Biogen Italia: «Tutto il nostro impegno e la nostra esperienza»
«Il nostro impegno nell’avventura dei biosimilari è iniziato da cinque anni. Si tratta di un percorso nato a seguito di una joint venture con Samsung, dalla quale è nata una società che si occupa esclusivamente di sviluppo, produzione e commercializzazione di questi farmaci». A parlare è il dottor Paolo Gili, responsabile della business unit per i farmaci biosimilari di Biogen Italia, da sempre convinto che «più i farmaci biosimilari saranno usati, maggiori saranno le risorse economiche che si potranno reinvestire nella farmaceutica»
Quanto ha contato il vostro know how in questo progetto?
«È stato determinate. Quando Samsung ha scelto di entrare in questo mondo ha puntato su Biogen proprio per questo. Servono competenze e impianti tecnologici di altissimo livello. Noi produciamo i biosimilari negli stessi stabilimenti nei quali diamo vita ai nostri farmaci biotecnologici».
L’uso dei biosimilari può rendere le cure più accessibili?
«Sì, nella misura in cui ogni Regione, e il sistema sanitario nel suo complesso, può reinvestire i soldi risparmiati nell’acquisto di farmaci. Penso per esempio alle molecole innovative che hanno spesso costi molto alti».
L’Italia come si pone rispetto a questo tipo di farmaci?
«In tutta Europa le regole sono stringenti, tutti i biosimilari devono essere registrati centralmente presso l’Ema, poi ogni paese li recepisce e li introduce sul mercato. In Italia abbiamo saputo affrontare il tema con ragionevolezza, affidando una grande responsabilità alla decisione dei clinici. Forse la questione più difficile da risolvere riguarda le singole Regioni, cioè quelli che alla fine dei conti sono i “soggetti pagatori”. Non esiste un comportamento uniforme, ciascuna Regione decide in modo autonomo, e questo genera anche grandi diseguaglianze».
Qual è l’impegno per i prossimi anni?
«Il nostro impegno è legato al servizio che viene erogato ai pazienti. Tutto il nostro lavoro è finalizzato a garantire farmaci nuovi e sempre più accessibili. Se il sistema nazionale riesce a liberare risorse, questi stessi soldi potranno essere usati per migliorare l’offerta di salute reinvestendo in farmaceutica».