In Italia, il settore dei dispositivi medici vanta quasi 4500 imprese, con quasi 119 mila dipendenti, ma la corsa dell‘innovazione in sanità dipende dalle regole del mercato. Gli specialisti riuniti all’evento del Mesit ieri a Roma hanno fatto il punto della situazione, auspicando nuovi modelli di governance. “Quello dei dispostivi medici è un settore centrale per il SSN, il cui efficientamento passa anche attraverso l’innovazione tecnologica e il potenziamento del patrimonio digitale delle strutture sanitarie. Lo ha dichiarato il Ministro della Salute, on.Orazio Schillaci, aprendo l’incontro.
La Conferenza nazionale sui Dispositivi medici, promossa dalla Fondazione Medicina Sociale e Innovazione Tecnologica (Mesit) è stata realizzata in collaborazione con l’Altems dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, il Ceis – Center for Economic and International Studies di Tor Vergata, l’Università di Tor Vergata e l’Università di Roma Tre.
“La diagnostica e la terapia – ha continuato il ministro – non possono prescindere dall’impiego dei DM di sicurezza ed efficacia comprovate; basti pensare all’impiego della telemedicina e delle terapie digitali, che sono suscettibili di enormi sviluppi. Si tratta di una prova di maturità che richiede decisione, competenza e fiducia”.
“L’innovazione tecnologica è un generatore di benessere che ha rivoluzionato la vita dei cittadini. Tuttavia, le criticità che il nostro sistema sanitario nazionale si trascina da decenni, unite a un’attività regolatoria che, nel settore dei dispositivi medici, ha focalizzato la sua attenzione al mero contenimento dei costi, sono stati un freno all’innovazione tecnologica nel nostro Paese”, ha affermato il presidente di Fondazione Mesit Marco Trabucco Aurilio. “La conferenza vuole, quindi, rappresentare l’occasione per riunire tutti gli attori del sistema, allo scopo di individuare le possibili soluzioni e avanzare proposte concrete”.
Gli specialisti hanno ribadito la necessità di aprire una nuova stagione. “Occorrono regole chiare e condivise, che definiscano e tutelino l’innovazione – ha affermato Francesco Saverio Mennini, Research Director EEHTA del Ceis Center for Economic and International Studies di Tor Vergata e presidente SIHTA – accompagnate anche da nuovi modelli organizzativi e finanziari, ma soprattutto supportate da una governance lungimirante e propositiva”. Alla luce del difficile momento storico, ha sottolineato la necessità di “valutare con anticipo le condizioni ottimali perché un’innovazione trovi spazio nei sistemi pubblici, misurando la sua capacitа di assicurare valore”.
Dispositivi medici, i numeri del settore
Il settore dei dispositivi medici in Italia ha un mercato che vale 17,3 miliardi di euro tra export e mercato interno e conta 4.449 aziende. Se in Italia la spesa sanitaria totale ammonta a 167,7 miliardi di euro – di cui il 71,6% è spesa sanitaria pubblica – la spesa pubblica in dispositivi medici e servizi ammonta a 9 miliardi di euro (il 7% del totale).
“La dinamica dell’innovazione tecnologica nel mondo dei dispositivi medici impone una governance in grado di catturare le esigenze che emergono in tutte le fasi del ciclo di vita della tecnologia”, ha sottolineato Americo Cicchetti, direttore di Altems, Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari della Cattolica.
“È necessario – ha continuato – promuovere l’innovazione promuovendo la collaborazione pubblico-privato nella ricerca, valutare tempestivamente, in ogni fase, la sicurezza, l’efficacia, gli impatti economici, sociali ed organizzativi sul sistema sanitario attraverso un modello maturo di HTA, rendere efficiente la gestione dei dispositivi nell’ambito dei percorsi assistenziali garantendo un robusto legame tra HTA e procurement. Tutti questi elementi insieme permetteranno di superare il modello attuale e le storture indotte dall’uso del pay-back”.
“Noi aziende presidiamo due diritti costituzionali”, ha detto Fernanda Gellona, direttore generale di Confindustria Dispositivi Medici. “Quello alla salute, fornendo dispositivi ormai essenziali, e quello alla libertà di impresa. Bisogna capire se l’Italia vuole continuare a tutelare questi diritti”, ha aggiunto.
“Auspichiamo una ulteriore proroga al payback in modo da avere, fino alla fine dell’anno, il tempo per ragionare, trovare altri finanziamenti per coprire la seconda tranche del payback (tra 2019 al 2022) e trovare le soluzioni alternative”, ha concluso chiedendo che in futuro la norma venga abrogata.