Tempo di lettura: 5 minutiCosa sanno i genitori italiani sul Papillomavirus e la vaccinazione anti- HPV lo ha rivelato lo studio del Censis. L’indagine ha esplorato gli atteggiamenti e i comportamenti rispetto a questo tipo di vaccinazione. Inoltre, a sei anni di distanza da una precedente indagine, nell’ambito della quale è stato realizzato un focus su un campione di mamme da 36 a 55 anni con figlie da 10 a 17 anni, è stato possibile osservare cosa è cambiato nel bagaglio di conoscenze delle mamme sia sul Papillomavirus che sulla vaccinazione.
Il primo dato che emerge riguarda il livello di conoscenza dei genitori italiani sul tema che, ancora una volta, non si presenta del tutto adeguato ed è condizionato da una visione parziale della patologia. Quando si parla dei soggetti a rischio, ad esempio, è di poco superiore ad un terzo dei genitori (che indicano di conoscere il Papillomavirus) la quota di coloro che sono convinti che si tratti di un virus che colpisca solo le donne.
L’associazione tra Papillomavirus e tumori femminili emerge da un altro dato: l’87,4% del campione associa il Papillomavirus al tumore al collo dell’utero e si tratta della quasi totalità delle donne che ne hanno sentito parlare (91,6%), senza differenze in base al livello di istruzione, mentre si presenta molto più ridotta la quota (47,2%) di chi sa che può essere responsabile di altri tumori che riguardano anche l’uomo (come il tumore all’ano, al pene), e ad esserne a conoscenza in questo caso sono più gli uomini (52,9%)
Consapevolezza.
Dal confronto dei dati raccolti nel 2011 con quelli rilevati nel 2017, si confermano le lacune: rispetto alla definizione del Papillomavirus si assiste ad una sorta di involuzione nella conoscenza della mamme, le quali oggi più di ieri hanno difficoltà ad indicare in maniera corretta cosa sia il Papillomavirus e quali siano i rischi che può comportare: si riduce di circa 10 punti percentuali, ad esempio, la quota di mamme consapevoli che l’HPV è un virus responsabile dei condilomi genitali (passando dal 43,5% nel 2011 al 34,4% nel 2017).
Le conoscenze appaiono migliorate, con una porzione sempre più ampia di mamme consapevoli che il virus si possa trasmettere anche attraverso un contatto delle parti intime. Si riduce la quota di chi considera il preservativo uno strumento sicuro ad evitare il contagio del virus (lo pensava il 52% delle mamme nel 2011, nel 2017 la quota di riduce al 44,4%), così come aumenta la quota di mamme consapevoli che non è possibile eliminare completamente i rischi del contagio quando si è sessualmente attivi (rispettivamente 15,3% e 22,5%).
Canali di informazione.
I professionisti della sanità continuano a mantenere un ruolo strategico nell’informazione sul Papillomavirus e in maniera ancora più evidente sulla vaccinazione anti- HPV. Cresce anche il ruolo informativo operato dal Servizio vaccinale delle ASL, non soltanto in merito alla vaccinazione ma anche rispetto alle informazioni sul Papillomavirus.
Tuttavia, guardando all’esperienza diretta con i servizi vaccinali, rimangono ancora visibili differenze sul territorio, con i genitori del Nord che più di frequente (53,0%) rispetto ai genitori del resto della penisola sono stati effettivamente informati della possibilità di vaccinare i propri figli tramite chiamata o lettera della ASL.
Le novità riguardano anche il ruolo sempre più rilevante dei nuovi media (internet e i social network), fonti strategiche non soltanto per l’informazione sul Papillomavirus ma anche sulla vaccinazione.
Inoltre, è cambiato anche il modo di approcciarsi al tema e di parlare di Papillomavirus, che percorre vie di natura sempre più informale e meno scientifica, in cui hanno maggior peso le opinioni di amici e conoscenti.
Nel complesso, il giudizio che gli intervistati esprimono nei confronti dell’informazione disponibile sul Papillomavirus e la vaccinazione non è positivo, quasi la metà dei genitori afferma che le informazioni che circolano al riguardo sono poche e poco chiare (48,9%), a questa quota si aggiunge anche il 32,5% di chi pensa che circolino molte informazioni ma confuse e contraddittorie. Inoltre, in base al titolo di studio non si segnalano differenze evidenti, indice che quello informativo è un problema radicato in maniera trasversale tra i genitori italiani.
Il vaccino.
Il 73,8% sa che è disponibile il vaccino contro l’HPV e, tra questi, il 40% ritiene sa che si tratti di una vaccinazione indicata sia per le figlie femmine che per i figli maschi di dodici anni, ma una quota quasi sovrapponibile (38%) pensa che sia indicata solo per le femmine dodicenni. Il ruolo delle campagne vaccinali sulla vaccinazione anti-HPV fin qui condotte ha impattato su questa convinzione, ma le scelte del nuovo Piano vaccinale, che allarga le campagne gratuite anche ai maschi della stessa età, potrà svolgere un ruolo strategico per la diffusione di informazioni più complete.
Inoltre, il dato sui genitori che affermano di aver vaccinato i propri figli (33,3% in media), risulta articolato sulla base del genere dei figli e, come è facile attendersi, sale decisamente tra i genitori con figlie femmine (53% circa) rispetto ai genitori con figli maschi (5,5%). Sulla scelta di vaccinazione esercita un impatto anche l’area geografica di residenza dei genitori, attraversando la penisola da Nord a Sud, infatti, si riduce la quota di genitori che hanno vaccinato almeno una figlia o un figlio contro l’HPV, passando dal 35,8% del Nord al 32,5% del Centro e al 29,9% del Sud e Isole. Considerando come unità di analisi i figli, risultano essere state vaccinate il 56,6% delle figlie femmine (in linea con gli ultimi dati ufficiali di copertura disponibili e relativi al 2015) e il 7,3% dei maschi.
Scelte e condizionamenti.
Sono stati quindi indagati gli aspetti che hanno contribuito alla scelta di vaccinare o all’interesse nei confronti della vaccinazione contro l’HPV, per quei genitori che hanno vaccinato almeno un figlio e che si reputano interessati alla vaccinazione, che sono il 69,4% del campione: nel 32,1% dei casi per aspetti collegati alla capacità di proteggere da patologie gravi come quelle tumorali, e più nello specifico dal tumore al collo dell’utero e da altri diversi tumori (all’ano, al pene, alla vulva, alla vagina), il 24,6% menziona la fiducia nei progressi scientifici, in particolare i rispondenti con un alto livello di istruzione (28,3%) e il 20,3% segnala come fattore importante che ha contribuito alla propria scelta o interesse l’averne parlato o l’aver ricevuto dal pediatra il suggerimento di sottoporre i figli alla vaccinazione.
Se si considerano invece gli aspetti che hanno suscitato disinteresse (tra chi non ha vaccinato e non si reputa interessato, vale a dire il 30,6% del campione), la motivazione più citata (21,0%) è legata alle caratteristiche della vaccinazione disponibile, che gli intervistati indicano finalizzata a proteggere solo da alcuni tipi di Papillomavirus, e pertanto non in grado di eliminare la necessità di ricorrere al Pap Test. Inoltre, il 19,7% pensa che non sia il caso di vaccinare una ragazza o un ragazzo per una malattia sessualmente trasmissibile, perché troppo piccoli; il 17,8% non si fida del vaccino perché ha sentito che può provocare effetti collaterali gravi; per il 16,2% costituisce elemento di disinteresse il fatto che la vaccinazione non sia obbligatoria e gratuita per i ragazzi di tutte le età, per l’8,6% il fatto che
non sia gratuita per le ragazze di tutte le età, l’11,1% sottolinea il prezzo elevato per chi non può usufruirne gratuitamente. Con quote approssimabili al 14% si fa, inoltre, riferimento ad una mancanza di fiducia nei confronti delle vaccinazioni come strategia di prevenzione e al fatto che sarebbe sufficiente effettuare periodicamente il Pap test come efficace strategia preventiva.
In conclusione sale al 70,9% la quota di chi (pur non avendo vaccinato) si reputa interessato alla vaccinazione contro l’HPV, si riduce al 49,1% tra chi si fida abbastanza e scende ancora al 20,4% tra chi si fida poco e per nulla.
Anche l’atteggiamento nei confronti della vaccinazione contro l’HPV risente di quel clima culturale oggi meno favorevole ai vaccini che trova in Internet le espressioni più diffuse. Ma sono anche presenti casi in cui la vaccinazione è stata espressamente sconsigliata (anche dagli stessi professionisti della sanità), fatto citato dal 34% delle mamme di figlie femmine, una quota che risulta notevolmente aumentata (era il 25,6% nel 2011).
Non mancano poi opinioni contraddittorie, più evidenti nel caso della vaccinazione dei figli maschi. Tra chi ha figli maschi, il 43,7% non ha vaccinato ma si reputa interessato alla vaccinazione, mentre è più alta la quota di chi non ha vaccinato e non si reputa interessato a questa specifica vaccinazione (50,8%). Ciononostante, una larga parte del campione (88%) si reputa favorevole alla scelta presente nel nuovo Piano vaccinale di estendere la vaccinazione gratuita anche ai maschi di 12 anni, un dato che testimonia una apertura.
Morbillo, situazione critica da Nord a Sud
News PresaEpidemia di morbillo, da Nord a Sud è allarme rosso.A Roma in 4 mesi, vale a dire dal primo gennaio al primo maggio 2017, all’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma i ricoveri di bambini colpiti dal morbillo si sono più che decuplicati rispetto allo stesso periodo del 2016. Sono infatti passati da 4 nel 2016 a 47. A sottolineare all’Ansa la gravità del fenomeno è il presidente della Società italiana di pediatria (Sip), nonché responsabile del reparto Pediatria generale e malattie infettive dell’ospedale Bambino Gesù, Alberto Villani.
Aumentano i casi
«Il calo della copertura vaccinale per il morbillo – ha affermato Villani – sta portando, come previsto, ad un aumento dei casi. La malattia si diffonde ma è da tempo che le società scientifiche hanno messo in guardia: l’aumento dei casi è un dato atteso e frutto di una disattenzione collettiva». Dei 47 ricoveri registrati al primo maggio, precisa Villani, «18 presentavano complicanze e oltre la metà, pari a 25, hanno riguardato bambini molto piccoli sotto l’anno di età e che, quindi, non potevano essere già vaccinati». In particolare, rileva, «4 ricoveri hanno riguardato bimbi sotto il mese di vita».
Campania maglia nera
Grave in tutto il paese, la situazione sembra particolarmente critica in Campania. A lanciare l’allarme sono stati di recente i medici della Fimmg Napoli. «Le coperture per molte malattie sono sotto la soglia di sicurezza – avevano avvertito i leader provinciali Corrado Calamaro e Luigi Sparano -, se non si programma adesso il prossimo anno potremmo rischiare un’epidemia». Servono azioni che «non possono non riconoscere la centralità dei medici di famiglia». Il tema dei vaccini torna di grande attualità anche perché a breve andrà fatta la ricognizione sul fabbisogno della prossima campagna vaccinale. «Sbagliare adesso – dicono Calamaro e Sparano – significherebbe trovarsi domani con un grosso problema da affrontare».
Il ruolo dell’informazione
In fatto di vaccini malattie come il morbillo stanno assumendo contorni critici a causa della scarsa informazione e delle «false notizie». «Sono molti i nostri assistiti – concludono i leader provinciali della Fimmg – che temono effetti collaterali in realtà inesistenti e che per questo tendono a non vaccinarsi. Un grosso problema è legato all’effetto del passaparola sui social, dove le fonti sono del tutto inaffidabili e il sentito dire rischia di essere considerato come una verità assoluta».
Vaccini, polemica infinita. E il New York Times attacca Grillo
News PresaIl tema dei vaccini è tornato prepotentemente alla ribalta con il caso dell’infermiera trevigiana accusata di aver solo finto la somministrazione di vaccini a bimbi del Veneto e del Friuli Venezia Giulia. La donna, come riportato dall’Ansa, in un intervista su Il Gazzettino si è detta sorpresa, ma la task force messa in campo dalle Istituzioni ha convocato 7.000 famiglie per un richiamo.
L’intervista
La stima di metà bambini scoperti dalla profilassi in FVG, per la donna «è sicuramente un’anomalia che non so spiegarmi. So però per certo che può bastare uno sbalzo di temperatura per far perdere efficacia a un vaccino». Sottolinea inoltre che a Udine, a differenza di Treviso «non c’è un confronto con i dati delle mie colleghe. Se anche per loro le percentuali fossero simili alle mie non ci sarebbe più un’anomalia». L’assistente ribadisce quindi di essere «sempre stata favorevole, e lo sono ancora, alle vaccinazioni. Dovrebbero poi spiegarmi perché e con quali criteri avrei scelto i bambini da vaccinare rispetto a quelli da non vaccinare», e di avere «la coscienza a posto. So di aver fattos empre il mio dovere durante le vaccinazioni. Ho seguito i protocolli con scrupolo, eseguendo le operazioni con professionalità perché le ritenevo giuste».
Polemica internazionale
Ad occuparsi della vicenda vaccini scoppiata in Italia è addirittura il New York Times che titola su «Populismo, politica e morbillo» in un editoriale che punta il dito contro il Movimento 5 stelle ed ammonisce sul pericolo delle «bugie, le teorie cospirative e le illusioni diffuse dai social media e dai politici populisti’». Tra gli esempi citati, l’opposizione ai vaccini che ha portato a una grave diffusione di morbillo in Italia e in alcuni altri Paesi europei. Il giornale ricorda che anche il presidente americano Donald Trump ha alimentato lo scetticismo sui vaccini, assecondando spesso l’ipotesi – infondata secondo la scienza – di un legame tra le vaccinazioni e l’autismo.
Tumore del pancreas, nasce il network campano
News Presa, Ricerca innovazioneIl tumore del pancreas è il secondo più diffuso e purtroppo il più delle volte è fatale. Spesso le diagnosi arrivano infatti in ritardo e le possibilità di cura sono limitate. Per questa neoplasia in Campania si registrano il 10% circa di tutti i casi italiani e a tutt’oggi è una delle maggiori cause di migrazione sanitaria. Ora però all’ombra del Vesuvio nasce una Piattaforma Regionale per lo Studio e la cura delle neoplasie pancreatiche, grazie alla collaborazione tra l’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” e la relativa Azienda Ospedaliera Universitaria, la Società Italiana di Patologia dell’Apparato Digerente – SIPAD e la Società Italiana di Chirurgia Oncologica – SICO. Piattaforma che sarà presentata 12 maggio durante il convegno dal titolo «I Tumori pancreatici: Stato dell’Arte e Prospettive in Regione Campania».
Il network
L’obiettivo è quello di arrivare in breve ad un sistema che consenta l’analisi epidemiologica dei dati mediante l’impiego di questa piattaforma elettronica, la condivisione delle competenze dei Centri afferenti, il tentativo di rendere omogenei i protocolli di diagnosi e cura, la facilità di accesso ai PDTA ed infine un’attività scientifica di ricerca e pubblicazione dei dati stessi. «Ci auguriamo una sensibilizzazione sociale, delle forze politiche ed amministrative sanitarie – spiega Giovanni Conzo, docente della Scuola di Medicina dell’Università Vanvitelli – per favorire la collaborazione delle strutture assistenziali campane. Sarà così possibile valorizzare le risorse professionali ponendo al centro di un lavoro di equipe multidisciplinare il paziente e fornire la migliore risoluzione in tempi brevi nel tentativo di arginare il fenomeno migratorio».
Un nemico silenzioso
Il pancreas è una ghiandola che produce l’insulina e altri ormoni che, dopo essere entrati in circolo, raggiungono tutto l’organismo e servono per usare o immagazzinare l’energia derivante dagli alimenti; l’insulina, ad esempio, contribuisce al controllo del glucosio nel sangue. Nelle fasi iniziali, un tumore nel pancreas di solito non causa alcun sintomo, ed è proprio per questo motivo che spesso la diagnosi è tardiva. I primi sintomi evidenti di cancro del pancreas sono spesso: dolore alla schiena o all’altezza dello stomaco, che possono andare e venire, peggiorando quando ci si sdraia e dopo mangiato, inspiegabile perdita di peso, ittero (ingiallimento della pelle e del bianco degli occhi), urine di colore giallo scuro o arancione scuro e le feci di colore chiaro.
“Perché le diete ci fanno ingrassare?” Parla Sandra Aamodt, neuroscienziata
Alimentazione, News Presa, Prevenzione, PsicologiaA scrivere è Sandra Aamodt, neuroscienziata americana. Dopo aver seguito molte diete per trent’anni, ha deciso di smettere e ha cominciato a mangiare quando aveva fame, finché non si sentiva sazia. Inoltre, ha smesso di pesarsi, ha inserito l’attività fisica nella sua agenda, e nel giro di un anno ha raggiunto il suo obiettivo: essere in forma e in salute, ma senza l’ossessione della dieta.
Nel libro racconta quando ha iniziato la sua prima dieta a tredici anni. Da lì è iniziata la sua personale disavventura, fatta di chili persi e poi recuperati, in un ciclo “yo-yo” senza fine, poi un giorno ha cominciato a fare affidamento sui segnali di fame e sazietà che le inviava il suo corpo.
La ricerca della Aamodt è diventata poi un libro, “Why diets make us fat” (2016), un misto di studi scientifici ed esperienza personale, destinato a rimettere in discussione molte cose sulle diete: dalla loro efficacia ai meccanismi neurobiologici che regolano il peso corporeo, fino a tutti i temi collegati all’ossessione del mondo contemporaneo nei confronti della magrezza, come il rischio di scivolare in un disturbo dell’alimentazione e il fenomeno dell’obesità, ormai da molti considerato un’epidemia.
La scienziata spiega, infatti, che il “peso ideale”, non lo può essere stabilito in base alla forza di volontà, ma è il cervello umano a definirlo, nello specifico l’ipotalamo, che regolando il sistema complesso del metabolismo, mantiene stabile il peso nel corso del tempo all’interno di una fascia precisa.
La spiegazione è scritta nella storia dell’umanità. I nostri antenati non conoscevano la sovrabbondanza alimentare dei nostri giorni (nelle zone ricche del pianeta). I tempi sono cambiati, ma il nostro cervello non ha certamente smesso di esercitare il suo compito. Lo stare a dieta fa scattare l’allarme e il sistema nervoso centrale fa di tutto per mantenere il fisico all’interno di quella che viene definita defended weight range, ovvero quella fascia di peso che il cervello considera giusta per la sopravvivenza. Alla fine di una dieta, per paura di ritrovarsi in una nuova condizione di “carestia”, il cervello aggiunge sempre qualche etto al range prestabilito. E così, dieta dopo dieta, una volta recuperati i chili persi, si finisce addirittura per ingrassare.
Per l’autrice, dunque, bisogna uscire dalla mentalità del “peso ideale” e entrare in una logica di “stili di vita sani”, associati a un approccio più consapevole all’alimentazione, che definisce di tipo “intuitivo”. Una delle cose più importanti da fare innanzitutto è imparare a riconoscere gli stimoli di fame e sazietà che manda il proprio
corpo.
Papillomavirus, genitori ancora poco informati. Il 30,6 % non vaccina
News Presa, Prevenzione, Ricerca innovazioneCosa sanno i genitori italiani sul Papillomavirus e la vaccinazione anti- HPV lo ha rivelato lo studio del Censis. L’indagine ha esplorato gli atteggiamenti e i comportamenti rispetto a questo tipo di vaccinazione. Inoltre, a sei anni di distanza da una precedente indagine, nell’ambito della quale è stato realizzato un focus su un campione di mamme da 36 a 55 anni con figlie da 10 a 17 anni, è stato possibile osservare cosa è cambiato nel bagaglio di conoscenze delle mamme sia sul Papillomavirus che sulla vaccinazione.
Il primo dato che emerge riguarda il livello di conoscenza dei genitori italiani sul tema che, ancora una volta, non si presenta del tutto adeguato ed è condizionato da una visione parziale della patologia. Quando si parla dei soggetti a rischio, ad esempio, è di poco superiore ad un terzo dei genitori (che indicano di conoscere il Papillomavirus) la quota di coloro che sono convinti che si tratti di un virus che colpisca solo le donne.
L’associazione tra Papillomavirus e tumori femminili emerge da un altro dato: l’87,4% del campione associa il Papillomavirus al tumore al collo dell’utero e si tratta della quasi totalità delle donne che ne hanno sentito parlare (91,6%), senza differenze in base al livello di istruzione, mentre si presenta molto più ridotta la quota (47,2%) di chi sa che può essere responsabile di altri tumori che riguardano anche l’uomo (come il tumore all’ano, al pene), e ad esserne a conoscenza in questo caso sono più gli uomini (52,9%)
Consapevolezza.
Dal confronto dei dati raccolti nel 2011 con quelli rilevati nel 2017, si confermano le lacune: rispetto alla definizione del Papillomavirus si assiste ad una sorta di involuzione nella conoscenza della mamme, le quali oggi più di ieri hanno difficoltà ad indicare in maniera corretta cosa sia il Papillomavirus e quali siano i rischi che può comportare: si riduce di circa 10 punti percentuali, ad esempio, la quota di mamme consapevoli che l’HPV è un virus responsabile dei condilomi genitali (passando dal 43,5% nel 2011 al 34,4% nel 2017).
Le conoscenze appaiono migliorate, con una porzione sempre più ampia di mamme consapevoli che il virus si possa trasmettere anche attraverso un contatto delle parti intime. Si riduce la quota di chi considera il preservativo uno strumento sicuro ad evitare il contagio del virus (lo pensava il 52% delle mamme nel 2011, nel 2017 la quota di riduce al 44,4%), così come aumenta la quota di mamme consapevoli che non è possibile eliminare completamente i rischi del contagio quando si è sessualmente attivi (rispettivamente 15,3% e 22,5%).
Canali di informazione.
I professionisti della sanità continuano a mantenere un ruolo strategico nell’informazione sul Papillomavirus e in maniera ancora più evidente sulla vaccinazione anti- HPV. Cresce anche il ruolo informativo operato dal Servizio vaccinale delle ASL, non soltanto in merito alla vaccinazione ma anche rispetto alle informazioni sul Papillomavirus.
Tuttavia, guardando all’esperienza diretta con i servizi vaccinali, rimangono ancora visibili differenze sul territorio, con i genitori del Nord che più di frequente (53,0%) rispetto ai genitori del resto della penisola sono stati effettivamente informati della possibilità di vaccinare i propri figli tramite chiamata o lettera della ASL.
Le novità riguardano anche il ruolo sempre più rilevante dei nuovi media (internet e i social network), fonti strategiche non soltanto per l’informazione sul Papillomavirus ma anche sulla vaccinazione.
Inoltre, è cambiato anche il modo di approcciarsi al tema e di parlare di Papillomavirus, che percorre vie di natura sempre più informale e meno scientifica, in cui hanno maggior peso le opinioni di amici e conoscenti.
Nel complesso, il giudizio che gli intervistati esprimono nei confronti dell’informazione disponibile sul Papillomavirus e la vaccinazione non è positivo, quasi la metà dei genitori afferma che le informazioni che circolano al riguardo sono poche e poco chiare (48,9%), a questa quota si aggiunge anche il 32,5% di chi pensa che circolino molte informazioni ma confuse e contraddittorie. Inoltre, in base al titolo di studio non si segnalano differenze evidenti, indice che quello informativo è un problema radicato in maniera trasversale tra i genitori italiani.
Il vaccino.
Il 73,8% sa che è disponibile il vaccino contro l’HPV e, tra questi, il 40% ritiene sa che si tratti di una vaccinazione indicata sia per le figlie femmine che per i figli maschi di dodici anni, ma una quota quasi sovrapponibile (38%) pensa che sia indicata solo per le femmine dodicenni. Il ruolo delle campagne vaccinali sulla vaccinazione anti-HPV fin qui condotte ha impattato su questa convinzione, ma le scelte del nuovo Piano vaccinale, che allarga le campagne gratuite anche ai maschi della stessa età, potrà svolgere un ruolo strategico per la diffusione di informazioni più complete.
Inoltre, il dato sui genitori che affermano di aver vaccinato i propri figli (33,3% in media), risulta articolato sulla base del genere dei figli e, come è facile attendersi, sale decisamente tra i genitori con figlie femmine (53% circa) rispetto ai genitori con figli maschi (5,5%). Sulla scelta di vaccinazione esercita un impatto anche l’area geografica di residenza dei genitori, attraversando la penisola da Nord a Sud, infatti, si riduce la quota di genitori che hanno vaccinato almeno una figlia o un figlio contro l’HPV, passando dal 35,8% del Nord al 32,5% del Centro e al 29,9% del Sud e Isole. Considerando come unità di analisi i figli, risultano essere state vaccinate il 56,6% delle figlie femmine (in linea con gli ultimi dati ufficiali di copertura disponibili e relativi al 2015) e il 7,3% dei maschi.
Scelte e condizionamenti.
Sono stati quindi indagati gli aspetti che hanno contribuito alla scelta di vaccinare o all’interesse nei confronti della vaccinazione contro l’HPV, per quei genitori che hanno vaccinato almeno un figlio e che si reputano interessati alla vaccinazione, che sono il 69,4% del campione: nel 32,1% dei casi per aspetti collegati alla capacità di proteggere da patologie gravi come quelle tumorali, e più nello specifico dal tumore al collo dell’utero e da altri diversi tumori (all’ano, al pene, alla vulva, alla vagina), il 24,6% menziona la fiducia nei progressi scientifici, in particolare i rispondenti con un alto livello di istruzione (28,3%) e il 20,3% segnala come fattore importante che ha contribuito alla propria scelta o interesse l’averne parlato o l’aver ricevuto dal pediatra il suggerimento di sottoporre i figli alla vaccinazione.
Se si considerano invece gli aspetti che hanno suscitato disinteresse (tra chi non ha vaccinato e non si reputa interessato, vale a dire il 30,6% del campione), la motivazione più citata (21,0%) è legata alle caratteristiche della vaccinazione disponibile, che gli intervistati indicano finalizzata a proteggere solo da alcuni tipi di Papillomavirus, e pertanto non in grado di eliminare la necessità di ricorrere al Pap Test. Inoltre, il 19,7% pensa che non sia il caso di vaccinare una ragazza o un ragazzo per una malattia sessualmente trasmissibile, perché troppo piccoli; il 17,8% non si fida del vaccino perché ha sentito che può provocare effetti collaterali gravi; per il 16,2% costituisce elemento di disinteresse il fatto che la vaccinazione non sia obbligatoria e gratuita per i ragazzi di tutte le età, per l’8,6% il fatto che
non sia gratuita per le ragazze di tutte le età, l’11,1% sottolinea il prezzo elevato per chi non può usufruirne gratuitamente. Con quote approssimabili al 14% si fa, inoltre, riferimento ad una mancanza di fiducia nei confronti delle vaccinazioni come strategia di prevenzione e al fatto che sarebbe sufficiente effettuare periodicamente il Pap test come efficace strategia preventiva.
In conclusione sale al 70,9% la quota di chi (pur non avendo vaccinato) si reputa interessato alla vaccinazione contro l’HPV, si riduce al 49,1% tra chi si fida abbastanza e scende ancora al 20,4% tra chi si fida poco e per nulla.
Anche l’atteggiamento nei confronti della vaccinazione contro l’HPV risente di quel clima culturale oggi meno favorevole ai vaccini che trova in Internet le espressioni più diffuse. Ma sono anche presenti casi in cui la vaccinazione è stata espressamente sconsigliata (anche dagli stessi professionisti della sanità), fatto citato dal 34% delle mamme di figlie femmine, una quota che risulta notevolmente aumentata (era il 25,6% nel 2011).
Non mancano poi opinioni contraddittorie, più evidenti nel caso della vaccinazione dei figli maschi. Tra chi ha figli maschi, il 43,7% non ha vaccinato ma si reputa interessato alla vaccinazione, mentre è più alta la quota di chi non ha vaccinato e non si reputa interessato a questa specifica vaccinazione (50,8%). Ciononostante, una larga parte del campione (88%) si reputa favorevole alla scelta presente nel nuovo Piano vaccinale di estendere la vaccinazione gratuita anche ai maschi di 12 anni, un dato che testimonia una apertura.
Giovani e alcol, un rapporto pericoloso
News Presa, PartnerAlcol e giovani, un binomio fatale. A dirlo sono i pediatri e molti tra i responsabili dei principali pronto soccorso italiani, che nei week end si vedono costretti a intervenire per salvare decine e decine di ragazzini dagli effetti di incredibili sbronze. Spinti dalla voglia di stupire, di essere riconosciuti nel gruppo, sono moltissimi gli adolescenti che nei fine settimana in discoteca iniziano a bere superalcolici e vanno avanti sino allo sfinimento. Un fenomeno che non smette di crescere e coinvolge ragazzi sempre più giovani. Intervistati per uno studio realizzato nelle scuole, il 66% delle ragazze e addirittura l’82% dei ragazzi dichiara di consumare abitualmente alcolici in occasione di uscite con gli amici. Inoltre, il 54% dichiara di aver consumato superalcolici e il 15% sostiene di essersi ubriacato nell’ultimo mese.
Good Morning Kiss Kiss
Un tema scottante che verrà affrontato dalla professoressa Rossella Aurilio, presidente della Società italiana di Psicologia e Psicoterapia Relazionale, nel corso del consueto appuntamento con la salute realizzato da Radio Kiss Kiss in collaborazione con il PreSa, network editoriale di Prevenzione e Salute. L’appuntamento è come sempre con Good Morning Kiss Kiss, nella giornata di sabato 6 maggio (ore 11.35). Per saperne di più, per comprendere meglio e saper riconoscere eventuali segnali di pericolo.
Alla Federico II con Erri De Luca per #nonsolomedicina
News PresaChe ci fa Erri De Luca tra i giovani studenti di medicina della Federico II? Crea, con la magia delle sue parole, il filo rosso che unisce la letteratura alla medicina, ai temi della vita che, usando le parole di Luigi Califano «inevitabilmente sfiorano i problemi e le dinamiche della scienza medica». Classe 1950, giornalista, scrittore, poeta e autore teatrale, noto al grande pubblico per il suo impegno civile, Erri De Luca ha scritto alcuni dei più grandi successi degli ultimi vent’anni della letteratura italiana come «Non ora, non qui» (1989), «Tu, mio» (1998) e «Sulla traccia di Nives» (2005). Sarà lui, lunedì 8 maggio alle 15, il protagonista del nuovo appuntamento con la rassegna #nonsolomedicina. Il ciclo di eventi è promosso dalla Scuola e dall’Azienda e prevede appuntamenti periodici con personaggi del mondo dell’arte, della cultura, dello sport e dello spettacolo, invitati a portare la loro esperienza nelle aule universitarie con l’obiettivo di favorire l’integrazione dei saperi. Dopo Vincenzo Salemme, Maurizio De Giovanni, Gennaro Rispoli, Edoardo Bennato, Gino Strada, Alessandro Siani ora è il momento di Erri De Luca.
«La magia delle parole»
E’ questo il titolo dell’incontro che sarà aperto dai saluti istituzionali del Presidente della Scuola di Medicina e Chirurgia, Luigi Califano e del Direttore Generale dell’Azienda, Vincenzo Viggiani e introdotto da Cesare Formisano, professore associato di Chirurgia Generale della Scuola. Sarà cura di Ignazio Senatore, psichiatra e critico cinematografico, intervistare lo scrittore. «Con Erri De Luca proseguiamo sulla scia della migliore letteratura contemporanea di stampo partenopeo- spiega Luigi Califano – Siamo onorati di poter accogliere, presso la nostra Scuola, intellettuali di questa levatura». L’idea alla base di questi appuntamenti è quella di promuovere un dialogo costruttivo con i professionisti della salute, con l’obiettivo di favorire processi di formazione a tutto tondo e stimolare la condivisione di spazi di riflessione per conoscersi e fare squadra. L’appuntamento (aperto a tutti e gratuito) è per nell’Aula Magna di Scienze Biotecnologiche (Via Tommaso de Amicis, 95- Napoli, Primo Piano).
Round Midnight: il concerto per la salute della donna il 16 maggio a Roma
Associazioni pazienti, News Presa, Prevenzione, Ricerca innovazioneUn concerto per raccogliere fondi contro i tumori ginecologici e per la tutela della Salute della Donna e dei suo diritti. Iris Roma Onlus con il Polo Scienza della Salute della Donna e del Bambino, coordinato dal Prof. Giovanni Scambia, sta organizzando la 7° edizione del Concerto di Beneficenza, “RoundMidnight” (per il 16 maggio 2017 al Teatro Olimpico di Roma) con il patrocinio del Senato e della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
La serata di arte e charity, presentata dalla giornalista Annalisa Manduca, prevede anche quest’anno la partecipazione della Banda Musicale della Polizia di Stato, del trio tutto femminile di Silvia Donati (una delle voci più anticonvenzionali del panorama jazz italiano), e il passo a due di Alessandra Romani e Alessio Giacobbe, con la coreografia di Alessandra D’Attilia.
La raccolta fondi dell’iniziativa contribuirà alla realizzazione dei diversi progetti in cui Iris Roma Onlus è impegnata: ricerca scientifica, prevenzione e informazione, sostegno psico-oncologico alle pazienti di Ginecologia Oncologica e alle loro famiglie, sostegno delle pazienti alle terapie, servizio fisioterapeutico, progetti a sostegno della qualità di vita; inoltre anche: reperibilità telefonica 24 ore, Cure Palliative e sostegno logistico alle famiglie meno abbienti delle pazienti fuori sede.
In particolare la raccolta fondi di quest’anno, contribuirà a consentire che alcuni ambienti ospedalieri dell’undicesimo piano del Polo Donna siano risemantizzati dal necessario connubio tra design e bio architettura per far sentire le pazienti accolte in uno spazio a loro misura, idoneo a stimolare la spinta alla vita, anche grazie alla percezione visiva rasserenante.
L’intervento, in collaborazione con altre Associazioni, attiene a un reparto di un’area assolutamente innovativa in Italia, nel solco dell’attenzione alla Medicina di Genere.
Rinosinusite, curarla con l’acido ialuronico
Ricerca innovazioneCirca il 5% della popolazione soffre di rinosinusite cronica con polipi nasali. “Una malattia infiammatoria frequente – spiega Carlo Antonio Leone, Presidente della Società Italiana di Otorinolaringologia e Chirurgia Cervico-Facciale, – che ha un elevato impatto sulla qualità della vita dei pazienti visto che i sintomi principali sono l’ostruzione nasale con conseguenti difficoltà respiratorie e la perdita della funzione olfatto-gustativa. La diagnosi è semplice, ma il suo trattamento rimane una sfida per l’otorinolaringoiatra date le ancora scarse conoscenze sulle sue cause, il difficile controllo terapeutico e la frequenza delle recidive che si presentano in almeno 1 paziente su 4. Nonostante la terapia medica controlli i sintomi in una buona percentuale di pazienti, molti ricorrono al trattamento chirurgico per ridurre i disturbi e prevenire le complicanze. Va però ricordato – aggiunge lo specialista – che l’approccio chirurgico si limita a disostruire il naso e ampliare gli osti dei seni paranasali, ripristinando al meglio la funzione respiratoria e permettendo ai farmaci nebulizzati di raggiungere la mucosa dei seni, ma non è risolutivo in quanto non agisce sulle cause della malattia”.
Terapia e cura
Pubblicato di recente su Acta Otorhinolaryngologica Italica, uno studio del Centro Rinologico del Policlinico Universitario di Bari definisce uno schema terapeutico mirato a controllare i sintomi e migliorare la qualità della vita dei pazienti sulla base ad una classificazione che prende in considerazione diversi parametri (citologia nasale, asma, allergie e sensibilità all’acido acetilsalicilico) come fattori di rischio di recidiva post-chirurgica. Questo trattamento personalizzato evita di esporre il paziente al rischio di sotto o sovra-trattamento e di conseguenza alla possibilità di incorrere in una recidiva o negli effetti collaterali dei farmaci utilizzati.
Lo studio
Sono stati presi ad esame per 5 anni 204 pazienti affetti da rinosinusite cronica con polipi nasali dei quali 120 avevano subito precedentemente un intervento chirurgico per la rimozione dei polipi. I pazienti sono stati trattati con corticosteroidi topici con periodo di somministrazione variabile in base al livello di rischio di recidiva e con corticosteroidi sistemici associati ad irrigazioni nasali ed acido ialuronico ad alto peso molecolare. Altri farmaci come antistaminici, antibiotici, immunoterapie specifiche sono stati aggiunti a seconda della presenza di co-morbilità come rinite allergica, asma o infezioni concomitanti. Ne è emerso che: nel gruppo con rischio lieve il 92% dei pazienti non ha avuto peggioramenti e non è ricorso alla chirurgia, nel gruppo a rischio moderato il 44% dei pazienti non ha avuto peggioramenti e solo il 3,6% ha avuto necessità di ricorrere alla chirurgia contro il 13,6% del gruppo di controllo, infine soltanto il 5,7% dei pazienti del gruppo con rischio grave necessitava di trattamento chirurgico contro il 49% del gruppo di controllo. Inoltre, dal punto di vista obiettivo le dimensioni dei polipi nasali tendevano ad aumentare ad una velocità maggiore nel gruppo di controllo che nei pazienti trattati con terapia personalizzata.
Nuove prospettive
Mentre era già nota l’attività dei corticosteroidi nelle poliposi, la novità è rappresentata dall’impiego dell’acido ialuronico 0,3% ad alto peso molecolare che ha svolto un ruolo determinante per la sua attività antiinfettiva sui biofilm e di ripristino del battito ciliare “Questo studio – conclude Carlo Antonio Leone -apre la strada allo sviluppo e all’adozione di un nuovo approccio alla gestione della rinosinusite cronica con polipi nasali sulla base di una classificazione clinica e citologica che permetta di stimare con accuratezza la gravità della malattia e di adattarne il trattamento al fine di informare meglio il paziente, migliorare l’aderenza terapeutica, il controllo della malattia e limitare il ricorso alla chirurgia”
Iss: aumentano le fumatrici, in alcuni casi superano gli uomini
News Presa, Nuove tendenze, Prevenzione, Ricerca innovazioneIn Italia le fumatrici sono un milione in più rispetto allo scorso anno.
In particolare, su un totale di 11,7 milioni i fumatori italiani (il 22,3% della popolazione) 6 milioni sono uomini (erano 6,9 milioni del 2016) e 5,7 milioni le donne (erano 4,6 milioni del 2016). Anzi, in alcune fasce d’età le donne fumano più degli uomini, soprattutto nel Nord del Paese, nella fascia d’età in cui si accende la prima sigaretta (15-24) e nella fascia in cui si smette (45-64). Risulta, quindi, quasi azzerato il divario di genere.
Il quadro emerge dai dati presentati ieri dall’Ossfad del Centro Nazionale Dipendenza e Doping dell’Iss in occasione della Giornata Mondiale senza tabacco.
“Oggi nel nostro Paese fumano quasi 6 milioni di donne, circa un milione in più rispetto allo scorso anno – ha affermato Walter Ricciardi, Presidente dell’Iss – d’altra parte invece sono stati pochi coloro che in presenza di minori hanno fumato in auto, un divieto sul quale è stato d’accordo anche l’86% dei fumatori. L’avvicinamento delle donne fumatrici alle percentuali registrate tra gli uomini ci dice, però, che dobbiamo ancora continuare a contrastare il fumo e a insistere in questa direzione”.
L’indagine dell’Iss ha confermato, inoltre, che i divieti legislativi, a partire dalla legge sul fumo fino ai più recenti divieti hanno avuto un impatto significativo non solo sul consumo ma anche più in generale culturale. Soltanto il 3,8% dei non fumatori, per esempio, ha dichiarato di aver viaggiato in auto con un fumatore che ha fumato nell’abitacolo in presenza di bambini o donne in gravidanza e soltanto un italiano su 10 consente ai propri ospiti fumatori di accendersi una sigaretta in casa.