesterolo sotto controllo, è fondamentale adottare uno stile di vita sano, che preveda una dieta equilibrata, povera di grassi saturi e ricca di fibre, frutta e verdura, e una regolare attività fisica. Tra le varie discipline sportive, il nuoto si rivela particolarmente efficace per ridurre i livelli di colesterolo e prevenire le malattie cardiovascolari.
Attività aerobica
Il nuoto è uno sport aerobico, ovvero che richiede un costante impegno muscolare, che determina un aumento del battito cardiaco e una respirazione accelerata. Questo tipo di attività favorisce il consumo di calorie, il miglioramento della circolazione sanguigna, il rafforzamento del cuore e dei polmoni e la riduzione dello stress. Inoltre, il nuoto ha un effetto benefico sui livelli di colesterolo, in quanto stimola la produzione di HDL e riduce quella di LDL.
Lo studio
Uno studio condotto da ricercatori dell’Università di Chiba, in Giappone, ha dimostrato che il nuoto per 60 minuti al giorno, tre volte alla settimana, per 10 settimane, ha portato a una significativa diminuzione del colesterolo totale e del rapporto LDL/HDL, oltre che a un aumento del colesterolo HDL, nei soggetti con ipercolesterolemia.
Non importa lo stile
Per ottenere questi benefici, è consigliabile praticare il nuoto in modo regolare e moderato, scegliendo lo stile che si preferisce e che si adatta alle proprie capacità. Prima di iniziare, è opportuno consultare il proprio medico, soprattutto se si soffre di problemi cardiaci o di altre patologie. Inoltre, è importante seguire una corretta alimentazione, evitando di mangiare troppo prima e dopo l’allenamento, e idratarsi adeguatamente. I benefici saranno evidenti.
Prostata, tumori sempre più curabili con innovazione
News Presa, Prevenzione, Ricerca innovazioneIn Italia il tumore della prostata nel 2023 ha colpito 41.100 uomini, con un incremento di nuovi casi l’anno nell’ultimo triennio del 14%. Circa l’80% di over 80 ne è affetto. Nuove tecniche diagnostiche e terapeutiche consentono però di sconfiggerlo definitivamente nel 60% dei casi. Anche gli interventi sul tumore alla prostata hanno avuto una rivoluzione. Inoltre una svolta è prevista per l’ipertrofia del collo vescicale, una patologia che colpisce in particolare in età giovane, tra il 20 e i 50 anni.
Tumore alla prostata, i dati
Il tumore alla prostata è il più frequente negli uomini: l’80% della popolazione maschile con più di 80 anni ne è affetto. Considerando la stretta interrelazione con l’età e l’aumento della sopravvivenza, cresce anche il numero di pazienti. Secondo i dati AIOM, in Italia il tumore della prostata nel 2023 ha colpito 41.100 uomini, con un incremento nell’ultimo triennio del 14%, visti i 36mila casi del 2020. I dati americani contano invece ogni anno 288mila nuovi casi e 34.700 decessi. Tuttavia, non è il primo tumore per mortalità: oltre il 60% dei pazienti riesce a sconfiggerlo definitivamente.
Diagnosi precoce
Serve però una diagnosi precoce e l’identificazione delle forme più gravi. “In caso di sospetto di neoplasia l’urologo deve intervenire con le analisi ematiche e strumentali atte a capire se quel paziente sia a rischio tumore – spiega il Dott. Alessandro Calarco – Membro del comitato Patients della Società Italiana di Urologia – SIU e del Direttivo della Società Scientifica UROP, e Responsabile Urologia presso la Clinica “Villa Pia”. Queste analisi consistono nel PSA, l’antigene prostatico specifico; l’esplorazione rettale; laddove richiesto la risonanza magnetica multiparametrica, che fa parte delle nuove tecnologie a disposizione dell’urologo che servono ad affinare la tecnica di biopsia che si utilizza poi per fare la diagnosi del tumore. Questa tecnica indica le lesioni sospette e permette una diagnosi precisa”.
Tumore alla prostata, nuovi farmaci
“La novità principale nel trattamento medico del tumore prostatico è rappresentato da associazioni di farmaci: doppiette e triplette – sottolinea la Dott.ssa Antonella Mecozzi, UOC Oncologia Centro di eccellenza Oncologia Radioterapica e Medica Fatebenefratelli Isola Tiberina Gemelli Isola –. Le cellule tumorali del tumore prostatico sono sensibili al testosterone, ormone maschile, la cui soppressione, attraverso la terapia ormonale si rivela fondamentale. Tuttavia, negli stadi più avanzati della malattia, le cellule tumorali possono diventare resistenti alla terapia ormonale che blocca la produzione di testosterone, per cui diventa necessario ricorrere a nuovi farmaci che superano questa resistenza.
Negli ultimi anni – continua – l’uso di farmaci ormonosoppressivi di nuova generazione per via orale (ARSI) associati alla terapia antiandrogena classica, “doppietta”, hanno modificato lo scenario, aumentando la sopravvivenza di questi pazienti in maniera significativa. Recentemente si è visto che la “tripletta”, cioè il trattamento combinato con antiandrogeni classici, ARSI e chemioterapia, nei pazienti con malattia estesa ad alto rischio ha un impatto positivo sulla sopravvivenza. Tra le novità dell’ultimo anno non dobbiamo dimenticare l’introduzione nella pratica clinica di farmaci che agiscono nei pazienti portatori di mutazione dei geni BRCA1 e 2. In ultimo vi è un farmaco, già approvato da EMA di cui in Italia si attende la rimborsabilità, un radioligando che permetterà di effettuare una terapia mirata alla sede delle metastasi che sono state diagnosticate con la PSMA-PET”.
Chirurgia robotica mini-invasiva, meno rischi per il paziente
“In caso di intervento chirurgico, le novità più significative riguardano la capacità di intervenire con tecniche mini-invasive, laparoscopiche o robot assistite – evidenzia Calarco. Finora gli interventi chirurgici per l’asportazione di una neoplasia prostatica con il taglio dell’addome hanno comportato il rischio di conseguenze sulla funzione erettile e sulla continenza urinaria. I nuovi strumenti chirurgici, che si limitano a effettuare piccoli fori di 5 millimetri ed adottano l’ausilio di ultratelecamere, permettono di operare i pazienti con un impatto minore e con tempi rapidi di convalescenza. L’evoluzione robotica è stato un grande passo avanti e ha ulteriori prospettive, con nuove macchine che riducono il tasso di mini-invasività con un unico foro dove si inserisce un singolo strumento che, una volta all’interno dell’addome del paziente, si apre esponendo cosi gli strumenti robotici contenuti al suo interno”.
Ipertrofia del collo vescicale
L’ipertrofia del collo vescicale è una patologia molto simile all’ipertrofia prostatica benigna dal punto di vista sintomatologico che provoca un’ostruzione nella prostata che condiziona la minzione. “L’ipertrofia del collo vescicale può richiedere un intervento chirurgico che comporta il rischio di perdere l’eiaculazione e di conseguenza la capacità riproduttiva – spiega il Dott. Alessandro Calarco. Il fatto che colpisca una popolazione giovane, tra i 20 e i 50 anni, rende particolarmente delicato questo approccio terapeutico. Una nuova tecnica di recentissima sperimentazione riesce a preservare l’eiaculazione nel 100% dei pazienti operati. Nel prossimo futuro rappresenterà un cambiamento radicale”.
Tutte le novità sulle patologie che ruotano intono alla prostata sono state discusse da oltre 50 urologi e oncologi in un incontro presso la Clinica “Villa Pia” a Roma, patrocinato dagli Urologi dell’Ospedalità Privata (UrOP) e dalla Società Italiana di Urologia – SIU, con il contributo non condizionante di Recordati.
Social media, allarme per ansia e dipendenza
Adolescenti, Genitorialità, News PresaIperconnessi, gli adolescenti sono sempre più immersi in una realtà digitale, con i social media che giocano un ruolo sempre più predominante nelle loro vite. Tuttavia, dietro l’uso quotidiano delle piattaforme social si nasconde una realtà inquietante: l’uso problematico di questi strumenti, che può avere gravi conseguenze sul benessere psico-fisico dei giovani.
Sintomi
Secondo il report sulle tecnologie digitali condotto dall’Iss nell’ambito dello studio multicentrico internazionale HBSC (Health Behaviour in School-aged Children), circa 4 adolescenti su 5 utilizzano i social media ogni giorno, con il 10% di loro a rischio di sviluppare un uso problematico. Questo comporta sintomi quali ansia da accesso costante, difficoltà a staccarsi dalla rete, e fallimento nel controllo del tempo trascorso online.
Maggiormente a rischio
Le ragazze sembrano essere più a rischio rispetto ai ragazzi, con un aumento del rischio tra gli 11 e i 13 anni, e un divario che si amplia nei gruppi di età più avanzati. Tuttavia, anche i ragazzi non sono esenti, con un’elevata esposizione ai comportamenti a rischio associati ai videogiochi. Al cospetto di un problema di dipendenza è sempre bene consultare uno specialista che possa aiutarci a superare le difficoltà, ma alcuni consigli possono essere considerati a prescindere. Vediamo quali:
Giusto approccio
Se da un lato i social media possono offrire opportunità di connessione e espressione personale, è importante educare i giovani su come utilizzarli in modo sano e consapevole, riducendo al contempo il rischio di dipendenza e promuovendo un benessere globale. Con una combinazione di consapevolezza, dialogo e limiti appropriati, possiamo aiutare gli adolescenti a navigare nel mondo digitale in modo sicuro e responsabile.
Diabete e CGM, tecnologie più vicine ai pazienti ma accesso disomogeneo
Associazioni pazienti, News PresaIl diabete è una malattia cronica con un forte impatto sulla quotidianità. Nell’ultimo decennio i progressi tecnologici hanno migliorato la qualità della vita dei pazienti. Oggi i dispositivi consentono di rilevare in continuo il livello del glucosio nel liquido interstiziale del sottocute 24 ore al giorno e 7 giorni alla settimana (CGM). Tuttavia l’accesso alle nuove tecnologie è disomogeneo su tutto il territorio nazionale. Se ne è parlato a Milano durante due giorni di confronto con circa 100 specialisti diabetologi, nella conferenza “WELL DONE – Share your experience in diabetes”, organizzata da Roche Diabetes Care Italy.
«L’ambito del monitoraggio in continuo del glucosio sta evolvendo con rapidità. È importanza che il diabetologo abbia una conoscenza approfondita della pluralità dei dispositivi oggi disponibili e sia in grado di scegliere quello più adatto al paziente», afferma Emanuele Bosi, Direttore dell’Unità di Medicina Generale, Diabetologia ed Endocrinologia, Università Vita-Salute San Raffaele, Milano. «Abbiamo il dovere – aggiunge – di sfruttare le opportunità offerte dagli ultimi avanzamenti tecnologici. I sistemi attuali di monitoraggio in continuo del glucosio interstiziale sono ormai tutti classificabili come CGM. Infatti permettono di conoscere in tempo reale il valore di glucosio nel sangue e di predire l’andamento della glicemia attraverso frecce di tendenza, avvertendo il paziente con allarmi sonori. Lo aiutano così a gestire pericolose variazioni di glicemia che possono portare a ospedalizzazioni e accessi al pronto soccorso e che sono alla base di complicanze importanti a lungo termine».
I benefici clinici associati all’utilizzo dei CGM sono riconosciuti e condivisi dalla comunità scientifica. Eppure emergono ancora limiti di utilizzo da parte delle persone con diabete. «Affinché questi dispositivi vengano sfruttati al meglio e gli utilizzatori possano usufruire di tutti i vantaggi che questa tecnologia offre, sia da un punto vista clinico sia psicologico, è importante capire i bisogni insoddisfatti e quali migliorie sia possibile apportare. Per questo, insieme alle associazioni pazienti in ambito diabetologico e con il contributo non condizionante di Roche Diabetes Care Italy, abbiamo indagato il percepito degli utilizzatori relativamente al loro rapporto con i diversi sistemi CGM», spiega Andrea Boaretto, fondatore e CEO della società di ricerche di mercato Personalive.
Diabete e CGM, bisogni dei pazienti
L’indagine – “Indicatori di usabilità dei sistemi di monitoraggio in continuo del glucosio: il punto di vista delle persone con diabete” – ha evidenziato le caratteristiche ritenute più importanti dei sensori CGM. Al primo posto vi è l’impermeabilità (85 per cento), aspetto prioritario per tutte le aree geografiche considerate, con punte al 93 per cento nel Nord-Ovest. Subito dopo si trova il numero di posizioni del corpo in cui si può indossare (61 per cento), in particolare al Sud Italia, dove viene indicato dal 67 per cento dei rispondenti, rispetto al 61 per cento del Nord Est e al 48 per cento del Centro. Per quanto riguarda gli aspetti emozionali, il 67 per cento dei rispondenti si dichiara sicuro, il 44 per cento accudito e il 56 per cento protetto e più dei tre quarti del campione riporta di non sentirsi per nulla o poco giudicato/ansioso/turbato, sentimenti che risultano più comuni tra chi usa il sensore da meno di due anni.
Infine, è emerso che il 63 per cento dei rispondenti utilizza l’app collegata al sistema CGM cinque o più volte al giorno per monitorare l’andamento del glucosio; le funzionalità principali, come il valore del glucosio, la freccia di tendenza e la possibilità di condividere i dati di monitoraggio con il medico sono le più utilizzate. «Alcune opzioni segnalate dai rispondenti all’indagine come possibili migliorie da integrare sono già presenti nei CGM ad oggi disponibili; questo fa emergere la necessità di percorsi di formazione dedicati agli utilizzatori, possibilmente reiterati nel tempo, finalizzati a spiegare le diverse funzioni attraverso il vissuto e l’esperienza personale e fungere da guida e supporto per utilizzare i CGM nel pieno delle loro funzioni», commenta Boaretto.
«Il diabete è una delle più importanti e complesse malattie croniche. I progressi della tecnologia in questo campo sono una vera e propria svolta nella qualità della vita dei pazienti. Oggi abbiamo a disposizione strumenti in grado di prevenire situazioni critiche, restituendo una qualità di vita decisamente semplificata e migliorata», dice Emilio Augusto Benini, Presidente FAND, Associazione Italiana Diabetici. «Purtroppo però l’offerta risulta disomogenea nelle varie regioni italiane e in tante ancora si fa fatica ad avere accesso alle tecnologie. È fondamentale offrire un sistema equo, che garantisca la massima qualità e le migliori soluzioni a tutte le persone con diabete nell’intero territorio nazionale».
«Ad oggi purtroppo le linee guida nazionali non sono al passo con le ultime innovazioni tecnologiche disponibili e soprattutto non sono allineate alla convergenza delle categorie. La mancanza di un aggiornamento e l’adeguamento difforme a livello regionale ha un forte impatto negativo sull’aderenza alla terapia e sulla qualità di vita dei pazienti», continua Marcello Grussu, Vicepresidente Diabete Italia. «È necessario procedere quanto prima con un aggiornamento delle linee guida, coinvolgendo dal principio associazioni pazienti e società scientifiche, per favorire un accesso equo a tutte le soluzioni tecnologiche oggi disponibili e garantire così ai clinici la possibilità di scelta prescrittiva e a ogni persona con diabete di poter beneficiare di una gestione personalizzata della propria patologia».
Telemedicina, così parte la rivoluzione digitale
News PresaL’Azienda Ospedaliera dei Colli di Napoli lancia un programma altamente innovativo con l’avvio delle visite in telemedicina, un passo che promette di trasformare l’accesso alle cure mediche nel segno della semplicità. Questa nuova iniziativa consente ai pazienti, in particolare coloro affetti da malattie rare, di ricevere consulenze, monitoraggio e supporto senza dover lasciare il conforto del proprio domicilio. Guidata dal Centro di Coordinamento Malattie Rare della Regione Campania (diretto dal professor Giuseppe Limongelli) questa iniziativa rivoluzionaria sta già dimostrando benefici tangibili.
Più servizi
Inizialmente dedicato ai pazienti affetti da malattie rare seguiti dal Centro di Coordinamento Malattie Rare della Regione Campania, il progetto si prefigge di estendersi presto a tutti gli utenti dell’Azienda Ospedaliera, offrendo loro la possibilità di scegliere il supporto da remoto grazie all’utiilizzo della piattaforma Sinfonia, sviluppata dalla Regione Campania, pienamente in grado di garantire l’erogazione efficiente dei servizi.
Facilità di accesso
L’Azienda ha già comunicato con i medici di medicina generale e pediatri di libera scelta per fornire istruzioni dettagliate sull’accesso al servizio. Per prenotare una visita online, sarà sufficiente avere un’impegnativa medica, rendendo il processo facile e accessibile.
Supporto tecnologico
Il sito web dell’Azienda offre già un manuale d’uso e il link diretto alla piattaforma Sinfonia, semplificando ulteriormente l’accesso per i pazienti. Inoltre, nell’ambito del progetto, è già attivo il telemonitoraggio per i pazienti affetti da cardiopatie congenite. Questi pazienti ricevono dispositivi tecnologici per monitorare i parametri vitali, consentendo una gestione più efficace delle loro condizioni mediche.
Vicini a chi soffre
Anna Iervolino, direttrice generale dell’Azienda Ospedaliera dei Colli, esprime il suo entusiasmo per questa nuova fase, sottolineando l’impegno costante nell’innovazione e nell’efficientamento dei servizi sanitari. L’introduzione della telemedicina rappresenta un passo avanti significativo nel portare l’ospedale direttamente nelle case dei pazienti, migliorando la loro qualità di vita e fornendo un supporto indispensabile ai caregiver.
Ritrova la vista grazie ad un collirio
News PresaUn’innovativa terapia genica somministrata attraverso un collirio ha portato a risultati straordinari nel recupero della vista di un giovane paziente affetto da epidermolisi bollosa distrofica, una malattia rara e invalidante. Secondo uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine condotto da Arianna Tovar Vetencourt del Bascom Palmer Eye Institute presso la University of Miami Miller School of Medicine, il trattamento – noto come beremagene geperpavec (B-VEC; Vyjuvek) – ha dimostrato di essere efficace nell’aumentare l’acuità visiva di un ragazzo di 13 anni.
I test
Questo giovane paziente, precedentemente legalmente cieco a causa della sua condizione e affetto da epidermolisi bollosa distrofica recessiva fin dall’età di 7 anni, ha sperimentato un significativo miglioramento della vista nell’occhio trattato con il collirio B-VEC. L’applicazione diretta del B-VEC all’occhio destro ha portato a miglioramenti senza precedenti, mentre non sono stati osservati cambiamenti nell’occhio non trattato, soggetto a un trattamento simile ma senza l’utilizzo del B-VEC.
Risultati eccellenti
Gli autori dello studio, insieme al loro team di ricerca, evidenziano l’importanza di ulteriori indagini sull’efficacia del B-VEC nel trattamento dei pazienti con epidermolisi bollosa distrofica che coinvolge la superficie oculare. Tuttavia, riconoscono la necessità di studi più ampi e di un follow-up più lungo per confermare completamente l’efficacia e la sicurezza di questa promettente terapia.
Nuove prospettive
Questa scoperta rappresenta un enorme progresso per i pazienti affetti da epidermolisi bollosa distrofica e per la comunità medica nel suo complesso. Se ulteriori ricerche confermeranno l’efficacia del B-VEC, potrebbe aprire la strada a nuovi trattamenti rivoluzionari per questa malattia rara, migliorando significativamente la qualità della vita dei pazienti affetti.
Covid. Salute e ripresa, Indice Vicinanza cala dopo pandemia
Economia sanitaria, Eventi d'interesse, News Presa, Prevenzione, Stili di vitaI risultati dell’Indice di Vicinanza della salute contenuti nel 2° Rapporto dell’Osservatorio Salute Benessere e Resilienza indicano la necessità di un Piano Nazionale di Salute. Durante la presentazione, questa mattina al Senato, Americo Cicchetti, Direttore Generale della Programmazione Sanitaria – Ministero della Salute, in collegamento ha annunciato la volontà di realizzarlo entro il 2025.
Covid. Rapporto Salute Benessere e Resilienza
Dopo gli anni della pandemia, in termini di ripresa proprio la Salute sembra pagare il prezzo più alto, secondo i dati. Un costo che si traduce in isolamento, disgregazione delle relazioni sociali, visite mediche e interventi rimandati, stress del personale sanitario, vulnerabilità di stili di vita e alimentari dovuti al cambiamento climatico.
Continua la discesa anche negli anni che dovrebbero essere di ripresa. L’Indice di Vicinanza della salute nel 2022 ha totalizzato 86 punti, perdendo 14 punti rispetto al valore base di 100 punti fissato per il 2010, anno di partenza della rilevazione. Si è scesi così di altri 4 punti rispetto al 2021 in cui si registravano 90 punti.
Covid. Concetto di vicinanza della salute
La Fondazione Bruno Visentini ha presentato la seconda edizione del Rapporto che misura l’Indice di Vicinanza alla Salute che prende in esame l’andamento 72 indicatori organizzati in 3 Contesti e 22 Domini. L’obiettivo è verificare come stiano cambiando le dinamiche, i servizi e le condizioni di salute dal 2010 ad oggi. Uno sforzo di ricerca culminato nel Rapporto di ricerca intitolato ‘Unire i puntini: verso un Piano Nazionale di Salute’ presentato oggi presso la sala Zuccari in Senato su iniziativa della senatrice Ylenia Zambito.
Con il concetto di ‘Vicinanza della salute’ si intende la relazione nello spazio e nel tempo che sussiste tra la persona e la disponibilità del bene salute e la possibilità di fruirne. Ovvero, quanto tempo intercorre tra il momento in cui il bisogno di salute si origina, il momento in cui questo bisogno viene captato, il momento in cui viene fornita una risposta e il momento in cui il destinatario effettivamente ne beneficia.
Covid. Logica One Health
“La prevenzione, la presa in carico del paziente, la telemedicina, l’assistenza territoriale, i servizi socio-sanitari, l’ospedale, ma anche il territorio, il terzo settore e i diversi attori del welfare che comunque contribuiscono alla tutela della salute pubblica e individuale, rappresentano i tanti puntini che devono essere uniti in quello che deve essere un approccio olistico ai bisogni di salute, esattamente come è previsto dalla logica One Health” – ha dichiarato la Senatrice Ylenia Zambito – “E come si possono unire i puntini se negli ultimi anni abbiamo assistito ad un incremento di interventi normativi abnorme? Lo si può fare solo attraverso la realizzazione di un momento di programmazione condivisa con tutti gli stakeholders a livello nazionale, che definisca i connotati dell’evoluzione del sistema di salute, a partire da un piano sanitario nazionale (l’ultimo risale al 2008), ma includendo anche gli altri elementi che sono a pieno titolo ‘attori della salute’, come la componente sociale o ambientale. Una sfida che, insomma, ci riguarda tutti”.
Covid. PNR e digitalizzazione
“Nel 2022, nonostante i molteplici interventi normativi, non abbiamo assistito ancora ad una inversione i trend negativi acuitisi ulteriormente rispetto all’anno precedente, e le molteplici iniziative previste dal PNRR (molte delle quali ancora sulla carta) non sono ancora pienamente arrivate a migliorare lo stato della Vicinanza alla salute per i cittadini italiani” spiega il Professor Duilio Carusi, Adjunct Professor Luiss Business School, Coordinatore dell’Osservatorio “il desiderio di dare soluzioni e risposte ha dato luogo ad una proliferazione di interventi normativi e piani ad hoc spesso tra loro poco raccordati ed in parte sovrapposti. Manca ancora una visione di insieme riassunta in questo lavoro”.
“A cominciare dal marzo 2020 abbiamo assistito ad una produzione normativa in materia sanitaria caratterizzata da una ipertrofia. Prevenzione, cronicità̀, telemedicina, fascicolo sanitario elettronico, assistenza territoriale, bacini di utenza ospedaliera hanno costituito, l’oggetto di svariate iniziative normative. Per rispondere alle tante criticità rilevate, ora più che mai c’è la necessità di far dialogare la sfera sanitaria con le componenti relative alla assistenza sociale, sociosanitaria e della tutela ambientale.” conclude il Professor Carusi.
Covid. Piano Sanitario Nazionale
Gli esperti hanno sottolineato come appaia sempre più necessario ritornare a uno sforzo di pianificazione a livello paese, che conduca ad un ‘Piano nazionale di salute’, che riprenda – ed integri anche su dimensioni extrasanitarie- un Piano Sanitario Nazionale.
Secondo il report, le questioni più rilevanti di oggi per la popolazione che vive in Europa sono: “essere in grado di vivere non di sopravvivere, vivere in comunità sane e sicure e di potere beneficiare di politiche per la salute in grado di assicurare loro una vita migliore sia già oggi che per le prossime generazioni”. Tuttavia i dati dimostrano che oltre il 20% della popolazione nelle regione europea dell’OMS ( che include anche gli stati dell’ex-Unione Sovietica,Turchia e Israele), vivono con malattie prevenibili che ne limitano la loro partecipazione sia alla vita sociale sia a quella economica. Inoltre il 20% della popolazione europea più povera è a rischio doppio di essere colpita da una malattie mentale, con la conseguenze che, la loro cura, raggiunge costi che corrispondono al 4% del PIL del singolo Stato.
“Tuttavia, dice la dott.ssa Christine Brown, Direttore dell’Ufficio europeo dell’OMS per gli investimenti per la salute e lo sviluppo con sede a Venezia, la buona notizia che possiamo dare oggi è quella che abbiamo già soluzioni che possono dare risultati nella popolazione in 4 anni, riuscendo a migliorare ad esempio, la salute di ben 250 mila persone per un Paese di 60 milioni di abitanti”.
La logica “One Health” e la strategia di “Health in all policies”, sostenuta dall’OMS e previste nel quadro dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, impongono al sistema sanitario di procedere in maniera multidisciplinare e trasversale per essere oggi piu’efficace. Ciò potrà avvenire solo con una visione di insieme, spiegano gli specialisti, che preveda nuovi strumenti organizzativi e tecnologici in un quadro di governance della salute umana, animale e ambientale, condiviso ed inclusivo da tutti gli Stati Membri.