I calciatori professionisti potrebbero rischiare fino al 50% in più di sviluppare malattie neurodegenerative durante la vita. Il dato emerge da una ricerca coordinata dal Karolinska Institutet di Stoccolma e pubblicato sulla rivista Lancet Public Health.
La scienza indaga da tempo su quale sia il legame tra il gioco del calcio e l’aumento di rischio di malattie neurodegenerative.
Secondo lo studio, i responsabili dell’aumento di rischio sarebbero i micro-traumi subiti durante le partite. Questi ultimi possono non dare sintomi nel corso della vita.
Calciatori e rischio di malattie neurodegenerative
La ricerca, ha osservato le stesse dinamiche nel football americano o nel rugby. Analizzando i dati di oltre 6mila calciatori che hanno giocato nei principali campionati svedesi tra il 1924 e il 2019, il rischio saliva del 50% più alto rispetto alla popolazione generale. L’aumento del rischio riguardava soprattutto l’Alzheimer (+62%); per il Parkinson è stata osservata invece una riduzione del rischio (-32%), mentre non sono stati trovati legami con malattie del motoneurone, come la Sla. Il fenomeno, inoltre, non riguardava i portieri.
Tuttavia, sebbene il rischio di sviluppare malattie neurodegenerative fosse più alto, i calciatori avevano una mortalità più bassa.
In altre parole, la loro salute generale era migliore rispetto alla popolazione generale, perché si mantenevano in buona forma fisica. Una buona forma fisica potrebbe diminuire il rischio di Parkinson.