Tempo di lettura: 2 minutiLa forma fisica è influenzata da molti aspetti, tra cui il consumo energetico, l’alimentazione, l’attività fisica, la genetica e l’età. I fattori che possono modificare il metabolismo o rallentarlo sono vari. Tra questi, c’è anche lo stato di salute della tiroide.
Il metabolismo è quel processo che trasforma in energia ciò che viene assunto. L’organismo umano riceve i nutrienti e ne utilizza un certo numero in base alle esigenze.
Ne parla il professor Andrea Lania, responsabile dell’Unità operativa di Endocrinologia, Diabetologia e Andrologia dell’IRCCS Istituto Clinico Humanitas di Rozzano e specialista in Endocrinologia presso gli ambulatori Humanitas Medical Care.
Metabolismo veloce e basale
Il metabolismo è l’insieme dei processi biochimici che trasformano il cibo in energia. Se il metabolismo è veloce, fa sì che l’organismo elabori il cibo più rapidamente; se è lento, invece, l’organismo impiegherà più tempo. “La massa muscolare ha un impatto maggiore sul metabolismo rispetto al peso corporeo – spiega lo specialista sul portale di Humanitas. infatti, “una persona obesa può consumare meno di una persona normopeso perché spesso ha meno massa muscolare oltre al grasso adiposo”.
Il metabolismo basale fa riferimento al dispendio energetico necessario per svolgere le funzioni metaboliche vitali, come la respirazione, la circolazione, il sistema nervoso o le attività dell’apparato digerente. Questo tipo di metabolismo viene calcolato “a riposo“. “Il metabolismo basale varia da persona a persona – continua l’esperto – e può cambiare nel tempo a seconda dell’attività fisica e della composizione muscolare. Se si pratica regolarmente un’attività fisica, il tasso metabolico basale è più elevato rispetto a chi non la pratica e si bruciano più calorie”.
La tiroide
La tiroide è una ghiandola endocrina che si trova nella parte anteriore del collo, davanti alla trachea, il cui ruolo è quello di produrre gli ormoni tiroidei. “Questi ormoni svolgono un ruolo importante nel corretto funzionamento dell’organismo, in particolare nell’ambito delle funzioni metaboliche. In particolare, regolano la temperatura corporea e il metabolismo dei lipidi.
Contribuiscono al corretto funzionamento del sistema cardiovascolare, al tasso metabolico basale e alla regolarità del sonno. Favoriscono la crescita corporea e lo sviluppo del sistema nervoso del feto e del bambino, consentendo il loro corretto sviluppo psicofisico.
Tra le cause di un metabolismo lento, c’è anche l’influenza degli ormoni tiroidei FT3 e FT4. Una ridotta azione di ormoni tiroidei provoca un rallentamento di tutti i processi metabolici. Siamo in una condizione di ipotiroidismo”.
Sintomi e ipotiroidismo
L’ipotiroidismo è una disfunzione della tiroide legata a un’insufficiente produzione di ormoni tiroidei. Se non trattato, può portare a serie conseguenze per la salute.
L’ipotiroidismo all’inizio può essere asintomatico, ma i segnali più comuni sono: stanchezza e sonnolenza, stipsi, aumento di peso, frequenza cardiaca rallentata, secchezza della pelle, capelli fragili, intolleranza al freddo, voce rauca, perdita della memoria, difficoltà di concentrazione, debolezza muscolare e crampi, ipercolesterolemia, ciclo mestruale irregolare, gonfiore al volto e depressione.
Per diagnosticare l’ipotiroidismo, sono sufficienti dei semplici esami del sangue che indicherà lo specialista, se necessari.
Metabolismo lento e sintomi ipotiroidismo
Alimentazione, PrevenzioneLa forma fisica è influenzata da molti aspetti, tra cui il consumo energetico, l’alimentazione, l’attività fisica, la genetica e l’età. I fattori che possono modificare il metabolismo o rallentarlo sono vari. Tra questi, c’è anche lo stato di salute della tiroide.
Il metabolismo è quel processo che trasforma in energia ciò che viene assunto. L’organismo umano riceve i nutrienti e ne utilizza un certo numero in base alle esigenze.
Ne parla il professor Andrea Lania, responsabile dell’Unità operativa di Endocrinologia, Diabetologia e Andrologia dell’IRCCS Istituto Clinico Humanitas di Rozzano e specialista in Endocrinologia presso gli ambulatori Humanitas Medical Care.
Metabolismo veloce e basale
Il metabolismo è l’insieme dei processi biochimici che trasformano il cibo in energia. Se il metabolismo è veloce, fa sì che l’organismo elabori il cibo più rapidamente; se è lento, invece, l’organismo impiegherà più tempo. “La massa muscolare ha un impatto maggiore sul metabolismo rispetto al peso corporeo – spiega lo specialista sul portale di Humanitas. infatti, “una persona obesa può consumare meno di una persona normopeso perché spesso ha meno massa muscolare oltre al grasso adiposo”.
Il metabolismo basale fa riferimento al dispendio energetico necessario per svolgere le funzioni metaboliche vitali, come la respirazione, la circolazione, il sistema nervoso o le attività dell’apparato digerente. Questo tipo di metabolismo viene calcolato “a riposo“. “Il metabolismo basale varia da persona a persona – continua l’esperto – e può cambiare nel tempo a seconda dell’attività fisica e della composizione muscolare. Se si pratica regolarmente un’attività fisica, il tasso metabolico basale è più elevato rispetto a chi non la pratica e si bruciano più calorie”.
La tiroide
La tiroide è una ghiandola endocrina che si trova nella parte anteriore del collo, davanti alla trachea, il cui ruolo è quello di produrre gli ormoni tiroidei. “Questi ormoni svolgono un ruolo importante nel corretto funzionamento dell’organismo, in particolare nell’ambito delle funzioni metaboliche. In particolare, regolano la temperatura corporea e il metabolismo dei lipidi.
Contribuiscono al corretto funzionamento del sistema cardiovascolare, al tasso metabolico basale e alla regolarità del sonno. Favoriscono la crescita corporea e lo sviluppo del sistema nervoso del feto e del bambino, consentendo il loro corretto sviluppo psicofisico.
Tra le cause di un metabolismo lento, c’è anche l’influenza degli ormoni tiroidei FT3 e FT4. Una ridotta azione di ormoni tiroidei provoca un rallentamento di tutti i processi metabolici. Siamo in una condizione di ipotiroidismo”.
Sintomi e ipotiroidismo
L’ipotiroidismo è una disfunzione della tiroide legata a un’insufficiente produzione di ormoni tiroidei. Se non trattato, può portare a serie conseguenze per la salute.
L’ipotiroidismo all’inizio può essere asintomatico, ma i segnali più comuni sono: stanchezza e sonnolenza, stipsi, aumento di peso, frequenza cardiaca rallentata, secchezza della pelle, capelli fragili, intolleranza al freddo, voce rauca, perdita della memoria, difficoltà di concentrazione, debolezza muscolare e crampi, ipercolesterolemia, ciclo mestruale irregolare, gonfiore al volto e depressione.
Per diagnosticare l’ipotiroidismo, sono sufficienti dei semplici esami del sangue che indicherà lo specialista, se necessari.
Miomi uterini e fertilità, cosa c’è da sapere
Bambini, Genitorialità, Madri-padri, News Presa, PediatriaMolte coppie in cerca di una gravidanza devono fare i conti con vari problemi, tra i quali i miomi. Ma cosa sono i miomi e quanto possono incidere sulla possibilità di avere dei figli? Proviamo a fare un po’ di chiarezza. Iniziamo col dire che i miomi uterini sono dei tumori benigni che posso avere dimensioni variabili, da pochi millimetri a diversi centimetri. Nella maggior parte dei casi, i miomi uterini non portano sintomi e, quando i sintomi ci sono, si tratta comunque di fastidi molto generici.
FERTILITÀ
Benché sia raro che nelle forme benigne dei miomi incidano sulla fertilità, può capitare che un numero eccessivo o una voluminosità eccessiva diano dei problemi. In alcuni casi la dimensione del mioma potrebbe rendere difficile l’impianto dell’ovulo e la gravidanza. Non di rado i fibromi uterini possono essere un problema nel corso della gravidanza.
COME SI MANIFESTA
Se nella maggior parte dei casi, i miomi uterini sono asintomatici, è evidente che una diagnosi arriva solitamente in modo accidentale. Solitamente, il medico si accorge dei miomi dopo aver fatto una un’ecografia o con un esame pelvico durante una visita ginecologica. La dimensione dei miomi e la loro posizione può incidere molto su eventuali sintomi. Alcuni campanelli d’allarme sono:
DOLORE
Più o meno in un caso su tre i miomi causano un sanguinamento anomalo durante le mestruazioni o addirittura delle perdite nel corso del mese. Quasi mai un mioma uterino può causare dolore addominale, ma se capita il dolore è intenso e coinvolge anche la schiena. Nei casi più importanti si può provare dolore durante i rapporti sessuali o subito dopo e mestruazioni particolarmente dolorose.
COME INTERVENIRE
Premesso che ogni caso deve essere valutato a seconda della sua importanza, la terapia viene scelta in base alla localizzazione e alle dimensioni dei miomi. Si guarda anche alle condizioni generali di salute della paziente e dal suo desiderio di fertilità. Molto spesso i miomi uterini che non costituiscono un problema per la salute della donna o un rischio per la gravidanza vengono monitorati nel tempo senza intervenire. Per i miomi che hanno dimensioni importanti, che provocano un quadro sintomatologico problematico o, comunque, nel caso in cui la paziente lamenti sintomi fastidiosi, il medico potrebbe invece consigliare una cura farmacologica o la rimozione chirurgica. La cosa giusta da fare è affidarsi al proprio ginecologo e seguire le sue indicazioni. Ricordando sempre che informarsi è sempre li modo migliore di vivere la gravidanza in modo consapevole.
Cuore: niente più aritmie e arresti cardiaci con staminali modificate
News Presa, Ricerca innovazioneUna nuova metodica in grado di riparare il cuore infartuato ha mostrato gli effetti positivi delle cellule staminali ingegnerizzate. Si tratta della prima volta in cui vengono raggiunti questi risultati. Lo studio, intitolato Gene editing to prevent ventricular arrhythmias associated with cardiomyocyte cell therapy, sono stati pubblicati su Cell Stem Cell.
Lo studio
La ricerca è stata co-coordinata da Alessandro Bertero, responsabile del laboratorio Armenise-Harvard di genomica dello sviluppo e ingegneria cardiaca presso il Dipartimento di Biotecnologie Molecolari e Scienze per la Salute dell’Università di Torino, e dal professore Chuck Murry, direttore dell’Institute for Stem Cell and Regenerative Medicine dell’Università di Washington.
Secondo la letteratura scientifica recente, trapiantare cellule di cuore differenziate da cellule staminali ha un grande potenziale terapeutico, tuttavia espone il paziente a un periodo transitorio molto pericoloso, in cui possono verificarsi severi disturbi del ritmo cardiaco, come le aritmie.
Aritmie del cuore
In questo studio innovativo è stato scoperto il meccanismo molecolare che porta a un’incompatibilità tra le cellule trapiantate ancora ‘immature’ e quelle del cuore adulto. E ciò influenza la capacità delle cellule immature di battere ritmicamente in modo analogo alle cellule del pacemaker adulto ma diversamente dal resto del cuore. I risultati del nuovo lavoro dimostrano, invece, l’assenza di aritmie legate al trapianto quando si applicano metodiche di editing genetico per ingegnerizzare le cellule staminali.
Lo studio è stato pubblicato dopo la notizia del finanziamento di oltre 7 milioni di euro, conferito dal Ministero dell’Università e della Ricerca al Dipartimento di Biotecnologie e Scienze per la Salute UniTo nell’ambito del bando Dipartimenti di Eccellenza, ottenuto grazie al progetto Expect (EXcellence Platform for Engineered Cell Therapies). Il progetto quinquennale (2023 – 2027) si concentrerà sulle cellule immunitarie antitumorali già validate nella pratica clinica.
Un intervento non invasivo per operare la tiroide
Ricerca innovazioneUna nuova tecnologia potrebbe cambiare il futuro della chirurgia per i noduli tiroidei, liberando i pazienti dall’esigenza di assumere farmaci a vita. Il progetto vede in campo l’Ospedale del Mare dell’ASL Napoli 1 Centro e l’azienda californiana Pulse Bioscience, che assieme hanno avviato uno studio clinico finalizzato a valutare gli effetti della nuova tecnologia.
I PRIMI PAZIENTI
Approvata dal Comitato Etico, la fase clinica sperimentale dello studio parte dal 13 aprile sui primi quindici pazienti, affidati alle mani del dottor Stefano Spiezia, direttore della Chirurgia Endocrina dell’Ospedale del Mare – reparto che rappresenta un punto di riferimento a livello nazionale ed internazionale per gli studi nel campo dei trattamenti non invasivi delle patologie benigne e neoplastiche della tiroide. Il progetto “Save your Thyroid” nasce con lo scopo di divulgare e promuovere la tecnica e i benefici della termoablazione tiroidea come procedura innovativa standard utile ad evitare e ridurre il numero di interventi chirurgici non necessari con il grande vantaggio di ridurre il volume del nodulo senza cicatrici, senza anestesia generale, senza un ricovero prolungato (se non di due ore dopo la procedura) e soprattutto che conserva la tiroide e non costringe il paziente ad assumere per tutta la vita la compressa di ormone tiroideo.
Il team del dottor Spiezia
INNOVAZIONE
«L’utilizzo delle più moderne tecnologie e delle tecniche messe a punto all’Ospedale del Mare – dice il direttore generale dell’ASL Napoli 1 Centro Ciro Verdoliva – permettono di aumentare la qualità di vita, riducendo drasticamente le complicanze che precedono e seguono l’intervento. Inoltre, con queste tecniche innovative si favoriscono tempi di recupero praticamente immediati». La grande innovazione tecnologica che sarà utilizzata nella sperimentazione rappresenta una svolta epocale, ed è sicura, perché sfrutta una tecnologia già utilizzata per il trattamento di neoplasie come il melanoma e i tumori maligni del pancreas (conosciuta come elettroporazione).
PARTNERSHIP
In occasione dei primi trattamenti, il 17 aprile sarà ospite presso l’Ospedale del mare, per visionare i casi clinici, il Professor Ralph Tufano – rinomato chirurgo statunitense, Capo Dipartimento della Chirurgia della tiroide e testa collo della Università di Sarasota in Florida – e per una proficua cooperazione scientifica tra le due istituzioni italiana e statunitense.
Malattia di Parkinson, oggi la giornata mondiale
Benessere, Economia sanitaria, News Presa, One healthSi scrive World Parkinson’s Day (e si celebra oggi), si legge impegno a far conoscere una condizione ancora oggi molto complessa e dolorosa. Ma cosa sappiamo di questa malattia? La prima cosa da considerare è che non esiste una maggiore prevalenza di genere. Il Parkinson colpisce allo stesso modo le donne e gli uomini. Anche per l’età di esordio, benché sia molto più frequente in pazienti al di sopra dei 60 anni, possono esserci anche delle diagnosi molto precoci (già verso i 40 o meno). Ad essere colpito è il sistema nervoso centrale e uno dei sintomi più conosciuti ed evidente è il tremore, ma non basta questo per fare una diagnosi. Altri sintomi possono essere rigidità, lentezza nei movimenti, debolezza, problemi di equilibrio e postura ricurva.
PERSONAGGI NOTI
Tra le celebrità che nel corso della loro vita hanno dovuto combattere il Parkinson ci sono uomini del calibro di Papa Giovanni Paolo II, Muhammad Alì, Charlie Chaplin, Mao Tse Tung e l’attore Michael J. Fox. Quest’ultimo è apparso di recente in tv, al Sundance Film Festival. Fox ha presentato il docufilm sulla sua vita “Still: A Michael J. Fox Movie, dedicando a Christopher Lloyd (Doc in Ritorno al Futuro) parole commuoventi. Still: a Michael J.Fox Movie è un film documentario sulla vita dell’attore, alla guida da anni della fondazione che porta il suo nome e che si batte per la ricerca sul morbo di Parkinson.
NUOVE TERAPIE
Ancora oggi non esistono terapie che possano fermare del tutto il progresso della malattia. Tuttavia, anche in questo campo la ricerca sta facendo importanti passi in avanti e sono disponibili già oggi nuove terapie a base di potenti dopamino-agonisti (molecole che stimolano “direttamente” i recettori dopaminergici) grazie alle quali è possibile affrontare in maniera più efficace la fase critica della malattia nel corso della quale le terapie “tradizionali” non riescono più a produrre benefici. Queste nuove armi terapeutiche riescono a ridurre la durata delle fasi di blocco motorio e dell’intensità delle ipercinesie, garantendo al tempo stesso minore invasività rispetto alle altre “terapie avanzate”. Molto resta ancora da fare, ma le speranze che nel prossimo futuro le cose possano cambiare ci sono e sono solide.
Dermatite atopica, i sintomi e la cura. Intervista all’esperto
Associazioni pazienti, RubricheIn Italia, oltre 35.000 bambini e adulti convivono con una forma severa di dermatite atopica. La malattia infiammatoria cronica della pelle condiziona pesantemente le attività diurne e notturne dei pazienti. La ricerca in questo campo della medicina ha fatto enormi passi in avanti nell’ultimo decennio. Sono sempre più numerose le terapie a disposizione dei pazienti. Una nuova cura è a disposizione degli specialisti, rimborsata dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) per i pazienti adulti con dermatite atopica severa candidati a terapia sistemica.
La Dermatite Atopica
“La Dermatite Atopica è una malattia cutanea infiammatoria cronica che può perdurare per tutta la vita con fasi alterne di remissione e riacutizzazioni – spiega Giuseppe Monfrecola
Presidente SIDeMaST – Società Italiana di Dermatologia e Malattie Sessualmente Trasmesse. Si manifesta con arrossamenti molto estesi accompagnati da intenso e persistente prurito e/o bruciore. Tutto il quadro è accompagnato da una marcata secchezza cutanea. Può interessare testa, tronco e arti ma spesso le sedi maggiormente colpite sono anche quelle più visibili: volto, collo, mani; per questa sua visibilità e il forte prurito, la dermatite atopica ha un pesante impatto sulla qualità della vita dei pazienti e delle loro famiglie”.
Le cause
“La patogenesi della malattia è particolarmente complessa – prosegue il presidente. La componente genetica gioca un ruolo centrale, si parla di malattia poligenica che si traduce anche in una predisposizione del sistema immunitario a rispondere in maniera abnorme a stimoli ambientali. Al coinvolgimento immunologico, si associa una disregolazione della barriera epidermica che non è in grado di proteggere il corpo, la cute è disidratata e sintetizza pochi peptidi antimicrobici e questo, unito al fatto che anche il microbiota cutaneo è alterato, genera l’ipercolonizzazione da parte di Staphylococcus aureus. Alterazione di barriera e risposta immunitaria (sia innata che acquisita con prevalenza di risposta Th2) si potenziano vicendevolmente. Si verifica, quindi, un aumento di citochine pro-infiammatorie, in particolare IL-4, IL-5 e Il-13. In Italia la dermatite atopica colpisce l’età pediatrica con percentuali del 15% circa, e con percentuali dell’8-10% in giovani/adulti.
La malattia in genere esordisce in età pediatrica e può protrarsi ben oltre la pubertà, ma può comparire con diverse manifestazioni (spesso non riconosciute anche in età adulta. Si stima che nel nostro Paese siano circa 2 milioni le persone che a diverso livello convivono con una dermatite atopica”.
In Italia
“La SIDeMaST – prosegue – guarda con particolare attenzione a questa patologia e alle persone che ne sono colpite, che si trovano in una condizione di sofferenza e necessitano di informazioni e cure.
Si è conclusa proprio di recente una campagna di informazione e sensibilizzazione sulla dermatite atopica, con 31 centri nazionali coinvolti, che ha realizzato visite gratuite preselezionando le persone attraverso un numero verde e questo ha consentito non solo di informare ma di porre diagnosi precoci, che noi sappiamo essere molto importanti per intervenire prima possibile nel trattamento della malattia, che se curata e tenuta sotto controllo sin dagli esordi può avere un decorso meno grave. A queste attività si aggiunge l’interazione e il dialogo costante con le associazioni dei pazienti, che sono fondamentali perché insieme a noi possono contribuire a ben indirizzare i loro associati; e, da ultimo, ma non ultimo, come si è già detto l’interazione con le principali Istituzioni sanitarie e le autorità regolatorie. La dermatite atopica è una patologia cronica e come tale deve entrare a pieno titolo nel piano delle cronicità per poter salvaguardare il percorso di presa in carico e diritti di questi pazienti. In tal senso ci aspettiamo alcune novità dal PNRR nella missione 6. Solo così si riuscirà a tutelare da un lato la salute del paziente dall’altro la sostenibilità economica”.
Dermatite atopica, malattia costosa
“Sappiamo che la dermatite atopica è complessa e può presentare interazioni con altre patologie come l’obesità e può presentare analogie con alcune malattie dermatologiche come la dermatite da contatto, la dermatite seborroica, la psoriasi. In tutti questi casi è necessaria una valutazione personalizzata del singolo paziente. La dermatite atopica è anche una malattia costosa, non ha un codice di esenzione e i pazienti sono costretti a pagare di tasca propria molti indumenti, creme idratanti ed emollienti, prodotti per la detersione e molto altro. Possiamo stimare che il costo totale annuo per paziente si aggiri mediamente intorno ai 5.000 euro tra costi diretti per i trattamenti topici e i costi indiretti come perdita di produttività, visite specialistiche (talvolta private). Riuscire a controllare rapidamente e precocemente la malattia significa anche ridurne i costi”.
TAC con meno radiazioni grazie all’intelligenza artificiale
Ricerca innovazioneUn modello permette l’analisi automatizzata delle immagini Tac tramite algoritmi di intelligenza artificiale. Lo ha realizzato un gruppo di ricercatori che è riuscito ad automatizzare il processo di valutazione della qualità d’immagine negli esami di tomografia computerizzata (Tc) utilizzando l’AI, allo scopo di ridurre le radiazioni al paziente.
Si tratta di un gruppo di ricercatori, fisici medici e radiologi del Dipartimento di fisica e astronomia dell’Università di Firenze, dell’Azienda ospedaliero-universitaria Careggi, e dell’Azienda Usl Toscana centro, guidato dalla dott.ssa Sandra Doria dell’Istituto di chimica dei composti organo metallici del Consiglio nazionale delle ricerche di Firenze (Cnr-Iccom).
Pubblicata sul Journal of Medical Imaging, la ricerca permetterà di perfezionare i livelli di radiazioni da somministrare ai pazienti. Il lavoro è frutto di una collaborazione tra Cnr-Iccom, Università di Firenze, A.O.U. Careggi, Azienda Usl Toscana centro, Istituto Superiore di Sanità, Fondazione Bruno Kessler e Uniser Pistoia.
La tomografia computerizzata (tc) – nota ancora come tac – è uno degli strumenti diagnostici più potenti e consolidati tra quelli a disposizione della medicina moderna. Tuttavia, l’analisi manuale delle immagini che vengono prodotte attraverso questa metodologia richiede molto tempo e la loro qualità è direttamente proporzionale alla quantità di radiazioni a raggi X a cui un paziente deve essere sottoposto per lo scopo.
Il futuro della tac grazie all’AI
“Il nostro gruppo ha creato un algoritmo, analizzando i dati generati dall’esame visivo che diversi medici radiologi hanno effettuato su immagini Tc di un fantoccio, realizzato allo scopo di replicare le caratteristiche dei tessuti umani e la presenza di lesioni artificiali. Successivamente, sono stati sviluppati due modelli di intelligenza artificiale che sono stati addestrati e testati attraverso l’utilizzo delle immagini e delle risposte dei medici raccolte precedentemente”, spiega Sandra Doria (Cnr-Iccom), coordinatrice della ricerca.
Questi modelli potrebbero essere una strategia di valutazione automatica della qualità di un’immagine Tc, che consentirà di ottimizzare il dosaggio delle radiazioni, per non esporre i pazienti a una quantità di raggi X eccessiva. “Durante i trattamenti o le procedure diagnostiche, un paziente deve essere esposto a livelli minimi di radiazioni, secondo il principio noto ‘as low as reasonably achievable’ (ALARA).
In quest’ottica, il personale medico deve trovare un compromesso tra l’esposizione ai raggi X e l’ottenimento di immagini di buona qualità, anche per evitare diagnosi errate. I risultati che abbiamo ottenuto attraverso questo studio sono molto promettenti: i nostri modelli possono identificare con accuratezza un oggetto inserito nel fantoccio, come sarebbe in grado di fare un medico radiologo.
Auspichiamo, nel prossimo futuro, di riuscire ad applicare questi modelli su una scala più ampia e a rendere le valutazioni ancora più veloci e sicure, semplificando notevolmente il processo di ottimizzazione della dose di radiazioni utilizzata nei protocolli Tc. Questo aspetto è fondamentale per ridurre i rischi per la salute del paziente e per ottimizzare le tempistiche delle valutazioni mediche”, ha concluso Doria.
Scoperta una nuova malattia ultra rara
Benessere, News Presa, One healthMai smettere di lottare per avere una diagnosi, mai arrendersi. Sembra insegnare questo la scoperta di una nuova malattia ultra rara, sino ad oggi scambiata per una grave allergia. Una scoperta che ha consentito a 20 pazienti in tutto il mondo di dare un nome alla propria condizione clinica e di avere adesso delle terapie più efficaci.
LO STUDIO
Grazie ad uno studio multicentrico internazionale coordinato dal British Columbia Children’s Hospital di Vancouver, di cui fa parte per l’Italia l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, gli scienziati hanno identificato questa nuova immunodeficienza congenita. Lo studio ha coinvolto 16 bambini e giovani con un comune quadro clinico caratterizzato da una grave allergia, infezioni ricorrenti, dermatite atopica e asma, consentendo di identificare mutazioni nel gene STAT6, che svolge un ruolo cruciale per la formazione di un tipo di cellule del sistema immunitario, i linfociti T, coinvolti principalmente nella risposta allergica. Nonostante i sintomi principali possano mimare una condizione di grave allergia. L’anomalia di questo gene comporta alterazioni della regolazione del sistema immunitario.
NUOVE PROSPETTIVE
L’individuazione della malattia, e soprattutto della causa genetica alla base, ha già consentito di adottare con successo nuove strategie terapeutiche. Del resto, quando si parla di malattie rare la diagnosi precoce è sempre essenziale. Benché non esitano farmaci specifici, i medici hanno potuto identificare terapie che comunque sono in grado di migliorare la condizione delle persone affette da questa malattia. Un lavoro straordinario, insomma, che a giusta ragione ha meritato la pubblicazione sul Journal of Experimental Medicine.
La Giornata mondiale della salute è “Salute per tutti”: 75 anni di OMS
Benessere, News Presa, Nuove tendenze, One healthLa giornata mondiale della salute coincide con il 75° compleanno dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Fondata il 7 Aprile 1948, l’Oms sceglie ogni anno un tema d’interesse per sensibilizzare la comunità internazionale e intrecciare campagne di informazione con piani d’azione concreti. Lo scopo, facile nella formulazione ma estremamente ambizioso nella sua ampia visione, è migliorare la salute del mondo. Lo slogan della giornata di quest’anno è allora “Health For All”, salute per tutti. Se infatti il diritto alla salute è riconosciuto come fondamentale, come mai il 30% della popolazione mondiale risulta ancora privo dei servizi essenziali a causa della povertà?
Probabilmente la risposta sta anche in quella miopia che separa gli interessi degli uni da quelli degli altri. Per fortuna, negli ultimi decenni sta emergendo con sempre più forza la consapevolezza che combattere le disuguaglianze, alla lunga, conviene a tutti. Come infatti fa notare l’Oms, e come forse ci ha insegnato (o avrebbe dovuto) l’ultima pandemia da covid-19, è solo con dei sistemi di copertura sanitaria universale che possiamo assicurare non solo il benessere delle singole comunità, ma anche proteggere l’umanità, a livello globale, dalle crisi sanitarie pubbliche.
La direzione sembra essere allora la stessa della visione olistica di “One Health”: esiste una sola salute, perché il benessere umano, animale ed ecosistemico sono legati indissolubilmente. In maniera simile, oggi non ha forse più senso separare giustizia sociale, economica, ambientale e sanitaria: un mondo in salute non può che essere anche un mondo più equo, pacifico e sostenibile.
Dal punto di vista pratico, tutto ciò ha bisogno di finanziamenti pubblici e investimenti, per rendere non solo più solidi i sistemi sanitari (anche attraverso piani duraturi per l’istruzione e l’assunzione di operatori sanitari), ma anche per ridurre i costi a carico delle famiglie.
La depressione si potrà curare, la chiave in un aminoacido
Psicologia, Ricerca innovazioneLa depressione si potrà curare grazie ad un aminoacido. La scoperta è stata fatta all’Università della Florida da un gruppo di ricercatori che ha poi pubblicato i risultati dello studio sulla prestigiosa rivista Science. Non è superfluo sottolineare l’importanza di questa scoperta, vista l’incidenza del problema e l’impatto che questo ha sulla vita delle persone.
LA MOLECOLA
Alla base di questa nuova scoperta c’è una molecola che si chiama glicina. Questo aminoacido ha la capacità di bloccare nel cervello un recettore responsabile di un segnale di rallentamento, contribuendo probabilmente anche all’ansia e ad altri disturbi dell’umore in alcune persone. In precedenti lavori gli esperti avevano isolato un interruttore molecolare, il recettore GPR158, che induce sintomi depressivi in condizioni di stress prolungato. Adesso gli esperti hanno scoperto che la glicina è una chiave di questo recettore. Per gli autori dello studio questo meccanismo potrebbe veramente cambiare le cose, perché ad oggi i farmaci contro la depressione sono pochi e impiegano settimane prima di fare effetto. Quindi, dicono, sono davvero necessarie nuove e migliori opzioni per quello che si profila come uno dei bisogni sanitari più urgenti al mondo.
UN MALE IN CRESCITA
Complice la complessità sempre più elevata del quotidiano, il numero di pazienti depressi è aumentato negli ultimi anni in modo esponenziale. I più colpiti sono i giovani, che vivono un disagio profondo e spesso poco compreso. La glicina viene già venduta come integratore alimentare per migliorare l’umore. È un elemento di base delle proteine, è presente in cibi proteici come carne e legumi e agisce su molti tipi di cellule, a volte in modo complesso. Abbiamo un disperato bisogno di nuovi trattamenti per la depressione, ha detto Kirill Martemyanov, autore del lavoro. La glicina e il recettore GPR158 potrebbero aprire la strada a nuovi approcci terapeutici.