Tempo di lettura: 2 minutiNel mondo una persona su tre è obesa o in sovrappeso. Si tratta di 2,2 miliardi di persone tra adulti e bambini. Nel 2015 sono stati attribuiti all’obesità oltre 4 milioni di decessi, il 40% dei quali sotto la soglia dell’obesità, quindi nella fascia del ‘sovrappeso’.
A lanciare l’allarme è un nuovo studio basato sui dati del Global Burden of Disease (GBD).
Sono numeri che mostrano una “crisi di sanità pubblica globale in crescita e preoccupante”, commentano gli autori di un lavoro pubblicato sul New England Journal of Medicine e presentato nel corso dell’EAT Stockholm Food Forum.
Nel corso della kermesse scandinava è stato anche annunciato un accordo tra IHME (Institute for Health Metrics and Evaluation (IHME) dell’ Università di Washington) e FAO (Food and Agriculture Organization dell’ONU) per uno scambio di dati, conoscenze ed expertise, mirate a comprendere cosa stia causando l’attuale pandemia di obesità nel mondo.
Una sinergia che si inscrive nella ‘Decade of Action on Nutrition’, iniziativa delle Nazioni Unite, spalmata sul decennio 2016-2025, per ridurre il carico di tutte le patologie non trasmissibili legate alla dieta, in tutte le fasce d’età e che, accanto alla ‘tradizionale’ lotta alla fame, comprende anche una lotta alla malnutrizione in tutte le sue forme (sottonutrizione, deficit di nutrienti, sovrappeso e obesità).
“Un inizio precoce di obesità – ricordano autori di un editoriale pubblicato sullo stesso numero – si tradurrà verosimilmente in un’elevata incidenza cumulativa di diabete di tipo 2, ipertensione e malattie renali croniche”.
Lo studio è basato su dati relativi a 195 tra nazioni e territori, nel periodo temporale dal 1980 al 2015. Per il lavoro sul NEJM, sono stati inoltre presi in esame anche altri studi sugli effetti dell’eccesso ponderale e sulle sue potenziali correlazioni con tumori dell’esofago, colon retto, fegato, cistifellea e vie biliari, pancreas, mammella, utero, ovaio, rene, tiroide, leucemie.
Nel 2015 erano in eccesso di peso 2,2 miliardi di persone, il 30% della popolazione mondiale. E all’interno di questi numeri, ci sono 108 milioni di bambini e 600 milioni di adulti che sono al di sopra di un indice di massa corporea di 30, cioè obesi.
L’obesità è raddoppiata in oltre 70 Paesi a partire dal 1980. A preoccupare gli esperti è soprattutto l’aumento dell’obesità infantile, che in alcuni Paesi ha superato in velocità quella degli adulti. Tra i 20 Paesi più popolati, in vetta alle classifiche per obesità infantile sono gli USA, con il 13% di bambini obesi, ma in assoluto, le nazioni con il più alto numero di bambini obesi sono la Cina (15,3 milioni) e l’India (14,4 milioni).
Il primo posto per obesità degli adulti va invece all’Egitto con un tasso del 35% e anche in questo caso però, in numeri assoluti alla vetta della classifica si trovano Stati Uniti con 79,4 milioni di adulti obesi e Cina con 57,3 milioni. Le nazioni più virtuose sono invece Bangladesh e Vietnam con un tasso di obesità di appena l’1%.
“Il peso in eccesso – afferma Ashkan Afshin, primo autore dello studio e professore associato di Global Health all’ IHME – è uno dei più complessi problemi di salute pubblica dei nostri tempi e interessa una persona su tre. Nel corso dell’ultima decade sono stati valutati una serie di interventi ma non abbiamo contezza di una loro concreta efficacia nel lungo termine. Nei prossimi dieci anni, in stretta collaborazione con la FAO, monitoreremo e valuteremo i progressi fatti dalle varie nazioni nel controllare sovrappeso e obesità. Condivideremo i dati con scienziati, politici e altri stakeholder, cercando di mettere a punto strategie evidence-based per risolvere il problema”.
Formiche in ospedale, pronti a punire gli infermieri
News PresaPer le formiche all’ospedale San Paolo l’unico a pagare potrebbe essere l’infermiere che ha scattato la foto alla paziente. Il 3 luglio si discuterà infatti il procedimento disciplinare aperto a suo carico il 12 giugno scorso, sarà la commissione disciplinare a stabilire se e quali sanzioni comminare all’autore dello scatto che rischia, come detto, di diventare l’unico capro espiatorio di un’emergenza in realtà annunciata da anni.
Io sono Ciro
I sindacati aziendali Cisl, Uil, Usb e Nursing Up, la decima municipalità Fuorigrotta-Bagnoli e diverse associazioni del territorio, stanno organizzando per mercoledì 28 una manifestazione di solidarietà nei confronti di Ciro (che è appunto l’infermiere autore dello scatto) e di protesta nei confronti dei vertici della Asl. Stando alle voci che circolano all’interno dell’ospedale San Paolo, all’audizione in commissione di disciplina, si presenterà l’intera compagine degli infermieri con in dosso una maglia con la scritta «Io sono Ciro». Una sola voce per dire che «non si può e non si deve gettare la croce di quanto accaduto su di loro». L’opinione dei sindacalisti è che le responsabilità vadano trovate tra i manager, e non tra chi è schiacciato nelle pieghe del sistema.
Giusto punire i colpevoli
Sulla vicenda è intervenuto il consigliere regionale dei Verdi Francesco Emilio Borrelli, componente della Commissione sanità della Regione Campania: «Bisogna fare la massima chiarezza – ha detto – e i responsabili di quell’immagine indegna di un Paese civile vanno individuati e puniti. Le colpe maggiori devono ricadere su chi ha permesso che tante formiche arrivassero fin dentro la stanza di un ospedale, ma anche chi avrebbe dovuto evitare che la paziente fosse totalmente coperta dagli animali prima di intervenire dovrebbe essere punito per quel che poteva e non ha fatto». Non resta che aspettare e vedere quale sarà la decisione della commissione disciplinare.
L’attività fisica per migliorare la memoria a lungo termine
SportFare sport fa bene alla memoria, ma ci sono delle regole da seguire. Uno studio della Radboud University del 2016, pubblicato su Current Biology, mostra che l’attività fisica aiuta a consolidare la memoria e le tracce mnestiche, ma non se praticato subito dopo l’apprendimento.
I partecipanti a questo studio (72) sono stati sottoposti ad una sessione di apprendimento di 40 minuti circa in cui dovevano memorizzare la posizione di 90 figure; subito dopo sono stati assegnati casualmente a 3 gruppi:
– Attività fisica subito dopo la sessione di apprendimento
– Attività fisica dopo 4 ore dalla sessione di apprendimento
– No attività fisica
I partecipanti sono tornati al laboratorio dopo 48 ore dalla sessione di apprendimento per verificare, anche attraverso la risonanza magnetica, cosa ricordavano: gli scienziati hanno rilevato che chi aveva fatto attività fisica 4 ore dopo l’apprendimento ricordava meglio le informazioni sia rispetto a chi si era allenato subito dopo che rispetto a chi non aveva fatto nulla.
La risonanza inoltre ha messo in evidenza una maggiore attivazione dell’ippocampo, area nota per il suo ruolo fondamentale nei processi mnestici, nei due gruppi che si erano allenati dopo l’apprendimento.
Gli scienziati non sanno precisamente spiegare il perché di questo fenomeno, quello che si sa è, da studi precedenti, il ruolo fondamentale delle catecolamine, tra cui dopamina e norepinefrina, nel consolidamento della memoria e un modo per aumentarle è sicuramente lo sport.
di Luigi Gazzillo
«Serve sangue», la Campania in emergenza
News PresaL’appello lanciato pochi minuti fa dalla Struttura regionale di coordinamento per le attività trasfusionali non lascia spazio a dubbi, la Campania vive una drammatica emergenza sangue, e in particolare mancano i gruppi molto rari: zero positivo e negativo. La carenza diffusa rende impossibile il ricorso alla compensazione inter-regionale, ragione sufficiente a far partire un invito rivolto ai servizi trasfusionali e alle associazioni di donatori di sangue è di garantire la massima mobilitazione possibile, a rischio ci sono interventi chirurgici e terapie a pazienti che hanno bisogno di continue trasfusioni. In prima linea in questa battaglia contro il tempo c’è il Cardarelli di Napoli che ha fatto proprio l’appello regionale e ha ribadito, per voce del direttore generale Ciro Verdoliva, come la donazione del sangue sia «un fondamentale gesto di altruismo».
Quando e come donare
L’ospedale partenopeo chiama a raccolta i donatori al servizio immunotrasfusionale (al padiglione E piano 0) da lunedì a venerdì dalle 8.00 alle 13.00. Dopo la trasfusione a ciascun donatore sarà offerta una colazione completa, anche perché per donare il sangue è importante presentarsi a digiuno. I gruppi per i quali l’allarme è maggiore sono «zero positivo e zero negativo. E’ bene ricordare che possono donare il sangue i cittadini maggiorenni e non oltre i 60 anni. E’ essenziale che il proprio peso corporeo sia sopra i 50 kg e che si abbia no stile di vita sano. Questo significa: nessun comportamento a rischio che possa compromettere la salute di chi dona o quella di chi riceve il sangue. L’idoneità alla donazione verrà comunque stabilita mediante un colloquio personale e riservato, una valutazione clinica da parte di un medico e dopo aver effettuato gli esami di laboratorio previsti per garantire la sicurezza del donatore e del ricevente.
La musica per curare l’Alzheimer. Lo studio
AnzianiLa musica e in generale l’arte influiscono in maniera positiva sulla psicologia delle persone. Spesso riescono a far emergere ricordi e sensazioni sopite e ricreano emozioni di ogni tipo. La musica aiuta a controllare i sintomi psicologici e comportamentali anche dei malati di Alzheimer.
Un recente studio pubblicato su “The American journal of Geriatric Psychiatry”, effetuato su circa 13000 malati di Alzheimer ricoverati in 98 case di cura negli Stati Uniti, ha messo in evidenza che l’ascolto di musica collegata con i gusti e la storia dei pazienti porta ad una riduzione dei farmaci antipsicotici e ansiolitici e ad una riduzione dei sintomi psicologici e comportamentali.
Questo studio avvalora ciò che è stato gia precedentemente affermato dall’American Academy of Neurology cioè l’importanza della musicoterapia come tecnica utile a migliorare le attività funzionali e a ridurre i disturbi del comportamento non solo nel malato di Alzheimer, ma anche in tutte le demenze senili.
Si è visto infatti che nonostante un palese deterioramento cognitivo con afasia, disorientamento, sbalzi d’umore, depressione, incapacità di prendersi cura di sé, problemi nel comportamento con conseguente isolamento nei confronti della società e della famiglia, i pazienti mantegono intatte le abilità musicali: la musica è quindi una via privilegiata per riportare a galla ricordi ed emozioni sopiti.
di Luigi Gazzillo
Obesa o in sovrappeso una persona su tre. 4 mln di morti all’anno
AlimentazioneNel mondo una persona su tre è obesa o in sovrappeso. Si tratta di 2,2 miliardi di persone tra adulti e bambini. Nel 2015 sono stati attribuiti all’obesità oltre 4 milioni di decessi, il 40% dei quali sotto la soglia dell’obesità, quindi nella fascia del ‘sovrappeso’.
A lanciare l’allarme è un nuovo studio basato sui dati del Global Burden of Disease (GBD).
Sono numeri che mostrano una “crisi di sanità pubblica globale in crescita e preoccupante”, commentano gli autori di un lavoro pubblicato sul New England Journal of Medicine e presentato nel corso dell’EAT Stockholm Food Forum.
Nel corso della kermesse scandinava è stato anche annunciato un accordo tra IHME (Institute for Health Metrics and Evaluation (IHME) dell’ Università di Washington) e FAO (Food and Agriculture Organization dell’ONU) per uno scambio di dati, conoscenze ed expertise, mirate a comprendere cosa stia causando l’attuale pandemia di obesità nel mondo.
Una sinergia che si inscrive nella ‘Decade of Action on Nutrition’, iniziativa delle Nazioni Unite, spalmata sul decennio 2016-2025, per ridurre il carico di tutte le patologie non trasmissibili legate alla dieta, in tutte le fasce d’età e che, accanto alla ‘tradizionale’ lotta alla fame, comprende anche una lotta alla malnutrizione in tutte le sue forme (sottonutrizione, deficit di nutrienti, sovrappeso e obesità).
“Un inizio precoce di obesità – ricordano autori di un editoriale pubblicato sullo stesso numero – si tradurrà verosimilmente in un’elevata incidenza cumulativa di diabete di tipo 2, ipertensione e malattie renali croniche”.
Lo studio è basato su dati relativi a 195 tra nazioni e territori, nel periodo temporale dal 1980 al 2015. Per il lavoro sul NEJM, sono stati inoltre presi in esame anche altri studi sugli effetti dell’eccesso ponderale e sulle sue potenziali correlazioni con tumori dell’esofago, colon retto, fegato, cistifellea e vie biliari, pancreas, mammella, utero, ovaio, rene, tiroide, leucemie.
Nel 2015 erano in eccesso di peso 2,2 miliardi di persone, il 30% della popolazione mondiale. E all’interno di questi numeri, ci sono 108 milioni di bambini e 600 milioni di adulti che sono al di sopra di un indice di massa corporea di 30, cioè obesi.
L’obesità è raddoppiata in oltre 70 Paesi a partire dal 1980. A preoccupare gli esperti è soprattutto l’aumento dell’obesità infantile, che in alcuni Paesi ha superato in velocità quella degli adulti. Tra i 20 Paesi più popolati, in vetta alle classifiche per obesità infantile sono gli USA, con il 13% di bambini obesi, ma in assoluto, le nazioni con il più alto numero di bambini obesi sono la Cina (15,3 milioni) e l’India (14,4 milioni).
Il primo posto per obesità degli adulti va invece all’Egitto con un tasso del 35% e anche in questo caso però, in numeri assoluti alla vetta della classifica si trovano Stati Uniti con 79,4 milioni di adulti obesi e Cina con 57,3 milioni. Le nazioni più virtuose sono invece Bangladesh e Vietnam con un tasso di obesità di appena l’1%.
“Il peso in eccesso – afferma Ashkan Afshin, primo autore dello studio e professore associato di Global Health all’ IHME – è uno dei più complessi problemi di salute pubblica dei nostri tempi e interessa una persona su tre. Nel corso dell’ultima decade sono stati valutati una serie di interventi ma non abbiamo contezza di una loro concreta efficacia nel lungo termine. Nei prossimi dieci anni, in stretta collaborazione con la FAO, monitoreremo e valuteremo i progressi fatti dalle varie nazioni nel controllare sovrappeso e obesità. Condivideremo i dati con scienziati, politici e altri stakeholder, cercando di mettere a punto strategie evidence-based per risolvere il problema”.
Asl Napoli 3 e Pascale, un patto per la prevenzione
PrevenzioneChi vive in Campania ha una più alta probabilità di ammalarsi di cancro del colon retto rispetto a chi vive in qualsiasi altra regione del Nord Italia e la prevalenza di questo tipo di cancro è destinata ad aumentare, perché la Campania è una regione che lentamente sta vedendo aumentare l’aspettativa di vita e migliorare le tecnologie per una diagnosi endoscopica precoce. Il dato fortemente negativo è invece legato alla sopravvivenza a 5 anni per cancro del colon retto. Il valore è del 59% contro il 65% del centro Nord. Per salvarsi la vita lo screening con la ricerca del sangue occulto nelle feci e la successiva colonscopia per i soggetti positivi, con la contestuale rimozione di lesioni precancerose o di tumori allo stadio iniziale sono essenziali.
Un patto per la vita
Proprio per questo, per riuscire a fare una prevenzione efficace, la Asl Napoli 3 Sud ha sottoscritto un accordo con l’Istituto nazionale dei Tumori Fondazione Pascale di Napoli, un accordo che vede centrale il Maresca di Torre del Greco, diretto da Maria Antonia Bianco. Il progetto è stato approfondito nel corso di un appuntamento scientifico in programma a Napoli. Sotto la lente i fattori di rischio generici e quelli correlati, la prevenzione primaria e secondaria del cancro del colon retto. I responsabili di tutte le aziende sanitarie coinvolti nelle reti oncologiche multidisciplinari integrate previste dal Piano oncologico regionale sono stati i protagonisti di una tavola rotonda in cui è stato tracciato il punto della situazione sul fronte degli screening. Coordinatori delle Assise oltre a Maria Antonia Bianco anche gli specialisti Francesco Giugliano e Francesco Bianco. Il protocollo di collaborazione della Asl Napoli 3 sud col Pascale prevede la presa in carico multidisciplinare; tempi certi delle diverse fasi in cui si articolerà il percorso diagnostico terapeutico dei pazienti con tumori del colon e del retto.
Presa in carico
L’intesa prevede la definizione e la gestione dell’intero percorso diagnostico terapeutico assistenziale (Pdta) dei pazienti colpiti da tumore del colon retto che parte dalla ricerca di sangue occulto nelle feci. L’organizzazione dello screening nella Asl Napoli 3 sud prevede il reclutamento della popolazione target di età compresa tra 50 e 74 anni con l’invio di lettere a domicilio da parte dei medici di medicina generale, degli operatori distrettuali e dei centri per gli screening. I kit possono essere ritirati in farmacia, il test viene infatti eseguito a casa e il campione depositato presso una qualunque farmacia del territorio. I campioni vengono poi esaminati al presidio di Pollena Trocchia e refertati. Se positivi si prosegue con esami endoscopici ed interventi di II livello. Ciò significa che a fronte di una diagnosi effettuata a livello territoriale presso le unità di colonscopia della Asl Napoli 3 Sud, e in particolare del Maresca, una presa in carico del paziente presso l’Istituto Nazionale Tumori Pascale di Napoli da parte di un gruppo oncologico multidisciplinare (Gom) interaziandale, costituito da oncologi medici, chirurghi, radioterapisti. Questo garantirà una valutazione iniziale complessiva delle esigenze dei vari pazienti e la definizione preliminare di un percorso concordato tra le varie competenze, mediche, chirurgiche, di radioterapia.
Colonscopia
L’esame endoscopico oltre ad effettuare la diagnosi di cancro mira a ridurre l’incidenza e attraverso la rimozione dei precursori (polipi adenomatori) con riduzione della mortalità. Lo screening indagine di massa effettuato sulla popolazione asintomatica mediante ricerca di sangue occulto nelle feci (Fit) e colonscopia successiva (per i soggetti positivi alla Fit) consente sia il riconoscimento e la rimozione dei precursori che una diagnosi di cancro negli stadi iniziali della malattia e quindi suscettibili di resezione chirurgica senza diffusione metastatica.
Bambini e uso sicuro della rete. Il decalogo della psicoterapeuta
BambiniCon l’arrivo della rete i pericoli per i bambini aumentano e hanno nuovi canali. Oggi si abbassa sempre di più l’età in cui si entra in possesso di uno smartphone per la prima volta.
Maura Manca, psicoterapeuta e Presidente Osservatorio Nazionale Adolescenza, ha deciso di redarre un decalogo di consigli per i genitori, adatto a tutte le età.
Bambini fino ai 5 anni
Guidateli sin da piccoli. Vedono voi e imparano dal vostro esempio. Siate modelli positivi per i vostri figli nell’utilizzo sano della tecnologia, non state sempre attaccati al telefono. Non guardate i vostri figli solo attraverso una telecamera. Non insegnategli che ogni azione deve essere prima ripresa e fotografata. Non lasciateli mai soli nel maneggiare smartphone e tablet.
Fate attenzione ai contenuti: selezionate accuratamente APP e programmi, anche se sono indirizzate ai bambini. Non abituateli a stare davanti agli schermi elettronici per tenerli buoni, come per esempio a tavola per mangiare: date delle regole su tempi e modi di utilizzo fuori dai pasti e dalle attività fisiche, soprattutto prima di andare a dormire. Gli strumenti di filtraggio e controllo non sono una garanzia: la protezione migliore è la vostra presenza. Insegnategli il concetto di privacy: non postate qualsiasi cosa di vostro figlio, da grande seguirà il vostro esempio nel condividere tutto in rete, oltre che lo state esponendo a dei rischi importanti tra cui i pedofili.
Dai 6 agli 11 anni
Arriva il primo smartphone?
Educateli alla navigazione sicura. Create insieme delle regole di utilizzo chiare e semplici, con dei tempi ben definiti. Posizionate il PC in uno spazio aperto in casa in cui è possibile sorvegliare la navigazione. Se gli comprate il primo smartphone, fategli capire che le attività vanno condivise con voi. Oltre ad attivare i parental control o le funzioni per monitorare nei tablet e smartphone, parlate con loro sulla scelta dei siti più sicuri e sui pericoli della rete per cui non devono cercare da soli cose che possono essere rischiose. Monitorate le APP che utilizzano e non permettete loro di fare acquisti online da soli. Per qualsiasi dubbio devono assolutamente chiedere spiegazioni a voi. Non devono parlare con chi non conoscono. Spiegategli cos’è la privacy e di non inserire mai informazioni personali. Non permettete l’utilizzo dei social network in un’età precoce anche se ve lo chiedono e vi dicono che li hanno gli amici.
Dai 12 ai 17 anni
Si sentono esperti ma hanno ancora bisogno degli adulti.
Mantenete un dialogo aperto con loro. Stabilite una comunicazione serena e positiva riguardo le loro esperienze e attività online. Incoraggiateli a venirvi a parlare qualora incontrassero online qualcosa di spiacevole o minaccioso. Fategli capire l’importanza di non mettere dati personali e indicazioni che possono condurre a loro in rete. Spiegategli l’importanza di non incontrare mai persone conosciute online perché il web è pieno di adulti malintenzionati. Parlate con loro dei pericoli connessi alla condivisione di contenuti e immagini intime: tutto ciò che viene pubblicato, resta in rete. Fategli capire che ciò che pubblicano può essere riutilizzato da chiunque contro di loro e può avere proporzioni immense senza poter fermare la diffusione. Spiegategli di non diffondere neanche foto o video di amici o compagni che possono distruggere l’autostima di una persona. Insegnategli a non fidarsi delle trappole dei banner pubblicitari e annunci ingannevoli. Assicuratevi che si consultino con voi prima di utilizzare carte di credito per pagamenti e acquisti online. Cercate di dirgli che l’eccessivo uso degli smartphone e internet porta alla dipendenza per cui non se ne può fare a meno e condiziona la vita facendo perdere il contatto con la realtà. Ditegli di stare attenti alla postura perché fa male al collo stare sempre curvi e a evitare di leggere di notte perché fa male agli occhi e disturba il sonno.
Chirurgia oncologica, se ne parla a Good Morning Kiss Kiss
Partner, PrevenzioneGood Morning Kiss Kiss questa settimana anticipa a sabato 24 giugno (ore 11.35 circa) per parlare di chirurgia oncologica e della possibilità di conservare, anche dopo l’intervento chirurgico, una buona qualità di vita. Ospite dell’appuntamento fisso che Radio Kiss Kiss dedica alla Salute e alla Prevenzione, in collaborazione con il portale PreSa, è il professor Roberto Sanseverino, direttore del reparto di Urologia dell’ospedale Umberto I di Nocera. «La chirurgia – spiega – è cambiata. Anzi è cambiato il modo di intendere l’approccio chirurgico, prima si cercava a tutti costi una chirurgia radicale, arrivando spesso a mutilare i pazienti. Certo si curava, ma con un impatto devastante sulla qualità di vita. Oggi si guarda alla radicalità oncologica, ma preservando in modo efficace la funzione dell’organo sul quale si interviene».
Bigoressia o dismorfismo muscolare: un fenomeno sottovalutato
Nuove tendenzeSi chiama bigoressia o dismorfismo muscolare ed è un fenomeno spesso sottovalutato. Negli ultimi trent’anni, ma soprattutto negli ultimi dieci, gli uomini e le donne che affollano le palestre spesso riportano un crescente desiderio di avere un corpo sempre più muscoloso e attraente.
La bigoressia è stata soprannominata anoressia inversa perché, a differenza degli anoressici, chi ne soffre ha l’ossessiva e costante preoccupazione di essere troppo magro.
Questa nuova sindrome, che riguarda maggiormente gli uomini, è caratterizzata da un vero e proprio dismorfismo corporeo in quanto i soggetti, anche se visibilmente muscolosi e magri, tendono a vedersi come “piccoli” e non sufficientemente “grossi”.
Questa alterazione dell’immagine corporea porta a comportamenti ripetitivi e ossessivi come fare attività fisica praticamente ogni giorno, condurre una dieta iperproteica priva di grassi e zuccheri, evitare situazioni sociali piacevoli come può essere un aperitivo o una cena con gli amici proprio per evitare di mangiare alimenti “non consentiti”, cadendo in una sorta di “auto isolamento sociale’.
Spesso la bigoressia è associata all’ortoressia ossia l’ossessione per la qualità del cibo in termini di valore nutritivo e “purezza”; nasce dal desiderio di ottimizzare la propria salute fisica e il proprio benessere, un fenomeno anch’esso in grande espansione, non ancora presente nel DSM-5.
di Luigi Gazzillo
Svelati i segreti della «molecola della felicità»
Ricerca innovazioneLa serotonina, la cosiddetta «molecola della felicità», non serve solo a tenere sotto controllo l’umore, è essenziale per preservare i circuiti neuronali. Un ruolo cruciale sia durante lo sviluppo (periodo in cui il cervello possiede una spiccata plasticità) sia da adulti. Lo rivela uno studio dell’Università di Pisa pubblicato sulla rivista Eneuro. I ricercatori responsabili di questa scoperta fanno parte del gruppo di ricerca di Massimo Pasqualetti, docente del dipartimento di Biologia, e sono gli stessi che hanno «fotografato» in passato per primi come il cervello si sviluppa in assenza di serotonina. Il team pisano ha utilizzato raffinate tecniche di genetica molecolare, che hanno consentito di generare topi di laboratorio in cui è stato possibile «spegnere» la produzione della serotonina nel cervello e visualizzare selettivamente i neuroni serotoninergici e le loro fibre nervose.
Disturbi dell’umore
«Questa scoperta – dice Massimo Pasqualetti – dimostra per la prima volta che i neuroni serotoninergici possiedono, durante l’intero corso della vita, una straordinaria plasticità che li rende capaci di riadattare la propria struttura in risposta a cambiamenti del livello della serotonina cerebrale. Durante l’arco della nostra vita, fattori genetici, specifici trattamenti farmacologici, oppure molteplici fattori ambientali come lo stress o una dieta povera di triptofano, possono portare a uno sbilanciamento dei livelli di serotonina nel cervello. Alla luce di queste nuove scoperte, emerge la possibilità che questi fattori possano modificare la struttura anatomica dei neuroni serotoninergici interferendo con il loro normale funzionamento. Questi risultati inoltre contribuiscono a svelare come uno sbilanciamento dei livelli di questo importante neurotrasmettitore possa contribuire all’insorgenza di patologie neuropsichiatriche come i disturbi dell’umore». Grazie a questa importante scoperta è possibile che in un futuro non lontano si possa riuscire a combattere in maniera ancor più efficace gravi disturbi che hanno spesso conseguenze drammatiche nella vita di milioni di persone in tutto il mondo.