Tempo di lettura: 3 minutiGli smartphone hanno rivoluzionato il modo di comunicare, insieme a tante abitudini quotidiane. Tra gli effetti indesiderati, però, oltre al rischio di alienarsi dal mondo e perdere il sonno a causa degli schermi luminosi, si aggiunge quello della cattiva postura. Infatti, la posizione mantenuta mentre si consulta il cellulare, a lungo andare, provoca problemi alla schiena e può avere riflessi anche sull’umore. Sul New York Times Amy Cuddy dell’università di Harvard spiega come gli smartphone stiano trasformando la nostra postura, contorcendo i nostri corpi in quello che il fisioterapista neozelandese Steve August definisce iGobba (‘iHunch’). Una posizione innaturale che viene assunta più volte al giorno, tante quante sono le volte che viene controllato il telefono, e che può avere conseguenze per la salute.
La testa di una persona adulta pesa in media tra i 4,5 e i 5 chilogrammi, se viene inclinata in avanti di 60 gradi (come si fa per leggere su uno smartphone) il peso cui viene sottoposto il collo è pari a circa 27 chilogrammi. August trent’anni fa iniziò a trattare un numero crescente di pazienti con la gobba ed erano quasi sempre persone anziane che in decenni di postura scorretta dovuta alla lettura e alla scrittura avevano sviluppano la deformazione. Oggi lo stesso fenomeno inizia a essere osservato tra gli adolescenti, che manifestano quindi molto precocemente un inarcamento anomalo della schiena.
Oltre al problema meccanico, però, c’è un altro aspetto da considerare: l’essere umano, inconsapevolmente, si inarca su se stessi quando è impaurito o si sente inerme. Diversi studi, infatti, hanno mostrato come una postura di questo tipo sia diffusa tra le persone che soffrono di depressione. Nel 2010 una ricerca scientifica condotta in Brasile, pubblicata su Pub med, ha notato che le persone depresse tendono a piegare in avanti il collo, a tenere le spalle in dentro e le braccia verso la parte centrale del corpo. In alcune circostanze, però, è la postura stessa a causare, o amplificare, il proprio stato emotivo. Lo ha dimostrato un esperimento dell’Università di Auckland, in Nuova Zelanda, dove a un gruppo di volontari è stato chiesto di “stare dritti sulla sedia”, o di assumere una posizione più accasciata e ripiegata a sé stessi, rispondendo poi ad alcune domande di un finto colloquio di lavoro. Quelli a cui era stato chiesto di assumere la postura tipica delle persone depresse hanno dimostrato di avere meno stima verso loro stessi e di essere più impauriti e pessimisti. Gli altri, che avevano assunto una corretta postura, hanno mostrato di reggere meglio lo stress.
Anche un altro studio dell’ Università di Hildesheim, in Germania, ha evidenziato come la postura possa influire sulla memoria. I ricercatori hanno sottoposto, a un gruppo di persone depresse, liste di parole positive e negative, da leggere mantenendo una corretta postura o richiusa su se stessi. Quelli ingobbiti hanno ricordato in media più parole negative.
In Giappone, invece, un altro studio aveva dimostrato che gli alunni cui era stato richiesto di svolgere un compito mantenendo una postura corretta avevano svolto in media un lavoro migliore, rispetto agli altri.
Partendo da questi presupposti, Cuddy ha preparato un test, nel quale a ogni partecipante veniva offerto di interagire per 5 minuti con uno smartphone, un tablet, un laptop o un classico computer da scrivania. Gli studiosi hanno poi misurato quanto tempo passava, dalla fine dei cinque minuti, prima che ogni partecipante si facesse coraggio e chiedesse se poteva allontanarsi, visto che il test era terminato. Cuddy ha notato che a seconda delle dimensioni del dispositivo la reazione dei partecipanti è cambiata, come se la posizione ingobbita rendesse meno determinati, riducendo la probabilità di farsi avanti quando la situazione lo richiede.
Più è piccolo lo schermo del dispositivo, più ci si contorce per leggerlo e più aumenta l’influenza della postura sull’umore. Cuddy afferma nell’articolo che le persone usano quotidianamente lo smartphone per aumentare la loro efficienza e produttività, ma in realtà un loro uso anche per brevi periodi di tempo potrebbe sortire l’effetto contrario, riducendo la propria determinazione. Gli effetti collaterali possono diminuire soltanto migliorando la postura, mantenendo, quindi, le spalle e la testa all’indietro quando si guarda il telefono, avvicinandolo alla faccia e sollevando di più le braccia (all’inizio non è facile, ma poi il corpo si abitua). Può aiutare anche fare un po’ di stretching, di tanto in tanto, cercando di allungare muscoli del collo e del trapezio. Questi movimenti permettono di mantenere l’elasticità della muscolatura.
Cenoni e pranzi di Natale, per i diabetici consigli della Sid
Alimentazione, Associazioni pazienti, News Presa, PrevenzioneA Natale cene e pranzi si moltiplicano e nessuno vuole rinunciare alla parmigiana della nonna o al pandoro con lo zucchero a velo. Così c’è chi ha fissato l’appuntamento col dietologo subito dopo l’Epifania. Nonostante il diabete, però, è possibile affrontare le festività natalizie senza troppi problemi, con le dritte degli esperti della Società italiana di diabetologia (Sid). “Le feste rappresentano un’occasione per riunirsi con i propri familiari e incontrare amici e conoscenti. Come tutti – rassicura Giorgio Sesti, presidente della Società italiana di diabetologia (Sid) – anche la persona con diabete deve godere del tempo speso a tavola durante le festività di fine anno e seguendo poche semplici accortezze, allontana il rischio di peggiorare il proprio stato di salute”.
Il decalogo per la persona con diabete messo a punto dagli esperti della Sid (ma va bene per tutta la famiglia) contiene alcune regole di buon senso e di facile applicazione che permettono il mantenimento di un buon controllo metabolico, senza perdere il gusto e il piacere di stare a tavola con parenti e amici. Un altro consiglio, invece, è fuori decalogo: “Condividete la gioia della tavola con i vostri familiari, la vicinanza dei nostri cari ci aiuta a gestire il diabete con giudizio e buon senso. Durante le festività natalizie e per tutto l’anno”. Ecco dunque i punti del ‘decalogo’ firmato dai diabetologi:
1) Occhio alle porzioni. Ridurre le quantità delle porzioni di ogni portata, per assaporare tutti i piatti della tradizione senza nuocere eccessivamente alla glicemia
2) Misurare più spesso la glicemia. Prima e dopo i pasti, per diventare consapevoli dei cibi che maggiormente aumentano la glicemia e provvedere eventualmente a correzioni estemporanee con boli addizionali di insulina, per chi ne fa uso
3) Bere tanta acqua. Quando mangiamo di più, bere tanta acqua aiuta la diuresi; al contrario, è bene limitare gli alcolici ed evitare bevande zuccherate
4) Largo alla verdura. Assunta all’inizio di ogni pasto o durante, aiuta a sentirsi sazi più facilmente e limita l’assorbimento degli zuccheri
5) Non restare a digiuno a lungo. Fare dei piccoli spuntini con frutta fresca o cereali integrali protegge da oscillazioni glicemiche ampie, permettendo di giungere al pasto successivo senza troppa fame
6) Usare l’olio extravergine d’oliva. Condire sempre le pietanze con olio extravergine di oliva, un vero toccasana per il cuore e i vasi, evitando l’utilizzo di burro o strutto
7) Dopo i pasti fare un po’ moto. Dopo un pasto sostanzioso, una passeggiata in compagnia o un po’ di ballo con gli amici consentono di attenuare i picchi glicemici post-prandiali
8) Attenzione ai dolci e alla frutta secca. Meglio non consumarli a fine pasto, quando aumenterebbero eccessivamente il carico glicemico. Preferire i dolci fatti in casa, soprattutto se preparati con farine integrali (tipo 2) o di legumi. La frutta secca, in piccole quantità, può essere assunta come uno spuntino tra un pasto e l’altro
9) Preferire metodi di cottura sani. Preparare le nostre pietanze usando la cottura al vapore, al forno, alla griglia ed evitando la frittura
10) Finiti i giorni di festa rimettersi subito in riga. Compensare tutte le eccezioni seguendo con attenzione il regime dietetico abituale nei giorni non festivi.
Medicina di genere, entrerà nelle Scuole di Medicina italiane
News Presa, Ricerca innovazione“Disposizioni per favorire l’applicazione e la diffusione della Medicina di genere”: la proposta di legge 3603 è stata depositata alla Camera dei Deputati dall’On. Paola Boldrini. L’obiettivo della Medicina di genere è di personalizzare diagnosi e terapie prestando una maggiore attenzione alle patologie che si manifestano in modo diverso a seconda del sesso del paziente, senza dimenticare gli aspetti psicologici e culturali.
In particolare la proposta è stata di ispirazione alla riunione del dicembre 2016 della Conferenza Permanente dei Presidenti di Corso di Laurea Magistrale a ciclo unico in Medicina e Chirurgia.
Quest’Organismo, Presieduto dal Prof. Andrea Lenzi nell’ultima sessione ha approvato all’unanimità, trasformando in Mozione con raccomandazione a tutte le Università, il Progetto Pilota descritto dalla Prof. Tiziana Bellini, Coordinatrice del Corso di Laurea di Medicina e Chirurgia e delegata alla Didattica dell’Università di Ferrara, la quale, approfondendo i dettagli di applicazione, ha descritto ciò che Ferrara ha già intrapreso e cioè l’integrazione nei singoli Corsi di Laurea Magistrale di Unità Didattiche relative alla Medicina di Genere, a partire dall’aa 2017-2018. Piccole integrazioni per rendere ufficiale ed efficace la tematica.
“Una delle nuove frontiere della medicina – si legge in una nota – consiste nel personalizzare nel modo più efficace ed appropriato la cura. Le evidenze scientifiche portano a sottolineare quanto il percorso di diagnosi e cura debba tenere conto delle differenze tra uomo e donna date dal sesso di appartenenza, ma anche dal genere, che consegue dal ruolo sessuale. Quindi non solo sotto l’aspetto anatomo-fisiologico, ma anche le differenze biologico-funzionali, psicologiche, sociali e culturali. Una formula che si riassume nella definizione di Medicina di Genere. Applicare questo, che non si presenta come disciplina medica aggiuntiva a quelle già esistenti, ma nuovo orientamento dell’intera medicina, richiede attenzione a molti ambiti di interesse, primo fra tutti, la formazione”.
Lo scopo del Progetto Pilota, promosso dall’Università di Ferrara e dall’Università Sapienza D, di cui è Coordinatrice del Corso di Laurea in Medicina la Prof.ssa Stefania Basili, è quello di “sensibilizzare le nuove generazioni di medici, per cui è importante che nel corso di studio in Medicina e Chirurgia sia previsto in maniera strutturata, un approccio di genere come parte integrante del processo formativo”.
Hanno già aderito, oltre all’Università di Ferrara e Roma Sapienza, altri Atenei Italiani fra i quali Palermo, Napoli Federico II, Campobasso, Foggia, ma “stanno arrivando molte altre adesioni”.
Aziende farmaceutiche e investimenti nella ricerca: intervista al Dott. Piccinini
PodcastSalvate dal tumore al seno grazie alle visite in piazza
PrevenzioneDelle 480 visite gratuite fatte in piazza Trieste e Trento a Napoli per individuare il tumore del seno, due sono risultate positive. Due donne che potranno affrontare precocemente la neoplasia e che con un gesto semplice si sono salvate la vita. Anche quest’anno l’iniziativa voluta dal professor Francesco D’Andrea (ordinario di Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica della Federico II) in collaborazione con Pietro Forestieri (direttore della breast unit della AOU) è stata un successo.
Informare per salvare una vita
«L’obiettivo della manifestazione – prosegue D’Andrea- è quelle di promuovere la sensibilizzazione di un numero sempre più ampio di donne sull’importanza della prevenzione e della diagnosi precoce dei tumori alla mammella, informandole sugli stili di vita da adottare e sui controlli diagnostici clinici e strumentali da effettuare, estendendo le informazioni anche al numero sempre più crescente di donne che oggi si sottopongono ad interventi di chirurgia estetica del seno».
I dati sul tumore della mammella
Impressionanti i numeri che riguardano le neoplasie del seno nella nostra regione. I casi di tumore al seno sono circa 46mila l’anno e di questi oltre 3mila solo in Campania e il 20% sono donne sotto i quarant’anni: le stime dicono che le neoplasie al seno sono completamente guaribili in oltre il 50% dei casi. Percentuale di guarigione che sale anche al 98% se preso in tempo.
Tornare a vivere
«In queste condizioni – conclude il professor D’Andrea – divulgare informazioni corrette e complete sulla chirurgia plastica della mammella è cruciale. Le donne devono sapere quali sono le possibilità che oggi ci sono a disposizione per la chirurgia ricostruttiva dopo tumori, ma anche sulle correlazioni tra chirurgia estetica e i tumori. Una donna informata è una donna consapevole delle proprie scelte. Ricostruire chirurgicamente una mammella sottoposta a mastectomia non influisce in alcun modo sull’evoluzione della malattia di base anzi ne condiziona positivamente il decorso post-operatorio. La ricostruzione mammaria, infatti, permette alla donna di conservare la propria femminilità e dignità nella vita di relazione e nelle attività quotidiane, aiutandola ad affrontare il percorso terapeutico, il dolore, le paure e la malattia stessa».
Cannabis terapeutica: arrivano i primi lotti per la vendita in farmacia
Associazioni pazienti, Farmaceutica, News Presa, Ricerca innovazioneNovità sulla cannabis, sostanza al centro di aspri dibattiti da molti anni, ma che molte nazioni, tra cui l’Italia, hanno deciso di rendere disponibile a scopo terapeutico.
Il Ministero della Salute ha comunicato, in una nota diffusa questa mattina che, in attuazione dell’accordo di collaborazione con il Ministero della Difesa, sono disponibili i primi lotti di sostanza attiva a base della sostanza, denominata Cannabis FM-2 (Cannabis terapeutica) prodotta dallo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze. Il prodotto contiene infiorescenze essiccate e triturate, con percentuali di THC tra l’5% e l’8% e di Cannabidiolo (CBD) tra il 7.5% e il 12%.
L’accordo prevede che la distribuzione alle farmacie avvenga sotto la responsabilità dello Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze. Il prezzo di vendita sara di Euro 6,88 al grammo, IVA esclusa. Per richiedere il medicinale bisognerà recarsi in farmacia con un buono acquisto fatto direttamente dallo Stabilimento di produzione tramite il sito web: http://www.farmaceuticomilitare.it/).
Tra le patologie per cui è stato proposto l’utilizzo della cannabis, ci sono le Malattie neurodegenerative, i tumori, l’epilessia, ma anche ansia, nausea e dolori cronici. Nella lista ne sono presenti molte altre ancora.
L’uso più comune che si fa della cannabis a scopo terapeutico è come analgesico, in particolare in pazienti terminali su cui altri antidolorifici risultano inefficaci. I dati a disposizione sugli effetti della cannabis, però, sono ad oggi piuttosto controversi, e la sua efficacia terapeutica non fa eccezione.
Tredici mesi per battere il cancro
Eventi d'interesse, PrevenzioneDa Paolo Sorrentino a Franco Di Mare, da Erri de Luca a Peppe Lanzetta. E ancora Valeria Parrella, Antonella Ossorio, Peppe Barra, Pietro Treccagnoli, Antonella Cilento, Stefano Piedimonte, Francesco Piccolo e Maurizio De Giovanni. Gli scrittori di Napoli al fianco della Fondazione Pascale per il nuovo calendario dell’Istituto per i tumori che devolverà il ricavato alla ricerca scientifica.
Il tredicesimo mese
A ciascuno scrittori un mese, e la sorpresa di trovare affianco a loro anche la giornalista Amalia De Simone, nominata Cavaliere del Lavoro per la sua attività professionale. Tredici eccellenze napoletane, dunque, per “tredici mesi” dell’anno. Dodici più quello del tempo che verrà. Perché la vita per un malato oncologico è una scommessa che si gioca giorno per giorno. Tredici eccellenze che hanno dedicato una frase ai pazienti dell’Istituto dei tumori di Napoli ispirati dalle foto di Sergio Siano che ha ritratto Napoli, ma anche di Salerno, Caserta, Avellino e Benevento.
Con te voglio viver ancora
Questo il titolo che poi è la foto autentica di un graffito rubato da Sergio Siano nelle catacombe di Napoli e risalente alla seconda guerra mondiale. Tredici frasi che poi sono tredici messaggi in bottiglia. Perché chi è malato spesso è solo, ma è proprio nella solitudine, come scrive Antonella Cilento, che trova la forza di andare avanti. Perché chi è malato di tumore spesso si trova a combattere una lotta impari. Il guerriero di Piedimonte, la testa sotto il cuscino di De Giovanni. Ma questo è anche il primo calendario della rete oncologica che prende il via.
La nuova strada
«Tante volte – dice Attilio Bianchi, direttore generale del Pascale – abbiamo detto che la ricerca sul cancro ha compiuto enormi passi avanti. Ed è vero. Abbiamo ottenuto risultati neanche immaginabili. Per molte forme di cancro la percentuale di guarigione oggi è altissima. E’ tutto vero, ma non basta. La sfida continua, e noi del Pascale siamo sempre in prima linea, con tutti gli operatori impegnati nella grande bellezza della ricerca, la grande bellezza della cura. Ma ancora non basta. Quando anche le grandi bellezze della tua terra non le vedi più con gli stessi occhi, quando pensi che un ambulatorio sia il posto nel quale si è stravolta la tua vita, noi ci siamo. E ci saremo. La nuova strada è che da ora in poi saremo noi a raggiungerti dove sei. Per guidarti, tendendoti la mano. Tenendoti la mano». GUARDA LA GALLERY
Migliora in Piemonte la qualità della vita
Prevenzione, Ricerca innovazioneOtto anni in più. Sono quelli guadagnati dagli anni ’70 ad oggi dai cittadini torinesi grazie ai grandi salti in avanti fatti dalla scienza, la medicina e la ricerca, ma anche all’adozione di stili di vita più sani. Tra questi, la mortalità causata dall’abuso di alcool si è quasi dimezzata, mentre quella legata al fumo è diminuita del 40 per cento. A questi miglioramenti si aggiunge anche la riduzione del 60 per cento della mortalità per le malattie “evitabili”, attraverso, diagnosi precoci, cure più adeguate e tempestive e la presa in carico di pazienti cronici. Dal 1995 al 2012, anche l’assistenza territoriale ha fatto passi da gigante in Piemonte, a tal punto da ridurre il tasso di ricoveri per patologie croniche al 28 per cento fra gli uomini e al 22 per cento fra le donne. Ed è migliorata di molto anche l’assistenza ospedaliera; un esempio ne è il tasso di mortalità correlata al parto, che è calato in 40 anni dal 53,4 al 3,7 su 100.000.
Rispetto a quegli anni, la speranza media di vita di un uomo residente in Piemonte è passata da 72 a 80 anni e mezzo, mentre quella delle donne è salita da 78 a circa 86. Si può quindi dire che i piemontesi godono di buona salute, sicuramente una salute “migliore” rispetto alla maggior parte degli italiani.
Secondi lo “Studio longitudinale torinese” realizzato dal Servizio di epidemiologia della Regione Piemonte, che ha fornito questi numeri prendendo in esame il periodo dal 1972 al 2011, se alcuni dati mostrano importanti miglioramenti, altri invece attestano che le disuguaglianze, tuttavia, che seguono le differenze sociali ed economiche, restano ancora profonde: in 40 anni si è ridotta, infatti, la differenza nell’aspettativa di vita fra le donne laureate e quelle meno istruite, che è scesa da 5 a 3 anni e mezzo, mentre è aumentata – da 4 a 5 anni – quella degli uomini.
libro fotografico racconta le storie di chi cura i bimbi di tutto il mondo
Associazioni pazienti, Economia sanitaria, News Presa, PrevenzioneOgni anno nel mondo nascono 1.000.000 di bambini con cardiopatie congenite, 800.000 non hanno speranza di vita perché nati in Paesi poveri, privi di medici e strutture ospedaliere adeguate. Se nei Paesi avanzati le tecniche di cardiochirurgia pediatrica hanno abbattuto la soglia di mortalità a meno del 5%, nei Paesi in via di sviluppo il tasso di mortalità per le cardiopatie congenite ancora sfiora il 90%. Un libro racconta le storie di chi si impegna per salvarli, e contribuisce alla missione della AICI Onlus Bambini Cardiopatici del Mondo, grazie alla collaborazione del giornalista e fotoreporter Giovanni Porzio e al sostegno di Daiichi Sankyo Italia. Il progetto si chiama “Cuori in Emergenza” e prevede la cura, presso l’.R.C.C.S. Policlinico San Donato, di bambini affetti da gravi cardiopatie congenite provenienti da Paesi in guerra o ancora in via di Sviluppo. Il libro fotografico “Le Mani nel cuore”, a tiratura limitata è stato curato da Porzio.
Le missioni all’estero sono un aspetto fondamentale di Bambini Cardiopatici nel Mondo, la ONLUS nata a Milano nel 1993, dall’ispirazione del prof. Alessandro Frigiola (primario all’I.R.C.C.S. Policlinico San Donato) e della prof.ssa Silvia Cirri (responsabile della Terapia Intensiva all’Istituto Clinico Sant’Ambrogio), non soltanto perché tali missioni salvano la vita di centinaia di bambini, ma soprattutto perché puntano allo sviluppo del sistema sanitario locale, costruendo strutture di chirurgia pediatrica nelle aree più depresse del mondo e formando medici, chirurghi e personale sanitario specializzato in grado di operare in loco, così da garantire la continuità e la sostenibilità delle cure. La grave crisi internazionale che coinvolge diversi Paesi in cui Bambini Cardiopatici nel Mondo A.I.C.I. ONLUS opera da anni, sta rendendo sempre più difficile organizzare missioni periodiche in loco per intervenire sui bambini affetti da cardiopatie congenite che devono essere trattate con urgenza e con tecniche chirurgiche ancora sconosciute a gran parte dei medici locali. Il progetto Cuori in Emergenza nasce, quindi, con l’obiettivo di consentire a diversi bambini cardiopatici di essere curati in Italia.
“Siamo molto contenti di poter contare ancora una volta sul supporto di Daiichi Sankyo per promuovere questa iniziativa che oltre a raccontare attraverso le bellissime fotografie di Giovanni Porzio la nostra storia rappresenta anche un contributo alla realizzazione di un progetto importante come Cuori in Emergenza” – ha spiegato il prof. Alessandro Frigiola, presidente e fondatore dell’Associazione no-profit, recentemente insignito dell’onorificenza al merito della Repubblica per la sua attività umanitaria”.
Ad oggi sono coinvolti nell’iniziativa 14 bambini affetti da gravi cardiopatie congenite e provenienti da vari Paesi del mondo, altri ne arriveranno sulla base di richieste raccolte dall’Associazione e delle donazioni dei privati, che giungeranno anche attraverso il sostegno alla pubblicazione del libro “Le mani nel Cuore”. I piccoli potranno essere curati al Policlinico San Donato, la struttura che fa parte del grande Gruppo Ospedaliero San Donato. Il programma prevede per ogni singolo caso la copertura dei costi relativi a: trasferimento da e per il Paese di origine per paziente e genitore, copertura dei costi di intervento e la degenza, trattamenti e cure nel periodo post-operatorio, e soggiorno temporaneo del genitore fuori dall’ospedale.
“Le mani nel cuore” è un libro fotografico che ha come fil rouge la straordinaria vicenda umana e professionale di un pioniere della cardiochirurgia pediatrica in Italia, Alessandro Frigiola, dai difficili esordi all’eccellenza europea del Centro che dirige.
Per realizzarlo, il giornalista e fotoreporter Giovanni Porzio, ha accettato di seguire il team in alcuni dei 26 Paesi in cui opera l’Associazione (Egitto, Camerun, Siria, Kurdistan, Etiopia, Senegal) raccontando con lo stesso ritmo dei suoi intensi reportage, gli interventi in sala operatoria, le difficoltà logistiche e ambientali, le storie dei chirurghi, tecnici e infermieri e quelle, spesso drammatiche, dei pazienti e delle loro famiglie, nonché i diversi contesti sociali e culturali in cui avvengono le missioni, attraverso immagini potenti, racconti e testimonianze dirette.
Salute, la malattia del secolo è quella della mente: 1mln di “psichiatrici”
News Presa, PrevenzioneIl male del millennio è quello dell’anima. A dirlo è il primo Rapporto sulla salute mentale elaborato dal Ministero della Salute attraverso il Sistema informativo per la salute mentale (SISM), presentato ieri a Roma. Tra i dati emersi da questa indagine alcuni fanno riflettere. Basti pensare che lo scorso anno poco meno di 1 milione di italiani hanno avuto assistenza per disturbi mentali in servizi specialistici. Circa 800 mila di questi in strutture psichiatriche territoriali, altri 110 mila in strutture psichiatriche ospedaliere.
La depressione al primo posto
Tra i disturbi più diagnosticati c’è la depressione. Poi la schizofrenia e le nevrosi. Stando ai dati del Ministero, le più colpite sono le donne. Se tra gli uomini sono più frequenti i disturbi schizofrenici, di personalità, disturbi da abuso di sostanze o ritardi mentali; tra le donne sono più diffusi i disturbi affettivi, nevrotici e depressivi. Soprattutto per la depressione il tasso di cure erogate è doppio rispetto agli uomini. Gli utenti psichiatrici assistiti dai servizi specialistici nel corso del 2015 sono stati 777 mila circa, con tassi standard che vanno dai circa 107 utenti ogni 10 mila abitanti adulti in Basilicata, fino ai circa 205 in Emilia Romagna. I pazienti che l’anno scorso sono entrati in contatto per la prima volta con i Dipartimenti di Salute Mentale sono 370 mila di cui oltre il 90% ha avuto un contatto con i servizi per la prima volta nella vita. Un’ampia percentuale di pazienti ha più di 45 anni.
I TSO
E’ allarmante scorrere i dati relativi ai Trattamenti sanitari obbligatori (TSO). Lo scorso anno quasi 600 mila persone sono arrivate in pronto soccorso per patologie psichiatriche. Quindi il 2% dei pazienti che si sono rivolti ai pronto soccorso in tutta Italia. Quasi 9mila i Trattamenti sanitari obbligatori effettuati nei Servizi psichiatrici di diagnosi e cura (Spdc) che rappresentano l’8,8% dei ricoveri totali avvenuti nei reparti psichiatrici pubblici.
I farmaci
Importante anche la quantità di farmaci consumati in regime di assistenza convenzionata, circa 34 milioni di confezioni di antidepressivi per una spesa lorda complessiva pari a 379 milioni di euro, circa 4 milioni 600mila confezioni di antipsicotici per una spesa lorda complessiva pari a circa 66 milioni di euro, circa 884mila confezioni di litio per una spesa lorda complessiva pari a circa 3,6 milioni di euro. Circa 639mila confezioni di antidepressivi e 6,7 milioni di antipsicotici, poi, sono stati erogati in distribuzione diretta. Numeri che fanno riflettere sul malessere che accompagna la nostra routine.
Rivoluzione smartphone: causa di mal di schiena e sbalzi d’umore
News Presa, Prevenzione, Psicologia, Ricerca innovazioneGli smartphone hanno rivoluzionato il modo di comunicare, insieme a tante abitudini quotidiane. Tra gli effetti indesiderati, però, oltre al rischio di alienarsi dal mondo e perdere il sonno a causa degli schermi luminosi, si aggiunge quello della cattiva postura. Infatti, la posizione mantenuta mentre si consulta il cellulare, a lungo andare, provoca problemi alla schiena e può avere riflessi anche sull’umore. Sul New York Times Amy Cuddy dell’università di Harvard spiega come gli smartphone stiano trasformando la nostra postura, contorcendo i nostri corpi in quello che il fisioterapista neozelandese Steve August definisce iGobba (‘iHunch’). Una posizione innaturale che viene assunta più volte al giorno, tante quante sono le volte che viene controllato il telefono, e che può avere conseguenze per la salute.
La testa di una persona adulta pesa in media tra i 4,5 e i 5 chilogrammi, se viene inclinata in avanti di 60 gradi (come si fa per leggere su uno smartphone) il peso cui viene sottoposto il collo è pari a circa 27 chilogrammi. August trent’anni fa iniziò a trattare un numero crescente di pazienti con la gobba ed erano quasi sempre persone anziane che in decenni di postura scorretta dovuta alla lettura e alla scrittura avevano sviluppano la deformazione. Oggi lo stesso fenomeno inizia a essere osservato tra gli adolescenti, che manifestano quindi molto precocemente un inarcamento anomalo della schiena.
Oltre al problema meccanico, però, c’è un altro aspetto da considerare: l’essere umano, inconsapevolmente, si inarca su se stessi quando è impaurito o si sente inerme. Diversi studi, infatti, hanno mostrato come una postura di questo tipo sia diffusa tra le persone che soffrono di depressione. Nel 2010 una ricerca scientifica condotta in Brasile, pubblicata su Pub med, ha notato che le persone depresse tendono a piegare in avanti il collo, a tenere le spalle in dentro e le braccia verso la parte centrale del corpo. In alcune circostanze, però, è la postura stessa a causare, o amplificare, il proprio stato emotivo. Lo ha dimostrato un esperimento dell’Università di Auckland, in Nuova Zelanda, dove a un gruppo di volontari è stato chiesto di “stare dritti sulla sedia”, o di assumere una posizione più accasciata e ripiegata a sé stessi, rispondendo poi ad alcune domande di un finto colloquio di lavoro. Quelli a cui era stato chiesto di assumere la postura tipica delle persone depresse hanno dimostrato di avere meno stima verso loro stessi e di essere più impauriti e pessimisti. Gli altri, che avevano assunto una corretta postura, hanno mostrato di reggere meglio lo stress.
Anche un altro studio dell’ Università di Hildesheim, in Germania, ha evidenziato come la postura possa influire sulla memoria. I ricercatori hanno sottoposto, a un gruppo di persone depresse, liste di parole positive e negative, da leggere mantenendo una corretta postura o richiusa su se stessi. Quelli ingobbiti hanno ricordato in media più parole negative.
In Giappone, invece, un altro studio aveva dimostrato che gli alunni cui era stato richiesto di svolgere un compito mantenendo una postura corretta avevano svolto in media un lavoro migliore, rispetto agli altri.
Partendo da questi presupposti, Cuddy ha preparato un test, nel quale a ogni partecipante veniva offerto di interagire per 5 minuti con uno smartphone, un tablet, un laptop o un classico computer da scrivania. Gli studiosi hanno poi misurato quanto tempo passava, dalla fine dei cinque minuti, prima che ogni partecipante si facesse coraggio e chiedesse se poteva allontanarsi, visto che il test era terminato. Cuddy ha notato che a seconda delle dimensioni del dispositivo la reazione dei partecipanti è cambiata, come se la posizione ingobbita rendesse meno determinati, riducendo la probabilità di farsi avanti quando la situazione lo richiede.
Più è piccolo lo schermo del dispositivo, più ci si contorce per leggerlo e più aumenta l’influenza della postura sull’umore. Cuddy afferma nell’articolo che le persone usano quotidianamente lo smartphone per aumentare la loro efficienza e produttività, ma in realtà un loro uso anche per brevi periodi di tempo potrebbe sortire l’effetto contrario, riducendo la propria determinazione. Gli effetti collaterali possono diminuire soltanto migliorando la postura, mantenendo, quindi, le spalle e la testa all’indietro quando si guarda il telefono, avvicinandolo alla faccia e sollevando di più le braccia (all’inizio non è facile, ma poi il corpo si abitua). Può aiutare anche fare un po’ di stretching, di tanto in tanto, cercando di allungare muscoli del collo e del trapezio. Questi movimenti permettono di mantenere l’elasticità della muscolatura.