Tempo di lettura: 2 minutiLe epidemie di tubercolosi nel mondo sono più gravi di quello che sembra. Lo scrive il The Guardian, riportando i dati del nuovo rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità. Nel 2015, secondo l’Oms, 104,4 milioni di persone sono state infettate, in un momento in cui la ricerca di un vaccino non riceve abbastanza finanziamenti. Solo in India il numero di nuovi contagi è salito dai 2,2 milioni di casi del 2014 a 2,8 milioni nel 2015. Nel rapporto annuale sulla Tbc si legge che sei paesi da soli ospitano il 60% dei casi: si tratta di India, che porta il peso maggiore, Indonesia, Cina, Nigeria, Pakistan e Sud Africa.
In Italia i casi notificati nel 2015 sono 3.769 (oltre 10 al giorno), 120 di Tbc multiresistente. Il 50 per cento dei pazienti è italiano, in gran parte anziani, e il 50 per cento straniero. Le stime sulla mortalità nel nostro Paese parlano di oltre 350 decessi all’anno, uno al giorno.
La malattia, quindi, è ancora diffusa e mortale: sono state 1,8 milioni le vittime nel mondo lo scorso anno, 400 mila dei quali avevano l’Hiv, mentre si stima che 3 milioni di persone siano state salvate. Il dato preoccupante è che dei 10,4 milioni di casi stimati (5,9 milioni tra gli uomini, 3,5 milioni tra le donne e 1 milione tra i bambini), solo 6,1 milioni hanno ricevuto una diagnosi, mentre il tasso di cura per le forme resistenti è fermo al 52%. In altre parole: piu’ di 4 milioni di persone nel mondo sono malati ma non lo sanno.
Entro il 2030, l’obiettivo della comunità internazionale è di ridurre del 90 per cento il numero dei morti. “Siamo di fronte a una battaglia in salita per raggiungere gli obiettivi globali contro la tubercolosi”, ha detto Margaret Chan, Direttore Generale dell’Oms. “Ci deve essere una pianificazione massiccia di sforzi, o molti paesi continueranno a subire gli effetti di questa epidemia mortale”. La tbc, malgrado le sue vittime siano scese del 22% in 15 anni, rimane una delle prime 10 casi di morte nel mondo, piu’ di Aids e malaria.
Sul fronte degli investimenti c’e’ da fare di più, avverte l’Oms: i paesi colpiti sono quelli a medio e basso reddito e i fondi complessivi stanziati per combattere la tubercolosi ammontano a neanche 2 miliardi di dollari (la stima della quota minima necessaria e’ pari a 8,3 miliardi). Circa il 84% dei finanziamenti disponibili nei paesi a basso e medio reddito nel 2016 proviene da fonti nazionali, ma questo dato riguarda solo i cosiddetti BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa), mentre gli altri, piu’ poveri, continuano ad affidarsi prevalentemente al finanziamento internazionale dei donatori, in particolare (per il 75%) dal Fondo globale contro Aids, tbc e malaria. Per l’Oms servirebbe anche un extra di almeno un miliardo di dollari l’anno per accelerare lo sviluppo di vaccini, diagnostica e farmaci. “Le risorse impiegate contro la tubercolosi, il principale killer infettivo nel mondo, sono in calo”, ha ammonito Ariel Pablos-Me’ndez, amministratore assistente per Global Health,dell’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (USAID) – il principale finanziatore bilaterale per la lotta alla tbc. “Ognuno ha un ruolo da svolgere per colmare il divario. Abbiamo bisogno di una copertura sanitaria universale, meccanismi di protezione sociale, e il finanziamento della salute pubblica nei paesi ad alta incidenza”.
HappyAgeing: accordo per favorire turismo over 65
Associazioni pazienti, Economia sanitaria, News Presa, PrevenzioneL’Unione Europea ha individuato cinque pilastri per l’invecchiamento attivo: alimentazione, stili di vita, consumo corretto di farmaci, campagne di screening e vaccinazioni. “Come HappyAgeing – sottolinea Marco Magheri, Direttore dell’Alleanza italiana per l’invecchiamento attivo – abbiamo ritenuto strategico aggiungere un sesto pilastro: contribuire a coltivare negli italiani over 65 e in tutti gli anziani nel mondo il valore della bellezza dello straordinario complesso di opportunità culturali, naturalistiche e di tradizioni di cui l’Italia è ricca”.
“La nostra mission è dare valore al tempo delle persone che, dopo aver lavorato per una vita, desiderano trovare nuovi stimoli culturali, di intrattenimento e di socialità” sottolinea Massimiliano Monti, Presidente di Happy Age ed unico rappresentante per l’Italia all’interno di EULSTIB – European Union Low Season Tourism Initiative Board, l’Ufficio composto da 15 massimi esperti europei di turismo senior, istituito nel 2014 presso la Commissione Europea.
Stando ai dati forniti da Eurostat, la sola Unione Europea conta attualmente più di 128 milioni di cittadini di età compresa tra i 55 e gli 80 anni, pari a circa il 25% della popolazione totale. In Italia i cittadini over 60 sono circa 16 milioni, con tendenza in crescita.
Ma non solo: i “nonni” d’Europa sono oggi sempre più social e digitali. Secondo un recente studio dell’Osservatorio del Politecnico di Milano, in Italia ben l’86% (pari a ca. 4 milioni) degli over 50 utilizza assiduamente i social network, con una particolare predilezione (88% del totale) per facebook.
“In tal senso – prosegue Monti – Happy Age si è sempre posta come pioniera nella battaglia contro gli stereotipi legati alle vecchie generazioni, anticipando i cambiamenti del mercato ed offrendo soluzioni innovative e dinamiche. Oggi gli over 65 chiedono prodotti e servizi rivolti alla nuova immagine di persone dinamiche, al passo con i tempi, attive”.
Da qui la volontà di avviare la collaborazione con HappyAgeing a sostegno dell’invecchiamento attivo. “Non è un caso – conclude Monti – che la Commissione Europea abbia deciso di abbassare a 55 anni l’età per l’ingresso ufficiale nella silver generation: oggi più che mai essere attempato non equivale ad essere vecchio. E i viaggiatori Happy Age sono l’emblema di come il viaggio, la scoperta, la conoscenza siano tanto strumenti per invecchiare attivamente, quanto obiettivi di chi è già anziano attivo”.
Happy Age ed HappyAgeing lavoreranno quindi congiuntamente allo sviluppo di progetti ed iniziative per fare dell’Italia “la migliore destinazione per i Senior” in Europa, giocando la carta della cultura, della buona tavola, dei servizi alla persona e di un territorio unico al mondo.
BaSCO, da Napoli l’unica speranza per un bimbo americano
News Presa, Ricerca innovazionePer il piccolo Mike (nome di fantasia) la speranza di vincere la malattia ha la luminosità del sole di Napoli. Il bimbo americano è affetto da una rarissima malattia genetica, chiamata adrenoleucodistrofia. Di questa malattia qualcuno ne avrà sentito parlare perché è la stessa trattata nel celebre film L’Olio di Lorenzo (del 1992 diretto da George Miller con Nick Nolte e Susan Sarandon). Una malattia terribile, guaribile solo cellule staminali estratte da un cordone ombelicale compatibile. La cosa incredibile è che quel cordone i medici statunitensi lo hanno rintracciato a migliaia di chilometri di distanza, nella Banca del Sangue Cordonale dell’ospedale pediatrico Pausilipon di Napoli. Per i genitori del piccolo Mike la notizia è sembrata un miracolo, il cordone ombelicale (donato da una donna campana nel 2006) è stato già inviato negli Usa e grazie a un trasporto garantito alla temperatura di -186 gradi centigradi è arrivato intatto a destinazione.
Un database mondiale
A rendere possibile quello che potrebbe essere un miracolo per il piccolo bambino americano, è stata una specifica rete di comunicazione che consente di accedere a un corposo data-base dove sono state catalogate le caratteristiche genetiche di 13 milioni di donatori adulti e 6-700mila cordoni ombelicali.
La Banca del Sangue cordonale (BaSCO) del Pausilipon
E’ una struttura pubblica fondata nel 2003 e l’unica autorizzata dalla Regione Campania – convergono le donazioni provenienti da tutto il territorio regionale, che successivamente vengono messe a disposizione dei pazienti. Dal 2010 la BaSCO è inserita nel network nazionale composto dalle 18 banche cordonali pubbliche, istituito dal Centro Nazionale Trapianti e coordinato dal Registro italiano Ibmdr. Rappresenta l’interfaccia per la organizzazione mondiale Bmdw (Italian Bone Marrow Registry), che raccoglie più di 50 Registri nazionali i dati genetici necessari per la compatibilità di milioni di donatori e unità cordonali. La Banca del Cordone, dove sono conservate più di 2.500 unità di sangue di cordone, ha eseguito rilasci per pazienti sia italiani che esteri (Usa e Francia per esempio) affetti da patologie ematologiche e genetiche. Ad occuparsi delle analisi che consentono di estrapolare le caratteristiche delle cellule staminali è il Laboratorio di tipizzazione del Pausilipon, coordinato dalla dottoressa Caterina Fusco: «La donazione allogenica del cordone ombelicale – dice Caterina Fusco – è un gesto sicuro e gratuito, che non comporta alcun rischio per la mamma e per il bambino ma che può contribuire a salvare tante vite. È un gesto di grande solidarietà, – aggiunge la dottoressa – di crescita civile e di elevato valore sociale e tutti gli operatori dell’ospedale Pausilipon sono impegnati a sostenere il valore etico della donazione quale patrimonio collettivo irrinunciabile per la salute dei cittadini». Sono numerosi i rilasci di “staminali” eseguiti dall’ospedale napoletano: poche settimane fa, infatti, un altro cordone, raccolto e “crioconservato” dalla BaSCO, è stato inviato a un paziente francese
Settimana del Dietista, internauti pronti a sfidarsi a colpi di like
Alimentazione, News PresaFino a domenica 23 ottobre si celebra La Settimana del Dietista©, lo scopo è quello di favorire, attraverso manifestazioni e incontri con i cittadini, l’adozione di una corretta alimentazione e la tutela della salute nutrizionale. Non a caso l’appuntamento è promosso dall’Associazione Nazionale Dietisti. «Il 2016 – spiega Ersilia Troiano, presidente Andid – è l’anno internazionale dei legumi. Con le attività di quest’anno vogliamo favorire una maggiore consapevolezza del ruolo fondamentale che i legumi svolgono nell’ambito di una dieta sana e sostenibile». Tra i progetti premiati, sono in programma eventi in collaborazione con medici di medicina generale e pediatri di libera scelta, percorsi di valutazione nutrizionale e attività originali per richiamare all’attenzione ai propri stili di vita fasce giovani e giovanissime della popolazione.
La battaglia delle ricette
Ma la vera novità di quest’anno è una gara tra internauti a colpi di ricette in cui protagonisti principali sono fave, lupini, ceci, fagioli, lenticchie e piselli. In pieno stile web 2.0, l’iniziativa è gestita attraverso una pagina Facebook dedicata. Ogni giorno, per i sette giorni de “La Settimana del Dietista”, sarà eletta vincitrice la ricetta che riceverà il maggior numero di like e che avrà meglio celebrato i legumi, a disposizione per gli autori della ricette migliori, un consulto gratuito presso un dietista Andid, sul territorio nazionale. «Le ricette raccolte in tutta la settimana – continua la Troiano – saranno valutate successivamente da una commissione di qualità. Le migliori saranno raccolte in un pamphlet che sarà scaricabile gratuitamente on line con l’obiettivo di promuovere il binomio gusto e salute per garantire una sempre maggiore adesione a sane abitudini alimentari».
I dati dell’OMS
La Settimana del Dietista si inserisce in un contesto in cui gli interventi di prevenzione sono ritenuti, dalle politiche comunitarie, particolarmente strategici. Il Rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità mostra, infatti, che le patologie cardiovascolari, i tumori, le patologie respiratorie croniche ed il diabete, rappresentano circa il 75% delle cause di morte in Europa. In Italia, il 92% dei decessi totali sono riconducibili a patologie croniche non trasmissibili; le malattie cardiovascolari sono la prima causa di morte in assoluto (37%), seguite dai tumori (29%). Alla base della quasi totalità delle patologie croniche ci sono fattori di rischio modificabili, quali la scorretta alimentazione, la ridotta o mancata attività fisica, il fumo di tabacco ed il consumo di alcol. I fattori di rischio più fortemente correlati all’insorgenza delle patologie croniche non trasmissibili sono, quindi, legati allo stile di vita. Tali fattori sono modificabili grazie ad appropriati ed efficaci interventi di promozione della salute, finalizzati a rendere più consapevoli i cittadini delle proprie scelte di consumo e del proprio stile di vita. La prevenzione delle patologie croniche non trasmissibili rappresenta, quindi, un potente strumento per contribuire alla salute globale della popolazione e ridurre i costi sanitari e sociali per la collettività.
Batteria del cellulare scarica: provoca ansia a 9 su 10
News Presa, Prevenzione, PsicologiaL’azienda coreana LG l’ha definito «Low Battery Anxiety»: si tratta dell’ansia da batteria scarica, la “patologia” che interessa il 90 per cento degli utenti. Quando il livello della batteria del telefonino arriva sotto il 20 per cento scattano comportamenti poco razionali. Non bastava quindi la “cellulare-mania” (come è stata definita dagli psicologi), cioè la dipendenza di avere sempre lo sguardo sullo schermo in attesa della prossima notifica o messaggio di WhatsApp. A soffrire di ansia da batteria scarica sono 9 persone su 10 e colpisce soprattutto quando ci si trova lontani da una presa elettrica. In questi casi il 61 per cento spegne del tutto lo smartphone; il 60 per cento rifiuta chiamate o messaggi ai propri cari per non consumare la batteria e una persona su tre ha avuto litigi con i propri partner o colleghi di lavoro per questo motivo. Può portare persino i più timidi (46 per cento degli utenti secondo lo studio) a rivolgersi a perfetti sconosciuti per chiedere di poter fare una chiamata o mandare un messaggio. E c’è chi arriva a prendere “segretamente in prestito” il caricatore di qualcun altro.
Finché la tecnologia non inventerà una batteria che duri all’infinito, ci sono comunque alcuni accorgimenti che suggerisce LG per prolungarne la durata e diminuire il rischio disagio:
Se tutto questo non dovesse bastare e il telefonino arrivasse a spegnersi, allora si potranno riscoprire le relazioni face to face, tornando a guardare l’interlocutore negli occhi e non attraverso un dispositivo.
In particolare è importante capire se si è interessati da una dipendenza dal cellulare che va differenziata dall’uso e anche dall’abuso. In questi casi è opportuno tenere d’occhio la quantità giornaliera di tempo dedicato allo smartphone, incluso il semplice giocare con lo schermo. Il rischio di abuso cresce ancor di più in età adolescenziale.
Maura Manca, psicoterapeuta e presidente dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza mette in guardia i ragazzi, ma anche gli adulti, da alcuni comportamenti: “È importante che riflettiate su cosa possa generare in voi la batteria scarica, l’assenza della linea, il non poter usare il cellulare perché ormai è entrato talmente tanto nell’uso comune e quotidiano, ci affianca in tutte le nostre azioni, che non facciamo più caso a tutto questo”. La specialista fa una lista di atteggiamenti, e stati interni a cui bisogna fare particolare attenzione, tra cui:
“Ragazzi – conclude la psicologa –state attenti perché uno dei rischi principali in cui si può incorrere è che il mondo virtuale possa prendere il sopravvento sul mondo reale rischiando di rimanere incastrati nella Rete”.
BraDay, vite da “ricostruire”
News Presa, PrevenzioneMercoledì (19 ottobre) si celebra il BraDay, vale a dire la giornata internazionale per la consapevolezza sulla ricostruzione mammaria. Lo scopo di questa giornata è informare e far capire alle donne che hanno lottato o stano lottando contro il cancro al seno che oggi è possibili, anzi è un diritto, veder “ricostruita” la propria femminilità. Basti pensare che solo il 22% delle donne conosce la qualità dei risultati ottenibili mediante un intervento di ricostruzione del seno e solo il 19% delle donne comprendono che la tempestività del trattamento del cancro al seno e della loro decisione di sottoporsi alla ricostruzione ha un grande impatto sulle opzioni disponibili e sui risultati di queste operazioni. Tra le regioni più attente all’esigenza di informare c’è la Campania, Napoli in particolare grazie alla sensibilità del professo Francesco D’Andrea (direttore dell’Unità di Chirurgia Plastica della Federico II).
Visite gratuite alla Federico II
Proprio nel capoluogo partenopeo l’appuntamento con le visite mediche gratuite e l’informazione è per mercoledì 19 ottobre (dalle 9.00 alle 14.00) all’edificio 5 del Policlinico Federiciano.
Il professor Francesco D’Andrea
«Come direttore dell’Unità di Chirurgia Plastica – dice il professor Francesco D’Andrea – ho accolto favorevolmente l’iniziativa. Negli ultimi anni la ricostruzione della mammella è entrata a far parte a pieno titolo della cura del cancro al seno, la donna oltre che guarire può, anzi deve, riprendere una vita del tutto normale, praticare sport, mostrarsi in costume da bagno, sentendosi a proprio agio in ogni situazione, garantendo un senso di benessere dopo le durissime prove affrontate per combattere la malattia». La giornata sarà l’occasione per fornire un’adeguata informazione anche sulle nuove tecniche di cui si sente molto parlare, come il lipofilling (tecnica di trapianto di grasso corporeo), che si è mostrata molto efficace. Insomma un appuntamento da non mancare, perché oltre alla competenza di medici specializzati che effettueranno le visite al seno, lo screenig messo in campo, sarà veloce e senza liste di attesa, un male questo si, ancora “incurabile” della sanità pubblica.
Donne medico, in Campania sono costrette a scegliere tra lavoro e famiglia
News PresaSi parla molto di pari opportunità e di favorire l’inserimento lavorativo delle donne. Belle parole e tante buone intenzioni che troppo spesso non si traducono in fatti concreti. L’esempio, negativo, arriva dalla Campania e in particolare dal mondo della medicina. Stando ai dati emersi da uno studio del Gruppo Donne Anaao Campania, presentato nel corso del convegno dal titolo «Precarietà lavorativa: ipotesi di guida per la tutela dei diritti negati della donna lavoratrice», sono quasi 600 le donne medico che in regione sono costrette a vivere nel precariato e obbligate a scegliere tra carriera e lavoro. In altre parole, le donne che indossano il camice sono spesso costrette a scegliere tra il lavoro e la famiglia, e anche quando scelgono il lavoro vivono condizioni di forte disagio.
Donne medico. I dati
Scioccanti i dati emersi. L’indagine, svolta sulle donne medico e più in generale sulle donne che lavorano nel comparto della sanità (quindi anche biologhe, farmaciste, psicologhe e così via) ha censito ben 576 donne costrette a vivere di precariato. Un numero enorme se si considera che questa condizione riguarda in Campania il 47% circa del totale dei precari della sanità. «Dalle indagini condotte – spiega Marlene Giugliano, Responsabile del Gruppo Donne Anaao Campania – abbiamo scoperto che addirittura il 24% delle iscritte Anaao vive questa difficoltà e che l’85% delle intervistate riesce a malapena a conciliare lavoro e vita privata». Dramma nel dramma è che si parla di donne che in media hanno 50 anni e che non possono contare su alcun aiuto concreto da parte delle istituzioni pubbliche, tantomeno su un sistema di welfare che in Campania non prevede strutture idonee per le lavoratrici della sanità, quali ad esempi gli asili nido aziendali. Un tema molto caro al segretario regionale Anaao Bruno Zuccarelli. «Garantire pari opportunità alle donne – dice – è prima di tutto una questione di civiltà. La sanità campana purtroppo è strangolata da anni da tagli lineari e solo ora si inizia ad intravedere una via d’uscita. Per l’Anaao sostenere l’impegno e la professionalità dei medici è un impegno imprescindibile, ancor più quando questa professionalità è legata al contributo di valenti professioniste. Non è tollerabile che nel 2016 queste donne debbano ancora scegliere se seguire la passione per la professione medica o se costruire una famiglia».
Donne medico. Le azioni da mettere in campo
«Per far fronte a questa emergenza – dice la dottoressa Giugliano – è determinante arrivare al più presto allo sblocco del turnover e quindi alla stabilizzazione dei precari. Solo così si potrà adeguare le dotazioni organiche ai carichi di lavoro. E’ necessario anche garantire la sostituzione dei dirigenti durante il periodo di astensione obbligatoria per maternità o paternità (come avviene per gli insegnanti) e poi si dovrebbero applicare le norme già esistenti come la flessibilità oraria, tutoring ed accorpamento delle ore, adeguamento della normativa sul part-time. Per non parlare dell’esigenza di creare asili nido aziendali per consentire la conciliazione dei tempi casa lavoro».
Tubercolosi più diffusa del previsto. Oms: scorso anno 10,4 mln di casi
Economia sanitaria, Farmaceutica, News Presa, PrevenzioneLe epidemie di tubercolosi nel mondo sono più gravi di quello che sembra. Lo scrive il The Guardian, riportando i dati del nuovo rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità. Nel 2015, secondo l’Oms, 104,4 milioni di persone sono state infettate, in un momento in cui la ricerca di un vaccino non riceve abbastanza finanziamenti. Solo in India il numero di nuovi contagi è salito dai 2,2 milioni di casi del 2014 a 2,8 milioni nel 2015. Nel rapporto annuale sulla Tbc si legge che sei paesi da soli ospitano il 60% dei casi: si tratta di India, che porta il peso maggiore, Indonesia, Cina, Nigeria, Pakistan e Sud Africa.
In Italia i casi notificati nel 2015 sono 3.769 (oltre 10 al giorno), 120 di Tbc multiresistente. Il 50 per cento dei pazienti è italiano, in gran parte anziani, e il 50 per cento straniero. Le stime sulla mortalità nel nostro Paese parlano di oltre 350 decessi all’anno, uno al giorno.
La malattia, quindi, è ancora diffusa e mortale: sono state 1,8 milioni le vittime nel mondo lo scorso anno, 400 mila dei quali avevano l’Hiv, mentre si stima che 3 milioni di persone siano state salvate. Il dato preoccupante è che dei 10,4 milioni di casi stimati (5,9 milioni tra gli uomini, 3,5 milioni tra le donne e 1 milione tra i bambini), solo 6,1 milioni hanno ricevuto una diagnosi, mentre il tasso di cura per le forme resistenti è fermo al 52%. In altre parole: piu’ di 4 milioni di persone nel mondo sono malati ma non lo sanno.
Entro il 2030, l’obiettivo della comunità internazionale è di ridurre del 90 per cento il numero dei morti. “Siamo di fronte a una battaglia in salita per raggiungere gli obiettivi globali contro la tubercolosi”, ha detto Margaret Chan, Direttore Generale dell’Oms. “Ci deve essere una pianificazione massiccia di sforzi, o molti paesi continueranno a subire gli effetti di questa epidemia mortale”. La tbc, malgrado le sue vittime siano scese del 22% in 15 anni, rimane una delle prime 10 casi di morte nel mondo, piu’ di Aids e malaria.
Sul fronte degli investimenti c’e’ da fare di più, avverte l’Oms: i paesi colpiti sono quelli a medio e basso reddito e i fondi complessivi stanziati per combattere la tubercolosi ammontano a neanche 2 miliardi di dollari (la stima della quota minima necessaria e’ pari a 8,3 miliardi). Circa il 84% dei finanziamenti disponibili nei paesi a basso e medio reddito nel 2016 proviene da fonti nazionali, ma questo dato riguarda solo i cosiddetti BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa), mentre gli altri, piu’ poveri, continuano ad affidarsi prevalentemente al finanziamento internazionale dei donatori, in particolare (per il 75%) dal Fondo globale contro Aids, tbc e malaria. Per l’Oms servirebbe anche un extra di almeno un miliardo di dollari l’anno per accelerare lo sviluppo di vaccini, diagnostica e farmaci. “Le risorse impiegate contro la tubercolosi, il principale killer infettivo nel mondo, sono in calo”, ha ammonito Ariel Pablos-Me’ndez, amministratore assistente per Global Health,dell’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (USAID) – il principale finanziatore bilaterale per la lotta alla tbc. “Ognuno ha un ruolo da svolgere per colmare il divario. Abbiamo bisogno di una copertura sanitaria universale, meccanismi di protezione sociale, e il finanziamento della salute pubblica nei paesi ad alta incidenza”.
Sul lungomare di Napoli un ospedale con tanto di pista ciclabile
News Presa, Prevenzionelungomare di Napoli
Per un week end Napoli inaugura un nuovo ospedale con vista sul mare e persino una pista ciclabile che attraversa i “reparti”. Non si tratta di uno scherzo, bensì dell’edizione 2016 del Campus della Salute. Trecento medici specialisti sono infatti alla Rotonda Diaz (sul lungomare pedonale della città) pronti a garantire visite gratuite ai cittadini. Insomma, un lungo week-end dedicato alla prevenzione. Così, alle tavole rotonde dei giorni scorsi si aggiunge ora il più grande ospedale da campo d’Italia, e sono moltissime le iniziative collaterali, tra eventi sportivi e musicali, aree dedicate al food e ai bambini, senza dimenticare la solidarietà.
Spazio alla prevenzione
«Siamo a Napoli per tre giornate di visite gratuite – spiega Annamaria Colao, coordinatore scientifico dell’evento – che permetteranno a migliaia di cittadini di accedere a visite specialistiche effettuate da medici che hanno messo a disposizione la loro professionalità e il loro tempo libero. In un momento in cui l’accesso alla sanità è sempre più costoso e difficile, offriamo una grande campagna di prevenzione che permetterà a tutti di fare un check up e identificare patologie che se prese in tempo possono essere oggi curate con serenità».
Tutti gli esami
Oltre alle visite ci sarà anche la diagnostica con possibilità di effettuare ecg, ecografia, valutazione glicemica, spirometria, ecografia mammaria, esame della tiroide, analisi del sangue. Ma la prevenzione si fa anche avvicinandosi allo sport e infatti tra le iniziative collaterali ci sarà spazio, in collaborazione con il Coni e il distretto scolastico regionale, per ben 12 discipline tra le quali: mini tennis, volley, pugilato scolastico, calcio a cinque. Spazio anche agli amici animali con l’agility e le visite gratuite dei veterinari. «Salute, sport e solidarietà compongono le tre S del Campus3S che ormai da anni è attivo in tutta la Campania ma che ormai ha diramazioni in tutta Italia, con iniziative che coinvolgono la popolazione con una diffusa azione di prevenzione facendo anche sport e divertendosi», spiega Tommaso Mandato, presidente di Sportform e organizzatore della manifestazione. La settimana della prevenzione si concluderà domenica mattina con la Prevention Race, la maratona a cui parteciperanno tanti atleti professionisti ed amatori ma anche i ciechi, grazie alla presenza di cani guida per non vedenti. Tra i partecipanti anche «130 giovani rifugiati in Campania – aggiunge Mandato – che rappresentano trenta nazioni diverse e correranno indossando le magliette delle bandiere del proprio paese per ricordare la loro origine e sensibilizzare tutti sul tema dei rifugiati».
Calcio: bimbo dà lezioni di fair play ai grandi e aiuta avversario
News Presa, SportIl video del momento in cui il bambino si ferma ad aiutare il giocatore della squadra avversaria a rimettere a posto le stringhe Continua a leggere
Da Napoli l’esempio di una sanità a misura di migrante
News PresaMedici in prima linea per l’assistenza sanitaria ai migranti. Proprio all’impegno dei camici bianchi è stata dedicata, a Napoli, un’intera giornata di confronto con le istituzioni e le realtà che si prendono cura di chi lavora per garantire la salute pubblica. Un’occasione per affrontare le difficoltà della professione medica mettendo in campo iniziative concrete e portando testimonianze significative di come si possa interpretare la “missione” con dedizione, spirito di sacrificio e voglia di migliorarsi continuamente.
«Siamo felici che questa iniziativa sia stata presentata a Napoli – ha dichiarato Silvestro Scotti -. Nella nostra città c’è una grande tradizione dell’accoglienza: abbiamo un Ospedale Dei Pellegrini attivo dal 1200 e mi fa piacere annunciare oggi che, nel prossimo bollettino dell’Ordine dei Medici, dei Chirurghi e degli Odontoiatri, stiamo lanciando un vademecum che contiene una mappatura completa per garantire tutti i servizi sanitari del nostro territorio ai migranti. Il medico ha come vocazione la presa in carico socio-psico-sanitaria di tutti i pazienti, senza distinzioni. Sanità di Frontiera è importante per mettere a sistema tutte le iniziative meritorie che ci sono ma che, finora, erano scollegate tra loro».
«Il progetto sostenuto da Consulcesi Onlus è stato annunciato lo scorso 3 ottobre a Lampedusa e coinvolge, oltre al medico simbolo dell’isola, il dottor Pietro Bartolo, le istituzioni e le principali organizzazioni umanitarie nazionali ed internazionali», ha spiegato il professor Petrella. Un tema, quello dell’accoglienza e della tutela della salute dei migranti, centrale anche per l’OMCeO di Napoli. Tra le recenti iniziative del presidente Scotti, infatti, figura già un corso ECM organizzato coinvolgendo esperti del settore e finalizzato a creare un vero e proprio sportello per raccogliere e coordinare istanze ed iniziative sanitarie per il migrante e favorire attività volte ad incrementare studi e ricerche nel campo della medicina delle migrazioni.
Una sfida che non spaventa i medici italiani, già abituati a tenere in piedi il Ssn per garantire il diritto alla Salute, sancito dall’articolo 32 della Costituzione, per tutti gli italiani. A fronte di medici che combattono quotidianamente contro denunce di malpractice (spesso infondate), mancato rispetto degli orari di lavoro imposti della legge, carenze di personale, strutture e apparecchiature inadeguate, la caparbietà di chi non si lascia sopraffare da questa situazione viene, però, sempre premiata. Emblematico il caso dei medici specialisti a cui l’Italia, violando le regole imposte dall’Ue (direttive comunitarie 75/362 CEE e 82/76/CEE), ha negato il corretto trattamento economico durante la scuola di specializzazione tra il 1978 ed il 2006. Una forte ingiustizia, sanata dall’intervento dei Tribunali che stanno ripristinando quei diritti negati accogliendo i ricorsi presentati attraverso numerose azioni legali.