Anche via Internet si possono prendere delle malattie
Internet è sicuramente sinonimo di innovazione, ma anche di qualche disturbo psicologico (a volte grave). I medici ne hanno individuati alcuni: sono condizioni patologiche della mente provocate da un rapporto morboso con gli strumenti che collegano alla rete. Le abitudini quotidiane di ogni individuo ‘connesso’ stanno cambiando e secondo uno studio molte persone hanno perso l’abitudine a sforzare la memoria. Di fronte a domande più o meno complicate il primo pensiero è di cercare in rete e ottenere le risposte da Google. “Prima, magari, avremmo cercato di arrivarci da soli”, commenta il ricercatore Benjamin Storm. Il problema è quando la dipendenza dal web crea delle vere e proprie patologie. Un articolo di The Week ha raggruppato le più comuni.
Prima fra tutte, c’è la nomofobia ( meglio detta “No-Mobile Phobia”). Si tratta della sensazione di panico, quasi disperazione, che si prova quando si è separati dal proprio smartphone o tablet. Secondo una ricerca, almeno il 73% degli inglesi potrebbe soffrirne.
In cima alla lista delle patologie provocate da internet, c’è la cosiddetta “Tecninferenza”, cioè “tech”+“interferenza”. Smartphone e tablet sono fonti di disturbo e interruzione nei momenti di tempo libero. Le conversazioni vengono spezzate, i pranzi con la famiglia e gli amici procedono a singhiozzo tra una notifica e l’altra. La cosa più grave, spiega uno studio portato avanti dai ricercatori della Durham University, è che queste interruzioni capitano anche nei momenti più intimi.
Per chiudere il quadro (anche perché andare ad elencare tutti i disturbi richiederebbe non un articolo, ma un trattato), c’è poi la “chiamata fantasma”. Sarà capitato a tanti di avvertire lo squillo di una chiamata o il bing di una notifica; ancora più diffusa è la sensazione di vibrazione, che, in realtà, non è mai avvenuta. Un fenomeno che fa chiarezza sul rapporto morboso che le persone intrattengono con i propri strumenti tecnologici connessi a internet. Tutto ciò non avviene per caso: esistono davvero stimoli esterni, come qualcosa che si muove in una tasca o un suono in lontananza, ma il problema sta nella traduzione che ne dà il cervello.
Infine, la ciliegina sulla torta, la cybercondria (crasi tra “cyber” e “ipocondria”), si tratta di fenomeni ipocondriaci derivanti dalla consultazione del web per informarsi su alcuni sintomi sospetti. Si avverte, ad esempio, un leggero mal di testa e si pensa alla meningite. Consultare Google o Wikipedia per farsi una diagnosi è una delle cose più pericolose che si possa fare. Un medico, (che non ha digitato parole su un motore di ricerca, ma ha studiato per dieci anni e lavora) è l’unico a poter dare un vero parere autorevole.