Tempo di lettura: 4 minutiI disturbi del comportamento alimentare rientrano nelle patologie mentali, non sono semplici capricci. La sofferenza dei pazienti racconta sempre il tentativo di dare senso e significato al dolore, così profondo da invadere il corpo e le relazioni. Oltre al disagio interiore, i disturbi alimentari, se trascurati, possono avere gravi conseguenze fisiche e portare alla morte. La cura richiede un approccio multidisciplinare con psichiatri, psicologi, psicoterapeuti, nutrizionisti e altre figure in base allo stato del paziente. Nel nostro Paese ne soffrono 3 milioni di persone e l’età di esordio continua ad abbassarsi. La pandemia ha peggiorato la situazione e i casi sono in costante aumento, con una crescita del 20% annuo tra i ragazzini di 10-13 anni. Inoltre ci sono molte Regioni che non hanno posti letto per la presa in carico dei casi più gravi.
Giornata Nazionale dei disturbi alimentari, spesso invisibili
I disturbi alimentari possono manifestarsi in modo diverso, ma hanno tutti una matrice comune: la non accettazione del corpo. Il disagio ha radici profonde legate a fattori biologici, culturali, sociali e soprattutto familiari. I disturbi più conosciuti sono l’anoressia e la bulimia. Spesso possono alternarsi. Inoltre esistono altre forme disfunzionali della sfera alimentare, come per esempio il binge eating. In molti casi questi disturbi possono andare avanti per anni senza essere visti, come nel caso della bulimia nervosa. Molti pazienti, infatti, sono persone normo-peso che sopportano un’enorme sofferenza di nascosto, mentre si fanno strada i danni al corpo e cresce il disagio mentale. Oggi, 15 marzo, è la Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla, nata per sensibilizzare l’opinione pubblica sui disturbi del comportamento alimentare (DCA). Un impegno che non dovrebbe limitarsi a una sola giornata di riflessione, ma piuttosto essere costante. Le richieste di aiuto tra i giovani, dopo l’avvento della pandemia di Covid-19, continuano a crescere, ma la rete di assistenza è difforme tra le regioni.
Numeri preoccupanti
I numeri parlano chiaro: si registra un costante aumento del 20% annuo tra i 10 e i 13 anni. Nel 2023, i nuovi casi diagnosticati hanno raggiunto quota 1,6 milioni, rispetto ai 680mila del 2019, con un totale di oltre tre milioni di persone colpite, in netto aumento rispetto ai 300mila dei primi anni 2000.
Servizi assistenziali in difficoltà
Ma non è solo il numero dei casi a preoccupare: i servizi assistenziali per riabilitare i pazienti con DCA sono sottoposti a una pressione sempre maggiore. Inoltre la loro distribuzione sul territorio nazionale è disomogenea. Dei 135 centri censiti dall’Istituto Superiore di Sanità a gennaio, la maggioranza (68) si trova al Nord, mentre solo 26 sono nel Centro e 41 nel Sud e nelle Isole. Tuttavia, il numero complessivo di centri rimane insufficiente, con meno di tre su dieci che dispongono di strutture residenziali per la riabilitazione intensiva, e il 40% di queste residenze non accoglie minori sotto i 14 anni.
Fondo disturbi alimentari insufficiente
Il rifinanziamento del fondo per i disturbi alimentari nel 2024 rimane una misura tampone. Non ha dubbi Laura Dalla Ragione, direttrice della rete dei servizi per i disturbi alimentari dell’Usl Umbria 1 e coordinatrice del tavolo tecnico sui disturbi della nutrizione e dell’alimentazione del ministero della Salute. In un’intervista rilasciata al Corriere.it, la specialista sottolinea l’urgente necessità di rendere i disturbi alimentari un Livello Essenziale di Assistenza (LEA) autonomo, con finanziamenti stabili e vincolati, per garantire un adeguato funzionamento della rete dei centri su tutto il territorio nazionale.
Livelli di cura adeguati
I centri per i disturbi alimentari dovrebbero garantire diversi livelli di cura, tra cui l’ambulatorio specialistico, il day hospital o centro diurno, la riabilitazione intensiva residenziale e il ricovero ospedaliero. Tuttavia, i reparti di neuropsichiatria infantile soffrono di una carenza cronica di posti letto, con solo 403 disponibili in tutto il Paese, ben al di sotto delle necessità.
Educatori a domicilio
Regioni come l’Emilia Romagna hanno sperimentato con successo l’impiego di educatori a domicilio per ridurre i ricoveri ospedalieri e favorire il recupero dei pazienti con DCA. Questo approccio mira a facilitare il rapporto del paziente con la famiglia, i pari e l’ambiente scolastico, riducendo l’isolamento e migliorando il processo di riabilitazione.
Riconoscere i campanelli d’allarme
Essere consapevoli dei segnali che possono indicare la presenza di un disturbo alimentare consente di chiedere aiuto tempestivamente. Comportamenti alimentari anomali associati a cambiamenti di carattere devono mettere in guardia i genitori.
Per esempio, si tratta di condotte finalizzate alla perdita di peso, che perdurano nel tempo, almeno da tre mesi. Includono: l’eliminazione di molte categorie di cibi, chiudersi spesso in bagno dopo i pasti, assumere il cibo molto lentamente sminuzzandolo in pezzettini, alternare abbuffate a digiuni, fare attività fisica estenuante, utilizzare lassativi e diuretici in modo continuativo.
Oltre ai segnali legati al corpo, si associano spesso cambiamenti di carattere. Adolescenti che erano allegri, solari e brillanti possono diventare tristi, asociali e insofferenti. In questi casi i genitori possono rivolgersi al medico di base o pediatra per essere indirizzati verso i centri specializzati.
Disturbi alimentari, conseguenze gravi
I disturbi alimentari sono una patologia complessa che può avere gravi conseguenze fisiche e psicologiche, tra cui depressione, limitazione della vita sociale e lavorativa, e complicazioni mediche che possono portare alla morte. Nel 2023, i decessi per malattie legate ai disturbi alimentari sono stati 3.780, diventando la seconda causa di morte tra gli adolescenti dopo gli incidenti stradali.
La Giornata di oggi è un’occasione per sensibilizzare l’opinione pubblica, migliorare l’accesso ai servizi assistenziali e promuovere un approccio multidisciplinare per la diagnosi e la cura dei disturbi alimentari. Una strada necessaria per salvare le vite e attutire la sofferenza di migliaia di persone.
Febbre Dengue, il Brasile verso i test rapidi
News PresaSettimana dopo settimana la febbre Dengue diventa sempre più allarmante in Brasile. Ma la preoccupazione non riguarda solo il Sud America, l’aumento significativo dei casi di infezioni generando preoccupazione a livello globale. Ecco perché diversi paesi, a partire proprio dal Brasile, stanno considerando l’introduzione di test rapidi per la diagnosi precoce, mentre l’Italia ha annunciato un potenziamento dei controlli per prevenire la diffusione della malattia nel paese.
Tamponi
L’esplosione dei casi di Dengue ha spinto il Brasile a valutare l’implementazione di test rapidi “fai da te” per una diagnosi più tempestiva. Il direttore dell’Area prodotti sanitari dell’Agenzia nazionale di sorveglianza sanitaria (Anvisa), Daniel Pereira, ha dichiarato che l’autorizzazione per l’uso dei tamponi casalinghi è attualmente in fase di negoziato con il ministero della Salute. Questa iniziativa mira a fronteggiare l’emergenza in corso.
Allerta
Intanto, in Europa, cresce la preoccupazione per il rischio di diffusione della Dengue. Paesi come Perù, Argentina, Guatemala e Brasile hanno dichiarato stati d’allerta o di emergenza per epidemie di Dengue tra febbraio e marzo 2024. Il rapporto dell’Agenzia europea dell’ambiente (Aea) sottolinea che i cambiamenti climatici stanno creando condizioni favorevoli alla trasmissione della malattia anche in Europa meridionale.
Controlli serrati
In Italia, il ministero della Salute ha registrato un aumento dei casi di Dengue, con 84 casi autoctoni nel 2023. Questo ha spinto il paese a rafforzare ulteriormente i controlli. Una nuova circolare sulle misure di vigilanza sanitaria è stata pubblicata, con particolare attenzione alla vigilanza degli aeromobili, delle imbarcazioni e delle merci provenienti da aree a rischio.
Spostamenti in aereo
Il direttore della Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria del Ministero della Salute, Francesco Vaia, ha sottolineato l’importanza di potenziare le azioni di vigilanza e controllo per prevenire l’entrata dell’Aedes aegypti, principale vettore di trasmissione della Dengue, in Italia. Le autorità italiane stanno attivando ulteriori azioni di controllo nei punti di ingresso del paese, con particolare attenzione agli aeromobili e alle navi provenienti da aree a rischio.
Ictus in gravidanza, salvati mamma e bimbo
News PresaSalvato da morte certa ancor prima di nascere. È la straordinaria storia del piccolo Salvatore, ma anche della sua mamma Chiara (nomi di fantasia per tutelarne la privacy), colpita da un ictus ischemico alla dodicesima settimana di gravidanza. La futura mamma è stata salvata all’ospedale del Mare di Napoli grazie allo straordinario lavoro di una equipe multidisciplinare che ha deciso di intervenire con un intervento molto delicato. Chiara, soli anni 27, è arrivata in pronto soccorso accompagnata dal marito.
Quadro clinico
Inizialmente vigile, la futura mamma ha da subito mostrato sintomi preoccupanti: una lieve paralisi del lato sinistro e una difficoltà a muovere gli arti. Di qui la decisione di procedere immediatamente ad una risonanza magnetica all’encefalo e ai vasi sanguigni. Immediata e terribile la diagnosi: ischemia in atto, causata dall’occlusione completa dell’arteria cerebrale media di destra. Chiara, seguita dal neurologo Donato Colella fin dal suo arrivo in pronto soccorso, dopo la risonanza magnetica ha mostrato un rapido e netto peggioramento dei sintomi.
Condizioni serie
Considerata la progressione del quadro clinico, dopo un breve consulto, i medici hanno quindi deciso di trasferire la giovane paziente presso l’Unità Operativa Complessa di Neuroradiologia diretta dal dottor Vincenzo D’Agostino per sottoporla ad un intervento urgente di tromboectomia meccanica. A quel punto mamma e bimbo sono stati affidati alle mani dei neuroradiologi Valeria Piscitelli e Fabrizio Fasano che, con l’assistenza degli anestesisti Giovanni Gallo, Angelo Affinito e la collaborazione dell’equipe composta da tecnici di radiologia RSM e infermieri, hanno realizzato con successo l’intervento di disostruzione meccanica del vaso cerebrale chiuso (trombectomia).
Ritorno a casa
«Secondo la letteratura medica la paziente aveva il 50% delle probabilità di non sopravvivere, il 90% di possibilità di riportare una grave disabilità e l’80% di perdere il bambino – sottolineano i medici – invece tutti e due ce l’hanno fatta». Dopo vari giorni di ricovero, dapprima presso l’Unità Operativa Complessa di Neurologia diretta dal dottor Vincenzo Palma, poi nell’Unità Operativa Complessa di Anestesia e Rianimazione diretta dal dottor Ciro Fittipaldi e successivamente nella Stroke Unit, Chiara è stata dimessa, con un recupero pressoché completo del deficit neurologico e la gravidanza procede tuttora regolarmente. «Una storia straordinaria finita al meglio grazie ad un lavoro di squadra eccellente e grazie all’impegno di tutto il personale, a partire del pronto soccorso», dice il direttore generale Ciro Verdoliva.
Stati Generali sul Diabete: assistenza specialistica riduce mortalità
News PresaIn Italia, sono circa 4 milioni i pazienti affetti da diabete. Impattano sul Servizio Sanitario Nazionale, con costi diretti che ammontano a 14 miliardi di euro all’anno, senza contare i costi indiretti. Questo dato, è affiancato dal fatto che un ulteriore milione di cittadini convive con la patologia senza saperlo e che oltre 3 milioni sono a rischio di svilupparla. I numeri evidenziano l’urgenza formulare una strategia nazionale condivisa.
Gli Stati Generali sul Diabete
Per affrontare questa emergenza, la Federazione delle società diabetologiche italiane (FeSDI), l’Università di Roma Tor Vergata e l’Intergruppo parlamentare Obesità, diabete e malattie croniche non trasmissibili hanno promosso gli Stati Generali sul Diabete. L’evento, che si tiene a Villa Mondragone, Monteporzio Catone (Roma), vede la partecipazione di tutte le principali figure del settore, dalle società scientifiche alle associazioni pazienti, dalle aziende alla società civile e alle Istituzioni.
Documento Programmatico
I delegati impegnati negli Stati Generali stanno lavorando alla redazione di un documento programmatico per migliorare la prevenzione, la diagnosi precoce, il monitoraggio, la cura e l’organizzazione dell’assistenza alle persone con diabete in Italia, da presentare al ministro della Salute Orazio Schillaci. Tra le criticità, si segnalano disuguaglianze nell’accesso all’assistenza specialistica, scarsa integrazione tra strutture diabetologiche e medicina generale e carenza di risorse umane. Gli obiettivi prioritari del documento includono il potenziamento della rete diabetologica, l’ampliamento del personale, una maggiore sinergia tra tutti i suoi nodi, lo sviluppo della digitalizzazione e il ruolo chiave del diabetologo come “manager” della cronicità.
Diabete, serve assistenza specialistica
Secondo studi recenti, l’assistenza specialistica ha dimostrato di ridurre la mortalità nelle persone con diabete di quasi il 20%, garantendo un approccio in team multidisciplinare e multiprofessionale e facilitando l’accesso all’innovazione farmacologica e tecnologica. Il ministro della Salute Orazio Schillaci sottolinea l’importanza della prevenzione e della promozione di corretti stili di vita, insieme all’equità nelle cure e all’assistenza multiprofessionale ai pazienti, anche attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie digitali.
Diabete, Fand: rendere eque le cure sfruttando PNRR
“È venuto il momento che l’assistenza e i diritti delle persone con diabete siano garantiti in modo uniforme su tutto il territorio nazionale. Il diritto delle persone con diabete a vivere una vita sociale, educativa, lavorativa come tutti deve essere considerato un obiettivo prioritario dell’agenda istituzionale”. Così nel suo intervento Emilio Augusto Benini, Presidente di Fand – Associazione Italiana Diabetici.
“Dobbiamo sfruttare l’occasione unica del PNRR e degli importanti stanziamenti che prevede, per sviluppare l’assistenza territoriale, perché è al livello del territorio che, indiscutibilmente, è necessario che siano in primo luogo assistite le persone con diabete – prosegue il Presidente Benini –. Ciò non significa ovviamente che il territorio debba depauperare l’ospedale. Quello a cui si deve mirare, cogliendo questa opportunità, è l’integrazione del territorio, il potenziamento dei centri diabetologici, con un team diabetologico opportunamente costituito e formato, un’integrazione con i medici di medicina generale e il ruolo delle case di comunità. Ma è opportuno andare oltre, costruire un’assistenza che sia ancora più a misura della persona con diabete e puntare, per questo, anche sulla farmacia dei servizi, che può costituire un forte valore aggiunto in questo percorso, per la vicinanza che di fatto hanno le farmacie rispetto alle persone. Per integrare al meglio questa ampia struttura organizzativa, è inoltre imprescindibile dotarla di un sistema informatico che la supporti, a partire dal fascicolo sanitario elettronico e tutti i software che ne garantiscano l’efficienza”.
“Bisogna assicurare alle persone con diabete il pieno accesso all’informazione, all’educazione terapeutica, alla sana alimentazione, ai corretti sili di vita, nonché al supporto psicologico – sottolinea il Presidente Benini -, tutelandone i diritti nelle attività quotidiane, per esempio in ambito scolastico, sportivo e, soprattutto, lavorativo. Su questo, come organizzazione, ci siamo attivati per la costruzione di un vero e proprio sportello legale”.
Disturbi alimentari: +20% annuo tra i ragazzini 10-13 anni. Segnali da riconoscere
Adolescenti, Alimentazione, Bambini, Benessere, Genitorialità, News Presa, Pediatria, Prevenzione, PsicologiaI disturbi del comportamento alimentare rientrano nelle patologie mentali, non sono semplici capricci. La sofferenza dei pazienti racconta sempre il tentativo di dare senso e significato al dolore, così profondo da invadere il corpo e le relazioni. Oltre al disagio interiore, i disturbi alimentari, se trascurati, possono avere gravi conseguenze fisiche e portare alla morte. La cura richiede un approccio multidisciplinare con psichiatri, psicologi, psicoterapeuti, nutrizionisti e altre figure in base allo stato del paziente. Nel nostro Paese ne soffrono 3 milioni di persone e l’età di esordio continua ad abbassarsi. La pandemia ha peggiorato la situazione e i casi sono in costante aumento, con una crescita del 20% annuo tra i ragazzini di 10-13 anni. Inoltre ci sono molte Regioni che non hanno posti letto per la presa in carico dei casi più gravi.
Giornata Nazionale dei disturbi alimentari, spesso invisibili
I disturbi alimentari possono manifestarsi in modo diverso, ma hanno tutti una matrice comune: la non accettazione del corpo. Il disagio ha radici profonde legate a fattori biologici, culturali, sociali e soprattutto familiari. I disturbi più conosciuti sono l’anoressia e la bulimia. Spesso possono alternarsi. Inoltre esistono altre forme disfunzionali della sfera alimentare, come per esempio il binge eating. In molti casi questi disturbi possono andare avanti per anni senza essere visti, come nel caso della bulimia nervosa. Molti pazienti, infatti, sono persone normo-peso che sopportano un’enorme sofferenza di nascosto, mentre si fanno strada i danni al corpo e cresce il disagio mentale. Oggi, 15 marzo, è la Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla, nata per sensibilizzare l’opinione pubblica sui disturbi del comportamento alimentare (DCA). Un impegno che non dovrebbe limitarsi a una sola giornata di riflessione, ma piuttosto essere costante. Le richieste di aiuto tra i giovani, dopo l’avvento della pandemia di Covid-19, continuano a crescere, ma la rete di assistenza è difforme tra le regioni.
Numeri preoccupanti
I numeri parlano chiaro: si registra un costante aumento del 20% annuo tra i 10 e i 13 anni. Nel 2023, i nuovi casi diagnosticati hanno raggiunto quota 1,6 milioni, rispetto ai 680mila del 2019, con un totale di oltre tre milioni di persone colpite, in netto aumento rispetto ai 300mila dei primi anni 2000.
Servizi assistenziali in difficoltà
Ma non è solo il numero dei casi a preoccupare: i servizi assistenziali per riabilitare i pazienti con DCA sono sottoposti a una pressione sempre maggiore. Inoltre la loro distribuzione sul territorio nazionale è disomogenea. Dei 135 centri censiti dall’Istituto Superiore di Sanità a gennaio, la maggioranza (68) si trova al Nord, mentre solo 26 sono nel Centro e 41 nel Sud e nelle Isole. Tuttavia, il numero complessivo di centri rimane insufficiente, con meno di tre su dieci che dispongono di strutture residenziali per la riabilitazione intensiva, e il 40% di queste residenze non accoglie minori sotto i 14 anni.
Fondo disturbi alimentari insufficiente
Il rifinanziamento del fondo per i disturbi alimentari nel 2024 rimane una misura tampone. Non ha dubbi Laura Dalla Ragione, direttrice della rete dei servizi per i disturbi alimentari dell’Usl Umbria 1 e coordinatrice del tavolo tecnico sui disturbi della nutrizione e dell’alimentazione del ministero della Salute. In un’intervista rilasciata al Corriere.it, la specialista sottolinea l’urgente necessità di rendere i disturbi alimentari un Livello Essenziale di Assistenza (LEA) autonomo, con finanziamenti stabili e vincolati, per garantire un adeguato funzionamento della rete dei centri su tutto il territorio nazionale.
Livelli di cura adeguati
I centri per i disturbi alimentari dovrebbero garantire diversi livelli di cura, tra cui l’ambulatorio specialistico, il day hospital o centro diurno, la riabilitazione intensiva residenziale e il ricovero ospedaliero. Tuttavia, i reparti di neuropsichiatria infantile soffrono di una carenza cronica di posti letto, con solo 403 disponibili in tutto il Paese, ben al di sotto delle necessità.
Educatori a domicilio
Regioni come l’Emilia Romagna hanno sperimentato con successo l’impiego di educatori a domicilio per ridurre i ricoveri ospedalieri e favorire il recupero dei pazienti con DCA. Questo approccio mira a facilitare il rapporto del paziente con la famiglia, i pari e l’ambiente scolastico, riducendo l’isolamento e migliorando il processo di riabilitazione.
Riconoscere i campanelli d’allarme
Essere consapevoli dei segnali che possono indicare la presenza di un disturbo alimentare consente di chiedere aiuto tempestivamente. Comportamenti alimentari anomali associati a cambiamenti di carattere devono mettere in guardia i genitori.
Per esempio, si tratta di condotte finalizzate alla perdita di peso, che perdurano nel tempo, almeno da tre mesi. Includono: l’eliminazione di molte categorie di cibi, chiudersi spesso in bagno dopo i pasti, assumere il cibo molto lentamente sminuzzandolo in pezzettini, alternare abbuffate a digiuni, fare attività fisica estenuante, utilizzare lassativi e diuretici in modo continuativo.
Oltre ai segnali legati al corpo, si associano spesso cambiamenti di carattere. Adolescenti che erano allegri, solari e brillanti possono diventare tristi, asociali e insofferenti. In questi casi i genitori possono rivolgersi al medico di base o pediatra per essere indirizzati verso i centri specializzati.
Disturbi alimentari, conseguenze gravi
I disturbi alimentari sono una patologia complessa che può avere gravi conseguenze fisiche e psicologiche, tra cui depressione, limitazione della vita sociale e lavorativa, e complicazioni mediche che possono portare alla morte. Nel 2023, i decessi per malattie legate ai disturbi alimentari sono stati 3.780, diventando la seconda causa di morte tra gli adolescenti dopo gli incidenti stradali.
La Giornata di oggi è un’occasione per sensibilizzare l’opinione pubblica, migliorare l’accesso ai servizi assistenziali e promuovere un approccio multidisciplinare per la diagnosi e la cura dei disturbi alimentari. Una strada necessaria per salvare le vite e attutire la sofferenza di migliaia di persone.
Fegato a rischio per gli adolescenti, abuso di alcol under 18
News PresaSecondo le stime ISTAT-ISS, circa 35 milioni di italiani sopra gli 11 anni di età consumano bevande alcoliche. Sette milioni tra loro hanno un consumo rischioso per la salute. A fare luce sui rischi è l’Associazione Italiana per lo Studio del Fegato “L’alcol può avere diversi effetti sul fegato che vanno dalla steatosi alla cirrosi, all’epatocarcinoma e all’epatite acuta alcolica, che ha un’elevatissima mortalità. Inoltre, una popolazione giovanile che consuma alcol in quantità significative già dagli 11 anni d’età si espone in prospettiva a un elevato rischio di malattia epatica” spiega Giacomo Germani, Gastroenterologo, Unità Trapianto Multiviscerale, Azienda Ospedale – Università Padova.
Giovani a rischio
Il fegato dei giovani italiani soprattutto torna sotto osservazione, anche a causa di nuovi stili di vita che provocano un aumento delle cause metaboliche di varie patologie. In particolare i nuovi modelli culturali che portano a consumare sempre più bevande alcoliche al di fuori dal pasto e che colpiscono i giovani mettono a serio rischio la salute del fegato. Questo è uno degli aspetti sotto osservazione di centinaia di specialisti, in occasione del 56° Congresso Nazionale dell’Associazione Italiana per lo Studio del Fegato, iniziato a Roma oggi.
Bevono anche i pazienti con epatopatia
Dalle stime dell’Istat e dell’Osservatorio nazionale alcol dell’Istituto Superiore di Sanità emerge che circa 35 milioni di italiani sopra gli 11 anni di età consumino bevande alcoliche (78,1% di uomini e 53,5% di donne) e che, di questi, più di 8,6 milioni abbiano una modalità del bere a rischio. Nel biennio 2021-2022, solo il 42% degli adulti di età compresa tra i 18 e i 69 anni dichiara di non consumare bevande alcoliche, mentre 1 persona su 6 (17%) ne fa un consumo definito a “maggior rischio” per la salute, per quantità o modalità di assunzione. Il 9% si caratterizza per consumi episodici eccessivi, secondo il fenomeno del binge drinking (5 o più unità alcoliche in una unica occasione per gli uomini e 4 o più per le donne). Il consumo a “maggior rischio” è più frequente tra i giovani e in particolar modo tra i giovanissimi (fra i 18-24enni la quota sfiora il 35%), fra gli uomini (21% vs 13% nelle donne) e tra le persone socialmente più avvantaggiate (19% vs 14%). Preoccupa gli specialisti anche il numero di persone che assume alcol pur avendo una controindicazione assoluta, come i pazienti con malattie del fegato, tra i quali il 52% dichiara di aver consumato alcol nei 30 giorni precedenti l’intervista. Il consumo di alcol a “maggior rischio” resta una prerogativa dei residenti nel Nord Italia (con un trend in aumento), in particolare il nord-est.
Fegato esposto già da giovani
“Il consumo di alcol in Italia sta subendo cambiamenti – evidenzia Germani. Se prima era prevalente il consumo di vino durante il pasto, emergono percentuali del 40% per gli uomini e quasi il 20% delle donne che consumano alcolici fuori pasto. I dati cambiano poi a seconda dell’età, con i giovani che consumano più birra o altri alcolici. I consumatori abituali eccedentari tra i 16-17 anni registrano la percentuale più elevata, con il 35% dei maschi e il 29% delle femmine. Questo determina un problema sociale oltre che di salute. Nel 2021 circa 3 milioni italiani sopra gli 11 anni che hanno consumato alcol con modalità “binge drinking”, tra questi il 9.5% erano uomini e 3.6% donne. Un altro dato allarmante è che c’è una fascia d’età molto giovane, compresa tra gli 11 e i 17 anni, in cui il 17% dei maschi e il 14% delle femmine ha assunto alcol”.
Fegato, steatosi e cirrosi
Gli effetti nocivi dell’alcol sulla salute possono essere di diverso tipo, senza contare che sono particolarmente gravi nei minori in quanto fino a 18 anni gli enzimi non sono ancora maturi per metabolizzarlo, aumentando così anche il rischio di provocare un coma etilico.
“L’alcol può avere effetti sul fegato che vanno dalla steatosi (l’accumulo di grasso) fino alla cirrosi, all’epatocarcinoma e all’epatite acuta alcol correlata, che ha un’elevatissima mortalità – spiega Germani – Ci sono poi i danni indiretti, come gli incidenti stradali, oltre ad altre patologie che colpiscono altri organi e a livello sistemico. Le preoccupazioni per la salute emergono anche in prospettiva: una popolazione giovanile che consuma alcol in quantità significative già dagli 11 anni d’età si espone in prospettiva a un elevato rischio di malattia epatica, soprattutto se in presenza di altre patologie o di predisposizione genetica. Anche il binge drinking è un fattore di rischio: insieme ad altri cofattori come il diabete o la predisposizione genetica nel lungo periodo può accentuare lo sviluppo di malattia epatica cronica e in particolare la cirrosi”.
Papilloma virus, presto un nuovo vaccino
News Presa, Ricerca innovazioneUn nuovo studio pubblicato sulla rinomata rivista Vaccines ha gettato luce su un innovativo vaccino contro il Papilloma virus umano (HPV). Questa ricerca, finanziata in parte dal progetto europeo Advanced ERC “Vaccibiome”, ha mostrato risultati promettenti nella lotta contro una delle principali cause di tumori correlati all’HPV. Il team di ricerca, composto dalla Fondazione Toscana Life Sciences, l’Università di Trento, la start-up Biomvis e il German Cancer Research Center (DKFZ), ha collaborato per sviluppare un vaccino basato sull’utilizzo di vescicole di membrana esterna batteriche (OMVs) come piattaforma vaccinale. Questo nuovo approccio offre una risposta neutralizzante ad ampio spettro, grazie all’utilizzo di OMVs ricombinanti.
Cambio di passo
Attualmente, i vaccini contro l’HPV disponibili sul mercato si basano sulla proteina L1. Tuttavia, poiché questa proteina è poco conservata tra i diversi ceppi del virus, molti ceppi correlati ai tumori rimangono non coperti dalla vaccinazione. Inoltre, i vaccini esistenti sono complessi da produrre industrialmente e richiedono una catena del freddo specifica, rendendoli costosi e inaccessibili ai paesi in via di sviluppo.
Lo studio
Per superare queste sfide, i ricercatori del team Vaccibiome hanno sviluppato un vaccino basato sull’utilizzo di porzioni della proteina L2 di HPV, che è molto più conservata tra i diversi serotipi rispetto a L1. Le OMVs ricombinanti mostrano alti livelli di immunogenicità, mentre il processo produttivo è relativamente semplice, i costi sono limitati e la stabilità è garantita.
Sviluppi
Alberto Grandi, ricercatore del gruppo Vaccibiome di TLS e CSO di Biomvis, parla di risultati preclinici che rappresentano un importante traguardo per il team di ricercatori. Aggiungendo che si sta attivamente cercando industrie farmaceutiche e investitori interessati a condurre lo sviluppo clinico di questo vaccino. Il tema è infatti certo che le sue caratteristiche di alta cross-protezione, bassi costi e non dipendenza dalla catena del freddo lo rendano ideale per le campagne vaccinali nei paesi dove l’HPV continua a causare numerose morti ogni anno. Questo nuovo vaccino contro l’HPV basato su OMVs promette insomma di rivoluzionare la prevenzione di una delle malattie a trasmissione sessuale più diffuse al mondo, offrendo un’opzione più accessibile, efficace e conveniente per proteggere la salute globale.
Dengue, esplode l’emergenza
News PresaChi riteneva che l’epidemia di dengue in Brasile potesse essere contenuta facilmente ora è costretto a ricredersi, il paese ha superato la soglia incredibile di 1,5 milioni di casi, registrando 450 decessi confermati, ma sono in fase di accertamento oltre 800 decessi. Un dato che ci suona tristemente familiare, riportandoci con la mente alle discussioni sul “morto di Covid” o “morto con Covid”.
Le cifre
Numeri molto preoccupanti, dunque, ancor più se pensiamo che quelle diffuse dal ministero della Salute guardano solo ai contagi dall’inizio del 2024. Guardando invece al 2023 i malati di dengue nel paese sudamericano erano stati 1.658.816. In pratica, nei primi mesi del 2024 ci sono state quasi 20mila infezioni al giorno, e proiezioni del ministero nelle passate settimane avevano evidenziato che i contagi potrebbero raggiungere i 5 milioni.
Cos’è la dengue?
Come spiega il portale EpiCentro, l’infezione è di origine virale, la dengue è causata da quattro virus molto simili (Den-1, Den-2, Den-3 e Den-4) ed è trasmessa agli esseri umani dalle punture di zanzare che hanno, a loro volta, punto una persona infetta. Non si ha quindi contagio diretto tra esseri umani, anche se l’uomo è il principale ospite del virus. Il virus circola nel sangue della persona infetta per 2-7 giorni, e in questo periodo la zanzara può prelevarlo e trasmetterlo ad altri
Non solo dengue
A rendere ancor più complessa una situazione già di per se difficile c’è poi la recrudescenza della sindrome da infezione congenita per il virus della zika. Stando ai dati ufficiali, nel 2023 i casi sono aumentati facendo registrare il numero record di 1.035 pazienti accertati, il dato più alto dal 2019. Ma si teme che il dato sia anche sottostimato, visto che è estremamente difficile distinguere i sintomi della dengue da quelli della chikungunya. Per questo motivo, l’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda di trattare entrambi i casi sospetti di dengue e chikungunya, come dengue, considerata più letale.
Stato d’emergenza
Sono già diversi gli Stati brasiliani che hanno decretato lo stato d’emergenza, tra questi Rio Grande do Sul, Rio de Janeiro, San Paolo e il distretto federale di Brasilia, mentre proseguono le campagne per cercare di evitare il proliferare della zanzara Aedes Egypti, veicolo di trasmissione del virus. Ad oggi la situazione in Italia non desta preoccupazione, ma l’attenzione delle autorità resta alta.
Cenare troppo tardi accorcia la vita, rischio doppio diabete
Alimentazione, Benessere, News Presa, Prevenzione, Stili di vitaMangiare dopo le 23:00 è associato a un rischio più alto di mortalità per tutte le cause. Inoltre il pericolo è quasi doppio per il diabete. In base ai dati, i lavoratori notturni e i turnisti sarebbero le fasce più esposte.
Relazione sonno e diabete 2
Esiste una relazione tra un sonno di giusta durata e qualità e il rischio di sviluppare diabete di tipo2. A ricordarlo è la Società Italiana di Diabetologia in occasione della Giornata Mondiale del Sonno che si celebra il 15 marzo di ogni anno. Lo ricorda un recente studio apparso su Nutrition & Diabetes. I ricercatori hanno esaminato i dati di 41mila persone dal database NANHES, selezionando le informazioni su tempo, frequenza e qualità del cibo consumato in orari notturni. Lo studio ha dimostrato come mangiare di notte sia associato a diabete e mortalità.
“Il momento in cui vengono consumati i pasti è più importante di quanto si pensi” spiega il Professor Angelo Avogaro, Presidente SID “consumare pasti notturni ad alto carico energetico espone a rischi maggiori. Quindi la scelta degli alimenti è una strategia per contrastare i rischi dell’alimentazione notturna, sia essa per abitudine che per necessità professionali come avviene nei lavoratori notturni o turnisti”. In Italia i lavoratori turnisti sono circa il 18% del totale.
Diabete e mortalità dipendono anche dagli orari
Lo studio ha rilevato un aumento del rischio di mortalità più del doppio per diabete in quelli che cenano tra le 23 e mezzanotte. Nel gruppo ad alta intensità calorica il rischio di mortalità generica aumentava del 21%, mentre quella per diabete era quasi doppia.
Il corpo umano ha un suo orologio che si trova nel cervello. Questo orologio, un master clock centrale, sincronizza tutte le funzioni dell’organismo deprimendone o attivandone altre in funzione delle ore del giorno. L’orologio biologico è influenzato, ad esempio, dalla luce – Il master clock reagisce principalmente al segnale luminoso (ma non è in grado di distinguere tra luce naturale e artificiale). La luce viene colpita da specifici recettori presenti nella retina. Tra i segnali periferici, la melatonina è uno dei più noti. Ormone liposolubile prodotto dall’epifisi aumenta nelle ore notturne con un picco tra le 2 e le 4 del mattino influenzando il sonno, la temperatura e l’appetito. I ritmi di vita moderni, già con l’introduzione della luce elettrica che ha allungato i periodi di veglia nelle ore notturne, interferiscono con l’orologio biologico che è regolato sui ritmi naturali.
Cenare tardi, turnisti a rischio
I lavoratori turnisti notturni presentano un indice di massa corporea più elevato dei lavoratori diurni – “Il lavoro notturno determina una alterazione di numerosi profili metabolici con aumento dei trigliceridi, diminuzione del colesterolo ‘buono’, iperglicemia e aumento dell’emoglobina glicata” prosegue Avogaro. “Valori che tornano alla normalità quando si sospende la turnazione giorno/notte. In alcuni studi si è visto come i lavoratori notturni, a parità di calorie totali, tendano ad assumere cibi meno salutari e ultra-processati, come junk food che aumentano il rischio di obesità e diabete”.
Durata del sonno incide anche con dieta sana
Avere un sonno di 5 ore per notte aumenta il rischio di diabete. Le relazioni tra sistemi biologici sono delicate e complesse. Uno studio recente ha rivelato che dormire 5 ore o meno aumenta il rischio di diabete di tipo 2 anche nelle persone con abitudini alimentari sane.
I ricercatori dell’Università di Uppsala hanno scoperto che gli individui che dormivano in media 5 ore (su un campione di 2147 persone di età media 55 anni seguiti per 12.5 anni), e quelli che dormivano da 3 o 4 ore per notte avevano un rischio maggiore di sviluppare diabete di tipo 2 rispetto a quelli che dormivano tra 7 e 8 ore.
Natalità, questione di coppia, Farmindustria a sostegno della genitorialità
Bambini, Economia sanitaria, Farmaceutica, Genitorialità, PrevenzioneI dati parlano chiaro: le aziende farmaceutiche sostengono la genitorialità dei dipendenti, i quali hanno un numero di figli del 45% superiore rispetto alla media nazionale. Le donne rivestono un ruolo fondamentale, rappresentando il 53% della forza lavoro e il 46% dei quadri e dirigenti. Questo dato dimostra che la maternità è più diffusa dove l’occupazione femminile è più alta. Insomma, si tratta di un settore in controtendenza. Un esempio virtuoso, dove lavoro, carriera e famiglia viaggiano serenamente insieme. I numeri sono stati presentati nel corso dell’evento a Roma ‘La Natalità: una questione di coppia’, giunto alla settima edizione, che quest’anno ha messo al centro la salute maschile.
Nel nostro Paese l’inverno demografico incombe. Sono stati 393mila i nati nel 2022 e nel 2023 la stima è di circa 380mila neonati. “Aiutare chi vuole diventare genitore è una delle mission delle imprese farmaceutiche per i propri dipendenti attraverso strumenti concreti di welfare, prevenzione e formazione” , ha detto Marcello Cattani, Presidente di Farmindustria.
Natalità, tra crisi, misure e desiderio
La natalità è una sfida necessaria per il futuro del Paese. Per il tasso di sostituzione demografica occorrono due figli per donna, tuttavia l’Italia è a 1,24. Eppure, solo il 2% delle italiane dichiara di non avere i figli nel proprio progetto di vita. Pertanto, è necessario creare le condizioni favorevoli affinché questo desiderio si realizzi, considerando che la bassa natalità minaccia la tenuta del patto sociale e la sostenibilità economica della società.
Industria farmaceutica, esempio virtuoso
L’innovazione richiede un ricambio generazionale, ha sottolineato Cattani, evidenziando l’importanza della prevenzione per la salute riproduttiva. L’industria farmaceutica italiana conta circa 70mila addetti diretti, con una crescita del 9% negli ultimi 5 anni, di cui il 15% sono giovani e donne. In particolare offre un modello di welfare all’avanguardia, con iniziative come lo smart working, la flessibilità oraria e servizi di assistenza per dipendenti e familiari. Il 36% dei congedi retribuiti è superiore alla media dell’industria, contribuendo alla fidelizzazione delle risorse umane.
Natalità, gli strumenti nell’industria
Il settore farmaceutico è leader nell’erogazione di formazione continua, dimostrando un impegno costante nel supportare i dipendenti e le loro famiglie in tutte le fasi della vita. Oltre il 90% delle imprese farmaceutiche applica da anni smart working, flessibilità oraria in ingresso/uscita, permessi retribuiti per visite mediche aggiuntivi al contratto nazionale. Inoltre il 100% degli addetti è coperto da previdenza e assistenza sanitaria integrativa. Il 43% può beneficiare di forme di assistenza per familiari anziani o non autosufficienti. Il 47% delle imprese offre congedi e aspettative di maternità più lunghi rispetto alla legge (e al contratto nazionale). E ancora, il 58% delle imprese offre asili nido/rimborsi spese per istruzione e assistenza domestica. Il 55% campagne di screening, prevenzione, vaccinazione e check-up, e il 59% servizi di counseling psicologico post-gravidanza.
Natalità questione di coppia
Con l’evento di oggi, che ha il patrocinio della Ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità, Farmindustria ha affrontato il tema con un focus particolare sui maschi, sempre in una logica di coppia. Il primo figlio in Italia arriva circa due anni dopo la media europea (a 31,6 anni). Gli uomini tendono a finire dopo gli studi e ad uscire più tardi dal nucleo familiare, anche quando diventano economicamente autonomi. “Inoltre i problemi di fertilità dipendono per il 50% dagli uomini – ha sottolineato il direttore generale di Farmindustria, Enrica Giorgetti – Che sono meno attenti alla prevenzione rispetto alle compagne e ‘incrociano’ gli specialisti solo quando si manifestano sintomatologie evidenti. I dati sulla natalità ci riguardano da vicino, in quanto imprese al crocevia di fattori come cure e prevenzione. Ma bisogna anche dire con chiarezza che oggi la maternità è più diffusa dove le donne lavorano”. Un punto che è stato ribadito anche dallo psichiatra Paolo Crepet: “I figli li fanno quelli che hanno un futuro”. In particolare ha sottolineato che è necessario investire in scuole, asili nido, tempo pieno per tutti, così come è stato fatto in Danimarca e in Olanda.
Schillaci: denatalità un’emergenza
“La denatalità e l’invecchiamento demografico sono ormai un’emergenza che richiede interventi concreti, e questo Governo si sta finalmente sta lavorando. Il sostegno alle famiglie e alle nascite non è uno slogan, siamo passati ai fatti”, ha detto nel suo intervento il ministro della Salute Orazio Schillaci. “Siamo di fronte a un fenomeno estremamente complesso. Le coppie rinunciano ad avere bambini e sempre più spesso le donne abbandonano il sogno di diventare mamme già da giovanissime. Le cause possono essere molteplici: una condizione economica sfavorevole, la paura di perdere il posto di lavoro, l’assenza di una reale consapevolezza della propria fertilità”. “Le ragioni – ha continuato – sono economiche, sociali, culturali, ma affondano le loro radici nell’assenza di investimento su un welfare a sostegno della genitorialità e che oggi si ritrova con un tasso di fertilità tra i più bassi d’Europa, seguito solo da quelli di Spagna e Malta. Sappiamo che per invertire la rotta ci vorrà del tempo, ma il Tavolo Tecnico sugli stili di vita per favorire la fertilità, che abbiamo voluto istituire e che si è insediato lo scorso luglio, sta già lavorando a numerose iniziative”.
“Per anni sono rimasti inascoltati i segnali che arrivavano da Istat ed Eurostat sul tasso di denatalità in Italia e in Europa”, ha detto il Schillaci. Ora dobbiamo agire rapidamente, con soluzioni realistiche e concrete. Siamo concentrati sugli stili di vita delle nuove generazioni che devono essere informate sulla base di dati scientifici. C’è poi naturalmente l’impegno attivo nella prevenzione, che va a tutela anche della fertilità e che passa per le campagne vaccinali gratuite, come il papilloma virus, per gli screening oncologici, per l’inserimento nei nuovi Livelli essenziali d’assistenza delle prestazioni di Procreazione Medicalmente Assistita, che dovranno essere fornite su tutto il territorio nazionale. Uscire dall’inverno demografico è veramente una grande sfida, nella quale c’è bisogno del contributo di tutti”.
“La ‘transizione demografica’ – riprende Cattani – sta portando a una società con nuovi connotati. Un tema che riguarda da vicino l’industria: come forza produttiva siamo preoccupati per uno squilibrio demografico che mette a rischio la sostenibilità di lungo periodo del sistema sanitario, nostro principale interlocutore. Come corpo intermedio attore delle relazioni industriali il timore riguarda il mondo del lavoro, perché sappiamo che l’innovazione richiede vitalità ed il ricambio generazionale è indispensabile. E come professionisti del sistema salute sappiamo che la prevenzione ha un forte rilievo anche sul piano della fertilità maschile e femminile. E vogliamo mettere le nostre forze fatte di competenze, ricerca e produzione al servizio di questo compito”, ha continuato il Presidente di Farmindustria.
Settimana mondiale del cervello, malattie in crescita
News PresaLe malattie neurologiche e mentali colpiscono oltre la metà della popolazione italiana. Globalmente, rappresentano la principale causa di disabilità e la seconda causa di morte. Queste patologie oggi già pesano sui sistemi sanitari. Senza interventi adeguati, il loro impatto è destinato ad aumentare, soprattutto con l’invecchiamento della popolazione. A fronte del quadro epidemiologico, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha fornito al mondo il Piano globale di azione per l’epilessia e le altre malattie neurologiche (World Health Organization Global Action Plan on epilepsy and other neurological disorders). Il Piano è stato approvato da tutti gli Stati membri all’Assemblea Mondiale della Sanità nel 2022, e chiede un cambiamento radicale rispetto alla salute del cervello e ai disturbi neurologici.
Settimana Mondiale del Cervello
In occasione della Settimana Mondiale del Cervello (11-17 marzo), la Società Italiana di Neurologia (SIN) ha fatto eco al bisogno di azione per la salute cerebrale, presentando la Strategia Italiana per la Salute del Cervello 2024-2031 (SISAC) e il manifesto “One Brain, One Health”. L’evento si è svolto a Roma oggi, nella Sala del Refettorio della Camera dei Deputati.
Salute del cervello non vuole dire assenza di malattia, ma implica avere stili di vita sani, fare attività fisica, avere una alimentazione sana, astenersi da alcol e fumo, evitare o controllare lo stress, prevenire problemi di salute, restare attivi da un punto di vista cognitivo, avere relazioni sociali.
Strategia per il cervello
La Strategia si proponeva di affrontare l’”epidemia” delle malattie cerebrali in Italia. Il Ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha inaugurato l’evento “One Brain, One Health”, mettendo in luce la necessità di un approccio integrato per affrontare le sfide della salute cerebrale.
La SIN ha presentato la SISAC per adattare il Global Action Plan dell’OMS al contesto italiano. La Strategia mira a coinvolgere tutti gli attori nazionali per interventi mirati nella programmazione sanitaria, prevenzione, ricerca, diagnosi, cura, riabilitazione e sociale.
Manifesto “One Brain, One Health”
Questo documento definisce i punti chiave della Strategia e individua le priorità d’azione per i prossimi anni, promuovendo una collaborazione tra gli attori socio-sanitari.
La SIN propone un dialogo aperto con le “6 P”: Pazienti, Professionisti sanitari, Providers, Partners, Politici e Popolazione generale.
Salute del cervello
Secondo il Piano Globale dell’OMS, la salute del cervello implica il raggiungimento del pieno potenziale cognitivo, emotivo, psicologico e comportamentale di un individuo. Questo approccio olistico mira a migliorare il benessere mentale e fisico.
Inclusione sociale
La SIN evidenzia l’importanza di considerare il cervello come parte di un sistema complesso, in relazione con l’ambiente fisico e sociale. La salute del cervello non riguarda solo l’assenza di malattia, ma anche uno stile di vita sano e relazioni sociali appaganti.
L’On. Annarita Patriarca, co-presidente dell’Intergruppo parlamentare sull’Alzheimer, sottolinea l’urgenza di un’impegno politico per affrontare le malattie neurodegenerative e mentali. Questo richiede un focus su prevenzione, diagnosi e trattamento, insieme a un’azione contro lo stigma e la discriminazione.
Numeri
Le malattie cerebrali rappresentano una sfida crescente in Italia, con oltre 7 milioni di persone affette da emicrania, 12 milioni con disturbi del sonno, oltre 1,2 milioni con demenza e 800 mila con conseguenze invalidanti dell’ictus. La pandemia ha amplificato le sfide, con un aumento del 25% della depressione e dell’ansia nel primo anno.
La Settimana Mondiale del Cervello è un’opportunità per educare e informare sul cervello e le sue malattie, ma anche per mobilitare azioni concrete. La SIN e altri attori si impegnano a promuovere una cultura della salute cerebrale, affrontando le sfide con una visione integrata e inclusiva.