I segnali predittivi dell’Alzheimer possono comparire fino a 18 anni prima della diagnosi. Lo ha evidenziato uno studio cinese pubblicato sul The New England Journal of Medicine a inizio anno. L’indagine, durata 20 anni, ha coinvolto migliaia di partecipanti e ha evidenziato una sequenza precisa di eventi biologici. Tuttavia, lo studio conferma tesi già note, ma ne approfondisce la tempistica, offrendo la sequenza temporale dei biomarcatori nella progressione della malattia. Resta però il fatto che non esistono ancora strumenti predittivi sufficienti per prevenire con precisione l’Alzheimer.
Cos’è l’Alzheimer
L’Alzheimer è la forma più comune di demenza, una malattia neurodegenerativa che distrugge progressivamente le cellule nervose. Il sintomo principale è la perdita della memoria a breve termine. Nel cervello dei malati si osservano neuroni danneggiati circondati da proteina beta-amiloide e cellule infiammatorie. L’infiammazione cerebrale e i danni ai vasi sanguigni sono altre caratteristiche della malattia.
Diffusione globale dell’Alzheimer
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, oltre 55 milioni di persone nel mondo soffrono di demenza, e si stima che questo numero crescerà fino a 78 milioni entro il 2030. In Italia, circa 1,2 milioni di persone soffrono di demenza, di cui 600 mila sono malati di Alzheimer. Circa 3 milioni di persone sono coinvolte direttamente o indirettamente nella gestione della malattia.
Alzheimer colpisce anche i giovani
Secondo lo studio cinese, l’Alzheimer può manifestarsi anche in età giovane. Gli scienziati hanno analizzato la variazione di proteine specifiche e le alterazioni nel tessuto cerebrale. Questi cambiamenti compaiono in una sequenza definita, culminando nella malattia. Nonostante l’accumulo di beta-amiloide sia un segno distintivo, non è sempre presente in tutti i malati.
Dettagli dello studio cinese
Lo studio, condotto dal professor Jianping Jia, ha coinvolto migliaia di partecipanti nello studio China Cognition and Aging Study (COAST) tra il 2000 e il 2020. I partecipanti sono stati sottoposti a esami regolari, tra cui test del liquido cerebrospinale, scansioni cerebrali e valutazioni cognitive. L’età media dei partecipanti era di 61 anni, e il 50,6% erano maschi. I ricercatori hanno confrontato i dati di 648 individui sani con quelli di 648 persone che hanno sviluppato l’Alzheimer.
Otto segnali del countdown dell’Alzheimer
- Aumento della Proteina Beta-Amiloide 42: il primo segnale rilevato è un aumento della concentrazione di beta-amiloide 42 nel liquido cerebrospinale, visibile già 18 anni prima della diagnosi.
- Rapporto Beta-Amiloide 42/Beta-Amiloide 40: quattordici anni prima della diagnosi, si osserva una variazione nel rapporto tra beta-amiloide 42 e beta-amiloide 40.
- Incremento della Proteina Tau 181 Fosforilata: undici anni prima della diagnosi, si rileva un aumento della proteina tau 181 fosforilata.
- Aumento della Proteina Tau Totale: dieci anni prima, emerge un aumento complessivo della proteina tau.
- Danno Neuronale: nove anni prima, si rilevano segnali di danno neuronale causati dalla presenza della catena leggera del neurofilamento (NfL) nel liquido cerebrospinale.
- Atrofia dell’ippocampo: otto anni prima della diagnosi, le risonanze magnetiche mostrano atrofia dell’ippocampo.
- Declino Cognitivo: sei anni prima della diagnosi, il declino cognitivo diventa evidente attraverso test standardizzati.
- Variante Genetica APOE4: i ricercatori hanno osservato che nel gruppo Alzheimer c’è una maggiore probabilità (37,2% contro 20,4%) di essere portatori della variante genetica APOE4.
La ricerca cinese ha dato un contributo significativo per la sua ampiezza e durata, tuttavia l’accumulo di beta-amiloide e la comparsa della proteina tau sono processi conosciuti da tempo. La perdita di volume cerebrale e i primi disturbi cognitivi sono osservabili anni prima della diagnosi.
Differenze di genere nello sviluppo dell’Alzheimer
Un altro studio, condotto dalla Case Western Reserve University e pubblicato su “Cell”, ha scoperto che le donne hanno il doppio delle probabilità rispetto agli uomini di sviluppare l’Alzheimer. Questo potrebbe essere dovuto a una maggiore deposizione di proteina tau nel cervello delle donne. I ricercatori hanno identificato un enzima, USP11, più presente nel cervello femminile, che è collegato alla patologia della tau cerebrale.