Tempo di lettura: 4 minutiI disturbi del neurosviluppo sono tra le malattie più frequenti dell’età evolutiva. Per molte condizioni neuropsichiatriche l’esordio è diventato sempre più precoce negli ultimi anni. I dati sulla salute mentale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità – OMS segnalano un rischio nel 20 per cento tra i minorenni.
Secondo quanto emerge dal libro bianco dell’assistenza pediatrica in Italia a cura della FIAPERD – Federazione delle Società Scientifiche e delle Associazioni dell’Area Pediatrica, presentato lo scorso dicembre, sono oltre 100 mila i minori che ogni anno vengono assistiti in reparti non pediatrici.
L’assistenza nelle diverse fasi
Investire in servizi e programmi di salute mentale, adottare strategie di prevenzione e di diagnosi precoce e garantire una continuità di cura tra i 15 e i 24 anni: sono alcune delle urgenze emerse dal recente convegno “Dall’età evolutiva all’età adulta: transizione e tutela della salute mentale – percorsi interdisciplinari e presa in carico”. L’evento è stato organizzato da Fondazione Onda ETS e SINPF – Società Italiana di NeuroPsicoFarmacologia, con il patrocinio di SIP – Società Italiana di Pediatria, SINPIA – Società Italiana Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, SIP – Società Italiana di Psichiatria, SIMG – Società Italiana della Medicina generale e delle Cure primarie e FeDerSerD – Federazione Italiana degli Operatori dei Dipartimenti e dei Servizi delle Dipendenze e con il contributo non condizionato di Otsuka Italia.
Marzagora: garantire continuità
“I giovani di oggi vivono un grande disagio, complice anche il ruolo della pandemia”, ha spiegato Francesca Merzagora, Presidente Fondazione Onda ETS. Se da un lato, è fondamentale che esprimano a gran voce questo disagio in modo tale che i genitori vengano informati e si possa, di conseguenza, intervenire tempestivamente, dall’altro si deve garantire che il servizio di presa in carico sia efficace, non dispersivo e non lasci indietro nessuno. Al compimento della maggiore età, i giovani non si devono perdere all’interno del sistema proprio perché laddove sia ottenibile la guarigione, possono essere adottati interventi efficaci in grado di ridurre l’intensità, la durata dei sintomi e le conseguenze”.
”Oltre a ciò – ha concluso Merzagora – stigma e mancanza di informazioni nei confronti della malattia mentale contribuiscono al ritardo nell’inquadramento diagnostico”.
I dati sulla salute mentale dei giovani
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità – OMS il 20 per cento tra i minorenni rischia di ammalarsi di un disturbo mentale. Inoltre, l’esordio è diventato sempre più precoce, in particolare per i disturbi del comportamento alimentare, con un’età media all’esordio di 8 anni. Se da un lato i numeri erano già consistenti in epoca prepandemica, è innegabile che siano peggiorati durante e dopo la pandemia da Covid-19. Negli ultimi quattro anni, infatti, si è registrato un aumento del 28 per cento dei disturbi mentali a seguito di una condizione globale di incertezza legata alla pandemia, al cambiamento climatico e alle guerre. I disturbi della nutrizione e alimentazione e alcuni disturbi del neurosviluppo, come il disturbo da deficit dell’attenzione o iperattività e l’autismo, in particolare, sono tematiche che sempre più richiedono il passaggio verso servizi per la salute mentale degli adulti, con esordi sempre più precoci.
In Italia
In questo scenario, l’Italia si conferma fanalino di coda in materia di fondi dedicati alla salute mentale: infatti, la spesa per la salute psichiatrica nel nostro paese non supera il 3 per cento: una cifra irrisoria, soprattutto se paragonata agli investimenti di altri paesi europei, come Germania e Francia, dove la spesa supera il 10 per cento del Fondo Sanitario. “Questo porta ad avere una risposta territoriale a questi bisogni assistenziali estremamente carente a fronte delle risorse insufficienti”, hanno spiegato gli specialisti.
Secondo quanto emerge dal libro bianco dell’assistenza pediatrica in Italia a cura della FIAPERD – Federazione delle Società Scientifiche e delle Associazioni dell’Area Pediatrica, presentato lo scorso dicembre, sono oltre 100 mila i minori che ogni anno vengono assistiti in reparti non pediatrici. Particolarmente delicata è la situazione della neuropsichiatria infantile, dove l’esplosione delle richieste per disturbi psichiatrici gravi e acuti sta saturando i posti disponibili, tanto che il 30 per cento dei ricoveri per disturbi neuropsichiatrici in età evolutiva avviene in reparti pediatrici e il 10 per cento dei ricoveri di minorenni per disturbi psichiatrici avviene in stato di necessità in reparti psichiatrici per adulti, nonostante tale collocazione sia gravemente inappropriata.
Migliorare presa in carico
In questo contesto che si inserisce l’impegno di Fondazione Onda ETS e delle società scientifiche nel miglioramento della presa in carico dei giovani e nella tutela della loro salute mentale. L’obiettivo è promuovere una sempre più sinergica collaborazione tra neuropsichiatri, pediatri di libera scelta e i medici di Medicina generale in modo tale da delineare un percorso verso i servizi di riferimento a supporto alle famiglie, favorendo così la transizione ai servizi dell’età adulta, come ha ricordato Claudio Mencacci, Co-Presidente SINPF Società Italiana di NeuroPsicoFarmacologia. “I primi impegni per le patologie mentali in età pediatrica e adolescenziale sono le strategie di prevenzione, screening e diagnosi precoce, ha spiegato. “Secondariamente occorre garantire nella transizione dai 15 ai 24 anni una continuità di cura in collaborazione con la psichiatria-neuropsichiatria-dipendenze e la transizione dal pediatra al medico di Medicina generale. Di fatto si rende necessario un approccio coordinato, multidisciplinare, integrato dei servizi, una comunicazione efficace e un reale e appropriato supporto alla famiglia”.
”Le Società Scientifiche condividono sempre più una visione comune e una unità di intenti, latita ancora la risposta istituzionale e l’assenza di un prioritario investimento in servizi e programmi di salute mentale a livello nazionale. Purtroppo, continua a mancare una visione di insieme, sono stati facilitati interventi spot come il bonus psicologico o lo psicologo di base in assenza di una visione di sistema, di un coordinamento sinergico ed efficace come l’istituzione di una Agenzia Nazionale per la salute mentale che possa garantire equità e condivisione sul territorio nazionale al tempo della nuova autonomia differenziata. Un Paese che non investe sulla salute mentale dei giovani non potrà crescere, cambiare e credere nel futuro”, ha concluso.
Per garantire la continuità delle cure è necessaria la condivisione di informazioni (ospedale-territorio e territorio-territorio), ma non esiste allo stato attuale un dossier condiviso. Spesso sono richieste competenze specialistiche per le quali la formazione è insufficiente. Inoltre, sussiste il problema di fissare una soglia di età per il passaggio dai servizi dedicati all’infanzia/adolescenza a quelli dell’adulto.
Una delle criticità nella continuità di cura è l’alta percentuale di utenti che hanno avuto accesso in Pronto Soccorso senza ricevere alcuna prestazione ambulatoriale di neuropsichiatria infantile e adolescenziale nello stesso anno (74 per cento) o dopo ricovero (32 per cento) o per chi assume psicofarmaci (28 per cento).
Oropouche, cosa provoca il virus arrivato in Italia
News, News, One health, PrevenzioneOropouche è un virus poco conosciuto, diagnosticato di recente a Milano in pazienti provenienti dal Sud America. Il virus è presente soprattutto in Brasile e a Cuba e si trasmette all’uomo attraverso le punture di moscerini o zanzare. Finora in Italia i casi diagnosticati sono stati quattro. L’infezione provoca febbre alta, dolori articolari e muscolari, rash cutaneo.
Vettore del virus Oropouche
Il principale vettore del virus Oropouche è la zanzara Culicoides paraensis. Questa zanzara è attualmente presente solo in Sud e Centro America. In Europa non è presente e a oggi non ci sono prove di trasmissione del virus Oropouche da uomo a uomo. Tuttavia gli specialisti sottolineano l’importanza di monitorare la diffusione del virus. Nonostante non ci siano rischi nel nostro Paese, è importante non sottovalutare i sintomi e i dati epidemiologici e rivolgersi ai laboratori di riferimento.
Allarme in Sud America
In Sud America, il virus Oropouche sta allarmando scienziati ed esperti di salute pubblica. Il Brasile ha segnalato quest’anno 5530 casi. Anche Bolivia, Colombia e Perù hanno registrato un aumento. Cuba ha segnalato i suoi primi casi a maggio. Il virus potrebbe causare una grande epidemia in America Latina. La regione ha già combattuto le epidemie di Zika e chikungunya e ora affronta una delle peggiori epidemie di dengue.
Sintomi e gravi complicazioni
La maggior parte dei casi di infezione da Oropouche sono lievi. I sintomi includono mal di testa, dolori muscolari, nausea ed eruzioni cutanee. Tuttavia, il virus può causare infiammazioni cerebrali e problemi neurologici, come vertigini e letargia. Anche una lieve epidemia potrebbe sovraccaricare i sistemi sanitari del continente.
Storia e diffusione del virus
Il virus Oropouche è stato identificato per la prima volta nel 1955 a Trinidad e Tobago. Nel 1960 è apparso in un campione di sangue di un bradipo malato durante la costruzione dell’autostrada Belém-Brasilia. Da allora, ci sono stati circa 30 focolai in America Latina, soprattutto nel bacino amazzonico. Nella foresta, il virus circola tra primati, bradipi e uccelli. In contesti urbani, la trasmissione all’uomo avviene tramite la zanzara Culicoides paraensis.
Diagnosi e sintomi simili
I sintomi di Oropouche assomigliano a quelli di dengue, Zika e altre malattie. Un’infezione può essere confermata solo tramite test anticorpali. Questo rende difficile diagnosticare e quantificare con precisione i casi di Oropouche.
Deforestazione tra le cause della diffusione
La deforestazione è una causa della diffusione del virus. La distruzione degli habitat naturali spinge i vettori del virus a nutrirsi di persone invece che di animali. A Manaus, i primi casi dell’epidemia attuale sono stati rilevati vicino ad aree recentemente disboscate. Le immagini satellitari confermano il collegamento tra deforestazione e diffusione del virus.
Impatto del cambiamento climatico
Il cambiamento climatico gioca un ruolo nella diffusione del virus. Temperature più alte accelerano la maturazione dei moscerini. Piogge e inondazioni aumentano l’acqua stagnante dove gli insetti possono riprodursi. Questo crea condizioni ideali per la diffusione del virus Oropouche.
Controllare il vettore
Controllare la zanzara Culicoides paraensis è una sfida. I moscerini passano facilmente attraverso le zanzariere e i comuni repellenti per insetti potrebbero non funzionare. La mancanza di studi specifici rende difficile sviluppare strategie efficaci di controllo.
Rischio di diffusione
È difficile prevedere quanto il virus potrebbe diffondersi. Culicoides paraensis è presente dagli Stati Uniti al nord dell’Argentina, ma non tutti i luoghi hanno le condizioni giuste per la diffusione del virus. Un modello del 2023 suggerisce che fino a 5 milioni di persone nelle Americhe sono a rischio. Tuttavia, il numero potrebbe essere sottostimato. Il modello non ha previsto l’espansione della malattia nelle grandi città come Rio de Janeiro. Inoltre, non ha tenuto conto della futura deforestazione e del cambiamento climatico.
Possibili vettori alternativi ed evoluzione del virus
La zanzara domestica comune (Culex quinquefasciatus) potrebbe trasmettere il virus Oropouche. Alcuni studi suggeriscono che anche altri insetti potrebbero essere vettori del virus. Questo complica ulteriormente la previsione e il controllo della diffusione del virus.
Gli scienziati temono che il virus possa subire cambiamenti genetici. Il virus Oropouche ha tre segmenti di RNA. Quando due ceppi diversi infettano la stessa cellula, possono scambiarsi segmenti, creando nuove combinazioni genetiche. Questo potrebbe rendere il virus più pericoloso.
Sanità peggiora in 10 Regioni. Divario Nord-Sud aumenta
Benessere, Economia sanitaria, Medicina Sociale, NewsLa sanità italiana registra un peggioramento nel 2022. Lo evidenzia il Rapporto della Fondazione Gimbe. Le Regioni adempienti scendono da 14 a 13. Il divario tra Nord e Sud si amplia ulteriormente. La situazione è critica, con solo due Regioni meridionali che garantiscono i Livelli essenziali di assistenza.
Regioni bocciate
Il 2022 mostra un calo delle Regioni adempienti in tutte e tre le aree di valutazione: assistenza ospedaliera, territoriale e prevenzione. Si passa da 14 a 13 Regioni. L’Abruzzo diventa inadempiente per il punteggio insufficiente nell’area della prevenzione. Le Regioni inadempienti al Nord sono solo la Provincia Autonoma di Bolzano e la Valle d’Aosta.
Divario Nord-Sud
Il divario tra Nord e Sud è evidente. Solo Puglia e Basilicata sono tra le Regioni adempienti. Queste si trovano però in fondo alla classifica delle Regioni promosse. Ai primi posti ci sono sei Regioni del Nord e quattro del Centro. Nelle ultime posizioni ci sono quasi esclusivamente Regioni del Mezzogiorno.
Sanità delle Regioni, prevenzione insufficiente
Nel 2022 quasi la metà delle Regioni ha performance inferiori al 2021. L’area della prevenzione è la più colpita, con una perdita complessiva di 146 punti a livello nazionale. Il passaggio all’Anagrafe Vaccinale Nazionale potrebbe aver influenzato questi dati, precisa la Fondazione Gimbe.
Il monitoraggio del ministero della Salute conferma il peggioramento. La frattura tra Nord e Sud si amplia. L’Abruzzo diventa inadempiente e molte Regioni del Sud vedono ridotti i punteggi Lea. Questo avviene mentre entra in vigore la legge sull’autonomia differenziata, che non definisce i Livelli essenziali delle prestazioni in materia di salute.
Conclusioni
Il Rapporto della Fondazione Gimbe mette in luce un peggioramento della sanità in Italia. Il divario Nord-Sud aumenta. Serve un intervento deciso per migliorare la situazione, garantendo a tutti i cittadini un accesso equo ai servizi sanitari essenziali, ha spiegato il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta.
Nel cervello e nell’intestino le impronte dell’emicrania
Bambini, News, Ricerca innovazioneScoperte nuove impronte dell’emicrania nel cervello e nell’intestino di bambini e ragazzi. Due studi recenti condotti dai ricercatori dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù hanno indagato struttura cerebrale e composizione del microbiota degli emicranici rivelando differenze significative rispetto ai soggetti sani. Entrambe le ricerche aprono la strada a percorsi mirati e personalizzati per la cura di questa malattia neurologica che colpisce oltre 1 bambino su 10. L’Ospedale rende noti i risultati degli studi in occasione della Giornata Mondiale del Cervello che ricorre oggi.
Emicrania: ne soffre 1 bambino su 10
L’emicrania, la forma più frequente di cefalea primaria tra i bambini e gli adolescenti, è una patologia neurologica che colpisce circa l’11% della popolazione pediatrica. È spesso dovuta a una predisposizione genetica, confermata dalla presenza di altri casi in famiglia. Può presentarsi a qualsiasi età, persino nei primi mesi di vita, anche se tra i più piccoli la malattia non si manifesta con il mal di testa ma con sintomi come vomito ciclico, dolori addominali e articolari ricorrenti, vertigini, torcicollo e mal d’auto. L’équipe del Centro per lo studio e la cura delle cefalee in età evolutiva del Bambino Gesù segue ogni anno 1.500 nuovi casi di bambini emicranici erogando circa 3.000 prestazioni tra visite ambulatoriali e day hospital.
Come la malattia trasforma il cervello
Corteccia cerebrale più sottile rispetto ai soggetti sani e modalità diverse con cui alcune aree del cervello degli emicranici “parlano” tra di loro. Sono i principali risultati dello studio in due fasi condotto da clinici e ricercatori delle unità di Neurologia dello sviluppo, Neuro-imaging funzionale e Fisica sanitaria del Bambino Gesù su 100 bambini e adolescenti affetti da emicrania e su un gruppo di controllo composto da 100 coetanei senza emicrania.
Risonanza magnetica
La ricerca, finanziata dal Ministero della Salute e dell’International Headache Society, ha portato alla scoperta di alcune differenze significative tra i due gruppi (emicranici e sani): attraverso la risonanza magnetica e la tecnica di analisi “morphometric similarity” sono state rilevate diverse modalità di connessione tra aree cerebrali, soprattutto quelle coinvolte nelle funzioni esecutive e nell’elaborazione degli stimoli del dolore e, in corrispondenza delle stesse aree, anche una riduzione dello spessore della corteccia cerebrale. Inoltre, sono state osservate differenze nella connessione cerebrale tra maschi e femmine.
Differenze di genere
«I risultati dello studio ci dicono che l’emicrania modifica la struttura del cervello in maniera progressiva fin dall’infanzia» sottolinea Massimiliano Valeriani, responsabile di Neurologia dello sviluppo del Bambino Gesù. «L’evidenza delle impronte che la malattia lascia sulla struttura e sulla connessione fra aree cerebrali indica la necessità di intercettare, e quindi curare, i pazienti emicranici fin da piccoli. Inoltre, le differenze fra maschi e femmine emerse dalla nostra ricerca suggeriscono l’adozione di piani terapeutici che tengano conto anche del genere, prospettiva che non è mai stata presa in considerazione neanche per gli adulti».
I segnali che arrivano dal secondo cervello
L’emicrania nei bambini è caratterizzata da specifiche alterazioni del microbiota, l’insieme di microrganismi presenti nell’intestino (il cosiddetto ‘secondo cervello’) che dialogano tra loro e con il sistema nervoso centrale regolando le funzioni dell’organismo. È quanto emerge dallo studio condotto dal team delle unità di Neurologia dello sviluppo e di Microbiomica del Bambino Gesù su 98 pazienti emicranici tra i 6 e i 17 anni e su un gruppo di controllo composto da 98 coetanei. La ricerca è stata finanziata dal Ministero della Salute.
Lo studio
I ricercatori hanno confrontato campioni di feci, urine e sangue dei due gruppi: attraverso l’analisi di specifici parametri sono state individuate differenze significative sia nelle componenti del microbiota intestinale che nelle loro funzioni. In particolare è emerso che il profilo del microbiota degli emicranici influenza alcuni processi metabolici, come la produzione di serotonina e triptofano, implicati nell’insorgenza del mal di testa. Inoltre, le alterazioni riscontrate sembrano concorrere alla disbiosi intestinale (squilibro causato dall’eccedenza di batteri “cattivi”) e all’aumento della permeabilità dell’intestino alimentando, così, le manifestazioni della malattia.
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Diabete 2: nel 5% forma latente a lenta progressione
Anziani, Alimentazione, PrevenzioneEsiste una forma di diabete latente e a lenta progressione dell’adulto (LADA) che in Italia interessa il 5% delle persone con diabete di tipo 2. In modo confidenziale, viene chiamato ‘diabete 1.5’.
Si tratta di un tipo di diabete autoimmune che esordisce in età adulta, in genere dopo i 30 anni. La funzione delle beta cellule del pancreas non richiede trattamento insulinico entro 6 mesi dalla diagnosi.
Diabete LADA: diagnosi più difficile
Rispetto alle persone con diabete di tipo 2 (DM2) le persone con LADA hanno una ridotta prevalenza di obesità e di sindrome metabolica. I fenotipi clinici del LADA sono diversi per livelli di auto-anticorpi, insulino-resistenza e livello di secrezione insulinica endogena.
Questa eterogeneità pone al diabetologo difficoltà sia diagnostiche che terapeutiche: “Il LADA condivide caratteristiche genetiche con entrambi i tipi di diabete” spiega la Prof.ssa Raffaella Buzzetti, Presidente Eletto della SID che ha firmato numerosi studi sull’argomento “una suscettibilità legata ai geni HLA e non solo. Come nel diabete di tipo 1 anche il LADA ha come caratteristica l’insulite ossia il processo infiammatorio che distrugge le beta cellule. Per la diagnosi si ricorre al dosaggio di uno specifico auto-anticorpo chiamato GADA (anti-decarbossilasi dell’acido glutammico), i cui livelli identificano due sottopopolazioni: a basso o ad alto titolo anticorpale”.
I pazienti con elevati livelli di auto-anticorpi GADA sono in genere normopeso, hanno un peggiore compenso glicemico, minore sindrome metabolica e progrediscono più rapidamente verso la necessità di trattamento insulinico rispetto ai soggetti con bassi livelli di GADA. Alti anticorpi come gli IA-2 (antitirosina fosfatasi) sempre diagnostici di diabete autoimmune possono essere presenti nei soggetti LADA e, a seconda del tipo, caratterizzano diversi fenotipi di LADA.
Rischio terapia inadeguata
“La maggior parte dei soggetti con LADA è inizialmente inquadrata come affetta da tipo 2” sottolinea Buzzetti“ciò espone queste persone ad una terapia spesso non adeguata alle loro caratteristiche. Oltre alla positività degli autoanticorpi che andrebbe ricercata, se non in tutti, almeno nei soggetti con T2D con familiarità e/o presenza di altre malattie autoimmuni, scompenso metabolico importante, BMI normale o lievemente aumentato, nei soggetti con LADA andrebbe dosato il C-peptide marcatore di funzionalità beta-cellulare. Sulla base dei livelli di C-peptide (da < 0,3 nmoL/L a > 0,7 nmoL/L) si potrebbe definire la terapia, insulinica o con altri farmaci, più consona ad ogni persona affetta da LADA.
Il LADA si caratterizza per una grande eterogeneità genetica, fisiopatologia e clinica, l’obiettivo terapeutico del diabetologo è quello di ottenere un buon controllo metabolico e preservare la funzione delle beta cellule al fine di prevenire le complicanze micro e macrovascolari.
Annegamenti, troppe morti insopportabili
NewsIn Italia, il fenomeno degli annegamenti rappresenta una tragica realtà che ogni anno distrugge troppe famiglie. Con una media di circa 400 decessi l’anno, di cui il 10% sono minori, l’importanza della prevenzione e della sorveglianza diventa evidente. In vista della Giornata Mondiale per la Prevenzione dell’Annegamento, istituita dalle Nazioni Unite e celebrata il 25 luglio, gli esperti dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma hanno fornito preziose indicazioni per ridurre al minimo i rischi associati a questo pericoloso fenomeno.
I numeri degli annegamenti
Secondo i dati ISTAT, negli ultimi dieci anni in Italia sono morte per annegamento 3.760 persone, di cui 429 erano bambini e ragazzi. Il Lazio registra una media di 16 decessi all’anno, mentre nel centro Italia, tra il 2012 e il 2021, sono morti 55 minori. L’Istituto Superiore di Sanità, tramite il suo Osservatorio, riporta che ogni anno si registrano 800 ospedalizzazioni per annegamento, circa 60.000 salvataggi sulle spiagge e oltre 600.000 interventi di prevenzione effettuati dai bagnini.
Prevenzione
La prevenzione è fondamentale per ridurre il rischio di annegamento. È essenziale impedire l’accesso non controllato all’acqua mettendo, per i più piccoli, delle vere e proprie barriere fisiche. Ad esempio cancelli e porte chiuse, ma bisogna anche coprire le piscine quando non sono in uso. Controllare la temperatura dell’acqua, utilizzare braccioli e ciambelle, e familiarizzare i bambini con l’acqua fin dai 6 mesi di vita sono misure cruciali.
Sorveglianza
Il dottor Sebastian Cristaldi, responsabile del DEA II Livello del Bambino Gesù, sottolinea che la sorveglianza è la forma di prevenzione più efficace. “Sorveglianza non vuol dire solo non perdere mai d’occhio i bambini quando sono vicini o dentro l’acqua, vuol dire anche stargli vicini in modo da poter intervenire tempestivamente in caso di imprevisti”. Anche una breve distrazione, come una telefonata, può essere fatale. Per i bambini sotto i 5-6 anni, la presenza di un genitore in acqua è indispensabile, mentre per quelli più grandi è fondamentale non perderli mai di vista, poiché possono essere trascinati sott’acqua da onde o correnti.
Rispetto delle regole
Rispetto delle regole è un altro elemento cruciale per prevenire gli annegamenti. Gli adulti devono dare il buon esempio e rispettare le segnaletiche che indicano i divieti di balneazione per ragioni di sicurezza. “Non si può fare il bagno ovunque ci sia l’acqua: fiume, lago, mare,” afferma Cristaldi. Il rispetto delle limitazioni non solo protegge gli adulti, ma insegna ai bambini l’importanza della sicurezza.
Come intervenire
Quando un episodio di annegamento si verifica, è vitale intervenire rapidamente. Lanciate in acqua qualsiasi oggetto galleggiante a cui il bambino possa aggrapparsi e il soccorso deve essere effettuato da abili nuotatori. Una volta portato il bambino a riva, se le condizioni sono buone, deve essere messo in posizione seduta e invitato a tossire. Se presenta segni di asfissia, bisogna liberare le vie respiratorie e, se necessario, praticare la respirazione bocca a bocca. In caso di perdita di coscienza, mancanza di respirazione o assenza di polso, è fondamentale richiedere immediatamente l’intervento di personale qualificato in grado di eseguire le manovre di rianimazione cardiopolmonare.
Sensibilizzare
La prevenzione degli annegamenti richiede un impegno collettivo e costante. Sorveglianza, rispetto delle regole e interventi tempestivi possono salvare vite, specialmente quelle dei più piccoli. Proprio per questo la Giornata Mondiale per la Prevenzione dell’Annegamento è un’importante occasione per sensibilizzare l’opinione pubblica su questo grave problema che ancora oggi causa troppe morti e promuovere una cultura della sicurezza e della prevenzione.
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Micosi delle unghie, come prevenirla in piscina
Benessere, News, Prevenzione, SportLa micosi delle unghie è un problema comune che si può prevenire. È frequente soprattutto tra gli sportivi e se non trattata può diffondersi e causare complicazioni gravi. La dottoressa Claudia Pazzini, dermatologa presso Humanitas San Pio X e i centri medici Humanitas Medical Care, spiega come prevenire e curare l’infezione.
Micosi delle unghie, le cause
L’infezione fungina delle unghie è causata da diversi tipi di funghi, tra cui Trichophyton ed Epidermophyton. Anche i lieviti, come quelli del genere Candida, e le muffe, come Aspergillus, possono essere responsabili di questa infezione. Può presentarsi con macchioline bianche, gialle, verdi o marroni. Una delle principali cause della micosi è l’ambiente caldo e umido all’interno delle scarpe, che favorisce la crescita e la diffusione dei funghi. Questo spiega perché le unghie dei piedi sono più comunemente colpite rispetto a quelle delle mani. L’infezione può essere contratta camminando a piedi nudi negli spogliatoi delle palestre e nelle piscine, dove il fungo può facilmente attecchire. Inoltre, traumi derivanti dall’uso di calzature strette o da specifiche attività sportive aumentano il rischio di infezione, poiché favoriscono l’attecchimento del fungo sulle unghie lesionate.
Sintomi della micosi delle unghie
I sintomi della micosi delle unghie possono variare, ma comunemente includono fragilità e friabilità dell’unghia, deformazione della stessa e opacità della lamina con colorazioni differenti all’interno. L’infezione può anche causare infiammazione dei tessuti circostanti all’unghia, rendendo la zona dolente e sensibile al tatto, spiega la specialista. Questi sintomi possono peggiorare se non trattati tempestivamente, portando a ulteriori complicazioni.
Micosi delle unghie, quando rivolgersi al dermatologo
Se si sospetta un’infezione fungina delle unghie, è importante rivolgersi a un dermatologo. La valutazione professionale è necessaria per diagnosticare correttamente la micosi. Il dermatologo prescriverà un esame micologico, che si effettua prelevando un frammento di unghia per l’analisi al microscopio. Questo esame permette di individuare la presenza di ife e spore, elementi caratteristici dei funghi. Inoltre, può essere eseguito un esame colturale, che consente una diagnosi più precisa dell’onicomicosi, permettendo di selezionare la terapia più adatta.
Come trattare il fungo delle unghie
Per trattare i funghi delle unghie esistono pomate o smalti antimicotici da applicare direttamente sull’unghia infetta. Un’altra opzione è l’uso di creme a base di urea al 40%, che aiutano a penetrare meglio i prodotti antifungini. In alcuni casi, il dermatologo potrebbe prescrivere antimicotici orali, come itraconazolo, fluconazolo e terbinafina, che agiscono sistemicamente per eliminare l’infezione. Per favorire la penetrazione dei prodotti antifungini, è possibile eseguire una fresatura della lamina dell’unghia, da ripetere ogni 15 giorni, oppure applicare la crema all’urea al 40% per 3 o 4 settimane. È importante notare che le cure per l’onicomicosi richiedono tempo e devono durare almeno 4-6 mesi, soprattutto nel caso delle unghie dei piedi.
Onicomicosi e salute generale
L’onicomicosi in genere non comporta rischi gravi per la salute. Tuttavia, nei soggetti immunocompromessi può estendersi ad altre unghie e ai tessuti circostanti. Per evitare complicazioni, è fondamentale evitare il fai-da-te e rivolgersi sempre a un dermatologo per una corretta diagnosi e terapia. Inoltre, le alterazioni ungueali di diversa natura, come la psoriasi ungueale, possono essere scambiate erroneamente per onicomicosi e richiedere un approccio terapeutico diverso, sottolinea la specialista.
Prevenire la micosi in piscina
La piscina è uno dei luoghi più a rischio per contrarre funghi. Per prevenire le infezioni fungine in questi ambienti, è importante adottare alcune precauzioni. Indossare sempre le ciabatte per evitare di camminare a piedi nudi nelle docce o negli spogliatoi è una delle prime misure di prevenzione, spiega la dermatologa. Inoltre, è importante mantenere i piedi e le unghie il più possibile asciutti e puliti ed evitare di tagliare la pelle intorno alle unghie per prevenire l’accesso dei germi. Infine la specialista raccomanda di non applicare smalto nelle zone con infezioni fungine e lavare accuratamente le mani dopo aver toccato un’unghia infetta per evitare la diffusione del fungo ad altre aree del corpo.
In memoria del piccolo Riccardo
Bambini, NewsÈ difficile non commuoversi nel ricordare il piccolo Riccardo, che ha trascorso la sua vita affidato alle cure degli specialisti dell’Immunologia dell’AOU Meyer Irccs. Oggi, proprio in suo ricordo, l’Ospedale Pediatrico, ha inaugurato la “Stanza Ricca”, uno spazio interamente arredato a misura di bambino, pieno di colori e con tutto il necessario per le visite mediche.
La storia di Riccardo
Due anni fa, Riccardo ci ha lasciati, ma la sua eredità vive attraverso questo progetto voluto dai suoi genitori, mamma Francesca e babbo Simone, in collaborazione con la Fondazione Meyer. Riccardo ha affrontato la sua malattia con una forza straordinaria e un’allegria contagiosa. “Per questo – hanno ricordato le dottoresse che lo hanno curato – abbiamo pensato che questa non sarà la ‘Stanza di Riccardo’, ma proprio la ‘Stanza Ricca’, per ricordare chi era Riccardo e la ricchezza che ha donato a tutti noi”.
Un progetto di speranza e cura
La “Stanza Ricca” nasce per offrire ai piccoli pazienti un luogo magico e stimolante durante le loro cure. Le pareti sono decorate con animali della savana, una delle grandi passioni di Riccardo, creando un ambiente che infonde coraggio e speranza. “Attraverso questo spazio vogliamo tenerlo con noi, per noi, ma anche per tutti i bambini presenti e futuri abitanti di questo spazio a lui dedicato”, hanno spiegato i medici dell’Immunologia.
L’importanza dello screening neonatale
Il servizio di Immunologia dell’AOU Meyer Irccs è un pioniere in Italia per quanto riguarda lo screening neonatale delle immunodeficienze. Grazie a questo programma, il Meyer può fare diagnosi precoci di malattie rare, rilevando un caso ogni 9000 nati. Questo tipo di diagnosi è cruciale perché permette di intervenire tempestivamente, prevenendo gravi infezioni che potrebbero causare danni permanenti o, nei casi più gravi, la morte del bambino.
L’eccellenza del servizio di immunologia al Meyer
Attualmente, il servizio di Immunologia dell’AOU Meyer Irccs segue circa 450 piccoli pazienti con immunodeficienza grave, fornendo le migliori terapie disponibili per garantire loro una vita il più normale possibile. Inoltre, il centro accoglie e cura decine di bambini provenienti da altre regioni italiane, e ogni giorno segue numerosi bambini con difetti immunitari minori che si risolvono con la crescita. Il servizio è anche specializzato nelle vaccinazioni in ambiente protetto per pazienti fragili o con malattie croniche.
Un impegno per il futuro
Francesca e Simone, i genitori di Riccardo, spiegano che attraverso la loro esperienza al Meyer vogliono supportare il reparto di Immunologia a offrire risposte sempre più precise ai piccoli pazienti e migliorare la qualità della permanenza in ospedale dei bambini con immunodeficienze e delle loro famiglie. La “Stanza Ricca” rappresenta non solo un tributo a Riccardo, ma anche un simbolo di speranza e di forza per tutti i bambini che dovranno affrontare sfide simili.
La Stanza Ricca
La “Stanza Ricca” al Meyer è più di uno spazio arredato: è un luogo dove la memoria di un bambino straordinario continua a vivere, portando colore e coraggio a chi ne ha più bisogno. Un progetto commovente e significativo che onora la vita di Riccardo e offre un contributo prezioso alla comunità dei piccoli pazienti e delle loro famiglie. Con l’inaugurazione di questo spazio, il Meyer continua a dimostrarsi un centro di eccellenza e innovazione nella cura delle immunodeficienze, offrendo speranza e supporto a chi affronta queste difficili sfide.
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Chirurgia pediatrica, la storia di Dastan
Bambini, NewsSi chiama Dastan (nome di fantasia per tutelarne la privacy), ha solo 7 anni ed è arrivato dal Kuwait all’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli dove è stato operato dall’equipe del professor Ciro Esposito, direttore della Chirurgia Pediatrica dell’Azienda e della Scuola di Specializzazione in Chirurgia Pediatrica dell’Ateneo federiciano. Un caso clinico che è stato discusso durante l’ultimo Corso Europeo di Chirurgia Mini-invasiva e Robotica, tenutosi a Napoli l’11 e il 12 luglio. Se fino a qualche anno fa c’era una forte migrazione dei pazienti pediatrici verso il Centro Nord Italia, negli ultimi anni la Chirurgia Pediatrica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria partenopea è diventata centro di riferimento internazionale per il trattamento chirurgico di molte malformazioni congenite del bambino.
Il viaggio della speranza
Infatti, il piccolo Dastan è uno dei numerosi bimbi stranieri accolti ed operati dal team della Federico II. Dopo un intervento effettuato durante il primo anno di vita a Kuwait City per una grave malformazione genito-urinaria, il problema di Dastan non era stato purtroppo risolto. Da qui l’esigenza di un nuovo intervento chirurgico. I genitori di Dastan hanno fatto quello che farebbe ogni genitore, si sono informati sui migliori centri d’Europa, e così nei mesi scorsi sono arrivati ad individuare la chirurgia pediatrica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli.
Chirurgia pediatrica all’avanguardia
«Ci hanno contattato via Zoom – spiega il professor Ciro Esposito – e ci hanno parlato del piccolo e della sua storia. Dopo alcuni incontri on line, i genitori hanno deciso di venire a Napoli e così, Dastan e la sorellina, sono arrivati a Napoli nel mese di marzo per essere operati». Presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli, del resto, si trovano le sale di endoscopia pediatrica e le sale operatorie chirurgiche pediatriche più moderne d’ Italia.
Tornato a sorridere
«L’intervento chirurgico di Dastan – prosegue il professor Esposito – è stato tecnicamente complesso, proprio perché il bambino era già stato operato nel suo paese. Grazie alle tecnologie mini-invasive che adottiamo abitualmente nel nostro centro, abbiamo ricostruito le sue vie genito-urinarie salvando la funzionalità dei reni. Abbiamo operato anche la sorellina che aveva un piccolo problema chirurgico che abbiamo risolto definitivamente». Tornato di recente a Napoli per un controllo, dopo una serie di monitoraggi da remoto, Dastan sta bene ed è completamente guarito.
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Presa Weekly 19 Luglio 2024
PreSa WeeklySalute mentale giovani: 74% mancata presa in carico
Adolescenti, Bambini, News, Pediatria, Prevenzione, PsicologiaI disturbi del neurosviluppo sono tra le malattie più frequenti dell’età evolutiva. Per molte condizioni neuropsichiatriche l’esordio è diventato sempre più precoce negli ultimi anni. I dati sulla salute mentale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità – OMS segnalano un rischio nel 20 per cento tra i minorenni.
Secondo quanto emerge dal libro bianco dell’assistenza pediatrica in Italia a cura della FIAPERD – Federazione delle Società Scientifiche e delle Associazioni dell’Area Pediatrica, presentato lo scorso dicembre, sono oltre 100 mila i minori che ogni anno vengono assistiti in reparti non pediatrici.
L’assistenza nelle diverse fasi
Investire in servizi e programmi di salute mentale, adottare strategie di prevenzione e di diagnosi precoce e garantire una continuità di cura tra i 15 e i 24 anni: sono alcune delle urgenze emerse dal recente convegno “Dall’età evolutiva all’età adulta: transizione e tutela della salute mentale – percorsi interdisciplinari e presa in carico”. L’evento è stato organizzato da Fondazione Onda ETS e SINPF – Società Italiana di NeuroPsicoFarmacologia, con il patrocinio di SIP – Società Italiana di Pediatria, SINPIA – Società Italiana Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, SIP – Società Italiana di Psichiatria, SIMG – Società Italiana della Medicina generale e delle Cure primarie e FeDerSerD – Federazione Italiana degli Operatori dei Dipartimenti e dei Servizi delle Dipendenze e con il contributo non condizionato di Otsuka Italia.
Marzagora: garantire continuità
“I giovani di oggi vivono un grande disagio, complice anche il ruolo della pandemia”, ha spiegato Francesca Merzagora, Presidente Fondazione Onda ETS. Se da un lato, è fondamentale che esprimano a gran voce questo disagio in modo tale che i genitori vengano informati e si possa, di conseguenza, intervenire tempestivamente, dall’altro si deve garantire che il servizio di presa in carico sia efficace, non dispersivo e non lasci indietro nessuno. Al compimento della maggiore età, i giovani non si devono perdere all’interno del sistema proprio perché laddove sia ottenibile la guarigione, possono essere adottati interventi efficaci in grado di ridurre l’intensità, la durata dei sintomi e le conseguenze”.
”Oltre a ciò – ha concluso Merzagora – stigma e mancanza di informazioni nei confronti della malattia mentale contribuiscono al ritardo nell’inquadramento diagnostico”.
I dati sulla salute mentale dei giovani
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità – OMS il 20 per cento tra i minorenni rischia di ammalarsi di un disturbo mentale. Inoltre, l’esordio è diventato sempre più precoce, in particolare per i disturbi del comportamento alimentare, con un’età media all’esordio di 8 anni. Se da un lato i numeri erano già consistenti in epoca prepandemica, è innegabile che siano peggiorati durante e dopo la pandemia da Covid-19. Negli ultimi quattro anni, infatti, si è registrato un aumento del 28 per cento dei disturbi mentali a seguito di una condizione globale di incertezza legata alla pandemia, al cambiamento climatico e alle guerre. I disturbi della nutrizione e alimentazione e alcuni disturbi del neurosviluppo, come il disturbo da deficit dell’attenzione o iperattività e l’autismo, in particolare, sono tematiche che sempre più richiedono il passaggio verso servizi per la salute mentale degli adulti, con esordi sempre più precoci.
In Italia
In questo scenario, l’Italia si conferma fanalino di coda in materia di fondi dedicati alla salute mentale: infatti, la spesa per la salute psichiatrica nel nostro paese non supera il 3 per cento: una cifra irrisoria, soprattutto se paragonata agli investimenti di altri paesi europei, come Germania e Francia, dove la spesa supera il 10 per cento del Fondo Sanitario. “Questo porta ad avere una risposta territoriale a questi bisogni assistenziali estremamente carente a fronte delle risorse insufficienti”, hanno spiegato gli specialisti.
Secondo quanto emerge dal libro bianco dell’assistenza pediatrica in Italia a cura della FIAPERD – Federazione delle Società Scientifiche e delle Associazioni dell’Area Pediatrica, presentato lo scorso dicembre, sono oltre 100 mila i minori che ogni anno vengono assistiti in reparti non pediatrici. Particolarmente delicata è la situazione della neuropsichiatria infantile, dove l’esplosione delle richieste per disturbi psichiatrici gravi e acuti sta saturando i posti disponibili, tanto che il 30 per cento dei ricoveri per disturbi neuropsichiatrici in età evolutiva avviene in reparti pediatrici e il 10 per cento dei ricoveri di minorenni per disturbi psichiatrici avviene in stato di necessità in reparti psichiatrici per adulti, nonostante tale collocazione sia gravemente inappropriata.
Migliorare presa in carico
In questo contesto che si inserisce l’impegno di Fondazione Onda ETS e delle società scientifiche nel miglioramento della presa in carico dei giovani e nella tutela della loro salute mentale. L’obiettivo è promuovere una sempre più sinergica collaborazione tra neuropsichiatri, pediatri di libera scelta e i medici di Medicina generale in modo tale da delineare un percorso verso i servizi di riferimento a supporto alle famiglie, favorendo così la transizione ai servizi dell’età adulta, come ha ricordato Claudio Mencacci, Co-Presidente SINPF Società Italiana di NeuroPsicoFarmacologia. “I primi impegni per le patologie mentali in età pediatrica e adolescenziale sono le strategie di prevenzione, screening e diagnosi precoce, ha spiegato. “Secondariamente occorre garantire nella transizione dai 15 ai 24 anni una continuità di cura in collaborazione con la psichiatria-neuropsichiatria-dipendenze e la transizione dal pediatra al medico di Medicina generale. Di fatto si rende necessario un approccio coordinato, multidisciplinare, integrato dei servizi, una comunicazione efficace e un reale e appropriato supporto alla famiglia”.
”Le Società Scientifiche condividono sempre più una visione comune e una unità di intenti, latita ancora la risposta istituzionale e l’assenza di un prioritario investimento in servizi e programmi di salute mentale a livello nazionale. Purtroppo, continua a mancare una visione di insieme, sono stati facilitati interventi spot come il bonus psicologico o lo psicologo di base in assenza di una visione di sistema, di un coordinamento sinergico ed efficace come l’istituzione di una Agenzia Nazionale per la salute mentale che possa garantire equità e condivisione sul territorio nazionale al tempo della nuova autonomia differenziata. Un Paese che non investe sulla salute mentale dei giovani non potrà crescere, cambiare e credere nel futuro”, ha concluso.
Per garantire la continuità delle cure è necessaria la condivisione di informazioni (ospedale-territorio e territorio-territorio), ma non esiste allo stato attuale un dossier condiviso. Spesso sono richieste competenze specialistiche per le quali la formazione è insufficiente. Inoltre, sussiste il problema di fissare una soglia di età per il passaggio dai servizi dedicati all’infanzia/adolescenza a quelli dell’adulto.
Una delle criticità nella continuità di cura è l’alta percentuale di utenti che hanno avuto accesso in Pronto Soccorso senza ricevere alcuna prestazione ambulatoriale di neuropsichiatria infantile e adolescenziale nello stesso anno (74 per cento) o dopo ricovero (32 per cento) o per chi assume psicofarmaci (28 per cento).