Tempo di lettura: 3 minutiMichela Murgia a soli 51 anni è morta di tumore al rene. Ha raccontato la malattia e le cure negli ultimi mesi con coraggio e senza perdere il sorriso. Era il 6 maggio quando la scrittrice, drammaturga e attivista in un’intervista al Corriere della Sera, annunciava di avere il tumore al quarto stadio e di avere pochi mesi di vita. Le metastasi avevano già invaso le ossa e il cervello e non era operabile. Dopo l’intervista l’Associazione Nazionale Tumore del Rene (Anture) aveva ricordato che ogni storia di tumore è a sé.
Oggi la sopravvivenza è cinque volte maggiore, anche una diagnosi con metastasi dà speranze. Per il tumore al rene esistono molte cure grazie alla ricerca che negli ultimi 10 anni ha fatto passi da gigante. Le nuove terapie lasciano ben sperare e il quarto stadio non è più una condanna certa anche quando non è operabile.
Il tumore al rene
Il tumore del rene è solo il 3% di tutti i tumori solidi che colpiscono gli adulti. In Italia nel 2022 ci sono stati 12.600 mila nuovi casi (7.800 negli uomini e 4.800 nelle donne). Si stima che oggi vivano nel nostro paese 144.400 persone che hanno ricevuto una diagnosi in passato (97.200 uomini e 47.200 donne). In generale, 7 pazienti su 10 sono vivi a cinque anni dalla diagnosi e si può parlare di guarigione per oltre la metà di chi scopre il tumore in stadio precoce.
Sintomi e fattori di rischio
I sintomi sono generici e possono essere confusi con altre condizioni come la calcolosi renale. Infatti la maggior parte dei tumori del rene viene scoperto per caso (oltre 8 mila sui 12 mila diagnosticati lo scorso anno) durante le indagini per altri motivi. I segnali più frequenti sono il sangue nelle urine e un dolore sordo al fianco o una massa addominale. I fattori di rischio invece sono chiari: il principale è il fumo di sigaretta. Tuttavia anche l’obesità e l’ipertensione arteriosa aumentano la probabilità di ammalarsi.
In generale tre tumori su quattro vengono spesso diagnosticato in fase precoce, quindi in stadio I o II quando interessano solo il rene. Si parla di stadio III, invece, quando il tumore si è esteso anche alle strutture circostanti. Il carcinoma renale tende a invadere soprattutto i vasi sanguigni e a essere fortemente vascolarizzato. Questo, però, non pregiudica l’intervento chirurgico.
Il tumore al rene metastatico (IV stadio)
Circa il 25% dei pazienti alla diagnosi ha già un tumore al rene di stadio IV o metastatico, ovvero ha già interessato organi distanti. Un altro 25% invece ha recidive e progredisce dopo la chirurgia radicale. Tuttavia sono sempre di più i casi di pazienti in cui è stato possibile asportare integralmente la malattia anche se in fase metastatica. Oggi è possibile ricorrere a nuove tecniche ablative (chirurgia, radioterapia e altri trattamenti locali). Inoltre c’è anche l’immunoterapia che può essere prescritta come terapia adiuvante dopo l’intervento, per ridurre il rischio di recidive. Si tratta del primo trattamento a disposizione per pazienti definiti ad alto rischio.
Non tutti i pazienti però possono rientrare nell’operazione. Nei casi di carcinoma renale a cellule chiare metastatico in cui non è possibile eseguire interventi locali (stadio IV non operabile), negli ultimi 10-15 anni ci sono state delle evoluzioni. Dai farmaci antiangiogenici, che contrastano la formazione di nuovi vasi sanguigni e ‘strozzano’ il tumore, all’immunoterapia, oggi è possibile combinare più tipi di farmaci, anche nella prima linea di trattamento della malattia metastatica.
La sopravvivenza è più che quintuplicata: fino a 10 anni fa a 5 anni era del 5% circa, mentre oggi si attesta intorno al 40%. Gli studi clinici riportano anche un 8-16% di remissioni complete e una probabilità di controllo della malattia dal 75 al 90%, a seconda delle combinazioni di farmaci e delle popolazioni di pazienti considerate. Fino a 15 anni fa, invece, la neoplasia era orfana di trattamenti.
Michela Murgia
Murgia era nata in Sardegna e aveva cinquantun anni. Attivista e scrittrice, aveva animato il dibattito pubblico negli ultimi anni, grazie alle sue posizioni politiche e femministe. Nel campo letterario è entrata a gamba tesa nel 2006 con l’uscita per Einaudi de “Il mondo deve sapere. Romanzo tragicomico di una telefonista precaria”. Il libro autobiografico era nato come blog ed era il racconto delle sue vicende lavorative. Paolo Virzì poi ne trasse il film “Tutta la vita davanti”, seguito da “Accabadora” che vinse il Premio Campiello. Da quel momento Michela Murgia ha fatto sentire la sua voce nel dibattito pubblico e ha continuato con una serie di pubblicazioni che andavano dalla religione alla politica fino al femminismo.
Il suo ultimo libro era Tre ciotole, nel frattempo aveva realizzato un podcast molto popolare, diventato anche un libro di successo. Era laureata in teologia e aveva scritto opere saggistiche sulla posizione della donna e sulla famiglia, tra cui “Stai Zitta, e altre nove frasi che non vogliamo sentire più”. Era impegnata anche come editorialista e nel giugno 223 era stata nominata Cavaliera delle Arti e delle Lettere in Francia.
Otite in estate, come prevenirla e curarla
Benessere, News Presa, PrevenzioneIn estate aumenta il rischio di otite esterna, nota anche come “otite del nuotatore”. Questa condizione vede un’impennata di casi nei mesi di vacanza, sono infatti proprio le ore trascorse a nuotare in acqua a favorire a proliferazione di batteri nelle orecchie. In altre parole, il ristagno di acqua nel canale uditivo crea un microambiente favorevole, di cui sono complici anche gli eventuali residui di cerume.
Sebbene il cerume possa favorirne lo sviluppo, l’otite può insorgere anche in orecchie perfettamente pulite. Il rischio aumenta quando ci si immerge in acque molto contaminate e non è il colore dell’acqua a determinare la presenza di batteri. Le acque delle Maldive ne sono un esempio: seppur limpide e trasparenti sono ricche di microrganismi. In questi casi, infatti, è addirittura consigliabile lavare le orecchie con acqua dolce dopo l’immersione. In genere, all’inizio l’otite dà la sensazione di avere acqua nell’orecchio. Il cerume è infatti igroscopico, cioè in grado di assorbire l’acqua. Se non trattato il disturbo può peggiorare.
Otite, le cause
Quando si tratta di otite esterna le cause possono essere diverse (eczematosa, batterica micotica). Nella forma eczematosa l’origine è un eczema che colpisce il condotto uditivo esterno, che collega il padiglione esterno con l’interno dell’orecchio. In questi casi, il sintomo è un prurito frequente e la fuoriuscita di piccole scaglie di pelle. “È importante non grattarsi per evitare la creazione di micro-ferite sulle quali può subentrare un’infezione micotica o batterica – spiega la dottoressa Vanessa Rossi, otorinolaringoiatra presso l’IRCCS Istituto Clinico Humanitas Rozzano e presso gli ambulatori Humanitas Medical Care. In caso di infezione batterica subentra il dolore e all’ipoacusia, ovvero la riduzione o la perdita dell’udito. Inoltre si ha una fuoriuscita di liquido sieroso/mucopurulento. In questo caso è opportuno consultare l’otorinolaringoiatra per eseguire una visita otorinolaringoiatrica, sottolinea la specialista.
Il rischio in estate, cosa fare
In particolare in estate, il contatto dell’orecchio con l’acqua del mare o della piscina rende la pelle più vulnerabile. Ciò facilita l’assorbimento di germi causa di un’infiammazione che, a sua volta, provoca l’otite esterna, spesso dolorosa. L’otite esterna tende a durare qualche giorno e richiede una cura di antibiotici e antinfiammatori prescritti da uno specialista.
”L’otite esterna può essere prevenuta con le giuste attenzioni. Prima di tutto, coloro che soffrono di prurito cronico dovrebbero controllare di avere le orecchie pulite prima delle vacanze, facendole vedere a un otorino che, qualora lo ritenesse necessario, eseguirà un lavaggio interno – sottolinea la specialista di Humanitas. In caso di partenza, è sempre consigliabile avere gocce a base di antibiotico e cortisone, da inserire nelle orecchie la sera, in modo tale da sterilizzare la pelle del condotto, nel quale potrebbero già esserci colonizzazioni batteriche. I pazienti predisposti alle otiti dovrebbero avere con sé disinfettanti a base di acido borico e glicerina”.
Le persone diabetiche sono più predisposte alle infezioni. Alcuni accorgimenti riducono il rischio di infiammazione. Il primo è quello di evitare l’uso di tappi. Questi infatti possono provocare sudore e favorire la presenza di batteri. Inoltre è importante asciugare bene le orecchie quando si esce dall’acqua, soprattutto in caso di vento. Tuttavia se l’otite si manifesta e, oltre al dolore intenso compare anche febbre e pus, è importante rivolgersi al medico quanto prima.
Otite cronica, i consigli
Chi soffre di otite cronica, “ovvero quelle persone che presentano una perforazione del timpano devono stare lontane dall’acqua perché altrimenti rischierebbero un’otite media, particolarmente fastidiosa e dolorosa.
In caso di bagno in mare o in piscina (ma lo stesso discorso è valido anche per la doccia) è necessario proteggere le orecchie con tappi o cerotti impermeabili e, nel caso dei bambini, anche con una cuffia.
L’unica soluzione per l’otite cronica è l’intervento chirurgico che punta ad aggiustare il timpano e può essere eseguito anche sui bambini. In un secondo momento, l’orecchio non necessiterà più di precauzioni particolari” – conclude la specialista.
I rischi delle diete fai da te
News PresaL’ansia della prova costume spinge molte persone a intraprendere diete fai da te, ma questi rimedi possono comportare seri rischi per la salute. Le diete non equilibrate possono causare carenze nutrizionali, problemi metabolici e addirittura danneggiare il rapporto con il cibo. Proviamo allora ad esplorare i pericoli delle diete fai da te e ad individuare cinque preziosi consigli per iniziare un percorso di dimagrimento sano ed efficace.
I rischi
Un percorso sano
Equilibrio
Le diete fai da te possono sembrare un modo rapido per perdere peso, ma possono comportare rischi significativi per la salute. È fondamentale abbandonare l’approccio delle diete drastiche e concentrarsi invece su un percorso di dimagrimento sano ed equilibrato. Seguire una dieta personalizzata, bilanciata e sostenibile insieme a un’attività fisica regolare è la chiave per ottenere risultati duraturi e mantenere una buona salute nel lungo termine. Iniziare a regolare la propria routine evitando gli eccessi è il primo passo in attesa di consultare un professionista che possa affiancarci in questo percorso di benessere e salute.
Fertilità, per l’uomo il periodo migliore è l’estate
Genitorialità, Stili di vitaSe si parla di fertilità, per l’uomo il periodo migliore è l’estate. Lo certifica Claudio Giorlandino, ginecologo, segretario generale Sidip (Italian College of Fetal Maternal Medicine) e direttore scientifico dell’Istituto di Ricerche Altamedica. È proprio lui a chiarire che nell’uomo l’attività endocrina ha un picco in primavera e gli spermatozoi in estate sono migliori.
Motilità
Lo specialista spiega che il periodo in cui si nasce maggiormente in Europa sia settembre-ottobre e quindi il concepimento va posto intorno ai mesi più freddi. Tuttavia, se «osserviamo i dati relativi ad un campione di liquidi seminali analizzati nei nostri centri – afferma Giorlandino in una nota – ci si accorge che, a parità di condizioni (età, stato biologico ecc), nei mesi estivi la qualità del seme maschile, per motilità e numero di spermatozoi, appare migliore. Dunque, è proprio vero che in fatto di fertilità, per l’uomo il periodo migliore è l’estate. Questo perché, 3-4 mesi prima, durante la primavera, si registra un picco dell’attività endocrina che migliora progressivamente attività e quantità degli spermatozoi».
Attività fisica
Sebbene i dati in questione risultano estratti da un piccolo campione di soggetti, «queste osservazioni confermerebbero l’ipotesi biologica che il più vivace periodo di incremento della divisione e maturazione spermatica, inizierebbe proprio all’inizio della primavera e quindi dopo il mese di giugno l’uomo è più fertile». Nelle donne con ovulazione regolare, invece, le stagioni influiscono meno se non vi sono problemi ovulatori in essere. In questi casi, attività fisica e benessere possono influenzare positivamente, soprattutto nei soggetti con policistosi ovarica e sindrome metabolica.
Fattori di rischio
La fertilità è un bene che si perde progressivamente con gli anni. Non soltanto con l’aumentare dell’età, ma anche a causa dell’influenza di fattori esterni come smog, fumo di sigaretta, stress, abitudini di vita, presenza di malattie infettive. «Non è dunque solo il tempo che passa a mettere in moto l’orologio biologico, ma anche altri elementi, da tenere in considerazione per preservare questo patrimonio. È chiaro però – conclude l’esperto – che non possono essere fatte statistiche uniche perché ogni persona è a sé».
Michela Murgia, il tumore al rene diagnosticato al IV stadio
Farmaceutica, News Presa, Prevenzione, Ricerca innovazioneMichela Murgia a soli 51 anni è morta di tumore al rene. Ha raccontato la malattia e le cure negli ultimi mesi con coraggio e senza perdere il sorriso. Era il 6 maggio quando la scrittrice, drammaturga e attivista in un’intervista al Corriere della Sera, annunciava di avere il tumore al quarto stadio e di avere pochi mesi di vita. Le metastasi avevano già invaso le ossa e il cervello e non era operabile. Dopo l’intervista l’Associazione Nazionale Tumore del Rene (Anture) aveva ricordato che ogni storia di tumore è a sé.
Oggi la sopravvivenza è cinque volte maggiore, anche una diagnosi con metastasi dà speranze. Per il tumore al rene esistono molte cure grazie alla ricerca che negli ultimi 10 anni ha fatto passi da gigante. Le nuove terapie lasciano ben sperare e il quarto stadio non è più una condanna certa anche quando non è operabile.
Il tumore al rene
Il tumore del rene è solo il 3% di tutti i tumori solidi che colpiscono gli adulti. In Italia nel 2022 ci sono stati 12.600 mila nuovi casi (7.800 negli uomini e 4.800 nelle donne). Si stima che oggi vivano nel nostro paese 144.400 persone che hanno ricevuto una diagnosi in passato (97.200 uomini e 47.200 donne). In generale, 7 pazienti su 10 sono vivi a cinque anni dalla diagnosi e si può parlare di guarigione per oltre la metà di chi scopre il tumore in stadio precoce.
Sintomi e fattori di rischio
I sintomi sono generici e possono essere confusi con altre condizioni come la calcolosi renale. Infatti la maggior parte dei tumori del rene viene scoperto per caso (oltre 8 mila sui 12 mila diagnosticati lo scorso anno) durante le indagini per altri motivi. I segnali più frequenti sono il sangue nelle urine e un dolore sordo al fianco o una massa addominale. I fattori di rischio invece sono chiari: il principale è il fumo di sigaretta. Tuttavia anche l’obesità e l’ipertensione arteriosa aumentano la probabilità di ammalarsi.
In generale tre tumori su quattro vengono spesso diagnosticato in fase precoce, quindi in stadio I o II quando interessano solo il rene. Si parla di stadio III, invece, quando il tumore si è esteso anche alle strutture circostanti. Il carcinoma renale tende a invadere soprattutto i vasi sanguigni e a essere fortemente vascolarizzato. Questo, però, non pregiudica l’intervento chirurgico.
Il tumore al rene metastatico (IV stadio)
Circa il 25% dei pazienti alla diagnosi ha già un tumore al rene di stadio IV o metastatico, ovvero ha già interessato organi distanti. Un altro 25% invece ha recidive e progredisce dopo la chirurgia radicale. Tuttavia sono sempre di più i casi di pazienti in cui è stato possibile asportare integralmente la malattia anche se in fase metastatica. Oggi è possibile ricorrere a nuove tecniche ablative (chirurgia, radioterapia e altri trattamenti locali). Inoltre c’è anche l’immunoterapia che può essere prescritta come terapia adiuvante dopo l’intervento, per ridurre il rischio di recidive. Si tratta del primo trattamento a disposizione per pazienti definiti ad alto rischio.
Non tutti i pazienti però possono rientrare nell’operazione. Nei casi di carcinoma renale a cellule chiare metastatico in cui non è possibile eseguire interventi locali (stadio IV non operabile), negli ultimi 10-15 anni ci sono state delle evoluzioni. Dai farmaci antiangiogenici, che contrastano la formazione di nuovi vasi sanguigni e ‘strozzano’ il tumore, all’immunoterapia, oggi è possibile combinare più tipi di farmaci, anche nella prima linea di trattamento della malattia metastatica.
La sopravvivenza è più che quintuplicata: fino a 10 anni fa a 5 anni era del 5% circa, mentre oggi si attesta intorno al 40%. Gli studi clinici riportano anche un 8-16% di remissioni complete e una probabilità di controllo della malattia dal 75 al 90%, a seconda delle combinazioni di farmaci e delle popolazioni di pazienti considerate. Fino a 15 anni fa, invece, la neoplasia era orfana di trattamenti.
Michela Murgia
Murgia era nata in Sardegna e aveva cinquantun anni. Attivista e scrittrice, aveva animato il dibattito pubblico negli ultimi anni, grazie alle sue posizioni politiche e femministe. Nel campo letterario è entrata a gamba tesa nel 2006 con l’uscita per Einaudi de “Il mondo deve sapere. Romanzo tragicomico di una telefonista precaria”. Il libro autobiografico era nato come blog ed era il racconto delle sue vicende lavorative. Paolo Virzì poi ne trasse il film “Tutta la vita davanti”, seguito da “Accabadora” che vinse il Premio Campiello. Da quel momento Michela Murgia ha fatto sentire la sua voce nel dibattito pubblico e ha continuato con una serie di pubblicazioni che andavano dalla religione alla politica fino al femminismo.
Il suo ultimo libro era Tre ciotole, nel frattempo aveva realizzato un podcast molto popolare, diventato anche un libro di successo. Era laureata in teologia e aveva scritto opere saggistiche sulla posizione della donna e sulla famiglia, tra cui “Stai Zitta, e altre nove frasi che non vogliamo sentire più”. Era impegnata anche come editorialista e nel giugno 223 era stata nominata Cavaliera delle Arti e delle Lettere in Francia.
Tumori, laser luce estrema non invasiva può arrivare nei tessuti profondi
Farmaceutica, Ricerca innovazioneUna scoperta apre la strada a nuove tecniche di fototerapia per la cura del cancro. Si tratta di onde luminose estreme che potranno concentrare energia in modo preciso e non-invasivo nei tessuti tumorali profondi. Lo studio, pubblicato su Nature Communications, dimostra uno strumento totalmente nuovo nella cura al cancro. Il gruppo di ricercatori è riuscito nella trasmissione di luce laser di intensità estrema attraverso tumori millimetrici.
Laser contro i tumori
La fototerapia è un insieme di tecniche biomediche innovative che utilizzano luce visibile e infrarossa per trattare cellule cancerose o per attivare farmaci e processi biochimici. La luce laser ha potenzialità enormi per lo studio e la cura dei tumori. Fasci laser in grado di penetrare in profondità in regioni tumorali sarebbero fondamentali per la fototerapia.
Tuttavia, la maggior parte dei tessuti biologici è otticamente opaca ed assorbe la radiazione incidente. Questo è il principale ostacolo ai trattamenti fototerapici. Trasmettere fasci di luce intensi e localizzati all’interno di strutture cellulari è quindi una delle sfide chiave per la biofotonica.
Lo studio
Il gruppo di fisici e biotecnologi ha scoperto che all’interno di strutture cellulari tumorali possono formarsi degli “tsunami ottici”. Si tratta di onde luminose di intensità estrema note in molti sistemi complessi, che possono essere sfruttate per trasmettere luce laser intensa e concentrata attraverso campioni tumorali tridimensionali di tumore pancreatico.
Il team di ricerca è guidato da Davide Pierangeli per l’Istituto dei sistemi complesso del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isc), Claudio Conti per la Sapienza Università di Roma, e Massimiliano Papi per l’Università Cattolica del Sacro Cuore e la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs.
“Studiando la propagazione laser attraverso sferoidi tumorali – spiega Davide Pierangeli (Cnr-Isc) – ci siamo accorti che all’interno di un mare di debole luce trasmessa c’erano dei modi ottici di intensità estrema. Queste onde estreme rappresentano una sorgente super-intensa di luce laser di dimensioni micrometriche all’interno della struttura tumorale. Possono essere utilizzate per attivare e manipolare sostanze biochimiche”.
“Il nostro studio mostra come le onde estreme, che fino ad oggi erano rimaste inosservate in strutture biologiche, siano in grado di trasportare spontaneamente energia attraverso i tessuti – continua Claudio Conti – e possano essere sfruttate per nuove applicazioni biomediche”.
“Con questo raggio laser estremo – conclude Massimiliano Papi – potremmo sondare e trattare in maniera non-invasiva una specifica regione di un organo. Abbiamo mostrato come tale luce può provocare aumenti di temperatura mirata che inducano la morte di cellule cancerose, e questo ha implicazioni importanti per le terapie fototermiche.”
Ricerca clinica, l’Italia corre. Per tumori 40% sperimentazioni
Economia sanitaria, Farmaceutica, Ricerca innovazioneLa ricerca corre nel nostro Paese. Sono state oltre 15.400 le sperimentazioni cliniche avviate in Italia dal 2000 al 2022. Il 2021 ha visto un picco di 818 studi a seguito della pandemia. Il Sars-CoV-2 in particolare prodotto 107 studi clinici avviati nel triennio 2020-22: dai vaccini e i monoclonali agli antinfiammatori. Lo indica il ventesimo “Rapporto sulla sperimentazione clinica dei medicinali in Italia 2023”, pubblicato dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa).
Aumentare le possibilità di guarigione
Gli studi clinici sono effettuati sull’uomo per testare l’efficacia e la sicurezza delle nuove terapie e confrontarle con quelle già in uso. L’obiettivo è migliorare le cure e la qualità di vita dei pazienti. Per i pazienti che hanno l’opportunità di partecipare significa accedere a terapie innovative, tra cui quelle geniche.
Per quanto riguarda i finanziatori, nel triennio 2020-22 sono cresciute le sperimentazioni promosse da aziende farmaceutiche e sono diminuite quelle no profit. Tra queste ultime, per numero di trial spiccano la Fondazione Policlinico Gemelli Irccs, Università Cattolica del Sacro Cuore e l’Ospedale San Raffaele di Milano.
Ricerca sul Covid 10 %
Le sperimentazioni riguardano sempre più sia uomini che donne e sono multicentriche, sottolinea il rapporto Aifa. Coinvolgono quindi più centri di ricerca, università e ospedali spesso internazionali, aspetto che qualifica il livello.
Sono stati 683 gli studi autorizzati nel 2020, il numero più alto dei sette anni precedenti. L’impatto negativo della pandemia sulla gestione delle sperimentazioni è stato in parte compensato con gli studi sul Covid, che sono stati circa il 10% di quelli avviati.
Il 2021 ha segnato un picco di 818 studi autorizzati, anche per via del recupero delle sperimentazioni programmate nel 2020 ma bloccate dalla pandemia. Il dato segna un ritorno del volume della ricerca a livelli che non si registravano da oltre 10 anni in Italia.
Per l’anno 2022, le sperimentazioni avviate hanno avuto un calo a 663, che è il livello medio degli studi autorizzati nel decennio precedente.
La ricerca contro i tumori
I tumori sono l’ambito con più sperimentazioni autorizzate, circa il 40% del totale. Sono calate invece le sperimentazioni su farmaci per le malattie rare per via della pandemia, nel 2020 sono state 194 (28% del totale) e nel 2022 hanno visto un recupero con 230 (38%).
Gli studi autorizzati sul Sars-Cov-2 – iniziati con il trial di marzo 2020 sull’antivirale remdesivir – sono stati 107 nel triennio in esame. In questo caso il 95% degli studi è stato promosso da enti pubblici, primo fra tutti l’Istituto Malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma, con 6 trial avviati, seguito dall’Azienda ospedaliero-universitaria di Modena, con 5.
Terapie digitali cognitive: L’innovazione al servizio della salute mentale
PsicologiaLe terapie digitali cognitive sono interventi basati sulla tecnologia che utilizzano applicazioni, programmi informatici, dispositivi mobili e piattaforme online per fornire supporto terapeutico. Gli interventi possono per esempio includere esercizi di rilassamento, tecniche di respirazione, monitoraggio dell’umore, esercizi cognitivi e altro ancora. Le terapie digitali possono essere utilizzate sia in forma di auto-aiuto, dove i pazienti possono accedere autonomamente agli strumenti, sia in forma di supporto aggiuntivo alle terapie tradizionali fornite da professionisti della salute mentale.
Vantaggi delle Terapie Digitali
Le terapie digitali offrono numerosi vantaggi sia per i pazienti che per i professionisti della salute mentale:
Efficacia delle Terapie Digitali
Numerose ricerche hanno dimostrato l’efficacia delle terapie digitali nel trattamento di disturbi mentali come ansia, depressione, disturbi dell’umore e disturbi alimentari. Tuttavia, è importante sottolineare che le terapie digitali non sono sempre adatte a tutti i tipi di disturbi mentali e non sostituiscono la consulenza di un professionista della salute mentale.
Kombucha, il té fermentato che contrasta il diabete. Lo studio
Alimentazione, Ricerca innovazioneUno studio clinico americano ha esaminato gli effetti del Kombucha, un tè fermentato. I risultati dimostrano che bere questa bevanda può ridurre i livelli di zucchero nel sangue nei pazienti con diabete di tipo II. La ricerca è stata condotta dai ricercatori della Georgetown University’s School of Health, della University of Nebraska Lincoln e della MedStar Health. I risultati sono pubblicati su Frontiers in Nutrition.
Kombucha, il tè fermentato che contrasta il diabete di tipo 2
Lo studio ha somministrato ai partecipanti con diabete di tipo II il kombucha per quattro settimane. Le analisi hanno registrato livelli di glucosio nel sangue, a digiuno, più bassi rispetto a quando hanno consumato una bevanda placebo dal gusto simile.
Si tratta di uno studio pilota con 12 partecipanti, ma pone le basi per ulteriori ricerche che confermino il potenziale della bevanda per aiutare ad abbassare i livelli di zucchero nel sangue nelle persone affette da diabete.
Il kombucha è un tè fermentato con batteri e lieviti e veniva consumato già nel 200 a.C. in Cina. A partire dagli anni Novanta si è diffuso negli Stati Uniti.
“Alcuni studi di laboratorio su roditori, relativi ai benefici del kombucha, si sono rivelati promettenti e un piccolo studio su persone senza diabete ha mostrato che il kombucha abbassava la glicemia, ma, questo è il primo studio clinico che esamina gli effetti del tè kombucha in persone con diabete”, ha affermato Dan Merenstein, professore di Scienze Umane presso la Georgetown School of Health, di medicina di famiglia presso la Georgetown University School of Medicine e autore dello studio.
“Devono essere condotte molte altre ricerche, ma i risultati sono molto promettenti”, ha specificato Merenstein. “Un punto di forza del nostro studio è che le persone non sono state indirizzate su cosa mangiare, in quanto abbiamo usato un disegno incrociato che ha limitato gli effetti di qualsiasi variabilità nella dieta”, ha continuato Merenstein.
96 milioni americani con prediabete
Le linee guida dell’American Diabetes Association raccomandano che i livelli di zucchero nel sangue prima dei pasti siano compresi tra 70 e 130 milligrammi per decilitro. Gli scienziati hanno esaminato la composizione dei microrganismi fermentanti nel kombucha per determinare quali ingredienti potessero essere i più attivi. La bevanda è composta da batteri dell’acido lattico e dell’acido acetico e una forma di lievito, chiamata Dekkera, con ogni microbo presente in misura circa uguale; la scoperta è stata confermata dal sequenziamento del gene RNA.
“Si stima che 96 milioni di americani soffrano di prediabete e che il diabete stesso sia l’ottava causa di morte negli Stati Uniti, oltre a essere un importante fattore di rischio per malattie cardiache, ictus e insufficienza renale”, ha spiegato Chagai Mendelson, autore principale che ha lavorato nel laboratorio di Merenstein alla Georgetown mentre completava la sua specializzazione al MedStar Health.
“Siamo stati in grado di fornire prove preliminari che una bevanda comune potrebbe avere un effetto benefico sul diabete”, ha proseguito Mendelson. “Ci auguriamo che possa essere intrapreso uno studio molto più ampio, ha concluso Mendelson.
Ansia addio: 10 trucchi per ritrovare il sorriso
News Presa, Psicologia, Stili di vitaL’ansia è per moltissime persone, anche molto giovani, una scomoda compagna di viaggio. Con lo stress della vita quotidiana che sembra tirare sempre più forte le nostre corde, è facile ritrovarci a combattere contro pensieri soffocanti, con ripercussioni anche sulla nostra salute. Vediamo, dunque, 10 preziosi consigli per provare ad allontanare l’ansia e tornare a sorridere.
Ricorda, combattere l’ansia è una battaglia quotidiana, ma con questi semplici trucchi puoi metterti sulla strada giusta verso il benessere mentale. Prenditi cura di te stesso e inizia a vivere una vita più serena e felice.
Suonare la batteria fa bene ai ragazzi con autismo, migliora movimento e concentrazione
Adolescenti, Bambini, Prevenzione, PsicologiaSuonare la batteria migliora le prestazioni del cervello, è un antistress e fa bene alla salute in generale. Questo strumento è in grado di coinvolgere tutti i muscoli, stimola la produzione di endorfine e predispone alla felicità. Un nuovo studio conferma come suonare la batteria porti benefici a chi è affetto da forme di autismo. Già un sondaggio inglese risalente al 2018, condotto da Ruth Lowry, dottoressa dell’Università dell’Essex, suggeriva che: “suonare la batteria migliora le capacità motorie e la salute sociale dei bambini con problemi comportamentali ed emotivi”.
La nuova ricerca inglese su 36 adolescenti con autismo rivela che l’utilizzo dello strumento migliora il controllo del movimento, ma anche la capacità di concentrazione e comunicazione.
Batteria e autismo
Colpire le casse, i piatti e battere i pedali fa bene al cervello e al corpo. Gli effetti positivi della batteria si manifestano sui livelli di attenzione, la capacità di controllare il movimento e la comunicazione.
Gli studiosi hanno diviso 36 ragazzi affetti da forme di autismo in due gruppi: il primo ha ricevuto lezione di batteria per due mesi, il secondo no. I benefici nel primo gruppo sono stati evidenti: è emersa una marcata diminuzione dell’iperattività e della disattenzione. I ricercatori, attraverso la risonanza magnetica, hanno individuato gli effetti su “regioni chiaramente identificate del cervello che rispondono allo stimolo della combinazione di più arti”.
I risultati dello studio
La nuova indagine, guidata dalla stessa ricercatrice e organizzata dal Clem Burke Drumming Project (Burke è il batterista dei Blondie) ha confermato i benefici della batteria. I risultati preliminari rilevati dagli insegnanti di musica hanno mostrato un grande miglioramento nel controllo del movimento nel periodo in cui i ragazzi suonavano, inclusa la destrezza, il ritmo e i tempi.
Il controllo del movimento è migliorato anche nella vita di ogni giorno, durante l’esecuzione di compiti quotidiani al di fuori dell’ambiente scolastico.
Lo stesso vale per la concentrazione e la comunicazione con i colleghi e gli adulti.