Tempo di lettura: 6 minutiLe cronicità sono la causa principale di morte nel mondo. Secondo il rapporto Oms, circa 17 milioni di persone muoiono prematuramente ogni anno. Si tratta di malattie come cardiopatie, ictus, cancro, diabete, malattie respiratorie, ma anche malattie mentali, disturbi muscolo-scheletrici e dell’apparato gastrointestinale. Le malattie croniche possono riguardare anche difetti della vista, dell’udito e patologie genetiche. In generale hanno origine in età giovanile, ma che richiedono anche decenni prima di manifestarsi clinicamente.
Un’indagine ha coinvolto oltre 300 pazienti con cronicità, tra i 30 e 70 anni, analizzandone il vissuto e la propensione all’uso della tecnologia. La ricerca ha indagato l’aderenza terapeutica, lo stato emotivo, la qualità della vita, la prevenzione, le visite di controllo e i canali di comunicazione con operatori e strutture sanitarie. I pazienti cronici mostrano una buona propensione all’utilizzo della tecnologia anche nelle fasce d’età più alte.
Comorbidità: oltre la metà degli intervistati ha più patologie
Molti pazienti con cronicità hanno più patologie croniche (comorbidità o multimorbidità). La patologia, considerando quelle più diffuse, ha una storia media di almeno 8 anni, con un picco di 16 anni nei casi di malattie respiratorio polmonari. Le cronicità più diffuse sono l’ipertensione e l’ipercolesterolemia, seguite da disturbi depressivi e ansia. Mentre le prime due sembrano più frequenti tra i pazienti maturi (61-70 anni), la depressione e l’ansia sono particolarmente accentuate tra i giovani (33% tra i 30-40 enni).
Cronicità, giovani più a rischio depressione
Sono i giovani a vivere più negativamente la malattia. Il 68% degli intervistati tra i 30 e i 40 anni ha necessità di un sostegno psicologico per far fronte a problemi di depressione e ansia causati dalla cronicità. In particolare, il 63% dei 30-40 enni vive più negativamente le cronicità, contro il 45% dei 61-70 enni. Questo stato d’animo si riflette sulla salute mentale. Il 68% dei pazienti tra i 30 e i 40 anni contro il 37% del campione ha cercato un sostegno psicologico. Il 32% dei 30-40 enni si è rivolto a figure professionali, come psicologi o psicoterapeuti. Il 27% dei 30-40 enni si è rivolto solo ai familiari.
Capacità di reagire nelle fasce più grandi
Nonostante le preoccupazioni, lo scoraggiamento e il senso di limitazione, emerge anche la capacità di reagire e affrontare la cronicità con tranquillità e ottimismo. Riguarda però le fasce più grandi: il 40% dei pazienti tra i 61 e i 70 anni nel tempo hanno creato strategie conservative per gestire le patologie sul piano emotivo.
Il profilo digitale dei pazienti cronici
Un intervistato su quattro tra i 51 e 60 anni possiede dispositivi di monitoraggio della salute connessi ad una applicazione digitale (es. saturimetro, termometro, glucometro, pulsossimetro). In media il campione dispone di 4 device. I dispositivi più diffusi sono lo smartphone (92% dei rispondenti, più gradito alle donne) e il computer fisso o portatile (84%). L’88% si connette quotidianamente a Internet e il 60% rimane connesso almeno 4 ore al giorno.
I risultati emergono dalla ricerca “Sfide e opportunità nell’aderenza terapeutica dei pazienti cronici: l’apporto della tecnologia” realizzata da Qwince con Doxa Pharma.
Privacy e Fascicolo Sanitario Elettronico integrato
L’80% dei pazienti cronici intervistati valuta positivamente l’idea di una piattaforma digitale integrata. Oltre 6 soggetti su 10 si dichiarano propensi a utilizzarla. Protezione della privacy e accesso continuo alle informazioni clinico-sanitarie e allo storico dei dati del paziente sono requisiti indispensabili. Lo afferma l’87% dei malati cronici coinvolti. Fondamentale è inoltre l’integrazione con il Fascicolo Sanitario Elettronico e la multicanalità, cioè la disponibilità del servizio su più dispositivi come smartphone, computer e tablet.
L’impatto della cronicità sulla qualità della vita
Per un paziente su 2 la malattia cronica ha un impatto negativo sulla qualità della vita. Recarsi dal medico per sottoporsi alle visite e prenotare esami e controlli presso studi, centri e strutture sanitarie sono i due aspetti più impegnativi secondo la metà del campione circa. In particolare la difficoltà è maggiore tra i giovani (più di 6 su 10) e al Sud, dove l’accesso ai servizi sanitari è più difficile. Seguono la prenotazione e il ritiro dei farmaci che per circa 4 pazienti su 10 incidono sia dal punto di vista del dispendio di tempo che dei costi da affrontare.
L’aderenza alla terapia
L’aderenza alla terapia è una condizione fondamentale per i malati cronici. Quanto più è bassa, tanto più è alto il rischio di conseguenze per il paziente. Infatti aumenta il rischio di comorbidità, di acutizzazione della cronicità, di ospedalizzazione e di disabilità e perdita di autosufficienza.
Dalla ricerca emerge che 8 intervistati su 10 assumono farmaci per il trattamento della patologia di cui soffrono. La quota sale quasi a 10 su 10 nei pazienti con comorbidità. Dei pazienti sottoposti a terapie farmacologiche, il 55% assume due o più farmaci. Anche la frequenza di assunzione è elevata: l’87% almeno una volta e il 35% più volte al giorno.
Per non dimenticare di assumere il farmaco, il 66% degli intervistati mette in atto varie “strategie”, come ad esempio posizionare la confezione in un luogo specifico della casa, impostare sveglie, utilizzare promemoria sullo smartphone o app specifiche. Il restante 34% cerca semplicemente di ricordarsene affidandosi alla propria memoria. Il rischio che il farmaco possa essere dimenticato, soprattutto per questi ultimi, esiste e i dati della ricerca lo confermano: negli ultimi 6 mesi è successo al 71% degli intervistati.
Sono i giovani ad aderire meno alla terapia (82%). Nonostante oltre due terzi di loro abbia una strategia per ricordarsi di assumere il farmaco e circa un terzo usi strumenti digitali come promemoria sul telefono o sul computer, i pazienti tra i 30-40 anni sono coloro che più facilmente se ne dimenticano. Potrebbe incidere lo stile di vita più dinamico o la storia con la patologia più breve.
I pazienti intervistati ritengono utili le piattaforme e i servizi per gestire la terapia e promuovere il contatto con il medico o con altre figure coinvolte nel processo di cura. L’82% dei soggetti coinvolti ritiene un servizio digitale di questo tipo utile per migliorare la qualità della propria vita.
Cronicità e visite di controllo
Il percorso di cura del malato cronico prevede visite ed esami di controllo. I tempi di attesa del servizio sanitario pubblico inducono ad un ricorso sempre più frequente alle strutture private, convenzionate e non. Il malato cronico deve spesso gestire in autonomia le prenotazioni. Solo il 13% dei pazienti intervistati dichiara di ricevere un aiuto dal proprio centro medico di riferimento nel gestire la prenotazione inviando un promemoria per ricordare gli appuntamenti da fissare. Per non dimenticare prenotazioni e appuntamenti, alcuni (66%) mettono in atto strategie ricorrendo all’utilizzo di strumenti digitali (32%), quali promemoria e calendari su dispositivi mobili e computer, o affidandosi ai calendari cartacei (23%). Tuttavia, il 35% dei pazienti dichiara di aver dimenticato di prenotare almeno una visita negli ultimi 6 mesi. La maggior parte degli intervistati (74%) esprime apertura verso l’utilizzo di servizi e piattaforme digitali.
Gestione dei referti, tra cartaceo e digitale
Un altro aspetto è la gestione di referti medici e documenti in formati e supporti differenti, che secondo un terzo degli intervistati risulta difficile. Sebbene il digitale abbia iniziato a diffondersi (uso prevalente nel 25% del campione), predomina ancora l’uso del cartaceo (49%). Secondo il sondaggio, il 77% raccoglie i documenti cartacei in cartelline, mentre solo il 24% del campione archivia su computer o app. Il 71% dei pazienti dichiara interesse verso l’utilizzo di una piattaforma digitale per l’archiviazione dei documenti diagnostici.
La prenotazione di farmaci e visite avviene ancora prevalentemente di persona e/o al telefono, lo dichiara oltre l’80% degli intervistati. Più del 30% di coloro che non sono mai ricorsi ai canali digitali afferma però di aver scartato l’idea di utilizzare il servizio online non per scelta ma perché non disponibile. Il 26% non era a conoscenza dell’esistenza del servizio.
Per il ritiro di referti e la richiesta di prescrizioni e certificati medici, oltre il 50% del campione sceglie anche il canale digitale, principalmente siti web e posta elettronica. Tra coloro che invece preferiscono le modalità tradizionali di interazione, circa il 30% ritiene i canali digitali poco affidabili e teme per la privacy e la sicurezza dei propri dati.
Contatto fisico prevale sui consulti online
I consulti online registrano la percentuale più bassa. Solo il 19% degli intervistati ha utilizzato anche servizi web o app per consultare un medico negli ultimi sei mesi, a dimostrazione dell’importanza attribuita al contatto fisico rispetto a quello virtuale.
La comunicazione digitale non sempre passa attraverso canali adeguati. Le chat di messaggistica istantanea sono usate impropriamente per scambiare informazioni di natura sanitaria. Eppure le condizioni di utilizzo ne vietano espressamente l’impiego perché non vi è nessuna garanzia del rispetto dei principi del regolamento europeo GDPR. Questa modalità di comunicazione espone quindi il medico e la struttura sanitaria a rischi di natura medico-legale.
Oltre alla crescente richiesta di app di messaggistica e app specifiche (del centro medico, della farmacia, ecc.), tra le modalità d’interazione desiderate emerge l’interesse del 24% degli intervistati (in particolare nel 37% della fascia tra 51 e 60 anni) verso piattaforme dedicate alla comunicazione tra medici, farmacisti e pazienti, utilizzate attualmente solo dal 7% del campione.
Orecchio, disturbi udito e malattie colpiscono circa 7 mln di italiani
Economia sanitaria, Ricerca innovazioneI disturbi dell’udito e le malattie dell’orecchio colpiscono circa 7 milioni di italiani con un danno diretto e indiretto di oltre 36mld di euro. “Oggi – spiega il presidente professor Piero Nicolai di SIOeChCF – copriamo l’intera Area Testa-Collo: da un’oncologia complessa e difficile specie chirurgicamente, all’applicazione di protesi impiantabili come gli impianti cocleari. Ci occupiamo, anche, delle patologie dell’orecchio medio, interno e della base cranica laterale; di tutte le patologie del naso dei seni paranasali e della base del cranio anteriore, dei disturbi ostruttivi del sonno, delle patologie delle ghiandole salivari ed infine anche della voce e problematiche estetiche del volto”.
“Ma questa versatilità – aggiunge il professor Giovanni Danesi di SIOeChCF – rende difficile inquadrare la disciplina, anche a livello di programmazione sanitaria. Il risultato è la riduzione della prevenzione. Troppo spesso la diagnosi è tardiva anche se ogni euro speso per tempo e nel modo giusto può risparmiarne 18 nell’arco di 10 anni. Ma ancora più grave è la progressiva perdita di competenze che sta iniziando ad erodere il patrimonio di saperi e capacità accumulato nella passata generazione. I reparti di Otorinolaringoiatria si stanno, infatti, rarefacendo nel SSN e la prospettiva di unire i corsi di specialità di Otorinolaringoiatria a quelli di Audiologia e Foniatria minaccia di diluire ulteriormente una formazione che dovrebbe, invece, puntare ad una marcata specializzazione. Questo, infatti, sarebbe il momento per radicare saldamente l’Otorinolaringoiatria nel Servizio Sanitario. Il rischio, altrimenti, è quello di perdere i progressi raggiunti”.
Questo l’allarme rivolto dalla SIOeChCF al mondo della sanità. “Del resto, compito delle Società scientifiche – conclude il professor Domenico Cuda, past president SIOeChCF – è quello di portare la voce degli specialisti medici e quindi degli otorinolaringoiatri alle istituzioni”.
Se ne parlerà anche a Welfair, la fiera del fare sanità che si terrà dal 18 al 20 ottobre 2023 a Fiera Roma. Il dibattito sarà tra governance, medici, società scientifiche e aziende MedTech per confrontarsi sui processi dai quali originano i servizi e si integrano le innovazioni.
Caldo, il sonnellino fa bene al cervello ma senza esagerare
Benessere, Prevenzione, Ricerca innovazioneIl riposo post-prandiale ha benefici per il cervello ormai dimostrati dalla scienza. La Società Italiana di Neurologia ha diffuso i risultati di un’ultima ricerca che dimostra i benefici della siesta con le alte temperature. Una predisposizione genetica alla “pennica” sembrerebbe associata a un maggior sviluppo cerebrale e anche a un ridotto rischio di Alzheimer.
Secondo una precedente ricerca della Northwestern University pubblicata su Current Biology, le temperature oltre i 25 gradi facilitano il riposo. Con le ondate di calore ormai ricorrenti a causa dei cambiamenti climatici, il fenomeno riguarda tutte le ore del giorno. La spiegazione risiede in un termometro cerebrale che in base alle temperature esterne regola il metabolismo corporeo, spingendo in certi casi al riposo.
Pennica riduce rischio di Alzheimer
Secondo uno studio appena pubblicato dalle Università di Montevideo e Londra e dal Center for Genomic Medicine di Boston e dal Broad Institute di Cambridge, esiste una predisposizione genetica alla siesta. Una tendenza che sembra essere associata a un maggior sviluppo cerebrale e a un ridotto rischio di malattia di Alzheimer.
Tuttavia il riposino deve avere una durata compresa fra 5 e 15 minuti e i benefici possono protrarsi fino a 1 o 3 ore dopo. Oltre la mezz’ora, invece, la pennica sembra produrre un transitorio deterioramento delle performance cognitive.
Riposino mantiene il cervello giovane
Lo studio ha esaminato della Biobanca britannica di circa 378mila individui di età media di 57 anni. Secondo i risultati, la predisposizione genetica al sonnellino diurno è associata a un volume cerebrale totale maggiore di 15,80 cm3. Secondo gli autori, dei riposini regolari diurni possono proteggere dalla neurodegenerazione e compensare la carenza di sonno notturno. Non ci sono effetti invece sul tempo di reazione e sulla memoria visiva.
Il cervello umano tende a rimpicciolirsi con il passare degli anni. Secondo la Sin, sulla base di questa ricerca, il riposino pomeridiano potrebbe far guadagnare fra i 2,6 e i 6,5 anni in termini di invecchiamento cerebrale.
Occorreranno altri studi per fare chiarezza sul legame tra cervello e siesta, visto che non sono stati invece rilevati effetti sull’ippocampo.
Oms: limitare grassi saturi, selezionare carboidrati
Alimentazione, PrevenzionePer una sana alimentazione arrivano le nuove linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms). Le raccomandazioni sul corretto consumo di carboidrati e grassi sono rivolte anche ai bambini. Lo scopo è prevenire l’aumento di peso e ridurre il rischio di malattie legate all’alimentazione.
Dieta per ridurre rischio malattie
Un adulto dovrebbe limitare l’assunzione di grassi al 30% dell’apporto energetico totale. I carboidrati, invece, andrebbero selezionati, sottolinea l’Oms. Le nuove linee guida si basano sulle più recenti evidenze scientifiche e puntano alla “prevenzione di un aumento di peso malsano” in adulti e bambini. L’obiettivo è anche “ridurre il rischio di malattie non trasmissibili legate all’alimentazione, come il diabete di tipo 2, le malattie cardiovascolari e alcuni tipi di cancro”. La quota del 30% di grassi è condivisa dalle Linee guida per una sana alimentazione italiana già esistenti da prima.
I grassi non sono tutti uguali
“Non più del 10% dell’apporto energetico totale proveniente dai grassi dovrebbe provenire da acidi grassi saturi e non più dell’1% da acidi grassi trans”, scrive l’Oms. Il restante quindi deve essere composto da grassi “buoni”, cioè vegetali, come quelli che si trovano nella frutta a guscio, nell’olio di oliva o nell’avocado. Quelli da limitare sono invece i saturi, come quelli animali (carne, latte, latticini, uova), ma anche alcuni oli vegetali come quello di palma o di cocco. Andrebbero eliminati il più possibile i grassi “trans”, frutto di processi industriali. L’Italia ha i livelli di consumo più bassi in Europa (meno dell’1% dell’energia), la quasi totalità di grassi trans sono stati eliminati dalle produzioni industriali.
Carboidrati meglio integrali
Per quanto riguarda i carboidrati, come pasta, pane e riso, è raccomandato il consumo principale di cereali integrali, verdura, frutta e legumi. Sono da ridurre al minimo i dolci, le farine bianche e i prodotti industriali. In particolare, gli adulti dovrebbero assumere almeno 400 grammi di frutta e verdura e 25 grammi di fibre alimentari naturali al giorno. Per i bambini e gli adolescenti l’Oms suggerisce almeno 250 grammi al giorno di frutta e verdura tra i 2 e i 5 anni di età; almeno 350 gr. al giorno tra i 6 e i 9 anni; e almeno 400 gr. al giorno dai 10 anni in poi.
È morto Andrea Purgatori, portato via da una malattia fulminante
News PresaUn volto che tutti eravamo abituati a vedere, una voce che con grande professionalità ci ha accompagnato per anni sui temi di attualità più scottanti. Andrea Purgatori, giornalista, sceneggiatore e autore televisivo è morto questa mattina dopo alcuni giorni trascorsi in ospedale a causa di una malattia fulminante. Purgatori aveva 70 anni e la notizia della sua scomparsa è arrivata dai figli Edoardo, Ludovico, Victoria e dalla famiglia rappresentata dallo studio legale Cau.
La malattia
Nessun dettaglio sulla malattia che lo ha portato via ai suoi cari e a tutti coloro i quali hanno sempre seguito il suo lavoro appassionato. A stroncare il giornalista una breve fulminante malattia, di cui non si conoscono i dettagli. «Una mente brillante – ricordano i familiari – che ricordiamo recentemente nella trasmissione di La 7 Atlantide dove era autore e conduttore e in tempi più remoti come inviato in zone di guerra e autore delle più importanti inchieste giudiziarie italiane, poi ancora autore e sceneggiatore di tanti film e fiction televisive tra cui Il Muro di Gomma, Fortapasc e Il Giudice Ragazzino».
Testimonianze di stima e affetto
Tante, tantissime, le reazioni dal mondo della politica, del giornalismo e della tv. La Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha scritto su Twitter «La scomparsa di Andrea Purgatori lascia un grande vuoto nel mondo dell’informazione e del giornalismo d’inchiesta. Le mie più sentite condoglianze alla sua famiglia e ai suoi colleghi. Riposi in pace». Corrado Guzzanti, invece, ha scritto: «È morto uno dei miei amici più cari. Grande giornalista, grande autore. Un abbraccio a tutti quelli che gli hanno voluto bene, e sono tantissimi». Tra gli altri, anche il direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana: «Caro Andrea, non so come faremo senza il tuo coraggio, la tua bravura e la tua serietà. Ci mancherai per sempre, amico carissimo.
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Sinossi: Erica, fotoreporter di 29 anni, scopre di avere un melanoma. Quando ci si ammala, ci si ritrova di colpo catapultati in un mondo sconosciuto, pieno di luoghi impervi e spaventosi. Ci si può sentire spaesati e molto soli, almeno fino a quando non si scopre l’aiuto prezioso di alleati, guide e compagni di viaggio. Così, come accade agli eroi delle storie più antiche, può capitare che i momenti peggiori si dimostrino occasione di trasformazione, evoluzione e consapevolezza.
Dall’introduzione:
Le dimensioni della salute e del racconto sono fittamente intrecciate in questo libro che, ispirandosi alla pratica della medicina narrativa, racconta una storia di malattia, nella convinzione che esista una dimensione non solo fisica, ma anche emotiva e sociale, della salute. L’assunto principale è che condividere ricordi, emozioni e sentimenti (sia degli operatori, che dei pazienti e dei loro familiari) possa fornire un quadro assistenziale e clinico più efficace e personalizzato, e anche offrire un’occasione di dialogo, dibattito e sensibilizzazione.
* Parte del ricavato delle vendite sarà devoluto alla Fondazione Melanoma e alla Fondazione Mesit
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Come affrontare l’emergenza caldo
Anziani, News PresaCome affrontare l’emergenza caldo di questi giorni? I primi a chiederselo sono stati i medici di famiglia, che hanno messo in campo un sistema a dir poco innovativo per far arrivare a casa dei pazienti i consigli del Ministero della Salute. Il progetto, partito da Napoli, è stato possibile grazie alla collaborazione della società KappaMed che ha adattato il software gestionale dei medici di famiglia per far sì che assieme alle prescrizioni elettroniche possano essere inviato anche il vademecum del Ministero della Salute. «Riceviamo ogni giorno decine e decine di richieste di aiuto legate all’incredibile caldo di questi giorni – dice il medico della Fimmg Corrado Calamaro –. I nostri telefoni non smettono di squillare, noi rispondiamo a tutti, ma è essenziale che i pazienti più a rischio evitino comportamenti pericolosi».
Vademecum
Asl e ospedali
Inoltre, per fronteggiare l’emergenza anche le Asl e gli ospedali hanno disposto il potenziamento dei servizi assistenziali. Asl Napoli 3 Sud, diretta da Giuseppe Russo, ha adottato tutti i possibili strumenti operativi tra cui campagne informative, il monitoraggio telematico dei pazienti cronici, protocolli d’intesa con i medici e i pediatri di base, disponibilità di ambulatori mobili e postazioni 118 nelle aree turistiche, percorsi dedicati presso i pronto soccorso degli ospedali aziendali.
Cronicità, negli ultimi 6 mesi il 71% ha dimenticato la terapia
Benessere, Ricerca innovazioneLe cronicità sono la causa principale di morte nel mondo. Secondo il rapporto Oms, circa 17 milioni di persone muoiono prematuramente ogni anno. Si tratta di malattie come cardiopatie, ictus, cancro, diabete, malattie respiratorie, ma anche malattie mentali, disturbi muscolo-scheletrici e dell’apparato gastrointestinale. Le malattie croniche possono riguardare anche difetti della vista, dell’udito e patologie genetiche. In generale hanno origine in età giovanile, ma che richiedono anche decenni prima di manifestarsi clinicamente.
Un’indagine ha coinvolto oltre 300 pazienti con cronicità, tra i 30 e 70 anni, analizzandone il vissuto e la propensione all’uso della tecnologia. La ricerca ha indagato l’aderenza terapeutica, lo stato emotivo, la qualità della vita, la prevenzione, le visite di controllo e i canali di comunicazione con operatori e strutture sanitarie. I pazienti cronici mostrano una buona propensione all’utilizzo della tecnologia anche nelle fasce d’età più alte.
Comorbidità: oltre la metà degli intervistati ha più patologie
Molti pazienti con cronicità hanno più patologie croniche (comorbidità o multimorbidità). La patologia, considerando quelle più diffuse, ha una storia media di almeno 8 anni, con un picco di 16 anni nei casi di malattie respiratorio polmonari. Le cronicità più diffuse sono l’ipertensione e l’ipercolesterolemia, seguite da disturbi depressivi e ansia. Mentre le prime due sembrano più frequenti tra i pazienti maturi (61-70 anni), la depressione e l’ansia sono particolarmente accentuate tra i giovani (33% tra i 30-40 enni).
Cronicità, giovani più a rischio depressione
Sono i giovani a vivere più negativamente la malattia. Il 68% degli intervistati tra i 30 e i 40 anni ha necessità di un sostegno psicologico per far fronte a problemi di depressione e ansia causati dalla cronicità. In particolare, il 63% dei 30-40 enni vive più negativamente le cronicità, contro il 45% dei 61-70 enni. Questo stato d’animo si riflette sulla salute mentale. Il 68% dei pazienti tra i 30 e i 40 anni contro il 37% del campione ha cercato un sostegno psicologico. Il 32% dei 30-40 enni si è rivolto a figure professionali, come psicologi o psicoterapeuti. Il 27% dei 30-40 enni si è rivolto solo ai familiari.
Capacità di reagire nelle fasce più grandi
Nonostante le preoccupazioni, lo scoraggiamento e il senso di limitazione, emerge anche la capacità di reagire e affrontare la cronicità con tranquillità e ottimismo. Riguarda però le fasce più grandi: il 40% dei pazienti tra i 61 e i 70 anni nel tempo hanno creato strategie conservative per gestire le patologie sul piano emotivo.
Il profilo digitale dei pazienti cronici
Un intervistato su quattro tra i 51 e 60 anni possiede dispositivi di monitoraggio della salute connessi ad una applicazione digitale (es. saturimetro, termometro, glucometro, pulsossimetro). In media il campione dispone di 4 device. I dispositivi più diffusi sono lo smartphone (92% dei rispondenti, più gradito alle donne) e il computer fisso o portatile (84%). L’88% si connette quotidianamente a Internet e il 60% rimane connesso almeno 4 ore al giorno.
I risultati emergono dalla ricerca “Sfide e opportunità nell’aderenza terapeutica dei pazienti cronici: l’apporto della tecnologia” realizzata da Qwince con Doxa Pharma.
Privacy e Fascicolo Sanitario Elettronico integrato
L’80% dei pazienti cronici intervistati valuta positivamente l’idea di una piattaforma digitale integrata. Oltre 6 soggetti su 10 si dichiarano propensi a utilizzarla. Protezione della privacy e accesso continuo alle informazioni clinico-sanitarie e allo storico dei dati del paziente sono requisiti indispensabili. Lo afferma l’87% dei malati cronici coinvolti. Fondamentale è inoltre l’integrazione con il Fascicolo Sanitario Elettronico e la multicanalità, cioè la disponibilità del servizio su più dispositivi come smartphone, computer e tablet.
L’impatto della cronicità sulla qualità della vita
Per un paziente su 2 la malattia cronica ha un impatto negativo sulla qualità della vita. Recarsi dal medico per sottoporsi alle visite e prenotare esami e controlli presso studi, centri e strutture sanitarie sono i due aspetti più impegnativi secondo la metà del campione circa. In particolare la difficoltà è maggiore tra i giovani (più di 6 su 10) e al Sud, dove l’accesso ai servizi sanitari è più difficile. Seguono la prenotazione e il ritiro dei farmaci che per circa 4 pazienti su 10 incidono sia dal punto di vista del dispendio di tempo che dei costi da affrontare.
L’aderenza alla terapia
L’aderenza alla terapia è una condizione fondamentale per i malati cronici. Quanto più è bassa, tanto più è alto il rischio di conseguenze per il paziente. Infatti aumenta il rischio di comorbidità, di acutizzazione della cronicità, di ospedalizzazione e di disabilità e perdita di autosufficienza.
Dalla ricerca emerge che 8 intervistati su 10 assumono farmaci per il trattamento della patologia di cui soffrono. La quota sale quasi a 10 su 10 nei pazienti con comorbidità. Dei pazienti sottoposti a terapie farmacologiche, il 55% assume due o più farmaci. Anche la frequenza di assunzione è elevata: l’87% almeno una volta e il 35% più volte al giorno.
Per non dimenticare di assumere il farmaco, il 66% degli intervistati mette in atto varie “strategie”, come ad esempio posizionare la confezione in un luogo specifico della casa, impostare sveglie, utilizzare promemoria sullo smartphone o app specifiche. Il restante 34% cerca semplicemente di ricordarsene affidandosi alla propria memoria. Il rischio che il farmaco possa essere dimenticato, soprattutto per questi ultimi, esiste e i dati della ricerca lo confermano: negli ultimi 6 mesi è successo al 71% degli intervistati.
Sono i giovani ad aderire meno alla terapia (82%). Nonostante oltre due terzi di loro abbia una strategia per ricordarsi di assumere il farmaco e circa un terzo usi strumenti digitali come promemoria sul telefono o sul computer, i pazienti tra i 30-40 anni sono coloro che più facilmente se ne dimenticano. Potrebbe incidere lo stile di vita più dinamico o la storia con la patologia più breve.
I pazienti intervistati ritengono utili le piattaforme e i servizi per gestire la terapia e promuovere il contatto con il medico o con altre figure coinvolte nel processo di cura. L’82% dei soggetti coinvolti ritiene un servizio digitale di questo tipo utile per migliorare la qualità della propria vita.
Cronicità e visite di controllo
Il percorso di cura del malato cronico prevede visite ed esami di controllo. I tempi di attesa del servizio sanitario pubblico inducono ad un ricorso sempre più frequente alle strutture private, convenzionate e non. Il malato cronico deve spesso gestire in autonomia le prenotazioni. Solo il 13% dei pazienti intervistati dichiara di ricevere un aiuto dal proprio centro medico di riferimento nel gestire la prenotazione inviando un promemoria per ricordare gli appuntamenti da fissare. Per non dimenticare prenotazioni e appuntamenti, alcuni (66%) mettono in atto strategie ricorrendo all’utilizzo di strumenti digitali (32%), quali promemoria e calendari su dispositivi mobili e computer, o affidandosi ai calendari cartacei (23%). Tuttavia, il 35% dei pazienti dichiara di aver dimenticato di prenotare almeno una visita negli ultimi 6 mesi. La maggior parte degli intervistati (74%) esprime apertura verso l’utilizzo di servizi e piattaforme digitali.
Gestione dei referti, tra cartaceo e digitale
Un altro aspetto è la gestione di referti medici e documenti in formati e supporti differenti, che secondo un terzo degli intervistati risulta difficile. Sebbene il digitale abbia iniziato a diffondersi (uso prevalente nel 25% del campione), predomina ancora l’uso del cartaceo (49%). Secondo il sondaggio, il 77% raccoglie i documenti cartacei in cartelline, mentre solo il 24% del campione archivia su computer o app. Il 71% dei pazienti dichiara interesse verso l’utilizzo di una piattaforma digitale per l’archiviazione dei documenti diagnostici.
La prenotazione di farmaci e visite avviene ancora prevalentemente di persona e/o al telefono, lo dichiara oltre l’80% degli intervistati. Più del 30% di coloro che non sono mai ricorsi ai canali digitali afferma però di aver scartato l’idea di utilizzare il servizio online non per scelta ma perché non disponibile. Il 26% non era a conoscenza dell’esistenza del servizio.
Per il ritiro di referti e la richiesta di prescrizioni e certificati medici, oltre il 50% del campione sceglie anche il canale digitale, principalmente siti web e posta elettronica. Tra coloro che invece preferiscono le modalità tradizionali di interazione, circa il 30% ritiene i canali digitali poco affidabili e teme per la privacy e la sicurezza dei propri dati.
Contatto fisico prevale sui consulti online
I consulti online registrano la percentuale più bassa. Solo il 19% degli intervistati ha utilizzato anche servizi web o app per consultare un medico negli ultimi sei mesi, a dimostrazione dell’importanza attribuita al contatto fisico rispetto a quello virtuale.
La comunicazione digitale non sempre passa attraverso canali adeguati. Le chat di messaggistica istantanea sono usate impropriamente per scambiare informazioni di natura sanitaria. Eppure le condizioni di utilizzo ne vietano espressamente l’impiego perché non vi è nessuna garanzia del rispetto dei principi del regolamento europeo GDPR. Questa modalità di comunicazione espone quindi il medico e la struttura sanitaria a rischi di natura medico-legale.
Oltre alla crescente richiesta di app di messaggistica e app specifiche (del centro medico, della farmacia, ecc.), tra le modalità d’interazione desiderate emerge l’interesse del 24% degli intervistati (in particolare nel 37% della fascia tra 51 e 60 anni) verso piattaforme dedicate alla comunicazione tra medici, farmacisti e pazienti, utilizzate attualmente solo dal 7% del campione.
Il segreto di un’abbronzatura perfetta e sana
Alimentazione, News PresaQual è la dieta più adatta, sana e naturale per un’abbronzatura perfetta? Secondo una recente indagine Coldiretti/Ixè non possono mancare frutta e verdura di stagione. Ma, a quanto pare, solo un italiano su tre aggiunge alla propria dieta questi importanti alimenti. Importanti perché, oltre a favorire in modo naturale l’abbronzatura, aiutano a catturare i raggi del sole e a difendere l’organismo dalle alte temperature e dalle scottature.
Vitamina A
Alla base del segreto di un’abbronzatura sana e naturale c’è la vitamina A, o meglio il consumo di cibi che ne sono ricchi e che favoriscono la produzione nell’epidermide della melanina, che protegge dalle scottature e dona il classico colore scuro alla pelle. Sul podio del “cibo che abbronza”, secondo la speciale classifica stilata dalla Coldiretti, salgono carote, radicchi e albicocche, ma sono d’aiuto anche insalate, cicoria, lattughe, meloni, peperoni, pomodori, fragole o ciliegie.
Carote, melone e lattuga
Il primo posto è conquistato indiscutibilmente dalle carote che contengono ben 1.200 microgrammi di vitamina A o quantità equivalenti di caroteni per 100 grammi di parte edibile. Al posto d’onore – continua la Coldiretti – salgono gli spinaci che ne hanno circa la metà, a pari merito con il radicchio, mentre al terzo si posizionano le albicocche seguite da cicoria, lattuga, melone giallo e sedano, peperoni, pomodori, pesche gialle, cocomeri, fragole e ciliegie, che presentano comunque contenuti elevati di vitamina A o caroteni.
La Memoria della Pelle e la medicina narrativa – Intervista agli autori
Partner, PodcastIl 15 luglio, ai microfoni di Radio Kiss Kiss, gli autori de “La Memoria della Pelle” Marco Trabucco Aurilio, Paolo Ascierto e Gian Paolo Montali hanno parlato della medicina narrativa come parte del percorso cura e di come la condivisione di ricordi, emozioni e sentimenti da parte di pazienti, familiari ed operatori, possa fare la differenza nella definizione di un quadro clinico ed assistenzale più efficace e personalizzato, oltre che fornire spunti preziosi di dibattito e sensibilizzazione.
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Parkinson, esercizio fisico intenso frena la malattia
Prevenzione, Ricerca innovazione, SportL’esercizio fisico intensivo potrebbe rallentare il decorso della malattia di Parkinson. Lo dimostra uno studio italiano che ha indagato gli effetti neuroprotettivi dell’attività fisica. La scoperta dei meccanismi biologici alla base potrebbe aprire la strada a nuovi approcci non-farmacologici da associare alle terapie in uso.
I risultati sono stati pubblicati sulla rivista ‘Science Advances’. Gli autori sono neuroscienziati della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica, Campus di Roma e della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs. Allo studio hanno collaborato anche gli istituti di ricerca dell’Università telematica San Raffaele Roma, il CNR, TIGEM, l’Università degli studi di Milano e l’IRCCS San Raffaele Roma.
Parkinson e sport, il meccanismo protettivo
I ricercatori hanno individuato un nuovo meccanismo responsabile degli effetti positivi dell’esercizio fisico sulla plasticità cerebrale. Sebbene i risultati siano stati ottenuti su un modello sperimentale, gli autori intravedono importanti implicazioni per il paziente. “La novità del nostro studio – sottolinea il professor Paolo Calabresi, corresponding author dello studio, Ordinario di Neurologia all’Università Cattolica e direttore della UOC Neurologia al Policlinico Universitario A. Gemelli Irccs – risiede nell’aver scoperto un meccanismo mai osservato prima”.
Attraverso questo meccanismo “l’esercizio fisico effettuato nelle fasi precoci della malattia induce effetti benefici sul controllo del movimento volontario che possono durare nel tempo anche dopo l’interruzione dell’allenamento – prosegue Calabresi.
Secondo lo studio un’attività fisica intensiva e costante è in grado di indurre modificazioni funzionali e strutturali nei neuroni e consente di contrastare gli effetti di eventi che provocano tossicità neuronale. “Questo nuovo meccanismo individuato – sottolinea Calabresi – può permettere di identificare nuovi target terapeutici e marcatori funzionali da tenere in considerazione per sviluppare trattamenti non-farmacologici da adottare in combinazione con terapie farmacologiche attualmente in uso”.
Allenamento per il cervello
Studi precedenti avevano già dimostrato come l’attività fisica intensiva si associ a un aumento della produzione di un fattore di crescita fondamentale per la sopravvivenza dei neuroni, il brain-derived neurotrophic factor (BDNF).
In questo studio gli autori hanno osservato lo stesso fenomeno in risposta ad un protocollo di allenamento su tapis roulant. Per la prima volta hanno dimostrato il meccanismo attraverso cui questo fattore neurotrofico agisce nel determinare gli effetti benefici dell’attività fisica a livello cerebrale e quindi comportamentale.
In conclusione è emerso che un protocollo di esercizio fisico della durata di quattro settimane può rallentare la progressione di malattia in un modello animale di Parkinson in fase iniziale (ottenuto con la somministrazione intracerebrale di alfa-sinucleina umana, una proteina che nella sua forma aggregata ha un ruolo importante nella malattia).
L’effetto neuroprotettivo dell’attività motoria è associato alla sopravvivenza dei neuroni che rilasciano il neurotrasmettitore dopamina e alla capacità dei neuroni del nucleo striato di continuare a svolgere la loro funzione, aspetti altrimenti compromessi dalla malattia. Anche il controllo motorio e l’apprendimento visuo-spaziale risultano intatte negli animali sottoposti ad allenamento intenso. Gli effetti effetti benefici perdurano nel tempo anche oltre l’interruzione dell’esercizio fisico.
Il futuro
Per quanto riguarda i possibili sviluppi futuri il professor Paolo Calabresi spiega che: “il nostro gruppo di ricerca è coinvolto in uno studio clinico per verificare se l’esercizio fisico possa rallentare la progressione della malattia di Parkinson nei pazienti in fase precoce e individuare nuovi marcatori in grado di seguire il decorso della patologia”. La malattia di Parkinson ha un’importante componente neuroinfiammatoria e neuroimmune che riveste un ruolo chiave nelle prime fasi della malattia. “La ricerca proseguirà grazie all’apporto determinante dei modelli animali – prosegue – che ci permetteranno di indagare anche il coinvolgimento delle cellule della glia, popolazioni cellulari che supportano l’attività dei neuroni, oltre a essere implicate nella risposta immunitaria. Ciò consentirà di identificare meccanismi molecolari e cellulari alla base degli effetti benefici osservati”.
La ricerca è stata resa possibile grazie ai finanziamenti del Fresco Parkinson Institute to New York University School of Medicine and The Marlene and Paolo Fresco Institute for Parkinson’s and Movement Disorders, del Ministero della Salute e del MIUR (sia relativi al bando PRIN 2017, sia quelli CNR-MUR, due grant differenti),