Tempo di lettura: 3 minutiI giocatori professionisti non sono soltanto riferiti al mondo dello sport “tradizionale”, ma anche ai videogiochi. Gli eSports, infatti, crescono in tutto il mondo e hanno vere e proprie squadre di professionisti. Questa forma di gioco elettronico, noto anche come videogioco competitivo, ogni anno conquista popolarità, a tal punto che nel 2017 il Comitato Olimpico Internazionale li ha riconosciuti come attività sportiva e nel 2018 hanno fatto addirittura il loro debutto ai Giochi Asiatici. Le competizioni professionali attraggono oltre 250 milioni di spettatori in tutto il mondo e, ad oggi, solo negli Stati Uniti si annoverano più di 80 squadre di College attive. I rischi per la salute però sono reali.
Gli eSports
Seppur simili agli sport tradizionali, per le divise e la presenza di un allenatore, a distinguere gli eSports sono la destrezza manuale richiesta e i rapidi tempi di reazione, necessari per ottenere la vittoria. I videogiocatori professionali possono eseguire fino a 500 movimenti al minuto e la pratica può durare dalle 3 alle 5 ore di gioco al giorno, oltre all’esercizio in casa. I giocatori sono seduti per tutta la durata dell’attività e, per questa ragione, i tipi di infortunio sono più simili a quelli di cui soffre un impiegato che un calciatore.
In particolare, i maggiori problemi di salute sembrano influenzare le condizioni oftalmologiche, muscoloscheletriche, metaboliche e la salute mentale. Secondo uno studio del New York Institute of Technology College of Osteopathic Medicine, a causa della natura sedentaria degli eSports, i videogiocatori professionisti hanno la tendenza a sviluppare lesioni muscoloscheletriche, tra cui disfunzioni della colonna cervicale e lombare o degli arti superiori; o, ancora, la disregolazione metabolica, i disturbi del ritmo circadiano, o i disturbi di salute mentale, quali l’Internet Gaming Disorder, la depressione, l’ansia e l’alessitimia. Tali disturbi sono presenti a differenti livelli, a seconda del genere e del tipo di gioco svolto. Uno dei disturbi più comuni è poi la Computer Vision Syndrome, derivante dalla visualizzazione prolungata degli schermi digitali. La sindrome è caratterizzata da diversi sintomi, tra cui la visione offuscata, la lombalgia e il mal di testa. I problemi alla vista aumentano secondo la quantità di tempo spesa davanti allo schermo: oltre il 50% di videogiocatori d’élite intervistati trascorre più di 2 ore al giorno fissando lo schermo del computer, prima di concedersi una pausa in piedi. Oltre il 25% degli atleti universitari, inoltre, riferisce di praticare gli eSports per più di 5 ore al giorno.
Secondo un’altra ricerca del New York Institute of Technology College of Osteopathic Medicine, il disturbo più frequente riportato tra i videogiocatori d’elité è l’affaticamento degli occhi (56%), seguito da dolore al collo e alla schiena (42%). Gli atleti riportano anche dolori al polso (36%) e alla mano (32%). La mancanza di contrasto e di definizione delle immagini generate al computer aumenta la fatica dell’occhio. Di conseguenza, i movimenti saccadici e la convergenza aumentano, mentre diminuisce il battito di ciglia affaticando il sistema oculomotore.
Attualmente, non esiste un modello di gestione della salute per i videogiocatori d’élite e sono ancora poche le ricerche sulle abitudini e gli stili di vita di questi giocatori. Tuttavia, alcuni interventi, potrebbero minimizzare i sintomi associati alla sindrome da visione artificiale: la postazione di gioco di un atleta dovrebbe essere organizzata in modo tale che il centro del monitor sia da 5 a 6 pollici al di sotto dell’angolo di visione retta e ad una distanza di 20-28 pollici. Le luci nella stanza, poi, dovrebbero essere modificate per limitare l’abbagliamento. Gli atleti potrebbero anche essere informati per cercare la correzione di eventuali errori di rifrazione, di accomodazione oculare, di convergenza e astigmatismo. Quelli più estremi potrebbero svolgere esercizi che riducono l’affaticamento degli occhi, che includono la messa a fuoco e la “regola del 20-20-20”: fare una pausa di 20 secondi, ogni 20 minuti, guardando a 20 piedi di distanza.