Tempo di lettura: 3 minutidi Francesco Saverio Mennini
La Sclerosi Multipla è una patologia che ha un forte impatto sullo stato di salute dei pazienti, ma anche un costo molto alto per il Servizio sanitario nazionale. Secondo l’ Associazione Italiana Sclerosi Multipla (AISM) oggi vengono stimati 112.730 pazienti affetti da Sclerosi Multiplasul territorio italiano nel 2017. Le stime AISM ci dicono che il 44,5% (46.001) di persone con sclerosi multipla presenta uno stato di disabilità intermedio, il 40,8% (50.214) ha uno stato di disabilità lieve, mentre il restante 14,7% (16.515) è in stato avanzato di disabilità.
2,3 miliardi nel 2016
Studi molto recenti hanno stimato dei costi diretti sanitari a carico del SSN Italiano pari a circa 2,3 miliardi di euro per l’anno 2016, corrispondenti al 2% della spesa sanitaria pubblica corrente. La perdita di produttività causata dall’assenza dal lavoro legata alla malattia, genera dei costi pari a 550 milioni, che rappresentano il 11% della spesa complessiva per la patologia. Considerando che i costi diretti non sanitari ammontano a 2,35 miliardi, emerge che la Sclerosi Multiplaha un impatto importante, non solo dal punto di vista del paziente, ma anche in termini economici e sociali. Per contestualizzare questi risultati, basti pensare che la spesa stimata è 4 volte superiore della spesa indotta da una malattia cronica come l’HCV (stima dei costi diretti ed indiretti pari a 1,05 miliardi di euro). La progressione della disabilità rappresenta un fattore negativo, sia in termini di qualità della vita, quanto per le risorse che occorre impiegare per il trattamento della patologia. Dalle analisi si evince che i pazienti in stato avanzato di disabilità, pari al 14% della popolazione, assorbono più di un quarto della spesa totale. Invece, i pazienti in stato EDSS lieve si dimostrano la popolazione che assorbe la quota parte di spesa minore (23% del totale), pur costituendo il 41% dei pazienti totali. Il costo del trattamento farmacologico con DMDs è risultato essere la principale voce di spesa per costi diretti sanitari. Per quanto riguarda i costi diretti non sanitari, la voce di costo maggiore è principalmente assimilabile all’assistenza informale, ovvero dal tempo libero o tempo di lavoro perso dai caregivers. Ai costi sopra elencati è necessario aggiungere i costi relativi dell’INPS. In termini previdenziali e assistenziali, infatti, tali malattie determinano dei costi particolarmente consistenti dovuti alle prestazioni corrisposte.
Lo studio di Tor Vergata
Per quanto attiene le malattie del sistema nervoso centrale nel loro complesso, una recente analisi condotta da EEHTA del CEIS della Facoltà di Economia di Tor Vergata insieme all’AISM ha evidenziato come dal 2009 al 2015 sia stata generata una spesa di 8,2 miliardi di euro nei sette anni, con una spesa media annua di 1,2 miliardi corrispondente all’11% del totale stimato. Dal 2009 al 2015, per quanto attiene specificamente la Sclerosi Multipla, è stata stimata una media annua di 27 mila beneficiari, con un decremento del 28% dal 2009 al 2015, dovuto soprattutto alle pensioni di invalidità previdenziale (PIP) che nello specifico della SM sono passate da una media di 23 mila a 14 mila beneficiari. Complessivamente per la SM risultano essere stati spesi 250 milioni in media all’anno di spesa previdenziale con l’aggiunta di 59 milioni relativi alle indennità di accompagnamento (IdA). Confrontando le singole prestazioni previdenziali con le IdA risulta che le PIP determinano il maggior numero di erogazioni e costi, rispettivamente pari al 43% e al 41% sul totale, a seguire le IdA con il 28% delle erogazioni e il 23% dei costi, gli AOI con il 23% delle erogazioni e il 27% dei costi e infine gli PI con il 5% e il 9%. A seguito dei risultati emersi, si sente una forte necessità di favorire l’attuazione di importanti raccomandazioni tendenti ad assicurare il migliore percorso assistenziale e di cura ai pazienti con SM, che si possono riassumere nei punti:
- L’Italia deve riconoscere l’importanza socioeconomica della SM a tutte le età per assegnare loro appropriata priorità.
- E’ urgente e necessaria una ricerca clinica che indaghi le cause, i fattori predittivi che impattano su questa malattia.
- L’Italia deve assicurare che le persone con disabilità generate da SM abbiano diritto di piena inclusione nella società. Questo comprende l’ottimizzazione dei fattori ambientali e di stile di vita, la disponibilità di strumenti di autogestione e la garanzia del diritto alla flessibilità nell’ambiente di lavoro.
- Le persone con SM dovrebbero ricevere un immediato accesso a cure di alta qualità, in centri specializzati, con l’obiettivo di una vita di qualità il più lunga possibile.
- La gestione della SM deve essere, in ogni Regione, sulla base delle raccomandazioni fondate sulle evidenze scientifiche.
- Le persone con SM sono “gli esperti” del vivere con una patologie cronica. Per questo dovrebbero essere coinvolti nella progettazione, nella messa a punto e valutazione dei servizi a loro dedicati.
Sclerosi multipla, una malattia da 2,3miliardi
Economia sanitaria, News Presadi Francesco Saverio Mennini
La Sclerosi Multipla è una patologia che ha un forte impatto sullo stato di salute dei pazienti, ma anche un costo molto alto per il Servizio sanitario nazionale. Secondo l’ Associazione Italiana Sclerosi Multipla (AISM) oggi vengono stimati 112.730 pazienti affetti da Sclerosi Multiplasul territorio italiano nel 2017. Le stime AISM ci dicono che il 44,5% (46.001) di persone con sclerosi multipla presenta uno stato di disabilità intermedio, il 40,8% (50.214) ha uno stato di disabilità lieve, mentre il restante 14,7% (16.515) è in stato avanzato di disabilità.
2,3 miliardi nel 2016
Studi molto recenti hanno stimato dei costi diretti sanitari a carico del SSN Italiano pari a circa 2,3 miliardi di euro per l’anno 2016, corrispondenti al 2% della spesa sanitaria pubblica corrente. La perdita di produttività causata dall’assenza dal lavoro legata alla malattia, genera dei costi pari a 550 milioni, che rappresentano il 11% della spesa complessiva per la patologia. Considerando che i costi diretti non sanitari ammontano a 2,35 miliardi, emerge che la Sclerosi Multiplaha un impatto importante, non solo dal punto di vista del paziente, ma anche in termini economici e sociali. Per contestualizzare questi risultati, basti pensare che la spesa stimata è 4 volte superiore della spesa indotta da una malattia cronica come l’HCV (stima dei costi diretti ed indiretti pari a 1,05 miliardi di euro). La progressione della disabilità rappresenta un fattore negativo, sia in termini di qualità della vita, quanto per le risorse che occorre impiegare per il trattamento della patologia. Dalle analisi si evince che i pazienti in stato avanzato di disabilità, pari al 14% della popolazione, assorbono più di un quarto della spesa totale. Invece, i pazienti in stato EDSS lieve si dimostrano la popolazione che assorbe la quota parte di spesa minore (23% del totale), pur costituendo il 41% dei pazienti totali. Il costo del trattamento farmacologico con DMDs è risultato essere la principale voce di spesa per costi diretti sanitari. Per quanto riguarda i costi diretti non sanitari, la voce di costo maggiore è principalmente assimilabile all’assistenza informale, ovvero dal tempo libero o tempo di lavoro perso dai caregivers. Ai costi sopra elencati è necessario aggiungere i costi relativi dell’INPS. In termini previdenziali e assistenziali, infatti, tali malattie determinano dei costi particolarmente consistenti dovuti alle prestazioni corrisposte.
Lo studio di Tor Vergata
Per quanto attiene le malattie del sistema nervoso centrale nel loro complesso, una recente analisi condotta da EEHTA del CEIS della Facoltà di Economia di Tor Vergata insieme all’AISM ha evidenziato come dal 2009 al 2015 sia stata generata una spesa di 8,2 miliardi di euro nei sette anni, con una spesa media annua di 1,2 miliardi corrispondente all’11% del totale stimato. Dal 2009 al 2015, per quanto attiene specificamente la Sclerosi Multipla, è stata stimata una media annua di 27 mila beneficiari, con un decremento del 28% dal 2009 al 2015, dovuto soprattutto alle pensioni di invalidità previdenziale (PIP) che nello specifico della SM sono passate da una media di 23 mila a 14 mila beneficiari. Complessivamente per la SM risultano essere stati spesi 250 milioni in media all’anno di spesa previdenziale con l’aggiunta di 59 milioni relativi alle indennità di accompagnamento (IdA). Confrontando le singole prestazioni previdenziali con le IdA risulta che le PIP determinano il maggior numero di erogazioni e costi, rispettivamente pari al 43% e al 41% sul totale, a seguire le IdA con il 28% delle erogazioni e il 23% dei costi, gli AOI con il 23% delle erogazioni e il 27% dei costi e infine gli PI con il 5% e il 9%. A seguito dei risultati emersi, si sente una forte necessità di favorire l’attuazione di importanti raccomandazioni tendenti ad assicurare il migliore percorso assistenziale e di cura ai pazienti con SM, che si possono riassumere nei punti:
Osteoporosi: 1milione gli uomini affetti. Non è una patologia al femminile
AnzianiL’osteoporosi rappresenta una emergenza di salute pubblica anche negli uomini, non solo nelle donne. Oltre il 20% di tutte le fratture di femore si verifica nel sesso maschile e l’incidenza di quelle vertebrali rappresenta la metà rispetto a quella riportata nelle donne.
L’osteoporosi, insomma, è un problema che riguarda sia gli uomini che le donne, nonostante nell’immaginario comune si tenda a pensare che interessi solo l’universo femminile.
L’impatto epidemiologico è molto elevato: si ritiene che in Italia ne siano affetti circa 3,5 milioni di donne ed 1 milione di uomini.
In particolare, nei prossimi 20 anni la percentuale della popolazione italiana al di sopra dei 65 anni d’età aumenterà del 25%, per questo motivo si attende un proporzionale incremento dell’incidenza della malattia.
I dati OsMed, Osservatorio nazionale sull’impiego dei medicinali, emersi tenendo conto di otto società scientifiche – Sie, Sigg, Simfer, Simg, Simi, Siommms, Sir e Siot – includono le nuove Linee Guida sulla gestione della malattia e delle fratture da fragilità. Gli esperti hanno valutato che l’80 per cento delle persone che hanno avuto una frattura non ha una diagnosi corretta, non viene curato adeguatamente ed è a rischio di nuove fratture.
Dal punto di vista economico, l’impatto di una patologia così diffusa è molto elevato: il costo per il trattamento delle fratture sia femminile che maschile da osteoporosi supera i 7 miliardi di euro all’anno, di cui ‘soltanto’ 360 mila per la prevenzione farmacologica secondaria. Da qui l’esigenza di puntare maggiormente sulla prevenzione attraverso diagnosi certe.
Dormire poco fa ingrassare. Sport aiuta a regolare il sonno
PrevenzioneC’è a chi piace fare allenamento a casa senza attrezzi appena sveglio o andare a correre la mattina, magari anche a stomaco vuoto. Ci sono, invece, quelli che rimandano la sveglia almeno tre volte e a cui piace restare a letto anche se ormai sono svegli. La scienza cosa dice a riguardo?
Sicuramente riposare rigenera il corpo.
Dalle sette alle nove ore di sonno a notte, dicono gli esperti del National Institutes of Health, sono indispensabili per assicurarsi una salute duratura. Il riposo è essenziale perché mantiene in equilibrio la salute fisica e mentale, rinforza il sistema immunitario e rigenera il corpo. Insomma, in base a queste considerazioni sembrerebbe che il riposo è più importante che l’esercizio fisico. Per l’esattezza: l’esercizio fisico a prima mattina porta moltissimi benefici, ma è essenziale farlo dopo le giuste ore di sonno.
I vantaggi dell’iniziare la giornata in modo attivo, sono numerosi:
Se ci si allena all’aperto al mattino, la luce del sole aiuta a fermare la produzione di melatonina, “forzando” il risveglio. Se si è troppo stanchi per allenarti dopo il lavoro, farlo di mattina è la soluzione. Uno studio ha scoperto che chi vive in regioni calde ha più resistenza di mattina. Il corpo rilascia endorfine e si può beneficiare del buon umore per tutto il giorno.
Dormire poco fa ingrassare.
Un’altra conseguenza della mancanza di ore di sonno è l’aumento della produzione di grelina, l’ormone della fame. Si scatena così una voglia irrefrenabile di mangiare cose grasse e poco sane che non aiutano certo a dimagrire. Di conseguenza, stomaco appesantito e stanchezza tolgono qualsiasi motivazione per fare del movimento fisico. Un altro studio ha confermato che le persone che dormono meno di sette ore tendono a fare meno attività fisica.
Più ci si muove, meglio si dorme.
Un articolo pubblicato nel Journal of Clinical Sleep Medicine ha dimostrato che allenarsi regolarmente può migliorare la qualità del riposo. Un altro studio ha esaminato l’impatto dell’ora in cui si svolgeva l’allenamento sulla qualità del riposo confermando che le persone che si allenavano alle sette del mattino dormivano meglio e più a lungo di quelle che si allenavano all’una del pomeriggio o alle sette di sera.
Quindi a cosa di deve dare priorità?
Come in un circolo vizioso, dormire e riposare si influenzano a vicenda e quindi sono entrambi importanti. Allenarsi di mattina ha i suoi benefici e assicura un buon riposo. Per contro, dormire poco ha effetti negativi sul peso e inoltre causa un calo di performance, sia a lavoro che anche quando ci si allena.
Lunedì 3 luglio appuntamento con la Salute
News Presa, SpecialiNuovo appuntamento con Salute e Prevenzione, focus realizzato dal Corriere del Mezzogiorno/Corriere della Sera in collaborazione con PreSa. In questo numero, in edicola lunedì 3 luglio, verranno affrontati i temi caldi in vista dell’estate, con un approfondimento ad hoc suo costi della Sclerosi Multipla. Nell’editoriale di Marco Trabucco Aurilio un’analisi sulla salute degli italiani e l’importanza di rinsaldare il rapporto medico paziente. «I recenti dati sullo stato di salute degli italiani parlano chiaro – spiega Trabucco Aurilio – aumenta l’aspettativa di vita ma, parallelamente, aumentano le malattie croniche. Quasi 24milioni di cittadini soffrono di una malattia cronica, ipertensione e diabete su tutti. Nella stessa direzione anche le patologie oncologiche con quasi mille nuove diagnosi al giorno con aumento dell’incidenza principalmente negli over 65».
Oggi al piccolo Charlie verrà staccata la spina
News PresaAncora poco e al piccolo Charlie Gard, ricoverato al Great Ormond Street Hospital di Londra, verrà staccata la spina del ventilatore che lo tiene in vita. Una tragedia che ancora una volta ci fa riflettere sul diritto di ciascuno, e in questo caso di due genitori, di decidere della propria vita (o di quella di un figlio). Il bimbo, affetto da una rarissima patologia (16 casi nel mondo), è stato considerato da sempre senza alcuna speranza, anche se i genitori hanno fatto di tutto per provare almeno a trasferirlo negli Stati Uniti, dove avrebbe potuto essere sottoposto ad una cura sperimentale.
Le sentenze
A nulla sono serviti i ricorsi intentato dai genitori di Charlie, arrivati sino alla Corte Europea, per tentare di veder riconosciuto il proprio diritto di cercare, almeno questo, di salvare quel figlio al quale ora dovranno dire addio. Tutti i ricorsi sono stati rigettati, per la “giustizia” la decisione dei sanitari è quella giusta: la spina va staccata. Bene, anzi, bene per nulla, ma almeno ai genitori avrebbero potuto concedere il dolore di portare il bimbo a casa, di farlo morire circondato dall’affetto di amici e parenti in quella culla preparata per lui e mai usata. Connie Yates, mamma del piccolo, in un video girato in ospedale e inviato poi al Mail online ha detto: «Abbiamo promesso ogni giorno al nostro bimbo che lo avremmo riportato indietro.
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Volevamo fargli il bagnetto — ha aggiunto il padre Chris — metterlo nella culla in cui non ha mai potuto dormire, ma ce lo hanno negato. Sappiamo che nostro figlio morirà ma non abbiamo voce in capitolo su come accadrà». I genitori hanno diffuso anche una foto nella quale appaiono sdraiati accanto a Charlie per «passare le ultime ore preziose vicino al nostro bimbo. Non ci hanno permesso di scegliere se far vivere nostro figlio e non ci hanno permesso di scegliere dove o quando morirà», hanno scritto su Facebook.
Lasciati soli
«Siamo stati abbandonati dalle istituzioni», il commento dei genitori, che hanno invece ringraziando tutti i cittadini che hanno dato sostegno, anche economico tramite una colletta, alla loro causa. Quel denaro verrà usato dopo la morte del piccolo per aiutare altri bimbi malati e magari concedere loro quella speranza che Charlie non ha mai avuto.
Tumori del sangue, un patto per la vita
News PresaI tumori del sangue sono malattie insidiose, per le quali è essenziale trovare un medico del quale potersi fidare ciecamente. Nell’era della medicina di precisione «l’alleanza terapeutica» tra medico e paziente deve poggiare su almeno quattro colonne portanti: lealtà, fiducia, ascolto, engagement. E’ su questo si è focalizzato il dibattito che a Roma ha visto riunirsi i maggiori esperti di tutta Italia. Un patto che è parte di un progetto più ampio «La salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere», proposto da Salute Donna Onlus, con le Associazioni dei pazienti e dei medici. Un focus sull’importanza dell’alleanza terapeutica tra medici e pazienti, sull’importanza della fiducia reciproca tra le due figure, messa a dura prova dal flusso di notizie – spesso senza fondamento – che i pazienti riescono a reperire attraverso internet.
Il ruolo dell’informazione
«Il rapporto medico-paziente è centrale per l’efficacia dei processi sanitari – spiega Annamaria Mancuso, presidente di Salute Donna onlus e organizzatrice dell’evento – in questo ambito l’informazione al paziente riveste un ruolo fondamentale per assicurare trasparenza, condivisione e partecipazione attiva di entrambi al percorso terapeutico». La prospettiva i pazienti favoriscono è quella di un’alleanza strategica con i medici per assicurare la scelta delle migliori opzioni nell’ottica di una medicina sempre più efficace e personalizzata. La comunicazione tra medici e pazienti onco-ematologici è parte integrante del progetto, in quanto essere informati è uno dei diritti fondamentali del paziente e attraverso l’informazione i pazienti hanno migliore consapevolezza di tutti i propri diritti.
I quattro pilasti
Dunque, la lealtà (intesa come medico che non deve nascondere nulla al paziente, valutandone però l’impatto emotivo), ascolto (linguaggio comprensibile da parte del medico verso il paziente), fiducia (del medico nella capacità del paziente di comprendere le scelte terapeutiche, quella che deve nutrire il paziente nella diagnosi e nella terapia indicate dal medico. Infine l’engagement, con medico e paziente ugualmente coinvolti nel percorso di cura.
118: quando è opportuno chiamarlo? Lo spiega una campagna
News PresaPer spiegare ai cittadini quando e come chiamare il 118, l’ospedale di San Marino ha lanciato una campagna di comunicazione contenente un vademecum. Infatti, chiamare i numeri di emergenza, è fondamentale in caso di necessità, ma è altrettanto importante, perché funzionino bene, non chiamarli quando non serve. Con l’estate aumentano le emergenze per malori dovuti al caldo, soprattutto nella fascia di popolazione anziana. Richiedere un’ambulanza quando non serve toglie opportunità a chi ne ha veramente bisogno. Per questo motivo, il Pronto Soccorso dell’Ospedale di Stato di San Marino ha elaborato e diffuso un volantino contenente alcune informazioni utili.
Chiamando il 118 da telefono cellulare è possibile che si venga indirizzati a centrali delle regioni italiane confinanti, ma sarà poi il personale che riceve la chiamata a trasmettere alla sede di San Marinò la richiesta di soccorso. Per ottenere un intervento tempestivo e una risposta sanitaria adeguata alle condizioni dell’infortunato, è necessario che l’utente che chiama il 118 collabori con l’operatore della centrale. Quest’ultimo, formulando alcune semplici domande, è in grado di identificare la gravità della situazione e di stabilire la tipologia di intervento migliore. A seconda della richiesta di soccorso è possibile porre in atto misure correlate alla gravità prevista.
Nel vademecum vengono indicati i casi in cui è opportuno chiamare il 118 e cioè per: grave malore; incidente di rilievo, domestico, sportivo stradale o sul lavoro; ricovero urgente; situazione certa o presunta di pericolo di vita.
Ci sono poi tutti quei casi in cui non è assolutamente indicato chiamare il 118: per avere informazioni, perché non si trova il proprio medico curante e non si tratta di un caso urgente, perché c’è un incidente o un incendio senza feriti, per richiedere un’ambulanza per un intervento che non è urgente, perché si assiste a una rissa o si è di fronte a una persona ubriaca che minaccia l’ordine pubblico (in tali casi si chiamano le forze dell’ordine digitando il 112 o il 113).
Al via gli Stati Generali dell’Assistenza a lungo termine 2017
AnzianiPer accendere e puntare i riflettori sulla sempre più pressante problematica dei pazienti con patologie a lungo decorso (che quindi necessitano di assistenza “long-term”) e proporre un ripensamento dei modelli di organizzazione sanitaria, Italia Longeva organizza annualmente a luglio l’evento “Long-Term Care – Gli Stati Generali dell’Assistenza a lungo termine”.
Obiettivo
Dar vita a una “due giorni” di incontro e confronto tra decisori istituzionali, a livello centrale e territoriale, professionisti sanitari e business community di riferimento: attori che entrano a diversi livelli nella programmazione, organizzazione e gestione del sistema socio-sanitario e assistenziale dedicato alle cure a lungo termine. L’appuntamento, che lo scorso anno ha riunito oltre 700 partecipanti, si propone di offrire un aggiornamento e un momento di discussione allargata sulle modalità efficaci e sostenibili per la presa in carico della fetta più ampia dei pazienti in Italia, e in generale nell’Occidente sviluppato: gli anziani e i fragili.
Target
Assessori e Direttori Generali di Dipartimenti sanità e politiche sociali regionali, ASL, AO, ASST, Distretti, IRCSS, operatori medici e non dell’assistenza a lungo termine, Società scientifiche, Associazioni di pazienti, Associazioni di cittadini, Top Manager della business community di riferimento.
Key topics :
* Piano Cronicità: programmi, misure e linee di attuazione tra Stato e Regioni. Ma soprattutto: che sta succedendo?
* Strumenti di finanziamento e nuovi possibili business model a sostegno della LTC: LEA, sanità integrativa e PPP. Quali le idee nuove? Quali le idee praticabili?
* Tecnologia e LTC. L’arrosto, non il fumo.
* Immunizzazione nei diversi setting assistenziali. Per farla sul serio.
* Formazione degli operatori socio-sanitari. Che cosa è davvero utile imparare?
* Continuità assistenziale: valutazione e misurazione del bisogno. Riusciamo ad andare oltre la bella parola “continuità assistenziale”?
* Proposte di miglioramento in ADI – Palliazione – Riabilitazione – RSA (con focus sulla demenza)
Indagine ADI in Italia
Nel corso dell’evento sarà presentata l’indagine sull’ADI in Italia di Italia Longeva. Un campione di servizi domiciliari reali e rappresentativi di diverse zone geografiche è stato dissezionato in lungo e in largo per avere le dimensioni della popolazione assistita, il numero di personale dedicato, i criteri di ingaggio, l’organizzazione del day by day e molto altro.
L’obiettivo degli Stati generali è quello di capire cosa si sta facendo e come.
Cure tardive o sbagliate, la Campania è maglia nera
News PresaLa Calabria e la Campania (dai dati del Centro per i diritti del Cittadino) sono le due regioni dove si muore di più per cure tardive o sbagliate, con l’81% dei casi di malasanità che si concludono col decesso del paziente. Il dato pare confermato dalle conclusioni della Commissione Parlamentare d’Inchiesta sugli errori in campo sanitario che nel quinquennio 2009-2012 ha registrato 570 denunce per malasanità, di cui 117 in Sicilia, 107 in Calabria, 37 in Campania, 36 in Puglia ed Emilia-Romagna. “La Campania in particolare” si legge nel rapporto di Codici “è una delle regioni che è più a rischio di tutte: tagli al personale, posti letto carenti, chiusura di ospedali e l’utilizzo di sedie a rotelle in mancanza delle barelle”. Il Censis, con dati riferiti al 2014, scrive che il 41,7 per cento degli italiani rinuncia a curarsi per le liste d’attesa troppo lunghe. E’ in questo contesto “problematico” che si innesta una giornata (giovedì 29 giugno dalle 8 del mattino) che l’ANAAO, la FADOI e l’AME dedicano alla formazione per offrire a tutti gli operatori sanitari, indipendentemente dal ruolo e dall’ambito professionale, un’opportunità di crescita nell’ambito della gestione del rischio clinico.
Formazione
«Il sistema di gestione del rischio clinico – spiega il segretario regionale ANAAO, Bruno Zuccarelli – è per noi una condizione imprescindibile per un sistema sanitario più sicuro ed efficiente. La sicurezza dei pazienti è uno dei fattori determinanti la qualità delle cure ed è uno degli obiettivi prioritari che il Sistema Sanitario Nazionale deve porsi». La comprensione delle criticità nell’organizzazione sanitaria è il presupposto per lo sviluppo di interventi efficaci nella riduzione del rischio clinico.
Una nuova opportunità
«Oggi – aggiunge il responsabile scientifico Vincenzo Nuzzo – l’apertura dell’Ospedale del Mare, dotato di tecnologie all’avanguardia che consentono un’assistenza sanitaria di alta qualificazione e specializzazione che vede anche nuove assunzioni che la regione Campania si è impegnata ad avviare, si pone, in questo scenario critico, come una risposta significativa al bisogno della salute dei cittadini campani e alla riduzione del rischio per gli operatori della salute. L’Ospedale del Mare, con una efficace programmazione sanitaria, si impegna a diventare un polo di eccellenza e una struttura di riferimento per tutto il panorama della sanità campana che finalmente può farle cambiare rotta e farla uscire da questo contesto problematico».
Pediatri in campo contro il fumo nei giovanissimi
PrevenzioneQuello degli adolescenti che fumano è un problema sottovalutato, che troppo spesso si conclude con un’alzata di spalle da parte dei genitori. Magari anche loro tabagisti. Convincere questi genitori e i ragazzini a gettare via per sempre il pacchetto di sigarette non è cosa semplice, ma non si può mai smettere di provare.
In Italia, infatti, un bambino su cinque cresce in una casa in cui è consentito fumare e questo aumenta il rischio di acquisire uno stato di dipendenza da grandi ma anche di sviluppare precocemente una malattia fumo correlata.
Il ruolo del pediatra
Il pediatra può svolgere un ruolo educativo importante. Per questo motivo la Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP), la Società di Malattie Respiratorie Infantili (SIMRI) e l’Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri (AIPO) danno il via a un progetto educazionale dal titolo «Il pediatria come facilitatore di smoking cessation», con lezioni interattive a Roma, Torino e Firenze. Molto spazio verrà dedicato alla pratica del corretto approccio al colloquio motivazionale. «Vogliamo porre le basi di una rete che metta in relazione gli interventi di primo livello messi in atto dal pediatra con quelli di secondo livello effettuati nei centri antifumo pneumologici», spiega Renato Cutrera, presidente nazionale SIMRI. «Il fumo, sia attivo che passivo, è uno dei principali fattori di rischio per le malattie respiratorie infantili come l’asma. Gli interventi non sono però rivolti solo ai pazienti ma soprattutto ai cittadini non sintomatici ancora giovani per orientarli nell’ottica di una strategia di prevenzione dei danni da fumo di tabacco».
Piccoli fumatori
Un dato che dovrebbe far riflettere è quello per il quale il 12% degli adolescenti italiani fuma regolarmente. Otto tabagisti su dieci hanno iniziato a fumare prima di aver compiuto 20 anni. Un comportamento estremamente pericoloso e che interessa anche i giovani, in questo senso il pediatra può e deve fare di più per educare sia i ragazzi che i genitori. Così, per la prima volta, due Società Scientifiche di Medicina Respiratoria, una dell’età pediatrica e l’altra dell’età adulta, si incontrano su un tema condiviso di prevenzione delle malattie respiratorie, promuovendo concretamente l’acquisizione di abilità professionali. I tempi sono maturi perché si attuino azioni sinergiche per la lotta contro il fumo, condividendo percorsi diagnostico terapeutici comuni adattati alle varie fasi della vita.