Tempo di lettura: 3 minutiLa stanchezza o astenia, può avere diverse cause fisiologiche e psicofisiche. La sonnolenza tende ad aumentare nei mesi invernali a causa della ridotta esposizione alla luce solare, che comporta una diminuzione della produzione di serotonina, l’ormone che mantiene alto il tono dell’umore, e un aumento della produzione di melatonina, l’ormone che favorisce il sonno. Questi cambiamenti possono portare a una sensazione di stanchezza più accentuata durante l’inverno. Tuttavia, anche l’aumento repentino delle temperature dovuto al cambio di stagione può provocare stanchezza.
Alimentazione contro la stanchezza
L’alimentazione è uno degli alleati contro la stanchezza, ma è importante fare attenzione a non cadere nella trappola degli zuccheri e della caffeina. Questi danno una rapida sensazione di energia, ma a lungo termine possono aumentare la sensazione di fatica e la fame. I tre macronutrienti principali che contribuiscono all’energia del corpo sono carboidrati, proteine e grassi.
La dottoressa Michela Seniga, nutrizionista presso l’IRCCS Istituto Clinico Humanitas di Rozzano, sottolinea che le proteine sono essenziali per fornire energia di lunga durata, soprattutto se combinate con i carboidrati. Le fonti proteiche di origine vegetale includono legumi e tutti i suoi derivati ma anche la frutta secca, ottima per il contenuto di lipidi e fibra. Tra le fonti proteiche animali si trovano carne, pesce, latticini e uova.
Carboidrati e grassi come fonti di energia
I cereali, ricchi di carboidrati, sono importanti per una rapida ripresa delle energie, per questo la specialista suggerisce il consumo regolare di grano integrale, farina d’avena e riso bianco. Inoltre, sono sempre preferibili i prodotti di stagione, che hanno una maggiore concentrazione di nutrienti come sali minerali e vitamine.
Questi micronutrienti, pur non fornendo energia diretta, influenzano i processi biologici ed energetici del corpo. Frutta e verdura fresche sono le migliori fonti di vitamine e sali minerali. I frutti con più nutrienti includono: mela, banana, arancia, limone, pompelmo, kiwi, melagrana, fragole, mirtilli e bacche di goji. Tra le verdure suggerite, quelle a foglia verde, carote, zucca e asparagi.
Vitamine per l’energia
Le vitamine mantengono alti i livelli di energia nel corpo. Le vitamine A ed E hanno una funzione antiossidante, mentre le vitamine del gruppo B proteggono il sistema immunitario e nervoso. In particolare, le vitamine B5 e B7 sono direttamente coinvolte nel metabolismo energetico. La vitamina C aiuta nell’assorbimento del ferro, mentre la vitamina D sostiene l’apparato osseo e riduce l’affaticamento muscolare, proteggendo anche il sistema immunitario.
Alimenti ricchi di vitamina D includono il tuorlo d’uovo o il salmone. Tuttavia solo il 10-20 per cento circa del fabbisogno giornaliero di vitamina D proviene dall’alimentazione. Tutto il resto della vitamina D che si può trovare nel nostro organismo si forma nella pelle a partire da un grasso simile al colesterolo, il 7-deidrocolesterolo, che viene trasformato per effetto dell’esposizione ai raggi UVB.
Suddivisione dei pasti contro la stanchezza
Avere una buona qualità del sonno è fondamentale per mantenere alti livelli di energia durante il giorno. L’alimentazione gioca un ruolo chiave nel rispetto del ritmo sonno-veglia. Per questo, la specialista di Humanitas suggerisce di fare una colazione abbondante, un pranzo soddisfacente e una cena leggera, consumata con anticipo rispetto al momento di andare a dormire.
Per la colazione, consiglia una porzione di frutta fresca, yogurt, frutta secca (in particolare noci e mandorle, ricche di sali minerali) e pane integrale tostato con marmellata. Al posto del caffè, può essere utile bere tè o tisane. Per lo spuntino di metà mattina, frutta secca, cioccolato fondente e frutta fresca sono ottimi alleati. A pranzo e cena, zuppe e minestre con verdure, cereali e legumi forniscono un’assunzione completa di sali minerali e vitamine. Le proteine animali vanno inserite nella dieta a rotazione settimanale, a pranzo o a cena.
L’idratazione
Mantenersi idratati è essenziale per mantenere i livelli di energia ed evitare la dispersione dei sali minerali assunti. L’acqua va bevuta regolarmente nel corso della giornata, preferibilmente a temperatura ambiente, nella misura di 8-10 bicchieri al giorno.
Quando consultare il medico e usare integratori
Se la stanchezza persiste e non ci sono motivi apparenti, è consigliabile consultare il medico di medicina generale. Dopo aver indagato ed escluso eventuali patologie sottostanti, un nutrizionista può aiutare a regolare l’alimentazione per combattere la stanchezza. In alcuni casi, il medico potrebbe prescrivere integratori, come quelli di vitamina D per ossa e muscoli, vitamina C per rinforzare il sistema immunitario o vitamine del gruppo B, specialmente per chi segue diete vegetariane o vegane. Le persone che praticano molto sport potrebbero aver bisogno di integrazioni di sali minerali come potassio e magnesio. La raccomandazione degli specialisti è di chiedere consiglio al medico ed evitare l’assunzione autonoma di integratori alimentari.
Salva dalla Sma con la terapia genica
News, News, Pediatria, Ricerca innovazioneMartina è il nome di fantasia (a tutela della sua privacy) protagonista di una storia che apre alla speranza per tante mamme e tanti papà. La piccola nata a Palermo, a soli 27 giorni, è stata sottoposta ad una terapia genica per combattere l’atrofia muscolare spinale (Sma). A curare la bimba sono stati i medici del policlinico G. Martino di Messina e, se tutto proseguirà come si pensa, fra qualche giorno Martina lascerà l’ospedale.
Un traguardo importante
La piccola Martina è la prima bimba asintomatica ad essere trattata con terapia genica in un’età così precoce. La diagnosi precoce è stata possibile grazie alla presenza della malattia nel fratellino di due anni, il quale aveva già beneficiato della terapia genica a 11 mesi. La diagnosi, eseguita presso l’unità di Terapia Intensiva Pediatrica del Policlinico di Palermo, ha permesso alla piccola di essere immediatamente indirizzata al Centro Malattie Neurodegenerative di Messina. Qui, nel giro di pochi giorni, le è stata somministrata una preziosa infusione della durata di 60 minuti.
Terapia genica per la Sma: una speranza concreta
La terapia genica rappresenta un approccio innovativo che permetterà alla bambina di evitare lo sviluppo dei sintomi di una malattia che, altrimenti, avrebbe gravemente limitato le sue abilità motorie, respiratorie, e la capacità di deglutire, riducendo drasticamente la sua aspettativa di vita. L’unità di Malattie Neurodegenerative ad elevata complessità assistenziale, diretta dalla Professoressa Sonia Messina, e l’Unità di Patologia e Terapia Intensiva Neonatale, diretta da Eloisa Gitto, sono state determinanti in questo trattamento.
L’importanza della ricerca
“La storia di mia figlia è la testimonianza di quanto sia importante la ricerca – dice la mamma di Martina – e di quanto sia fondamentale investire sugli studi e le nuove sperimentazioni. Senza la ricerca, i miei figli non avrebbero avuto una possibilità. Come famiglia, abbiamo colto nella tempesta una positività che deriva dal valore intrinseco della vita e della salute, perché nulla è scontato e noi vogliamo cogliere la bellezza di tutto ciò che oggi per noi ha ancora più significato”.
Una scelta coraggiosa
A sottolineare il grande coraggio dei genitori, che hanno deciso di affrontare l’eventuale malattia dopo il parto, sono stati i medici. “Questo coraggio è ancora più significativo considerando che non tutti i pazienti rispondono in egual modo alla terapia. In passato, i bimbi con la forma severa di atrofia muscolare spinale riuscivano al massimo ad acquisire il controllo del capo, ma non del tronco, e avevano una dipendenza dal ventilatore e dalla nutrizione artificiale, con un’aspettativa di vita media poco oltre l’anno. Oggi, invece, se la somministrazione del farmaco avviene nei primi giorni di vita, si può assistere a un radicale cambiamento della storia della malattia”.
Verso uno screening neonatale universale
“La Regione Sicilia ha manifestato grande sensibilità sul tema, tanto che è in corso di attivazione lo screening neonatale per la SMA,” hanno aggiunto i medici dell’ospedale. “Si tratta di un passaggio fondamentale che ci permetterà di allinearci alla quasi totalità delle regioni italiane in cui è già presente. Speriamo che questa storia possa essere di ulteriore stimolo per rendere lo screening presto disponibile. Più neonati riusciremo a intercettare alla nascita, maggiore è la probabilità di evitare che possano sviluppare sintomi.”
La storia di Martina è certamente un grande esempio dei passi in avanti che si sono fatti nella lotta contro le malattie neurodegenerative e offre una speranza concreta per un futuro migliore per molti altri bambini. La diagnosi precoce e la ricerca scientifica sono un fari di speranza per le famiglie che affrontano queste difficili sfide.
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Chirurgia robotica vertebrale per le malattie degenerative della colonna
News, NewsLe malattie degenerative della colonna colpiscono il 27% degli over 65. Il dolore alla schiena continuerà a crescere con l’invecchiamento della popolazione e la diffusione di stili di lavoro sempre più sedentari. Attualmente, le patologie degenerative della colonna vertebrale colpiscono più di 5mila persone ogni 100mila abitanti in Europa – oltre 51 milioni di persone – e un numero equivalente negli Stati Uniti. L’intervento di ‘fusione spinale’ è considerato il gold-standard nel trattamento delle patologie degenerative lombari lì dove le terapie conservative non abbiano avuto effetto, e consiste nella connessione permanente di due vertebre attraverso viti e supporti per restituire la stabilità primaria alla colonna.
“Sono molti anni che si parla di robotica nella chirurgia ginecologica e urologica ma, al momento, solo il 2 per cento dei centri di chirurgia vertebrale impiega piattaforme robotizzate. L’Italia è leader europeo per competenze e sistemi installati in quest’ambito all’avanguardia, già sviluppato negli Stati Uniti e destinato a crescere esponenzialmente anche in Europa – spiega il Professor Salvatore Massimo Cardali, Direttore dell’Unità Operativa di Neurochirurgia del Papardo di Messina che ha già superato i 100 interventi il software a guida robotizzata specializzato nella chirurgia vertebrale prodotto da Medtronic.
“Il primo, grande vantaggio per il chirurgo è raggiungere un’ideale corrispondenza tra pianificazione ed esecuzione. Con il software Mazor™, infatti, abbiamo un dispositivo che ci permette non solo di pianificare in maniera approfondita l’intervento, ma anche di realizzare con grande precisione quanto pianificato”.
“È sempre il chirurgo a pianificare, guidare e decidere ogni azione – aggiunge il Professor Cardali – ma il braccio robotico garantisce una precisione senza precedenti, difficile da eguagliare a mano libera”.
“L’impiego del braccio robotico e del suo software di pianificazione aumentano significativamente la sicurezza e l’efficacia nel posizionamento delle viti riducendo, di conseguenza, il rischio di incorrere in complicanze associate all’intervento tradizionale” sottolinea il Professore. Tre le diverse patologie che richiedono la stabilizzazione della colonna vertebrale, le più frequenti sono: ernia del disco, stenosi del canale, spondilolistesi, scoliosi e fratture vertebrali.
“Grazie all’impiego di tecnologie all’avanguardia siamo divenuti uno dei centri di riferimento in Italia – conclude il Professor Salvatore Massimo Cardali -. Un risultato particolarmente gratificante per Messina e la Sicilia, dato che il nostro Paese parte da un livello di qualità nella chirurgica vertebrale già molto alto e diffuso nei territori. Ancora troppo spesso, i cittadini della Sicilia danno per scontato di doversi spostare quando, in realtà, possono ricevere le cure più appropriate vicino a casa”.
Tra i vantaggi per i pazienti, anche una minore esposizione alle radiazioni, una minore perdita di sangue, incisioni più piccole e un tempo di recupero e convalescenza più breve. “Abbiamo ridotto la degenza media da 5,5 a 3,8 giorni, il che ci ha permesso di quadruplicare il numero di persone che possiamo curare all’anno”.
Morto per aver mangiato un’insalata
Alimentazione, NewsAncora oggi, nel 2024 si può morire per aver mangiato un’insalata che era contaminata – si scoprirà in seguito – da Escherichia coli (E. coli). È successo in Inghilterra dove nelle scorse settimane si è diffusa un’infezione causata da batteri contenuti nelle foglie di insalata vendute all’interno di panini nei supermercati. La notizia è stata data dal sito della Bbc News, dove è stato riportato che la persona è deceduta lo scorso mese e soffriva di una patologia pregressa.
I test sull’insalata
Le maggiori catene della grande distribuzione avevano rimosso fin dal primo allarme alcuni dei loro prodotti dagli scaffali. In tutti i casi di infezioni confermate finora, 275, i sintomi, relativi all’apparato urinario o intestinale, si erano sviluppati prima del 4 giugno, e circa la metà delle persone colpite ha avuto bisogno di cure ospedaliere. I test di laboratorio realizzati su pazienti ricoverati a partire dal 25 maggio scorso avevano suggerito “un unico focolaio”, secondo gli specialisti. E quindi l’ipotesi di una singola partita di alimenti contaminata.
I contagi accertati
I contagi sono stati registrati in particolare in Inghilterra, ma sparsi a livello geografico a raggio piuttosto vasto, tra varie località e regioni. Le infezioni in questione sono provocate dal batterio di Escherichia coli che già a fine 2023 aveva dato luogo a un focolaio nel Regno, provocando in un singolo caso censito a dicembre il decesso d’una persona in Scozia, ricondotto negli esami post-mortem al consumo di formaggio contaminato dai batteri.
Perché l’E. coli è pericoloso?
L’E. coli è un batterio che si trova comunemente nell’intestino degli esseri umani e degli animali. Sebbene la maggior parte dei ceppi di E. coli siano innocui, alcuni possono causare gravi malattie, tra cui diarrea, crampi addominali, e in casi più gravi, insufficienza renale. Come detto, il batterio può essere presente in alimenti contaminati, compresa la frutta e la verdura cruda.
Passaggi per un lavaggio sicuro
Qualche attenzione in più
Questi consigli sono utilissimi a mettersi al sicuro da eventuali batteri che possono essere presenti nell’insalata , più in generale, su frutta e verdura fresca. È anche utile separare i prodotti, vale a dire evitare di mettere in contatto frutta e verdura cruda con carne, pollame o pesce crudi. Lavare la frutta prima di sbucciarla, per evitare che i batteri dalla buccia si trasferiscano alla polpa e infine, lavare anche i prodotti pre-lavati: Anche se l’etichetta indica che il prodotto è stato pre-lavato, è buona norma lavarlo nuovamente a casa.
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Nanoprismi d’oro per guarire le ferite
News, Ricerca innovazioneGrazie a nanoprismi d’oro sarà possibile rigenerare i tessuti. Ma, facciamo un passo indietro: la medicina rigenerativa ha sempre cercato risposte innovative per promuovere la guarigione delle ferite e il ripristino delle funzionalità dei tessuti danneggiati. Una delle domande più affascinanti in questo campo è se sia possibile utilizzare la luce per guarire una ferita. La risposta arriva da uno studio all’avanguardia condotto dall’Istituto di Scienze Applicate e Sistemi Intelligenti “Eduardo Caianiello” del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Pozzuoli (Cnr-Isasi).
L’innovazione dei nanoprismi d’oro
Il gruppo di ricerca Nanobiomolecular del Cnr-Isasi ha dimostrato che è possibile promuovere il processo di rigenerazione tissutale attraverso l’uso di nanoprismi di oro, attivati dalla luce nel vicino infrarosso (NIR). Questo studio rivoluzionario, pubblicato su Advanced Functional Materials, è stato realizzato in collaborazione con l’Instituto de Nanociencia y Materiales de Aragón (Saragozza, Spagna).
Come funziona la rigenerazione con i nanoheaters
La ricerca ha evidenziato che piccole quantità di calore generate dai nanoprismi di oro, quando illuminati da luce infrarossa, possono favorire la rigenerazione cellulare. Questo avviene tramite l’attivazione delle cellule staminali. Claudia Tortiglione, ricercatrice del Cnr-Isasi e coordinatrice del gruppo italiano, spiega: “Uno degli obiettivi della medicina rigenerativa è riattivare le cellule staminali nel tessuto lesionato, promuovendo processi che portano alla rigenerazione del tessuto piuttosto che al semplice riparo, che raramente riesce a ripristinare la morfologia e la funzionalità originali”.
Stimoli fisici e rigenerazione delle ferite
In tutti gli organismi viventi, la rigenerazione è influenzata da fattori genetici e biochimici a livello cellulare. Tuttavia, è anche regolata da stimoli fisici come calore, campi elettrici e luce. Questi stimoli giocano un ruolo fondamentale nel coordinare un grande numero di cellule nel processo di guarigione delle ferite. “L’effetto dell’esposizione alla luce o al calore nel favorire la rigenerazione è ben noto, e nella nostra quotidianità applichiamo impacchi caldi o cerotti termici per ridurre l’infiammazione, alleviare il dolore e migliorare la circolazione sanguigna”, continua Tortiglione.
Esperimenti su hydra vulgaris
Per dimostrare l’efficacia dei nanoheaters, il team ha concentrato i propri studi su esemplari di Hydra vulgaris, un organismo invertebrato noto per il suo elevato potenziale di rigenerazione tessutale. Gli esperimenti hanno rivelato che il trattamento con nanoheaters aumenta la velocità di rigenerazione della testa, la capacità riproduttiva e il tasso di proliferazione delle cellule staminali dell’animale.
Implicazioni per la medicina umana
“Lo studio delinea i meccanismi molecolari alla base dell’aumentata efficienza di rigenerazione, identificando i geni chiave dello sviluppo e i geni coinvolti nella risposta allo stress termico che vengono riattivati grazie all’illuminazione dei nanoprismi”, aggiunge Tortiglione. Inoltre, mediante analisi termografica, è stata stimata la quantità di calore prodotta dai nanoheaters intracellulari, rivelando Hydra come un termometro vivente per testare le prestazioni di questi materiali innovativi.
Una nuova frontiera della medicina rigenerativa
I risultati di questa ricerca, situati tra nanofotonica e biologia rigenerativa, evidenziano una nuova funzione dei nanoheaters nel controllo dei meccanismi molecolari alla base della staminalità cellulare. Questo apre nuove strategie in medicina rigenerativa, offrendo la possibilità di utilizzare la luce per la guarigione delle ferite.
Prospettive future
La possibilità di guarire una ferita con la luce non è più solo una visione futuristica, ma una concreta prospettiva grazie ai recenti sviluppi nel campo dei nanomateriali e della medicina rigenerativa. Le scoperte fatte dal Cnr-Isasi in collaborazione con l’Instituto de Nanociencia y Materiales de Aragón rappresentano un passo avanti significativo, avvicinando sempre più la luce a diventare uno strumento terapeutico di primaria importanza nella guarigione delle ferite.
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Vista, funghi e batteri causano 2.800 infezioni l’anno
Prevenzione, NewsFunghi e batteri possono mettere a repentaglio la vista. Infatti, ogni anno in Italia si registrano oltre 2.000 casi di infezioni corneali da funghi e circa 800 da Acanthamoeba, un patogeno presente nell’acqua che può contaminare le lenti a contatto e causare cheratite. In media, si contano quasi 10 nuovi casi al giorno di queste infezioni gravi, con un tasso di fallimento delle terapie mediche che spesso rende necessario il trapianto di cornea. Sulla scorta di questi dati, a lanciare l’allarme sono i massimi esperti del settore, durante il 22esimo congresso della Società Internazionale Cornea, Cellule Staminali e Superficie Oculare (SICSSO), tenutosi a Grosseto.
Crescita delle infezioni e sfide nelle terapie per la vista
Come sottolineato dagli esperti della SICSSO, il 50% dei casi di infezioni corneali da funghi o da Acanthamoeba non risponde alle terapie mediche tradizionali. Questo porta spesso alla necessità di un trapianto di cornea, il quale purtroppo fallisce in oltre la metà degli interventi, soprattutto a causa della dei tempi (eccessivamente lunghi) nei quali si riesce ad intervenire. Le infezioni non trattate adeguatamente possono penetrare in profondità nella cornea, rendendo i trattamenti più complessi e meno efficaci.
La speranza del trapianto di cornea lamellare anteriore (DALK)
Una tecnica che sta offrendo nuova speranza è il trapianto di cornea lamellare anteriore (DALK). Questo intervento mininvasivo prevede la sostituzione solo degli strati corneali compromessi, preservando quelli funzionalmente sani. L’Italia è riconosciuta come un’eccellenza mondiale in questa tecnica, con risultati che garantiscono un successo nel 99% dei pazienti se l’intervento viene eseguito precocemente nei casi in cui l’infezione è resistente ai farmaci.
Vantaggi del DALK
Il DALK risulta meno invasivo rispetto al trapianto di cornea a tutto spessore, comportando grandi vantaggi per i pazienti. Se eseguito tempestivamente, questo tipo di trapianto riesce quasi sempre a eradicare l’infezione e garantire la sopravvivenza dei tessuti trapiantati con un tasso di successo del 99%. Inoltre, i casi di rigetto sono rari e facilmente trattabili.
Il contributo degli esperti italiani
“L’Italia vanta i chirurghi più esperti al mondo in questa tecnica mininvasiva”, afferma Edward Holland, professore di Oftalmologia alla Cincinnati University. “Negli Stati Uniti, con solo 1.000 interventi DALK eseguiti all’anno, siamo ancora in ritardo rispetto ai 39.000 casi di patologie dello stroma corneale che potrebbero beneficiare di questa tecnica”.
Vincenzo Sarnicola, presidente della SICSSO, noto per aver ricostruito un occhio vedente da due occhi non vedenti, conferma l’importanza di questo intervento: “Il trapianto parziale di cornea, purché precoce, è oggi la vera soluzione alle infezioni gravi non rispondenti alla terapia medica.”
Statistiche preoccupanti e bisogno di interventi precoce
In Italia si stima che si verifichino circa 3.000 casi all’anno di cheratiti per infezioni da funghi o da Acanthamoeba. Le terapie mediche, purtroppo, non sempre riescono a eradicare le infezioni, dando ai microorganismi il tempo di penetrare nella cornea e danneggiarla gravemente. Quando si rende necessario un trapianto di cornea a tutto spessore, oltre la metà degli interventi fallisce, mentre nel 25% i risultati sono solo anatomici ma non funzionali e nel 5% dei casi si arriva all’enucleazione dell’occhio.
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Presa Weekly 28 Giugno 2024
PreSa WeeklyStanchezza: cosa mangiare e quando integrare
Alimentazione, News, News, Prevenzione, Stili di vitaLa stanchezza o astenia, può avere diverse cause fisiologiche e psicofisiche. La sonnolenza tende ad aumentare nei mesi invernali a causa della ridotta esposizione alla luce solare, che comporta una diminuzione della produzione di serotonina, l’ormone che mantiene alto il tono dell’umore, e un aumento della produzione di melatonina, l’ormone che favorisce il sonno. Questi cambiamenti possono portare a una sensazione di stanchezza più accentuata durante l’inverno. Tuttavia, anche l’aumento repentino delle temperature dovuto al cambio di stagione può provocare stanchezza.
Alimentazione contro la stanchezza
L’alimentazione è uno degli alleati contro la stanchezza, ma è importante fare attenzione a non cadere nella trappola degli zuccheri e della caffeina. Questi danno una rapida sensazione di energia, ma a lungo termine possono aumentare la sensazione di fatica e la fame. I tre macronutrienti principali che contribuiscono all’energia del corpo sono carboidrati, proteine e grassi.
La dottoressa Michela Seniga, nutrizionista presso l’IRCCS Istituto Clinico Humanitas di Rozzano, sottolinea che le proteine sono essenziali per fornire energia di lunga durata, soprattutto se combinate con i carboidrati. Le fonti proteiche di origine vegetale includono legumi e tutti i suoi derivati ma anche la frutta secca, ottima per il contenuto di lipidi e fibra. Tra le fonti proteiche animali si trovano carne, pesce, latticini e uova.
Carboidrati e grassi come fonti di energia
I cereali, ricchi di carboidrati, sono importanti per una rapida ripresa delle energie, per questo la specialista suggerisce il consumo regolare di grano integrale, farina d’avena e riso bianco. Inoltre, sono sempre preferibili i prodotti di stagione, che hanno una maggiore concentrazione di nutrienti come sali minerali e vitamine.
Questi micronutrienti, pur non fornendo energia diretta, influenzano i processi biologici ed energetici del corpo. Frutta e verdura fresche sono le migliori fonti di vitamine e sali minerali. I frutti con più nutrienti includono: mela, banana, arancia, limone, pompelmo, kiwi, melagrana, fragole, mirtilli e bacche di goji. Tra le verdure suggerite, quelle a foglia verde, carote, zucca e asparagi.
Vitamine per l’energia
Le vitamine mantengono alti i livelli di energia nel corpo. Le vitamine A ed E hanno una funzione antiossidante, mentre le vitamine del gruppo B proteggono il sistema immunitario e nervoso. In particolare, le vitamine B5 e B7 sono direttamente coinvolte nel metabolismo energetico. La vitamina C aiuta nell’assorbimento del ferro, mentre la vitamina D sostiene l’apparato osseo e riduce l’affaticamento muscolare, proteggendo anche il sistema immunitario.
Alimenti ricchi di vitamina D includono il tuorlo d’uovo o il salmone. Tuttavia solo il 10-20 per cento circa del fabbisogno giornaliero di vitamina D proviene dall’alimentazione. Tutto il resto della vitamina D che si può trovare nel nostro organismo si forma nella pelle a partire da un grasso simile al colesterolo, il 7-deidrocolesterolo, che viene trasformato per effetto dell’esposizione ai raggi UVB.
Suddivisione dei pasti contro la stanchezza
Avere una buona qualità del sonno è fondamentale per mantenere alti livelli di energia durante il giorno. L’alimentazione gioca un ruolo chiave nel rispetto del ritmo sonno-veglia. Per questo, la specialista di Humanitas suggerisce di fare una colazione abbondante, un pranzo soddisfacente e una cena leggera, consumata con anticipo rispetto al momento di andare a dormire.
Per la colazione, consiglia una porzione di frutta fresca, yogurt, frutta secca (in particolare noci e mandorle, ricche di sali minerali) e pane integrale tostato con marmellata. Al posto del caffè, può essere utile bere tè o tisane. Per lo spuntino di metà mattina, frutta secca, cioccolato fondente e frutta fresca sono ottimi alleati. A pranzo e cena, zuppe e minestre con verdure, cereali e legumi forniscono un’assunzione completa di sali minerali e vitamine. Le proteine animali vanno inserite nella dieta a rotazione settimanale, a pranzo o a cena.
L’idratazione
Mantenersi idratati è essenziale per mantenere i livelli di energia ed evitare la dispersione dei sali minerali assunti. L’acqua va bevuta regolarmente nel corso della giornata, preferibilmente a temperatura ambiente, nella misura di 8-10 bicchieri al giorno.
Quando consultare il medico e usare integratori
Se la stanchezza persiste e non ci sono motivi apparenti, è consigliabile consultare il medico di medicina generale. Dopo aver indagato ed escluso eventuali patologie sottostanti, un nutrizionista può aiutare a regolare l’alimentazione per combattere la stanchezza. In alcuni casi, il medico potrebbe prescrivere integratori, come quelli di vitamina D per ossa e muscoli, vitamina C per rinforzare il sistema immunitario o vitamine del gruppo B, specialmente per chi segue diete vegetariane o vegane. Le persone che praticano molto sport potrebbero aver bisogno di integrazioni di sali minerali come potassio e magnesio. La raccomandazione degli specialisti è di chiedere consiglio al medico ed evitare l’assunzione autonoma di integratori alimentari.
Planetary Health: equità e sostenibilità globale
One healthdi Marco Trabucco Aurilio
Il diritto alla salute è sancito dalla Costituzione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e da almeno 140 paesi. Ma nonostante ciò, ancora oggi, più della metà della popolazione mondiale non è coperta da servizi sanitari essenziali, risultando più vulnerabile a malattie e crisi globali, come è stato nel caso della pandemia da Covid-19. In un’era caratterizzata da rapidi cambiamenti climatici, crescente urbanizzazione e globalizzazione, e in un mondo sempre più interconnesso, la relazione tra la salute umana, animale e ambientale non è mai stata così evidente; al tempo stesso, non si può più ignorare l’interdipendenza tra il diritto alla salute e altri diritti fondamentali.
Il concetto di Planetary Health, che riconosce la complessità, l’interdipendenza e la permeabilità delle interazioni tra la salute degli esseri umani e quella dell’ecosistema, diventa quella lente essenziale attraverso cui guardare alla sostenibilità futura e all’equità globale. Un cambio di paradigma che invita a riconoscere la salute planetaria come prioritaria in tutte le politiche pubbliche. E questo non può che richiedere un approccio integrato e interdisciplinare, che coinvolga non solo scienziati e medici, ma anche economisti, ingegneri, urbanisti, decisori politici, fino ad arrivare ai divulgatori e agli educatori, che più di tutti possono trasmettere conoscenze e consapevolezze, in particolare ai più giovani. Senza dimenticare, infine, il ruolo fondamentale che ciascuno di noi, attraverso le proprie azioni quotidiane, può avere nella promozione della salute globale.
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Articolo pubblicato su IL MATTINO il giorno 21 aprile 2024 con la collaborazione del network editoriale PreSa – Prevenzione Salute
Più servizi per curare fegato e stomaco
Alimentazione, PrevenzioneIn Campania si sono moltiplicate nell’ultimo decennio le diagnosi di patologie a carico del fegato e dell’apparato digerente. Una vera e propria emergenza che richiede una risposta basata su competenze, tecnologie e professionalità. L’Azienda Ospedaliera Universitaria Luigi Vanvitelli di Napoli, attraverso l’Unità Operativa Complessa di Epatogastroenterologia, ha scelto di unire le competenze assistenziali maturate da una lunga tradizione di Scuola Gastroenterologica ed Epatologica all’innovazione derivante dalla ricerca e ha così ampliato la gamma di servizi a disposizione dei pazienti. «L’offerta assistenziale – spiega il professor Alessandro Federico – si estrinseca attraverso una rete professionale capillare, che consente l’individualizzazione dei percorsi diagnostici e la personalizzazione dei protocolli terapeutici».
Attività assistenziali
Una programmazione fortemente voluta dal Direttore Generale Ferdinando Russo e del Direttore Sanitario Pasquale Di Girolamo Faraone, che hanno inteso fare dell’Epatogastroenterologia il fulcro delle attività assistenziali, con diverse tipologie di ambulatori, servizio di day hospital, day service e di ricovero ordinario. L’attività ambulatoriale, coordinata dal professor Alessandro Federico, è affidata all’esperienza dei dottori Marco Niosi e Marcello Dallio per le competenze epatologiche e delle dottoresse Antonietta Gravina e Paola Ciamarra per la gestione delle patologie del tubo digerente. L’ambulatorio dedicato alla gestione delle malattie croniche di fegato ad eziologia virale, dalle quali storicamente la Campania risulta tristemente flagellata, garantisce la prescrizione di farmaci innovativi in grado di “controllare” il virus dell’epatite B ed eradicare quello dell’epatite C.
Medicina personalizzata per fegato e intestino
«Per i soggetti con problematiche metaboliche del fegato (steatosi epatica) – spiega il professor Federico – è attivo un ambulatorio dedicato nel quale, nell’ottica di un inquadramento completo, viene eseguita anche una valutazione dello stato nutrizionale (con l’ausilio di una biologa nutrizionista) attraverso impedenziometria, V-Scan, bracciale metabolico e indagine nutrizionale computerizzata, oltre ad una valutazione psicologica (con l’ausilio di una psicologa del comportamento alimentare). Esami finalizzati a garantire al paziente una corretta indicazione dietetico-comportamentale-farmacologica».
Procedure endoscopiche
Per ciò che attiene l’endoscopia digestiva, presso la U.O.C. di Epatogastroenterologia si effettuano esofagogastroduodenoscopie e pancolonscopie con ileoscopia retrograda diagnostiche ed operative in regime ambulatoriale e di ricovero ordinario, day hospital e day service per tutte le Unità Operative dell’Azienda Ospedaliera e per utenti esterni previa prenotazione CUP. In particolare, si effettuano polipectomie, legatura di varici, trattamento con argon plasma coagulation, dilatazione di stenosi esofagea e/o colica, posizionamento di protesi, posizionamento di PEG-j per pazienti con malattia di Parkinson, elettroporazione di tumori.
Tutte le procedure diagnostiche ed operative vengono eseguite con assistenza anestesiologica continua, sotto la direzione della professoressa Caterina Pace, in sala endoscopica. L’U.O.C. di Epatogastroenterologia è centro di riferimento regionale per le malattie rare abilitato al trattamento, gestione e certificazione ed il professor Alessandro Federico è, inoltre, referente unico per l’Azienda Ospedaliera per la prescrizione di nuovi farmaci per la colestasi intraepatica familiare progressiva.
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Associazioni pazienti, Benessere, Economia sanitaria, Farmaceutica, News, News, Ricerca innovazioneSecondo i dati dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), l’Italia impiega in media 14 mesi per autorizzare un nuovo trattamento dopo l’approvazione dell’Agenzia Europea del Farmaco (EMA). Inoltre, le approvazioni regionali variano da 129 giorni in Piemonte a 279 giorni in Basilicata, con una media nazionale di 429 giorni. Questo ritardo del nostro Paese compromette l’accesso tempestivo a terapie innovative per molti pazienti italiani. L’Italia, così, si colloca al 14° posto in Europa per i tempi di approvazione delle domande di autorizzazione all’immissione in commercio (AIC).
Liste d’attesa e rinuncia alle cure
L’accesso alle cure è ulteriormente ostacolato dai lunghi tempi delle liste d’attesa per le visite specialistiche e gli esami diagnostici nel SSN. Un’indagine del 2024, condotta da BHAVE, indica che il 39% degli italiani considera i servizi pubblici meno efficienti di quelli privati. Il 46% degli intervistati attende mesi per una visita specialistica, mentre il 16% aspetta almeno un anno. Inoltre, il 36,5% delle famiglie a basso reddito e il 44,2% di quelle a reddito medio-basso rinunciano alle cure.
Problematiche del Servizio Sanitario Nazionale
Il tema è stato analizzato durante l’evento “Patient Access Journey,” su iniziativa della Sen. Daniela Sbrollini a Roma. Durante l’incontro è stato presentato il “Patient Access Report 2024“. Le principali problematiche del SSN, identificate dal Patient Access Think Tank, includono l’uso inappropriato dei servizi sanitari, come il ricorso frequente al pronto soccorso per problemi non urgenti e l’uso improprio di farmaci. La comunicazione inefficace con i cittadini, la carenza di personale sanitario, le risorse economiche insufficienti e un’organizzazione ospedaliera migliorabile sono altri fattori critici.
“Il quadro generale mostra un sistema sanitario sotto pressione, dove i ritardi nelle approvazioni, le lunghe attese per le prestazioni sanitarie e le crescenti disuguaglianze nell’accesso alle cure stanno compromettendo gravemente la salute pubblica in Italia – afferma Sbrollini. Nonostante tutti gli sforzi introdotti dal governo, è sempre più urgente un intervento strutturale sui comportamenti di cittadini ed operatori sanitari per migliorare l’efficienza del SSN e garantire un accesso equo e tempestivo alle cure per tutti i cittadini”.
Accesso all’innovazione. Market Access e Patient Access
Il Prof. Guido Rasi, consulente del Ministero della Salute, distingue tra Market Access e Patient Access. Il Market Access si concentra sull’introduzione commerciale dei prodotti, mentre il Patient Access si focalizza sull’effettiva fruibilità dei trattamenti da parte dei pazienti.
“Market Access e Patient Access sono concetti strettamente collegati, presentano differenze significative in termini di obiettivi, strategie e implicazioni – ha affermato. Entrambi sono essenziali per garantire che le innovazioni nel settore sanitario raggiungano e beneficino i pazienti in modo efficace e sostenibile. La collaborazione tra tutti gli stakeholders è cruciale per superare le barriere e migliorare l’accesso ai trattamenti per tutti i pazienti”, conclude Rasi
Il Patient Access Think Tank .
Il Patient Access Think Tank (PATT) è un’iniziativa senza scopo di lucro supportata da BHAVE, con il patrocinio di diversi intergruppi parlamentari e istituzioni accademiche. L’obiettivo è proporre soluzioni strategiche per il sistema sanitario sotto pressione. Tra gli obiettivi: sollecitare soluzioni per migliorare l’accesso alla salute dei cittadini, promuovere coalizioni e consenso tra pubblico e privato e instaurare un dialogo aperto tra istituzioni, aziende private, associazioni e società scientifiche.
Proposte e invito all’azione politica
Il diritto alla salute, sancito dall’articolo 32 della Costituzione Italiana, è un principio fondamentale che deve essere garantito a tutti i cittadini. Tuttavia, sembra essersi trasformato in un “diritto ausiliario”, subordinato ai vincoli di bilancio e alle politiche economiche, osserva Annalisa Scopinaro, Presidente di Uniamo. “Il Patient Access indica la possibilità e la capacità effettiva per un soggetto di prendersi cura di se stesso o di qualcun altro rivolgendosi alla sanità pubblica”, ribadisce.
Per migliorare la gestione delle liste d’attesa, il report propone sistemi di prenotazione con un numero unico nazionale, integrazione delle banche dati regionali per evitare doppie prenotazioni e mancate visite e l’utilizzo della tecnologia e dell’Intelligenza Artificiale per migliorare l’efficienza e la trasparenza delle liste d’attesa.
Inoltre le proposte includono l’adozione di standard uniformi per la gestione dei dati sanitari, investimenti nelle infrastrutture tecnologiche per migliorare la connettività e la capacità di elaborazione dei dati e l’implementazione di cartelle cliniche elettroniche accessibili in tutto il territorio nazionale.
Telemedicina e assistenza domiciliare
Il repost sottolinea la necessità di sviluppare linee guida nazionali per l’espansione dei servizi di telemedicina. Inoltre propone l’estensione del servizio alle farmacie territoriali e ai laboratori di analisi cliniche accreditati, oltre allo sviluppo di protocolli standardizzati per l’assistenza domiciliare integrata.
Collaborazione tra Stato e Regioni
Un altro punto riguarda la necessità di rafforzare la collaborazione tra Stato e Regioni per ridurre le diseguaglianze nell’offerta di servizi sanitari. Le Regioni e le aziende sanitarie devono rendicontare pubblicamente i loro risultati, fornendo dati omogenei e continuativi per permettere agli analisti di valutare l’impatto delle scelte politiche e organizzative, si legge nel report.
Infine viene proposta l’istituzione di Behavioral Intervention Units (BIUs) a livello nazionale e regionale, come suggerito dall’OMS. Queste unità aiuterebbero ad affrontare le barriere comportamentali e a promuovere cambiamenti positivi nei comportamenti di salute.
Infatti, un cambiamento comportamentale dei cittadini e degli operatori è essenziale per migliorare l’efficienza del SSN e garantire un accesso equo alle cure, ottimizzando gli investimenti.