Incontinenza. L’accordo tra le Regioni e il Ministero della Salute
In Italia 5 milioni di persone soffrono di incontinenza. Un numero che tenderà ad aumentare sempre più, considerato che nel 2030 il 26% della popolazione sarà over 65 anni. A sei mesi di distanza dalla firma di un documento da parte del Ministero della Salute e delle Regioni, è tempo di primi bilanci per il nuovo iter della patologia. In occasione dell’appuntamento annuale della Giornata Nazionale dell’Incontinenza (giovedì 28 giugno), il Gruppo di Lavoro del tavolo ministeriale ha deciso di fare un primo punto, divulgando un “Documento tecnico di considerazioni e proposte” per favorire l’attuazione di quanto contenuto nel documento di Accordo Stato/Regioni.
Sono ottimi i risultati ottenuti da alcune regioni e si auspica che gli stessi possano essere realizzati anche dalle altre. Ma per aderire all’accordo con il Ministero per la gestione dell’incontinenza, cosa deve fare una Regione?
“Deve, come prima cosa, attivare una commissione tecnica finalizzata alla costituzione di una Rete regionale di Centri per la prevenzione, diagnosi e cura dell’incontinenza – precisa Roberto Carone, membro del Tavolo Tecnico Ministeriale per l’incontinenza e Past President SIU (Società Italiana di Urologia) – Il recente accordo Stato/Regioni rappresenta un importantissimo risultato. Grazie al lavoro compatto e determinato di molti rappresentanti delle associazioni pazienti, clinici ed esperti del settore, il 24 gennaio è stato sancito un documento che elenca in modo chiaro e preciso obiettivi e azioni da sviluppare nei confronti di questa invalidante patologia. A distanza di 6 mesi dalla firma con Il Ministero della Salute, posso confermare l’impegno di alcune regioni con successi davvero significativi. Un esempio è la regione Piemonte (la prima ed ad oggi la sola regione che ha attivato una Rete integrata di Centri per la cura dell’Incontinenza), che proprio a seguito dell’Accordo sancito ha incrementato l’attività di una commissione permanente regionale per l’incontinenza con l’obiettivo di realizzare tutto quanto previsto nella Intesa Stato/Regioni. Anche altre Regioni stanno lavorando in tal senso ed in particolare il Veneto, la Basilicata e la Sardegna. E’ giusto porsi l’ambizioso traguardo di una massiccia adesione di tutte le Regioni italiane che dovranno poi essere monitorate e aggiornate costantemente sia a livello locale sia nazionale”.
L’impegno delle Regioni è visibile anche in occasione della giornata del 28 giugno, promossa da FINCO (Federazione Italiana Incontinenti)
“Continua con successo la nostra iniziativa che vede coinvolte molte piazze italiane al fine di sensibilizzare la popolazione a un disagio che colpisce in Italia 5 milioni di persone e che tenderà ad aumentare – precisa Francesco Diomede, Presidente Finco – Viene offerta la possibilità di approfondire la tematica, anche attraverso visite gratuite”.
Esportare dunque in tutte le regioni il modello descritto nel Documento di Accordo Ministeriale significa omologare le procedure per la prevenzione, la cura e il trattamento dell’incontinenza, superando quindi la gestione autonoma delle singole regioni che si è dimostrata finora poco agevole per il paziente e poco conveniente per la spesa sanitaria.
“Altro importante obiettivo è quello di cercare di omogenizzare e razionalizzare la distribuzione degli ausili per l’incontinenza (pannoloni e cateteri). Per semplificare i 3 passaggi fondamentali necessari per attuare il programma, utilizzo spesso l’acronimo OAB . Tale acronimo non fa riferimento a quello frequentemente utilizzato in medicina (Overactive Bladder, una delle cause di incontinenza urinaria) ma sta per Omogenizzazione/Appropriatezza/Bonus – aggiunge Carone – Innanzitutto la necessità di Omogeneizzazione delle procedure di acquisizione e distribuzione degli ausili; Appropriatezza prescrittiva finalizzata a definire la gravità dell’incontinenza secondo parametri uniformi ed oggettivi; introduzione del Bonus come libera scelta del paziente per l’acquisto degli ausili con un tetto di spesa da stabilire per ogni classe di gravità.
Purtroppo quest’ultimo modello distributivo, anche in un’eccellenza come quella piemontese, non risulta essere ancora del tutto operativo. Si aggiunge il fatto che questo modello essendo stato valutato come una soluzione efficace e innovativa, dovrebbe poter rientrare come risposta alle “soluzioni innovative” indicate nel Documento di Accordo”.
La volontà di proseguire il lavoro è molto alta. Ma serve un controllo e una supervisione di tanti aspetti indicati nell’Accordo che devono essere messi in pratica.
“Ci sono ancora molti aspetti da considerare e nell’interesse comune che non devono in qualche modo cadere in prescrizione – conclude Carone – Innanzitutto sollecitare una Commissione Permanente Ministeriale in grado di monitorare e implementare tutte le attività delle regioni coinvolte e da coinvolgere; inoltre stimolare la campagna di informazione e sensibilizzazione dei cittadini sottoscritta dal Ministero; e intervenire attivamente sulle modalità di distribuzione degli ausili anche eventualmente attraverso “soluzioni innovative” con l’intento di sollevare la spesa sanitaria che ora grava per oltre 400 milioni all’anno ed al tempo stesso migliorare la qualità di vita della popolazione”.