Tempo di lettura: 4 minutiIn Italia sono circa 6 milioni le persone con problemi alla tiroide. Nella maggior parte dei casi si tratta di patologie non gravi e curabili. Interessano soprattutto le donne e spesso all’interno dello stesso nucleo familiare. Per questo hanno un ruolo centrale la predisposizione genetica e la familiarità. Una diagnosi tempestiva assicura una buona qualità di vita ai pazienti.
La Settimana Mondiale della Tiroide
Tutti gli anni ricorre la settimana mondiale della tiroide dal 22 al 28 maggio, per sensibilizzare sul tema della prevenzione. Le principali società scientifiche hanno elaborato un documento, condiviso con l’Istituto Superiore di Sanità, per dissipare i dubbi e rispondere alle domande più frequenti dal titolo “Tiroide: genetica, familiarità e cronicità”.
«Spesso è radicata la convinzione che queste patologie, soprattutto se presenti all’interno dello stesso nucleo familiare, siano causate da una predisposizione genetica o da una familiarità alla malattia, e che, quindi, esista un qualche grado di rischio di contrarre la malattia per i familiari», dichiara Marcello Bagnasco, coordinatore scientifico della SMT e presidente AIT, Associazione Italiana Tiroide.
«Attraverso questo documento, frutto della collaborazione delle principali società scientifiche e del CAPE Comitato delle Associazioni dei Pazienti Endocrini, vogliamo chiarire i dubbi che ruotano intorno a predisposizione genetica e familiarità, primo fra tutti il preconcetto che siano termini intercambiali: la familiarità ad una qualsiasi patologia, anche tiroidea, prende in considerazione fattori genetici, ma anche ambientali, alcuni dei quali ben conosciuti e modificabili con successo. Al contrario, anche all’interno delle alterazioni genetiche, si distinguono quelle che sono causa di malattie ereditarie da quelle non trasmissibili», aggiunge.
«Crediamo – afferma Anna Maria Biancifiori, presidente CAPE che riunisce le associazioni dei pazienti endocrini – che conoscere la storia medica della propria famiglia può essere di aiuto per permettere di identificare precocemente eventuali predisposizioni o rischi e mettere quindi in atto le misure necessarie a ridurre almeno i fattori di rischio modificabili per quella malattia o sottoporsi a procedure di prevenzione attive».
Ipotiroidismo congenito, lo screening neonatale
In particolare, esistono malattie congenite causate da alterazioni del funzionamento o dello sviluppo della tiroide (ipotiroidismo congenito). Nella maggior parte dei casi non hanno carattere di familiarità. Tuttavia, è importante riconoscere la malattia precocemente, sin dalla nascita, per prevenire gravi deficit neurocognitivi e dello sviluppo. «Fortunatamente in Italia, grazie alla Legge n. 104/1992, è attivo un programma nazionale di screening neonatale per l’ipotiroidismo congenito che consente l’individuazione precoce dei bambini affetti da questa patologia i quali, quindi, possono ricevere la terapia di cui hanno bisogno entro le prime settimane di vita», precisa Antonella Olivieri, Responsabile Scientifico del Registro Nazionale degli Ipotiroidei Congeniti e dell’Osservatorio Nazionale per il Monitoraggio della Iodoprofilassi dell’Istituto Superiore di Sanità. «La presenza di uno screening neonatale rivolto a tutti i neonati e la disponibilità di un sistema di sorveglianza attiva della patologia garantiscono la massima efficienza di un sistema di prevenzione che consente un’ottima qualità di vita a questi bambini», conclude.
Altri disturbi, come il cosiddetto gozzo, non rientrano, invece, in questi casi. L’aumento del volume della tiroide, spesso accompagnato da noduli, in donne della stessa famiglia, nella maggior parte dei casi dipende da cause ambientali. In particolare è legato a carenza alimentare di iodio (risolvibile con l’uso del sale iodato). Per questo non è indicato lo screening ai familiari di questi pazienti.
Il ruolo dei fattori ambientali
Le malattie autoimmuni della tiroide sono le principali responsabili nel nostro paese dei disturbi di ipotiroidismo e ipertiroidismo. Esiste una predisposizione su base multigenica (ovvero data dalla combinazione di differenti fattori genetici) insieme all’intervento dei molteplici fattori ambientali, tra cui il fumo di sigaretta, eventi stressanti e l’esposizione a inquinanti (detti interferenti endocrini). Anche in questi casi, non sarà necessario sottoporre figli sani di persone con malattie autoimmuni della tiroide a screening di funzione tiroidea, a meno che non compaiano sintomi quali, per esempio, stanchezza, ansia, irrequietezza e palpitazioni. Invece, pur in assenza di sintomi, la funzione tiroidea deve essere monitorata in caso di pianificazione di gravidanza, ai fini della salute del feto.
Le cronicità
La maggior parte delle malattie tiroidee autoimmuni (in particolare la tiroidite autoimmune, causa di ipotiroidismo) sono croniche, con terapie che vanno mantenute a lungo termine o a vita. Il controllo della malattia cronica diventa indispensabile negli anziani, dove spesso si associa ad altre patologie croniche tipiche dell’età avanzata, come quelle cardiovascolari, metaboliche, neurologiche e/o osteoarticolari.
«Accanto alla tematica della predisposizione genetica, l’altro tema è quello della cronicità. La maggior parte delle malattie della tiroide, sia le relativamente rare malattie congenite sia le più comuni malattie acquisite, hanno il carattere della cronicità, ovvero, anche se nella maggior parte dei casi consentono una vita in pieno benessere se trattate, hanno bisogno di cura e controllo per tutta la vita, e, in particolare con l’avanzare dell’età, le problematiche che comportano si sommano con quelle delle altre malattie croniche (ad esempio metaboliche e cardiovascolari) diffuse nella popolazione generale», prosegue il professor Bagnasco.
I tumori della tiroide
L’incidenza dei tumori tiroidei è aumentata negli ultimi decenni, a fronte di una mortalità costante. Solo rare forme di tumori tiroidei hanno carattere ereditario, in particolare il tumore midollare: accanto alla forma sporadica, infatti, che corrisponde al 75 per cento di tutti i casi, esiste anche un’eziologia di carattere ereditario, pari 25 per cento.
Nel caso di tumori midollari, è indispensabile l’analisi genetica per stabilire l’ereditarietà della forma. La maggioranza dei tumori tiroidei ha un decorso ben controllabile e non causa morte o invalidazione.
Oggi anche nei tumori avanzati, le terapie mediche specifiche, pur non permettendo la guarigione, consentono di stabilizzare la malattia, controllandola anche per tempi lunghi, permettendo una qualità di vita accettabile.
La Settimana Mondiale della Tiroide 2023 è patrocinata dall’ISS, Istituto Superiore di Sanità e promossa dalle principali società scientifiche endocrinologiche, mediche e chirurgiche, quali AIT Associazione Italiana della Tiroide, AME Associazione Medici Endocrinologi, SIE Società Italiana di Endocrinologia, SIEDP Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica, SIGG Società Italiana di Gerontologia e Geriatria, SIUEC Società Italiana Unitaria di Endocrino Chirurgia, AIMN Associazione Italiana Medici Nucleari, SIMG Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie, ETA European Thyroid Association, insieme a CAPE Comitato delle Associazioni dei Pazienti Endocrini e sostenuta con un contributo incondizionato da parte di IBSA Farmaceutici e Merck Serono.
Dispositivi medici tra innovazione, regole e blocchi. Proposte e il punto all’evento Mesit
Economia sanitaria, Eventi d'interesse, Eventi PreSa-Mesit, Ricerca innovazioneIn Italia, il settore dei dispositivi medici vanta quasi 4500 imprese, con quasi 119 mila dipendenti, ma la corsa dell‘innovazione in sanità dipende dalle regole del mercato. Gli specialisti riuniti all’evento del Mesit ieri a Roma hanno fatto il punto della situazione, auspicando nuovi modelli di governance. “Quello dei dispostivi medici è un settore centrale per il SSN, il cui efficientamento passa anche attraverso l’innovazione tecnologica e il potenziamento del patrimonio digitale delle strutture sanitarie. Lo ha dichiarato il Ministro della Salute, on.Orazio Schillaci, aprendo l’incontro.
La Conferenza nazionale sui Dispositivi medici, promossa dalla Fondazione Medicina Sociale e Innovazione Tecnologica (Mesit) è stata realizzata in collaborazione con l’Altems dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, il Ceis – Center for Economic and International Studies di Tor Vergata, l’Università di Tor Vergata e l’Università di Roma Tre.
“La diagnostica e la terapia – ha continuato il ministro – non possono prescindere dall’impiego dei DM di sicurezza ed efficacia comprovate; basti pensare all’impiego della telemedicina e delle terapie digitali, che sono suscettibili di enormi sviluppi. Si tratta di una prova di maturità che richiede decisione, competenza e fiducia”.
“L’innovazione tecnologica è un generatore di benessere che ha rivoluzionato la vita dei cittadini. Tuttavia, le criticità che il nostro sistema sanitario nazionale si trascina da decenni, unite a un’attività regolatoria che, nel settore dei dispositivi medici, ha focalizzato la sua attenzione al mero contenimento dei costi, sono stati un freno all’innovazione tecnologica nel nostro Paese”, ha affermato il presidente di Fondazione Mesit Marco Trabucco Aurilio. “La conferenza vuole, quindi, rappresentare l’occasione per riunire tutti gli attori del sistema, allo scopo di individuare le possibili soluzioni e avanzare proposte concrete”.
Gli specialisti hanno ribadito la necessità di aprire una nuova stagione. “Occorrono regole chiare e condivise, che definiscano e tutelino l’innovazione – ha affermato Francesco Saverio Mennini, Research Director EEHTA del Ceis Center for Economic and International Studies di Tor Vergata e presidente SIHTA – accompagnate anche da nuovi modelli organizzativi e finanziari, ma soprattutto supportate da una governance lungimirante e propositiva”. Alla luce del difficile momento storico, ha sottolineato la necessità di “valutare con anticipo le condizioni ottimali perché un’innovazione trovi spazio nei sistemi pubblici, misurando la sua capacitа di assicurare valore”.
Dispositivi medici, i numeri del settore
Il settore dei dispositivi medici in Italia ha un mercato che vale 17,3 miliardi di euro tra export e mercato interno e conta 4.449 aziende. Se in Italia la spesa sanitaria totale ammonta a 167,7 miliardi di euro – di cui il 71,6% è spesa sanitaria pubblica – la spesa pubblica in dispositivi medici e servizi ammonta a 9 miliardi di euro (il 7% del totale).
“La dinamica dell’innovazione tecnologica nel mondo dei dispositivi medici impone una governance in grado di catturare le esigenze che emergono in tutte le fasi del ciclo di vita della tecnologia”, ha sottolineato Americo Cicchetti, direttore di Altems, Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari della Cattolica.
“È necessario – ha continuato – promuovere l’innovazione promuovendo la collaborazione pubblico-privato nella ricerca, valutare tempestivamente, in ogni fase, la sicurezza, l’efficacia, gli impatti economici, sociali ed organizzativi sul sistema sanitario attraverso un modello maturo di HTA, rendere efficiente la gestione dei dispositivi nell’ambito dei percorsi assistenziali garantendo un robusto legame tra HTA e procurement. Tutti questi elementi insieme permetteranno di superare il modello attuale e le storture indotte dall’uso del pay-back”.
“Noi aziende presidiamo due diritti costituzionali”, ha detto Fernanda Gellona, direttore generale di Confindustria Dispositivi Medici. “Quello alla salute, fornendo dispositivi ormai essenziali, e quello alla libertà di impresa. Bisogna capire se l’Italia vuole continuare a tutelare questi diritti”, ha aggiunto.
“Auspichiamo una ulteriore proroga al payback in modo da avere, fino alla fine dell’anno, il tempo per ragionare, trovare altri finanziamenti per coprire la seconda tranche del payback (tra 2019 al 2022) e trovare le soluzioni alternative”, ha concluso chiedendo che in futuro la norma venga abrogata.
Un vaccino contro la tossicodipendenza
Genitorialità, News Presa, Ricerca innovazioneCosì com’è avvenuto contro il Covid e contro molte forme di cancro, anche contro la tossicodipendenza potrebbe arrivare un vaccino. Una notizia che potenzialmente potrebbe cambiare la vita di milioni di persone in tutto il mondo. Ovviamente, prima di cantar vittoria servirà tempo, e soprattutto risultati attendibili e condivisi con la comunità scientifica. Lo studio in questione è in corso in Brasile, in particolare vede coinvolti i ricercatori dell’Università federale di Minas Gerais che hanno già completato la prima fase degli esperimenti sugli animali, necessaria prima dei test sugli esseri umani.
BARRIERA EMATO-ENCEFALICA
Il meccanismo d’azione del vaccino, a quanto si sa oggi è abbastanza semplice. Partendo da molecole modificate della stessa sostanza stupefacente, il vaccino dovrebbe indurre il sistema immunitario a produrre capaci di legarsi alle molecole di droga già presenti nel flusso sanguigno. Un’azione che modifica le dimensioni di queste molecole della, impedendo loro di attraversare la barriera emato-encefalica.
I TEST
Come detto, in una prima fase il vaccino è stato testato sugli animali. Senza raggiungere il cervello, l’animale non ha sentito gli effetti della droga stessa. I medici sperano che, in questo modo, nel test con l’uomo, si riduca drasticamente la voglia di consumare crack e cocaina. Se questo meccanismo dovesse essere testato con successo si darebbe vita ad una speranza di disintossicazione dalla dipendenza mai avuta prima, da aggiungere alle altre possibilità oggi esistenti. Come detto, è ancora presto per annunci clamorosi, ma le premesse sono delle migliori.
Tiroide: patologie, ruolo della genetica e familiarità
Associazioni pazienti, Bambini, News Presa, Pediatria, PrevenzioneIn Italia sono circa 6 milioni le persone con problemi alla tiroide. Nella maggior parte dei casi si tratta di patologie non gravi e curabili. Interessano soprattutto le donne e spesso all’interno dello stesso nucleo familiare. Per questo hanno un ruolo centrale la predisposizione genetica e la familiarità. Una diagnosi tempestiva assicura una buona qualità di vita ai pazienti.
La Settimana Mondiale della Tiroide
Tutti gli anni ricorre la settimana mondiale della tiroide dal 22 al 28 maggio, per sensibilizzare sul tema della prevenzione. Le principali società scientifiche hanno elaborato un documento, condiviso con l’Istituto Superiore di Sanità, per dissipare i dubbi e rispondere alle domande più frequenti dal titolo “Tiroide: genetica, familiarità e cronicità”.
«Spesso è radicata la convinzione che queste patologie, soprattutto se presenti all’interno dello stesso nucleo familiare, siano causate da una predisposizione genetica o da una familiarità alla malattia, e che, quindi, esista un qualche grado di rischio di contrarre la malattia per i familiari», dichiara Marcello Bagnasco, coordinatore scientifico della SMT e presidente AIT, Associazione Italiana Tiroide.
«Attraverso questo documento, frutto della collaborazione delle principali società scientifiche e del CAPE Comitato delle Associazioni dei Pazienti Endocrini, vogliamo chiarire i dubbi che ruotano intorno a predisposizione genetica e familiarità, primo fra tutti il preconcetto che siano termini intercambiali: la familiarità ad una qualsiasi patologia, anche tiroidea, prende in considerazione fattori genetici, ma anche ambientali, alcuni dei quali ben conosciuti e modificabili con successo. Al contrario, anche all’interno delle alterazioni genetiche, si distinguono quelle che sono causa di malattie ereditarie da quelle non trasmissibili», aggiunge.
«Crediamo – afferma Anna Maria Biancifiori, presidente CAPE che riunisce le associazioni dei pazienti endocrini – che conoscere la storia medica della propria famiglia può essere di aiuto per permettere di identificare precocemente eventuali predisposizioni o rischi e mettere quindi in atto le misure necessarie a ridurre almeno i fattori di rischio modificabili per quella malattia o sottoporsi a procedure di prevenzione attive».
Ipotiroidismo congenito, lo screening neonatale
In particolare, esistono malattie congenite causate da alterazioni del funzionamento o dello sviluppo della tiroide (ipotiroidismo congenito). Nella maggior parte dei casi non hanno carattere di familiarità. Tuttavia, è importante riconoscere la malattia precocemente, sin dalla nascita, per prevenire gravi deficit neurocognitivi e dello sviluppo. «Fortunatamente in Italia, grazie alla Legge n. 104/1992, è attivo un programma nazionale di screening neonatale per l’ipotiroidismo congenito che consente l’individuazione precoce dei bambini affetti da questa patologia i quali, quindi, possono ricevere la terapia di cui hanno bisogno entro le prime settimane di vita», precisa Antonella Olivieri, Responsabile Scientifico del Registro Nazionale degli Ipotiroidei Congeniti e dell’Osservatorio Nazionale per il Monitoraggio della Iodoprofilassi dell’Istituto Superiore di Sanità. «La presenza di uno screening neonatale rivolto a tutti i neonati e la disponibilità di un sistema di sorveglianza attiva della patologia garantiscono la massima efficienza di un sistema di prevenzione che consente un’ottima qualità di vita a questi bambini», conclude.
Altri disturbi, come il cosiddetto gozzo, non rientrano, invece, in questi casi. L’aumento del volume della tiroide, spesso accompagnato da noduli, in donne della stessa famiglia, nella maggior parte dei casi dipende da cause ambientali. In particolare è legato a carenza alimentare di iodio (risolvibile con l’uso del sale iodato). Per questo non è indicato lo screening ai familiari di questi pazienti.
Il ruolo dei fattori ambientali
Le malattie autoimmuni della tiroide sono le principali responsabili nel nostro paese dei disturbi di ipotiroidismo e ipertiroidismo. Esiste una predisposizione su base multigenica (ovvero data dalla combinazione di differenti fattori genetici) insieme all’intervento dei molteplici fattori ambientali, tra cui il fumo di sigaretta, eventi stressanti e l’esposizione a inquinanti (detti interferenti endocrini). Anche in questi casi, non sarà necessario sottoporre figli sani di persone con malattie autoimmuni della tiroide a screening di funzione tiroidea, a meno che non compaiano sintomi quali, per esempio, stanchezza, ansia, irrequietezza e palpitazioni. Invece, pur in assenza di sintomi, la funzione tiroidea deve essere monitorata in caso di pianificazione di gravidanza, ai fini della salute del feto.
Le cronicità
La maggior parte delle malattie tiroidee autoimmuni (in particolare la tiroidite autoimmune, causa di ipotiroidismo) sono croniche, con terapie che vanno mantenute a lungo termine o a vita. Il controllo della malattia cronica diventa indispensabile negli anziani, dove spesso si associa ad altre patologie croniche tipiche dell’età avanzata, come quelle cardiovascolari, metaboliche, neurologiche e/o osteoarticolari.
«Accanto alla tematica della predisposizione genetica, l’altro tema è quello della cronicità. La maggior parte delle malattie della tiroide, sia le relativamente rare malattie congenite sia le più comuni malattie acquisite, hanno il carattere della cronicità, ovvero, anche se nella maggior parte dei casi consentono una vita in pieno benessere se trattate, hanno bisogno di cura e controllo per tutta la vita, e, in particolare con l’avanzare dell’età, le problematiche che comportano si sommano con quelle delle altre malattie croniche (ad esempio metaboliche e cardiovascolari) diffuse nella popolazione generale», prosegue il professor Bagnasco.
I tumori della tiroide
L’incidenza dei tumori tiroidei è aumentata negli ultimi decenni, a fronte di una mortalità costante. Solo rare forme di tumori tiroidei hanno carattere ereditario, in particolare il tumore midollare: accanto alla forma sporadica, infatti, che corrisponde al 75 per cento di tutti i casi, esiste anche un’eziologia di carattere ereditario, pari 25 per cento.
Nel caso di tumori midollari, è indispensabile l’analisi genetica per stabilire l’ereditarietà della forma. La maggioranza dei tumori tiroidei ha un decorso ben controllabile e non causa morte o invalidazione.
Oggi anche nei tumori avanzati, le terapie mediche specifiche, pur non permettendo la guarigione, consentono di stabilizzare la malattia, controllandola anche per tempi lunghi, permettendo una qualità di vita accettabile.
La Settimana Mondiale della Tiroide 2023 è patrocinata dall’ISS, Istituto Superiore di Sanità e promossa dalle principali società scientifiche endocrinologiche, mediche e chirurgiche, quali AIT Associazione Italiana della Tiroide, AME Associazione Medici Endocrinologi, SIE Società Italiana di Endocrinologia, SIEDP Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica, SIGG Società Italiana di Gerontologia e Geriatria, SIUEC Società Italiana Unitaria di Endocrino Chirurgia, AIMN Associazione Italiana Medici Nucleari, SIMG Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie, ETA European Thyroid Association, insieme a CAPE Comitato delle Associazioni dei Pazienti Endocrini e sostenuta con un contributo incondizionato da parte di IBSA Farmaceutici e Merck Serono.
Alluvione Emilia-Romagna, attenti ai danni collaterali
News PresaCome una guerra, l’alluvione in Emilia-Romagna avrà ripercussioni anche a distanza di mesi. Secondo i medici della Società italiana di medicina ambientale (Sima) ci si dovrà confrontare con infezioni, avvelenamenti, stress post-traumatico e il rischio di suicidi. Un dramma, insomma, che ha lacerato le anime di una popolazione esattamente quanto ha lacerato la terra stessa.
DANNI COLLATERALI
L’allarme degli esperti riguarda, insomma, i danni collaterali dell’alluvione. Quelli che al momento sono solo ipotizzabili, ma che si vedranno nel corso del tempo. Un’alluvione, spiegano i medici, causa morte per annegamento, infarto, ipotermia, lesioni elettriche e ferite, ma questi sono solo gli effetti diretti e immediatamente visibili dell’emergenza. Gli effetti indiretti sono invece monitorabili solo nel lungo periodo. Basti pensare che lo straripamento delle acque reflue causate dalle inondazioni aumenta il rischio di infezioni, specie negli anziani e nei bambini, come norovirus, epatite A, rotavirus, infezioni causate da parassiti Cryptosporidium e Giardia, infezioni batteriche dovute a Campylobacter, Escherichia coli, Salmonella, eccetera.
AVVELENAMENTI
Cresce quindi in modo esponenziale il rischio di malattie gastrointestinali, dermatiti, congiuntiviti. Ma sono possibili anche veri e propri avvelenamenti, ad esempio in caso di rottura di condotti sotterranei, straripamento di scorie tossiche, o rilascio di sostanze chimiche conservate nel terreno. L’acqua stagnante nelle case e lungo le strade provoca una massiccia presenza di zanzare che incrementa il rischio di trasmissione all’uomo di malattie portate da questi insetti.
L’intelligenza artificiale legge una risonanza in 10 secondi
News Presa, Prevenzione, Ricerca innovazioneDieci secondi, al massimo, per analizzare le immagini di una risonanza magnetica e individuare i segni di malattie rare neuromuscolari. Probabilmente in futuro le diagnosi saranno tutte così, ma oggi fa notizia che una intelligenza artificiale possa riuscire in un compito tanto difficile e, per di più, in soli dieci secondi.
RETI NEURALI
La notizia arriva dal CompMat Spring Workshop, evento dedicato alle nuove frontiere del machine learning e della matematica computazionale, organizzato dall’Università di Pavia e svoltosi nell’Aula Foscolo. Per arrivare a diagnosi sempre più accurate e aumentare la qualità delle immagini anatomiche ad alta risoluzione ottenute tramite la risonanza magnetica, negli ultimi anni sono state sviluppate tecniche che permettono di quantificare le proprietà fisiche dei tessuti patologici. L’uso dei modelli più evoluti di intelligenza artificiale consente di ridurre i tempi di acquisizione delle informazioni della patologia. Si pensi alla quantità dell’infiammazione, dell’atrofia e la percentuale di grasso. Grazie alle reti neurali si possono ottenere immagini in pochi secondi, abbattendo i tempi necessari con i metodi standard, per i quali servirebbero ore.
IL VOLTO UMANO
Fortunatamente, dietro tanta tecnologia c’è ancora da parlare dell’intelligenza “naturale”. Nel caso di specie di due giovanissimi: il 30enne Leonardo Barzaghi e la 26enne Raffaella Fiamma Cabini, dottorandi del Centro “BioData Science” del Mondino, coordinato dalla professoressa Silvia Figini. Sono stati loro, già laureati in fisica a Pavia e Milano a ideare il sistema. I giovani ricercatori hanno usufruito di due borse di studio finanziate dal centro neurologico pavese e hanno studiato lo sviluppo degli algoritmi di “machine learning” e “deep learning” per la previsione di biomarcatori quantitativi delle malattie dell’apparato muscolo-scheletrico.
Zanzare e cambiamenti climatici. Come difendersi
Benessere, PrevenzionePer via dei cambiamenti climatici e il moltiplicarsi dei vettori, le zanzare diventano, di anno in anno, più difficili da gestire. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, oggi il clima che muta mette a rischio metà della popolazione mondiale. Solo la zanzara Dengue nel mondo causa circa 100-400 milioni di infezioni all’anno.
“Iniziano a svegliarsi – spiega Gérard Duvallet, entomologo dell’Università francese di Montpellier – quando ci sono 15 gradi e intorno ai 20/25 gradi sono in piena forma”.
“Sono le zanzare femmine – continua Duvallet – a pungerci, i maschi si nutrono esclusivamente con le piante. Il nostro sangue serve loro per sviluppare le uova e quindi riprodursi. Ci iniettano due sostanze: la prima per facilitare l’aspirazione, la seconda contiene un principio attivo che danneggia i tessuti umani. Ciò per non farci sentire dolore e quindi per impedire che la nostra reazione immediata possa ucciderle”.
Il rischio futuro
Il 90% degli italiani ritiene che l’insetto sia presente nel proprio Comune di residenza, mentre il 69,3% pensa che, negli ultimi tre anni, la percentuale di diffusione sia aumentata. Lo rivela un sondaggio su un campione di duemila intervistati, realizzato dall’azienda Sharknet. “L’84,7% degli intervistati si dimostra consapevole dei rischi sanitari – afferma il Ceo Marco Marcantoni. La malattia del West Nile è la più conosciuta, mentre la zanzara tigre è quella più temuta”.
Secondo recenti studi scientifici, pubblicati su Biology Letters, l’avanzare degli insetti pericolosi corre a ritmi sostenuti e non è escluso che in futuro potrebbe raggiungere anche il Vecchio Continente.
“Il riscaldamento globale, secondo gli studi autorevoli, moltiplica i vettori e quindi la diffusione di nuove e vecchie malattie nel mondo – continua Marcantoni. Dal virus Zika alla febbre Dengue, fino al ritorno del colera”.
Come difendersi dalle zanzare
“La prima regola – sottolinea Marcantoni – è evitare ristagni d’acqua perché è lì che le zanzare depongono le proprie uova. Vasi e sottovasi bisogna curarli con attenzione. Poi, occorre eseguire periodiche disinfestazioni. Esistono tuttavia dei rimedi anche nella fase successiva. La citronella è un ottimo rimedio, come indossare abiti dal colore giusto. Le zanzare sono attirate nell’ordine dal nero, dal rosso, dal grigio e dal blu. Verde e giallo sono invece le tinte che maggiormente difendono l’uomo dalle punture. Infine, proteggersi significa anche impedire il loro ingresso in casa con delle zanzariere”.
Analfabetismo scientifico: a rischio salute e democrazia
Prevenzione, PsicologiaLe teorie del complotto e le false informazioni fanno leva sulla mancanza di conoscenze. L’analfabetismo scientifico può influenzare le decisioni democratiche che riguardano l’ambiente o la salute pubblica. Di conseguenza è un rischio anche per la democrazia. L’allarme emerge dal dibattito in corso a Riccione, in occasione del forum multidisciplinare “Panorama diabete – Prevedere per prevenire”, promosso dalla Società Italiana di Diabetologia.
Analfabetismo scientifico e democrazia
Il sentimento antiscientifico può avere conseguenze dannose sulla società, la salute e l’ambiente. Ne ha parlato Massimiano Bucchi, studioso dei rapporti tra scienza, tecnologia e società dell’Università di Trento. In particolare ha evidenziato come lo sviluppo scientifico e tecnologico possa creare disuguaglianze radicali e minacciare la convivenza democratica. L’asimmetria di conoscenza e il controllo delle tecnologie possono influenzare la partecipazione e la capacità dei cittadini di prendere decisioni informate. La diffidenza verso la scienza può portare a informazioni errate e compromettere la gestione delle crisi. Per preservare la democrazia, Bucchi sottolinea l’importanza di promuovere una cultura scientifica diffusa, investendo nell’educazione scientifica, nel pensiero critico e nella diffusione di informazioni accurate. Inoltre ribadisce l’importanza di promuovere la trasparenza e la responsabilità nella gestione delle tecnologie per garantire l’utilizzo per il bene comune.
Cartabella: migliorare l’Evidence Based Medicine
Nino Cartabellotta, presidente della “Fondazione Gimbe”, ha ribadito l’importanza di migliorare e implementare l’Evidence Based Medicine (EBM) tenendo conto del concetto di ecosistema delle evidenze. Ha sottolineato i costi elevati e la complessità pratica dei trial controllati contro placebo su ampie fasce di popolazione. Durante la pandemia da COVID-19, ha notato come la produzione dei vaccini efficaci abbia richiesto un’implementazione rapida, che non ha seguito completamente l’EBM, ma ha comunque portato alla realizzazione di diversi vaccini focalizzati sulla prevenzione delle forme gravi della malattia. Cartabellotta indica la necessità di migliorare l’EBM in modo da tener conto dell’ecosistema delle evidenze. Ciò implica l’ampliamento delle fonti di evidenza, oltre ai trial controllati, come l’utilizzo di dati real-world e l’analisi di studi osservazionali. Inoltre, ribadisce l’importanza di incoraggiare la trasparenza, la condivisione dei dati e la collaborazione tra i ricercatori per creare un ecosistema più robusto e affidabile.
Analfabetismo scientifico e crisi della comunicazione
Il ricercatore Enrico Bucci, docente presso la Temple University di Philadelphia, ha affrontato il tema della crisi della comunicazione scientifica. Bucci ha evidenziato un crescente squilibrio tra quantità e qualità nella produzione scientifica, in cui la maggior parte delle pubblicazioni costituisce un “rumore di fondo”, mentre solo una parte degli studi contribuisce effettivamente all’avanzamento della scienza.
Questa situazione pone una serie di sfide nella comunicazione scientifica. Il sovraccarico di informazioni e la presenza del rumore di fondo rendono difficile per i ricercatori e per il pubblico in generale distinguere gli studi di valore e affidabili. Migliorare la qualità e l’affidabilità delle pubblicazioni scientifiche garantisce che l’avanzamento della scienza avvenga in modo accurato e significativo. Una comunicazione scientifica più efficace con il pubblico e la comunità scientifica contrasta l’analfabetismo scientifico.
L’individuo al centro
Il professor Ivan Cavicchi ha presentato la relazione “Crisi della sanità o crisi della medicina?” evidenziando come la crisi della sanità abbia radici profonde. Ha sottolineato l’importanza di adottare una visione umanistica della medicina, ponendo l’individuo al centro come pilastro della scienza medica. La crisi pandemica ha evidenziato aspetti critici nel sistema di ricerca e nell’assistenza sanitaria, richiedendo una profonda riflessione e un ripensamento per affrontare le sfide future, in particolare quelle associate alle malattie croniche non trasmissibili come il diabete.
Il futuro: prevenzione e cure personalizzate
Gli specialisti dei vari ambiti, riuniti all’evento SID, sottolineano l’importanza di una riforma del sistema sanitario, con più attenzione alla prevenzione, alla cura personalizzata, alla sostenibilità finanziaria e alla relazione medico-paziente.
La medicina ha fatto enormi progressi grazie alla tecnologia, ma secondo gli esperti ha perso il contatto diretto con i pazienti. Oggi, i pazienti desiderano non solo guarire, ma anche vivere una vita soddisfacente all’interno della società. Di conseguenza, la medicina spesso non riesce a soddisfare appieno le esigenze dei pazienti poiché il concetto di salute è cambiato. L’evoluzione va verso un approccio medico basato sulla scelta, in cui le persone devono prendere decisioni consapevoli riguardo alla loro salute. La medicina moderna si focalizzerà sulla relazione tra medico e paziente, comprendendo la malattia all’interno di un contesto relazionale che tiene conto delle cause e delle capacità relazionali dell’individuo. Per essere medici competenti, sarà essenziale riflettere sul proprio ruolo professionale anche da una prospettiva sociologica e filosofica – concludono.
Disturbi del sonno, un ragazzo su tre esagera con lo smartphone
Adolescenti, Bambini, Genitorialità, Madri-padri, News PresaUn bambino su tre soffre di disturbi del sonno causati dall’uso eccessivo di dispositivi elettronici. Un dato che non stupirà troppo i genitori, spesso disperati per il continuo uso di cellulari, tablet e videogiochi da parte dei figli, ma che ora viene anche messo nero su bianco da uno studio coordinato dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e realizzato di concerto con l’Università La Sapienza e Tor Vergata.
IGIENE DEL SONNO
Per Romina Moavero, della neurologia dello sviluppo del Bambino Gesù, i dati sono inequivocabili e dimostrano una correlazione tra l’aumento dell’uso di dispositivi elettronici durante il Covid e l’aumento dei disturbi del sonno. Ma è lo stile di vita dei bambini e di ragazzi ad essere cambiato profondamente. Ormai i dispositivi elettronici fanno parte della loro vita, sia scolastica che sociale. Tutto questo non fa che sottolineare l’importanza delle raccomandazioni di igiene del sonno che devono essere sempre considerate la prima linea di trattamento.
LO STUDIO
Lo studio ha rilevato che rispetto al periodo pre-pandemia l’aumento del tempo trascorso davanti a uno schermo ha riguardato il 68.7% dei bambini e dei ragazzi. Nello specifico il tempo di esposizione è più che triplicato per motivi scolastici (da poco meno di un’ora al giorno a tre ore e mezza) e ha riguardato il 72% di bambini e ragazzi. Mentre per uso ricreativo l’uso è quasi raddoppiato (da un’ora e trequarti a tre ore) e ha riguardato il 49,7%. Considerando solo le ore serali (dopo le 18) l’aumento del tempo di esposizione ai dispositivi è stato osservato nel 30% del campione (325 bambini).
POST PANDEMIA
Si è passati da appena il 13,7% di bambini e ragazzi che trascorrevano più di due ore davanti agli schermi prima del Covid al 29,1% (più del doppio). Lo studio ha mostrato poi un aumento di oltre il 50% dei disturbi del sonno rispetto al periodo pre-pandemia. Nel dettaglio, si è passati da 240 bambini e adolescenti che mostravano già disturbi del sonno prima dell’inizio della pandemia, ai 367 durante la pandemia: il 33,9% di tutto il campione, praticamente un minore su tre.
Oncologia italiana promossa dal 90 % dei pazienti, critica diagnosi
Psicologia, Ricerca innovazioneLa diagnosi è la fase più critica per il 50 per cento dei pazienti oncologici italiani. Preoccupano anche i tempi di attesa per la somministrazione delle terapie e per i controlli (in totale per il 40%). I pazienti chiedono soprattutto maggiore ascolto da parte del personale, un servizio psicologico maggiore e in generale un percorso di cura più agevole. In ogni caso, il 90% degli assistiti in cura nei reparti di oncologia del nostro Paese giudica la qualità della visita come soddisfacente.
I risultati emergono dall’indagine sui bisogni dei pazienti in trattamento attivo e in follow-up condotta da CIPOMO, il Collegio Italiano Primari Oncologi Medici Ospedalieri. La Survey è stata realizzata nel 2022 in tutta Italia. Sono stati intervistati 916 pazienti con un’età media di 65 anni, il 60% dei quali donne. L’indagine ha indagato le criticità vissute durante il loro percorso di cura. Sono state misurate l’accessibilità ai servizi oncologici, l’accoglienza ospedaliera e i desideri dei pazienti.
Umanizzazione delle cure in oncologia
“L’umanizzazione delle cure – spiega la Professoressa Rosa Rita Silva Direttore dell’Unità Operativa di Oncologia Medica di Fabriano Ast Ancona – è e deve rimanere un costante interesse e obiettivo di chi opera in reparti sensibili ed emotivamente delicati come l’oncologia. Continui cambiamenti delle necessità, delle abitudini e delle esigenze devono sempre tenere alta l’attenzione verso l’analisi dei cambiamenti psicosociali indotti dalla malattia oncologica e dal relativo percorso terapeutico”.
Dai dati è emerso che la diagnosi è la fase più critica per i pazienti (50.4%), mentre trattamento (22.3%) e recidiva (14.8%) mostrano una criticità limitata. Una quota limitata afferma di non avere sperimentato criticità (4.8%). Per quanto riguarda il follow-up, invece, appena l’1.1% lo percepisce come critico.
I tempi di attesa per accedere alle terapie e alle visite di controllo sono vissuti come momento di grande difficoltà per quasi la metà dei pazienti. Riportano attese superiori a 30 minuti (21%) o a un’ora (22.7%). Ma a conti fatti la qualità della visita viene valutata come adeguata dal 90.2% dei pazienti.
La Survey ha anche indagato sulle difficoltà logistiche affrontate dai pazienti per raggiungere le strutture di cura. La maggioranza deve affrontare percorsi medio-lunghi (31.8% tragitti tra 10 e 30km e 19.4% oltre 30 km) anche se la durata media è inferiore a 30 minuti (69.9%). La maggioranza assoluta accede ai servizi in macchina assieme a un familiare/amico (63.5%). Ma sostanzialmente lo spostamento viene percepito come poco problematico o disagevole (78.2%).
Presa in carico multidisciplinare
“Prestare ascolto alle esigenze del paziente e dei familiari creando un rapporto empatico. Regalare attenzioni che vanno al di là del dovere medico, facendo comprendere al paziente che i medici ‘ci sono’ non solo per condividere le strategie terapeutiche ma anche per cercare di andare incontro alle loro esigenze pratiche. Solo comprendendo quali sono le criticità possiamo cercare di ‘aggiustare il tiro’ e far nascere una benefica alleanza, indispensabile nel percorso da intraprendere” ha commentato il Professor Luigi Cavanna presidente Cipomo.
“La percezione di soddisfazione per la qualità delle viste oncologiche espressa dal 90% dei pazienti è sicuramente rassicurante per l’Oncologia Ospedaliera italiana e motivante per tutto il personale. Ma è anche uno stimolo a crescere ancora e ci fa capire il valore della nostra attività per i pazienti – concludono Monica Giordano e Carlo Aschele. Inoltre, la criticità della fase diagnostica avvertita dalla metà dei pazienti ci fa riflettere sulla necessità di ottimizzare e rendere sempre più tempestivi i percorsi di presa in carico multidisciplinare fin dalla fase diagnostica, con punti di accesso identificati e supporto anche psicosociale strutturato, che il CIPOMO sta sviluppando”.
Obesità, si combatte con la criostimolazione
News PresaL’obesità può essere affrontata anche ricorrendo al freddo intenso (la criostimolazione), che favorisce una riduzione del colesterolo e del grasso corporeo. A dirlo è uno studio presentato al Congresso Europeo sull’Obesità (ECO) di Dublino. Gli esperti parlano di potenti effetti sul corpo, con una riduzione del girovita e un calo significativo degli zuccheri nel sangue.
EFFETTI BENEFICI
La premessa è d’obbligo, non ci si deve mai improvvisare. La criostimolazone non è adatta al “fai da te” e non serve esporsi a basse temperature per affrontare un problema di obesità. Ciò detto, secondo gli scienziati può agire come trattamento antinfiammatorio e antiossidante, con effetti benefici sulla composizione corporea, compresa la percentuale di grasso. Un numero crescente di lavori suggerisce che la metodica è un’utile terapia aggiuntiva, per una serie di condizioni, in particolare l’artrite reumatoide, la fibromialgia, la sclerosi multipla, le condizioni infiammatorie muscoloscheletriche e persino il long Covid.
IL TEST
Tronando al dimagrimento, per verificare l’efficacia della criostimolazione sul dimagrimento, 29 partecipanti obesi sono stati trattati con un programma basato su un piano dietetico personalizzato, supporto psicologico e attività fisica. Alcuni di loro, in più, sono stati sottoposti a sessioni di criostimolazione di 2 minuti a meno 110°C in una criocamera nell’arco di due settimane.
EFFETTI POSITIVI
Per garantire la sicurezza del test, i dati biometrici dei pazienti erano controllati in tempo reale. Ebbene, trigliceridi, colesterolo totale e i livelli di colesterolo HDL e LDL sono diminuiti in entrambi i gruppi, ma la riduzione è stata doppia con la criostimolazione. Per loro dopo due settimane, i livelli medi di trigliceridi erano diminuiti del 17 per cento rispetto all’8,7 per cento nel gruppo placebo, il colesterolo totale del 20,2 per cento rispetto al 9,4 per cento, il colesterolo cattivo, LDL, del 24,7 per cento rispetto al 10,5 per cento.
NUOVE PROSPETTIVE
Allo stesso modo, i livelli di glucosio nel sangue diminuiscono del 10,3 per cento rispetto al 2,8 per cento del gruppo placebo e la circonferenza vita del 5,6 per cento rispetto all’1,4 per cento. Risultati che aprono a nuove prospettive di cure e trattamenti che ben presto potrebbero essere di grande aiuto nei casi più gravi.