Malattie endocrine e metaboliche, un nemico da conoscere
Spesso si sente parlare di malattie endocrine e metaboliche, ma di rado qualcuno ci spiega di cosa realmente si tratta. Iniziamo col dire che queste malattie ricomprendono patologie estremamente frequenti e diffuse, si pensi alle malattie della tiroide, al diabete, l’osteoporosi, la disfunzione erettile, i disturbi della sfera alimentare. Poi ci sono malattie meno frequenti quali le malattie dell’ipotalamo, del surrene, malattie da carenza dell’ormone della crescita, e un gruppo ancora più ampio di malattie rare.
L’osteoporosi
Tra le malattie endocrino-metaboliche si annovera anche l’osteoporosi. «Malattia dello scheletro – spiega Claudio Marcocci, ordinario di Endocrinologia all’Università di Pisa – una caratterizzata da una compromissione della resistenza dell’osso con conseguente aumento del rischio di fratture. La resistenza ossea ai traumi riflette l’integrazione di due parametri principali: la densità ossea valutata mediante l’esame densitometrico e la qualità dell’osso, cui contribuisce la microstruttura dell’osso, il turnover, la composizione cristallina e organica della matrice, la cui valutazione non è ancora entrata nella pratica clinica».
Costo sociale e sanitario
La più importante conseguenza dell’osteoporosi sono le fratture da fragilità del polso, delle vertebre, e dell’anca. Soprattutto queste ultime due hanno un impatto clinico importante causando disabilità complesse, morbilità, riduzione della qualità di vita, limitazione funzionale. Le fratture vertebrali e femorali aumentano il rischio relativo di mortalità: in particolare per quelle di femore l’incidenza è sostanzialmente sovrapponibile a quella per ictus e carcinoma mammario. Ma c’è un aspetto ancora poco noto: nella popolazione italiana nell’anno 2010 i soggetti con frattura di femore dopo i 50 anni erano 517.126 di cui il 74% nella donna e il 26% nell’uomo, ma il numero di morti entro un anno dalla frattura di femore è, in proporzione, 3 volte maggiore nell’uomo.
I farmaci
Dai dati OsMed (Osservatorio sull’impiego dei farmaci curato dall’AIFA) emerge che la maggior parte dei pazienti con pregresse fratture da fragilità non segue una terapia specifica. Da tempo sono disponibili diversi farmaci che riducono il rischio di frattura osteoporotica, suddivisi in 2 classi: anticatabolici, detti anche antiriassorbitivi, e anabolici che stimolano la formazione dell’osso. L’AIFA ha sviluppato e pubblicato un diagramma di flusso il cui obiettivo è quello di suggerire, alla luce delle evidenze scientifiche oggi disponibili, l’impiego clinico appropriato dei farmaci per il trattamento dell’osteoporosi erogati dal SSN secondo la nota 79. L’impatto economico di una patologia così diffusa è naturalmente molto elevato considerando anche che l’Italia ha il più alto indice di invecchiamento del mondo e le sole fratture del femore hanno un costo annuo di 1.200 milioni di euro.