Aviaria, virus mutato in un paziente negli Usa: il rischio del salto di specie resta basso
Il primo caso severo di influenza aviaria è stato registrato in Luisiana, confermando il rischio, pur limitato, di adattamento all’uomo. Infatti, eventi isolati di spillover sono un potenziale pericolo, ma per ora gli uccelli restano i principali ospiti del virus.
Il caso del paziente della louisiana
Un uomo di 65 anni della Louisiana è stato colpito da un’infezione causata dal virus dell’influenza aviaria H5N1. Si tratta del primo caso severo negli Stati Uniti. I Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) hanno confermato che il virus isolato dal paziente presenta mutazioni nel gene dell’emoagglutinina, una proteina responsabile del passaggio alle cellule umane.
Queste mutazioni rendono più facile il legame del virus con i recettori presenti nelle vie aeree superiori dell’uomo. Non sono però state osservate nei campioni prelevati dagli animali dell’allevamento domestico del paziente. Il contagio sarebbe avvenuto da uccelli selvatici, morti nel suo allevamento. Non ci sono prove che il virus sia in grado di trasmettersi da uomo a uomo.
Le mutazioni e il loro significato
Secondo i Cdc, le mutazioni sono emerse durante la replicazione del virus nel paziente. Fenomeni simili erano già stati osservati in altri casi gravi in Paesi diversi. «Le mutazioni sarebbero state più preoccupanti se trovate nei volatili o nelle fasi iniziali dell’infezione – precisano i Cdc – perché avrebbero potuto facilitare la trasmissione a contatti stretti».
Le alterazioni genetiche rilevate dimostrano la crescente capacità del virus di infettare le cellule del tratto respiratorio superiore umano, ma non sono attualmente diffuse in natura.
Il contesto globale e il rischio di adattamento
Il numero di casi umani di infezione da H5N1 è in aumento. Ogni nuovo contagio rappresenta un’opportunità per il virus di adattarsi meglio all’uomo. Come riportato dal New York Times, co-infezioni con virus influenzali stagionali potrebbero favorire lo scambio di geni tra H5N1 e altri virus, aumentando i rischi.
Secondo uno studio italiano coordinato da Massimo Ciccozzi, ricercatore dell’Università Campus Bio-Medico di Roma, ogni evento di spillover, anche isolato, costituisce un passo potenziale verso una maggiore trasmissibilità. Tuttavia, gli uccelli restano i principali ospiti del virus, e non ci sono prove di trasmissione diretta da uomo a uomo.
Il vaccino contro l’influenza aviaria
I Cdc evidenziano che il ceppo virale del paziente della Louisiana è simile ai «virus candidati» già utilizzati per lo sviluppo di vaccini contro l’aviaria. Attualmente non ci sono elementi che suggeriscano che H5N1 possa trasmettersi tra le persone. Il virus deve ancora acquisire la capacità di replicarsi efficacemente nelle cellule umane.
La diffusione del virus nei volatili
L’influenza aviaria è causata da un virus di tipo A, capace di infettare molte specie di uccelli. I principali serbatoi sono le anatre selvatiche, responsabili del contagio del pollame. In Asia, la vendita di pollame vivo contribuisce alla diffusione del virus.
I sottotipi H5 e H7 sono i più pericolosi. H5N1, identificato per la prima volta nel 1996 in Cina, è noto per la sua capacità di mutare rapidamente e infettare altre specie animali, come maiali, gatti, e visoni. Negli Stati Uniti, dal marzo 2024, H5N1 si è diffuso in oltre 800 allevamenti di bovini in 16 Stati, con casi segnalati soprattutto in California. Tracce del virus sono state trovate anche in campioni di latte crudo.
Situazione in italia e nel mondo
In Italia, focolai di aviaria sono stati registrati in Veneto, coinvolgendo tacchini, galline ovaiole e polli. Il contagio è legato al contatto con uccelli selvatici. A livello globale, dal 2005 al 2023, oltre 557 milioni di capi di pollame sono stati abbattuti a causa di epidemie di influenza aviaria. Solo nel 2022, sono stati segnalati 141 milioni di casi.
Per quanto riguarda gli esseri umani, dal 2003 al 2023 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha registrato 890 casi di infezione da H5N1, con un tasso di mortalità del 50%.