Tempo di lettura: 2 minuti«Siamo lieti di annunciare che i risultati dello studio di fase III ALUR avvalorano ulteriormente l’uso di alectinib nel trattamento dei pazienti colpiti da carcinoma polmonare ALK-positivo che hanno bisogno di nuove opzioni terapeutiche dopo essere andati incontro ad una progressione con chemioterapia e crizotinib». A parlare di quella che è più di una speranza per moltissimi pazienti è Sandra Horning, MD, Chief Medical Officer e Head of Global Product Development di Roche. «I risultati di questo studio – aggiunge – saranno alla base delle discussioni che sosterremo con le autorità sanitarie mondiali, per poter rendere alectinib disponibile ai pazienti il più velocemente possibile». Dai risultati dello studio di fase III «ALUR» è emerso infatti che alectinib ha determinato un miglioramento significativo della sopravvivenza libera da progressione (PFS) nei pazienti colpiti da carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) avanzato (metastatico) ALK-positivo, andati incontro a una progressione dopo la chemioterapia a base di platino e crizotinib, rispetto al trattamento con la sola chemioterapia.
Un nemico da sconfiggere
Non è un coso che una notizia così importante arrivi dal colosso farmaceutico svizzero, infatti il tumore del polmone è una delle principali aree di interesse e investimento per Roche, che è da sempre impegnata nello sviluppo di nuovi approcci, farmaci e test che possano essere di aiuto per chi è colpito da questa grave malattia. L’obiettivo è dunque quello di fornire un’opzione terapeutica efficace a tutti coloro che ricevano una diagnosi di tumore del polmone e ad oggi Roche dispone di quattro farmaci approvati per il trattamento di alcuni tipi di tumore del polmone, oltre ad avere in fase di sviluppo più di dieci farmaci che hanno come target le più comuni cause genetiche che scatenano le diverse forme di tumore del polmone o che potenziano il sistema immunitario per indurlo a combattere la malattia.
Alectinib
Quanto all’alectinib si tratta di un farmaco da assumere per via orale in fase di sviluppo ideato da Chugai Kamakura Research Laboratories ed è pensato per i pazienti affetti da carcinoma polmonare non microcitico (NSCLC) i cui tumori vengono definiti ALK-positivi. Il NSCLC ALK-positivo si sviluppa spesso nei pazienti più giovani che hanno un passato da fumatori leggeri o addirittura che non hanno mai fumato. Viene quasi sempre riscontrato in coloro che presentano una forma specifica di NSCLC chiamata adenocarcinoma. Alectinib è attualmente approvato negli Stati Uniti, in Kuwait, Israele, Hong Kong, Canada, Corea del Sud, Svizzera e India per il trattamento dei pazienti con NSCLC ALK-positivo avanzato (metastatico) che siano andati incontro a progressione dopo la terapia con crizotinib o intolleranti a questo farmaco, e in Giappone per i pazienti con NSCLC ALK-positivo metastatico, recidivante o non completamente asportabile mediante chirurgia (non resecabili).
Risultati importanti
In un’analisi dei dati aggregati relativi agli endpoint degli studi NP28673 e NP28761, alectinib si è dimostrato attivo nelle metastasi cerebrali, questo sta ad indicare la possibilità che il farmaco riesca a penetrare la barriera ematoencefalica. Il cervello, infatti, è protetto da una rete di cellule strettamente giunte tra loro che rivestono le pareti interne dei vasi sanguigni presenti nel cervello e nel midollo spinale. Per impedire alle molecole di agire sul cervello, la barriera ematoencefalica mette in atto una serie di espedienti, tra cui l’espulsione attiva delle stesse attraverso un processo noto come efflusso attivo. Il sistema di efflusso attivo non riconosce alectinib, il quale può quindi attraversare liberamente il tessuto cerebrale. Lo studio globale di fase III ALEX prevede l’utilizzo di un test sviluppato da Roche Diagnostics.
Tumore della mammella, cure sempre più efficaci
News PresaComplice una crescente attenzione alla prevenzione, negli ultimi 20 anni le diagnosi precoci di tumore della mammella sono aumentate. Di per se questa è già una buona notizia, ma non basta. Perché alle donne colpire dal cancro al seno bisogna dare più di una speranza, si deve dare una cura. Ed è proprio su questo versante che nel tempo si sono avuti i migliori risultati, tanto che oggi la sopravvivenza delle donne a cui viene diagnosticata questa malattia continua ad aumentare. In Italia questo si traduce in numeri importanti. Il primo dato da valutare è quello della prevalenza. Ogni anno il tumore della mammella viene diagnosticato a circa 50mila donne. Si consideri che nel 1997 la sopravvivenza a 5 anni era del 74%, oggi si avvicina al 90% e vede l’Italia in prima linea tra i paesi Europei. Questa tendenza estremamente positiva non riguarda però le pazienti di età superiore ai 70 anni. Infatti mentre globalmente la mortalità si è ridotta dell’1.3% l’anno, questo dato nelle donne anziane si ferma allo 0.4%. Il problema è di grande rilevanza se si considera che in Italia ogni anno il tumore della mammella colpisce oltre 17mila donne di età superiore ai 70 anni e che attualmente nel nostro paese vivono più di 240 mila donne anziane alle quali è stata diagnosticata questa patologia. Va ancora peggio se si pensa alle donne che si ammalano di tumore al seno da giovani e poi hanno una recidiva in età avanzata.
Una popolazione sempre più anziana
Le cause sono diverse e vanno da un non adeguato “inquadramento” dello stato di salute della paziente a una ridotta rappresentazione della stessa negli studi clinici con conseguenti limitate evidenze nell’applicare le innovazioni terapeutiche nella pratica clinica. Temi questi che sono in discussione in questi giorni in Toscana per il «Primo incontro nazionale sul trattamento della paziente anziana affetta da carcinoma mammario», diretto dalla dottoressa Laura Biganzoli che parla di un «invecchiamento progressivo della popolazione, che porterà nel 2050 ad avere in Italia il 35,9% di ultrasessantenni». E visto che In questo contesto l’età rappresenta il principale fattore di rischio di tumore della mammella si assisterà a una crescita esponenziale del numero di donne sopra i 70 anni a cui viene diagnosticata la patologia. «Diventa quindi fondamentale – avverte al dottoressa – muoversi su più settori. Due punti fondamentali sono migliorare l’approccio alla paziente anziana e aumentare l’evidenza dei trattamenti».
Studi clinici ad hoc
Per aumentare l’evidenza dei trattamenti è fondamentale promuovere studi clinici specificatamente condotti nelle pazienti anziane e abbattere l’età come criterio di esclusione da studi clinici condotti nella popolazione generale, rendendo così possibile condurre analisi di sottogruppo nella popolazione anziana. Un altro importante strumento è quello di creare tavoli di lavoro, con esperti del settore, per condurre una analisi critica della letteratura e produrre quella che viene chiamata una expert opinion. «Questo – precisa la dr.ssa Biganzoli – abbiamo fatto in EUSOMA (European Society of Breast Cancer Specialists) in collaborazione con la SIOG (International Society of Geriatric Oncology), producendo delle ‘Raccomandazioni sul trattamento della paziente anziana affette da carcinoma della mammella’ che sono state pubblicate sulla rivista Lancet Oncology, e questo vogliamo fare anche in questi due giorni di congresso».
Tumore del polmone: risultati positivi dallo studio di fase III con alectinib
News Presa, Ricerca innovazione«Siamo lieti di annunciare che i risultati dello studio di fase III ALUR avvalorano ulteriormente l’uso di alectinib nel trattamento dei pazienti colpiti da carcinoma polmonare ALK-positivo che hanno bisogno di nuove opzioni terapeutiche dopo essere andati incontro ad una progressione con chemioterapia e crizotinib». A parlare di quella che è più di una speranza per moltissimi pazienti è Sandra Horning, MD, Chief Medical Officer e Head of Global Product Development di Roche. «I risultati di questo studio – aggiunge – saranno alla base delle discussioni che sosterremo con le autorità sanitarie mondiali, per poter rendere alectinib disponibile ai pazienti il più velocemente possibile». Dai risultati dello studio di fase III «ALUR» è emerso infatti che alectinib ha determinato un miglioramento significativo della sopravvivenza libera da progressione (PFS) nei pazienti colpiti da carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) avanzato (metastatico) ALK-positivo, andati incontro a una progressione dopo la chemioterapia a base di platino e crizotinib, rispetto al trattamento con la sola chemioterapia.
Un nemico da sconfiggere
Non è un coso che una notizia così importante arrivi dal colosso farmaceutico svizzero, infatti il tumore del polmone è una delle principali aree di interesse e investimento per Roche, che è da sempre impegnata nello sviluppo di nuovi approcci, farmaci e test che possano essere di aiuto per chi è colpito da questa grave malattia. L’obiettivo è dunque quello di fornire un’opzione terapeutica efficace a tutti coloro che ricevano una diagnosi di tumore del polmone e ad oggi Roche dispone di quattro farmaci approvati per il trattamento di alcuni tipi di tumore del polmone, oltre ad avere in fase di sviluppo più di dieci farmaci che hanno come target le più comuni cause genetiche che scatenano le diverse forme di tumore del polmone o che potenziano il sistema immunitario per indurlo a combattere la malattia.
Alectinib
Quanto all’alectinib si tratta di un farmaco da assumere per via orale in fase di sviluppo ideato da Chugai Kamakura Research Laboratories ed è pensato per i pazienti affetti da carcinoma polmonare non microcitico (NSCLC) i cui tumori vengono definiti ALK-positivi. Il NSCLC ALK-positivo si sviluppa spesso nei pazienti più giovani che hanno un passato da fumatori leggeri o addirittura che non hanno mai fumato. Viene quasi sempre riscontrato in coloro che presentano una forma specifica di NSCLC chiamata adenocarcinoma. Alectinib è attualmente approvato negli Stati Uniti, in Kuwait, Israele, Hong Kong, Canada, Corea del Sud, Svizzera e India per il trattamento dei pazienti con NSCLC ALK-positivo avanzato (metastatico) che siano andati incontro a progressione dopo la terapia con crizotinib o intolleranti a questo farmaco, e in Giappone per i pazienti con NSCLC ALK-positivo metastatico, recidivante o non completamente asportabile mediante chirurgia (non resecabili).
Risultati importanti
In un’analisi dei dati aggregati relativi agli endpoint degli studi NP28673 e NP28761, alectinib si è dimostrato attivo nelle metastasi cerebrali, questo sta ad indicare la possibilità che il farmaco riesca a penetrare la barriera ematoencefalica. Il cervello, infatti, è protetto da una rete di cellule strettamente giunte tra loro che rivestono le pareti interne dei vasi sanguigni presenti nel cervello e nel midollo spinale. Per impedire alle molecole di agire sul cervello, la barriera ematoencefalica mette in atto una serie di espedienti, tra cui l’espulsione attiva delle stesse attraverso un processo noto come efflusso attivo. Il sistema di efflusso attivo non riconosce alectinib, il quale può quindi attraversare liberamente il tessuto cerebrale. Lo studio globale di fase III ALEX prevede l’utilizzo di un test sviluppato da Roche Diagnostics.
Arriva la tangoterapia contro l’Alzheimer. Il progetto pilota
Anziani, Associazioni pazienti, News PresaIl tango argentino è un ballo coinvolgente, in grado di stimolare corpo e mente. A Ferrara sarà lo strumento che aiuterà i malati di Alzheimer. Da giovedì 30 marzo, infatti, è partito il “Progetto pilota di Tangoterapia metodo Riabilitango”, ideato e progettato dall’Associazione Malattia Alzheimer di Ferrara (Ama Ferrara) in collaborazione con il Centro per i disordini cognitivi di Ferrara (Unità operativa di Neurologia) dell’Azienda ospedaliera di Ferrara.
Si tratta di un progetto rivolto a un gruppo selezionato di 15 pazienti, inviati da Ama, con patologie allo stadio iniziale di demenza del tipo Alzheimer, selezionati dal Centro per i disordini cognitivi dell’ospedale di Cona (Ferrara), in particolare dell’Unità operativa di Neurologia. Alla Tangoterapia parteciperanno anche i loro familiari, con l’intento di sviluppare un’integrazione maggiore della persona malata all’ambiente circostante, limitandone stigmatizzazione ed isolamento.
Ancora oggi non esiste una terapia che sia in grado di prevenire o guarire l’Alzheimer. Il Italia sono 800mila i malati, di cui 74.000 in Emilia-Romagna, e il loro numero si stima che raddoppierà entro il 2050 (dati Istat e Organizzazione Mondiale della Sanità). Sarà, quindi, la città di Ferrara la prima in Emilia-Romagna a sperimentare gli esiti della Tangoterapia su persone affette da Alzheimer.
“Il metodo, nato nel 2012 e ideato da Marilena Patuzzo (docente all’Università degli Studi di Milano), è già ampiamente utilizzato con pazienti affetti da patologie neurologiche, in particolare Parkinson, sclerosi multipla, persone colpite da ictus e con chi ha problematiche di tipo cardiovascolari e respiratorie – spiega Paola Rossi, presidente di Ama Ferrara – perché ha esiti benefici conclamati: la musica e in particolare il ballo sono infatti tra le attività fisiche e ludiche che apportano maggiore benessere sul paziente. Il tango argentino risulta dare i risultati migliori. Contribuisce a stimolare reciproca fiducia e capacità ad affidarsi agli altri, crea una maggiore consapevolezza sulla propria corporeità e sulla condivisione degli spazi. Essendo un progetto innovativo, verrà realizzata una casistica di riferimento, che potrà essere ‘esportata’ e sviluppata anche in altri territori, sia in Emilia Romagna che in altre regioni”.
Fino al primo giugno, a cadenza settimanale, gli incontri avranno luogo al centro sociale ricreativo “Il Parco” ogni settimana. I risultati verranno valutati dal Centro per i disordini cognitivi di Ferrara-Unità operativa di Neurologia e riguarderanno il tono dell’umore, la compliance terapeutica e la riduzione dei disturbi psico-comportamentali.
Arriva ANDeA: Associazione Nazionale Dermatite Atopica
Associazioni pazienti, News PresaLa sala caduti Nassirya del Senato ha tenuto a battesimo l’Associazione Nazionale Dermatite Atopica: in una parola ANDeA. Le persone colpite da Dermatite Atopica, malattia cronica sistemica della pelle, hanno finalmente un’associazione che nasce con la volontà di dare ai pazienti e alle famiglie supporto e sostegno. La Dermatite Atopica, nelle sue manifestazioni più gravi, è una patologia altamente invalidante che può condizionare significativamente la vita, le relazioni personali e sociali di chi ne soffre. “Tra gli obiettivi che hanno portato alla costituzione di ANDeA – riferisce il neo Presidente Mario Picozza – ci sono quelli di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla conoscenza di questa patologia debilitante e del suo impatto psicologico, sociale ed economico”. L’Associazione vuole rappresentare i pazienti ai tavoli istituzionali per la definizione di percorsi diagnostici, terapeutici ed assistenziali che favoriscano l’accesso alle prossime terapie innovative ed il sostegno alla ricerca. In Italia, secondo i dermatologi, l’informazione e la raccolta di dati epidemiologici sono ancora insufficienti, soprattutto nei soggetti con una forma severa o grave. ANDeA sarà affiliata a FederAsma e Allergie onlus, associazione di volontariato che riunisce le principali associazioni di pazienti che sostengono la lotta alle malattie respiratorie e alle malattie allergiche. Grazie a questa sinergia ANDeA e FederAsma contano di dar vita ad una rete associativa funzionale alla realizzazione di azioni congiunte e di progetti che verranno sviluppati in favore dei pazienti affetti da Dermatite Atopica.
Sanità, stavolta il riscatto parte da Napoli
News PresaMalasanità, liste d’attesa e un malcontento che si alimenta di anno in anno. Se è vero che essere critici aiuta a tenere sempre sotto controllo gli errori, una domanda non possiamo non porcela: ma il nostro Sistema sanitario nazionale è poi così terribile? Da Napoli, e non è un caso, parte un progetto unico e per certi versi rivoluzionario. Una sorta di alleanza tra vertici aziendali, personale medico e cittadini, la prima esperienza in Italia della Scuola di integrità messa in campo dall’Istituto per la promozione dell’etica in sanità. Due mesi di incontri formativi, verifiche tecniche e analisi condivise, assieme a 70 dipendenti dell’Azienda Napoli 3 Sud per restituire valore alle motivazioni etiche su cui si fonda il comportamento quotidiano dei singoli professionisti al fine di garantire la migliore assistenza sanitaria possibile ai cittadini e l’utilizzo più appropriato dei fondi per la sanità.
Prevenzione e controllo
Il percorso è teso a sviluppare quei processi organizzativi di prevenzione e di controllo volti ad eliminare le aree di arbitrio che sono il terreno più fertile per sprechi, inefficienze ed eventi corruttivi. Concetti, competenze e principi dell’integrità e della prevenzione di sprechi e corruzione si consolidano così nella cassetta degli attrezzi dei dipendenti dell’azienda. «Qualche settimana fa – ricorda il direttore generale Antonietta Costantini – la nostra Asl Napoli 3 Sud ha adottato il Piano Triennale Prevenzione della corruzione e della Trasparenza. Il nuovo Piano ha l’obiettivo di programmare e integrare in modo più incisivo e sinergico la materia della trasparenza e dell’anticorruzione. In questa direzione, s’inquadra il potenziamento della formazione, indirizzata a stabilire un dialogo con le risorse già esistenti ed orientarle in senso etico».
Un cambio di rotta
Non va dimenticato che tra gli aspetti più significativi e in piena coerenza con le recenti disposizioni dell’ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione), c’è la scelta aziendale di inserire gli obiettivi del piano della prevenzione della corruzione e del programma della trasparenza all’interno del piano della performance e, quindi, di conseguenza, collegarli alla valutazione del risultato. «La promozione dell’etica pubblica in Sanità è lo strumento più idoneo a promuovere un cambiamento culturale, ma deve innestarsi su comportamenti organizzativi e individuali che gli operatori del servizio pubblico riconoscano come propri – sottolinea Massimo di Rienzo, responsabile scientifico per la formazione ISPE Sanità e promotore della Scuola – Ideare e attuare programmi formativi che incoraggino la pratica dell’etica pubblica e riducano il rischio di corruzione nelle strutture che amministrano ed erogano servizi sanitari». Una scuola di etica e di morale che, si spera, farà da apripista per molte altre esperienze virtuose.
Trapianti, i 40 anni della scuola partenopea della Federico II
News PresaNapoli celebra i 40anni di storia del il Centro Interdipartimentale Trapianti di Rene dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II, diretto da Enrico Di Salvo. Era infatti il 4 aprile 1977 quando un gruppo di coraggiosi medici, tra cui i professori Giuseppe Zannini, Mario Luigi Santangelo, Renato Cuocolo, Vittorio Emanuele Andreucci e Adolfo Ruggiero, realizzò il primo trapianto di rene nell’Italia meridionale, aprendo la strada per la diffusione di questa pratica terapeutica nella Regione Campania e in tutto il Sud Italia.
Un faro del meridione
«Dalla data del primo trapianto ad oggi – dice il professore Di Salvo – il Centro Interdipartimentale Trapianti di Rene dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II ha eseguito circa 1000 trapianti di rene, la maggior parte da cadavere.
Un momento del convegno
Un risultato significativo per la Regione Campania e per i pazienti nefropatici, oltre che motivo di soddisfazione e di orgoglio per tutto il personale medico e paramedico che, nel corso degli anni, ha contribuito a raggiungere questo risultato». Dell’eccellenza partenopea, ma anche di molto altro, si è discusso oggi nel corso di un convegno che ha le fasi storiche delle attività legate al trapianto di rene e approfondire i progressi scientifici raggiunti dalla scienza trapiantologica.
La situazione in Campania
In tutta la regione Campania i centri che si occupando di trapianti sono diversi: trapianti di rene alla Federico II e al Ruggi di Salerno, trapianti di cuore al Monaldi, trapianti allogenici con cellule staminali ematopoietiche negli adulti e nei bambini alla Federico II e al Santobono e trapianti di fegato al Cardarelli. Guardando invece ai dati, in Campania nel 2016 ci sono stati (pensando ad esempio al rene) 80 trapianti, 42 di questo sono stati realizzati alla Federico II che ha visto aumentare gli interventi rispetto al 2015 grazie a donatori si altre regioni. E il tema delle donazioni di organi resta molto delicato, oltre che problematico. Nel 2015 in Regione Campania ci sono stati 74 donatori multi organi, un buon passo in avanti se si pensa che nel 2012 la Regione Campania era ultima come numero di donatori in una classifica nazionale. Oggi, il trend è in salita e la posizione è intermedia rispetto alle altre regioni italiane. Alla base di questo cambiamento c’è una migliore attività di coordinamento nelle donazioni a livello regionale e, nel caso della Federico II, delle attività del gruppo aziendale multidisciplinare costituito presso l’azienda. La speranza è che sempre più cittadini possano scegliere di adottare quello che a tutti gli effetti è un grandissimo atto d’amore.
Allarme diabete: in Italia 73 morti al giorno
Alimentazione, Associazioni pazienti, News Presa, PrevenzioneIn Italia ogni giorno 73 persone muoiono a causa del diabete. Sono aumentati di oltre un milione in quindici anni gli italiani che soffrono di questa patologia. Una crescita che emerge dalla decima edizione dell’Italian Diabetes & Obesity Barometer Report, presentato oggi a Roma. Il diabete secondo il rapporto, che riporta dati relativi al 2015, colpisce 3,27 milioni di persone, una su 18, a cui va aggiunto circa 1 milione di persone che non sanno di avere la malattia.
A livello percentuale la media nazionale delle persone colpite si attesta intorno al 5,4% mentre erano il 3,8 nel 2000 e negli ultimi quindici anni si contano 1.118.000 persone con diabete in più a causa dell’invecchiamento della popolazione e di una maggiore diffusione della malattia. Per quanto riguarda la mortalità, riferita allo stesso periodo, è in lieve flessione. Resta il fatto che il diabete e le patologie correlate hanno causato quasi 75 mila morti nel 2013 e la diffusione del diabete aumenta al crescere dell’età: oltre i 75 anni sono 1,3 milioni nel 2015 contro 634.000 del 2000.
Ci sono poi sovrappeso e obesità che colpiscono oltre 21 milioni di italiani, l’obesità 1 su 10, e l’Italia risulta ai primi posti in Europa per obesità infantile : la prevalenza dei bambini obesi è del 9,8% con numeri più alte nelle regioni del centro e del sud. I dati del recente rapporto DiabetesAtlas dell’International Diabetes Federation (IDF) destano preoccupazione: il diabete causa 73 morti al giorno in Italia, quasi 750 in Europa.
Il dato è tanto più allarmante se si considera che gli italiani che soffrono di diabete sono circa l’8% della popolazione adulta. Possiamo definire diabete e obesità come una pandemia- spiega Renato Lauro, Presidente Italian Barometer DiabetesObservatory (IBDO) Foundation– si tratta quindi un’emergenza sanitaria che necessita di una attenzione specifica da parte dei decisori politici”. “C’è un ampio spazio di intervento,ad esempio con un lavoro preventivo nelle scuole”conclude Domenico Cucinotta, Coordinatore Italian Barometer Diabetes Report.
Dermatite atopica severa, se ne parla in radio
News Presa, PartnerPreSa – Prevenzione e Salute e Radio Kiss Kiss per un appuntamento imperdibile sulla dermatite atopica severa, per la quale arriveranno presto nuove terapie molto promettenti.
«Di questo, e molto altro ancora – si legge sul portale di Radio Kiss Kiss -, si parlerà nella mattinata di sabato (8 aprile) nel corso di Good Morning Kiss Kiss, che dedica uno spazio d’approfondimento alla Salute».
In studio ci sarà la Professoressa Ketty Peris, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Dermatologia del Policlinico Gemelli di Roma. E’ proprio lei a spiegare che per la dermatite atopica severa «il problema non è quantitativo, ma qualitativo». E anche un uso eccessivo di creme può essere un errore. «Spesso vediamo che c’è un abuso di corticosteroidi topici che, usati impropriamente, possono produrre effetti indesiderati». «Il prossimo futuro ci dà grandi speranze. Ci sono molti farmaci nuovi in arrivo che si somministreranno sotto cute. Questi farmaci saranno presto in commercio e, visto che anche la nostra struttura ha partecipato ai trials clinici, sappiamo che hanno effetti importanti. Risolvono molto bene la sintomatologia, eliminando quel prurito atroce che porta alla disperazione molti pazienti».
La partnership nasce per approfondire le tematiche più attuali e, si spera, riuscire a dare risposte utili e soprattutto chiare. Radio Kiss Kiss e PreSa proseguono insomma un viaggio nella prevenzione, quella vera, fatta di buone abitudini ma soprattutto di consapevolezza. Tenersi informati, conoscere i rischi legati a stili di vita scorretti e sapere quali sono le nuove possibilità legate al progresso della medicina è infatti l’unico modo per evitare di correre inutili rischi.
Dai medici un invito a «toccarsi», non solo per scaramanzia
News PresaIl fatto che sempre più spesso si senta parlare di prevenzione del tumore della mammella è un bene, ma alla salute dei maschietti chi ci pensa?. Nonostante non se ne parli più di tanto, il tumore del testicolo fa registrare ogni anno 10 nuove diagnosi ogni 100 mila abitanti, con un aumento dell’incidenza negli ultimi 30 anni. Il tumore del testicolo rappresenta l’1,5% di tutte le neoplasie dell’uomo ed è la più frequente nei maschi di età compresa tra i 15 e i 40 anni. In Italia è la neoplasia maligna più frequente, con un tasso di incidenza dell’11% nei maschi con meno di 50 anni. Secondo i medici l’aumento è dovuto alla scarsa attenzione maschile verso la prevenzione, a cui negli ultimi anni si è aggiunta l’aggravante della mancata visita di leva. Sembrerà assurdo, ma l’obbligo militare permetteva ai giovani di arrivare ad una diagnosi precoce delle malattie dell’apparato uro—genitale, evitando così che certe malattie venissero sottovalutate.
Possibilità di cura
Fortunatamente oggi il tumore al testicolo trova delle soluzioni di cura , però è fondamentale che sia diagnosticato e trattato precocemente. In questi casi il tasso di guarigione si aggira attorno al 96%. Fare prevenzione diventa quindi fondamentale per una diagnosi precoce di questa patologia, che è molto diffusa soprattutto tra i giovani.
Una campagna sopra le righe
La Fondazione Umberto Veronesi ha lanciato una campagna social di educazione alla diagnosi precoce del tumore al testicolo che va dritta la bersaglio. L’idea è stata quella di rivolgere un invito a tutti gli uomini italiani, facendo leva sulla gestualità legata alla superstizione, che in Italia non manca, e uno dei gesti scaramantici più diffusi consiste proprio nel toccarsi i genitali. Di qui il titolo della campagna: «Ti tocchi le palle per tenere lontana la sfortuna. Ma sai toccarti i testicoli per prevenire il tumore?».
[youtube]https://www.youtube.com/watch?v=EP6A7bKM6wA[/youtube]Il video rimanda ad un sito web creato per l’occasione, che oltre alle informazioni essenziali su questa patologia, contiene un tutorial per imparare a eseguire una corretta autopalpazione. Il tutorial è stato illustrato da Emil Sellström, graphic designer di fama internazionale, che ha interpretato coi suoi disegni le indicazioni ufficiali del National Cancer Institute americano.
Si chiama “E-mental health”. Oltre 3000 app per la salute mentale
Economia sanitaria, News Presa, Prevenzione, Psicologia, Ricerca innovazioneC’è un’Applicazione per ogni cosa, anche per la cura dei disturbi psichici. Si chiama “E-mental health”e i pazienti possono in alcuni casi essere gestiti ‘in remoto’. Le stime attestano che il 6% di app sono dedicate alla salute mentale.
Nella gamma di servizi sanitari, sono oltre 3 mila le offerte ‘scaricabili’ dagli store digitali. Si possono avere informazioni riguardo a patologie (ricercate via internet e via cellulare nel 31% dei casi, con una percentuale più che raddoppiata rispetto al 2010), gestire l’aderenza terapeutica o la psicoterapia e programmare visite di controllo on-line.
È un trend in continua ascesa, stimato di un altro 50% entro il 2020. Se ne è discusso anche nel 25° Congresso della European Psychiatric Association (EPA) tenutosi in questi giorni a Firenze. L’obiettivo è la messa a punto di strumenti validi utili al superamento di alcuni limiti della psichiatria tradizionale e a garantire la migliore assistenza sanitaria ed un accesso alle cure sempre più ampio a tutti i pazienti affetti da problemi di salute mentale.
Oggi cresce in maniera esponenziale la diffusione dei dispositivi portatili e dell’utilizzo di Internet nel campo medico. Questo determina un radicale cambiamento nel modo di fare diagnosi, monitorare e trattare le patologie, affiancate da altri mezzi multimediali, quali ad esempio chat e teleconferenze per la gestione remota dei servizi per la salute mentale (tra cui: diagnosi, valutazione periodica del quadro clinico,trattamento farmacologico e psicoterapico). Alcune app oggi ricordano al paziente gli appuntamenti con il medico o gli orari in cui assumere la terapia, sono quindi un aiuto anche per i familiari del paziente.
Tra i benefici della cura virtuale, anche una riduzione dei costi dell’assistenza sanitaria. Dall’altro lato, però, ci sono anche alcuni limiti, tra cui il possibile (mancato) rispetto della privacy, in funzione di dati sensibili condivisi online e la natura ‘distaccata’ del rapporto medico-paziente, che va a discapito soprattutto dei pazienti più vulnerabili. Restano, insomma, molti punti da approfondire.