Una pandemia silenziosa: l’antibiotico-resistenza rappresenta una vera e propria minaccia per la salute pubblica. Il test della proteina C-reattiva (PCR) nel sangue potrebbe essere un mezzo per ridurre il margine di incertezza, orientando la prescrizione. Ciò arginerebbe l’uso eccessivo di antibiotici. In Europa, la resistenza antimicrobica costa ai sistemi sanitari 1,1 miliardi di euro all’anno.
I test contro l’antibiotico-resistenza
ENASPOC, European Network for Antibiotic Stewardship at the Point of Care, un’iniziativa creata con il supporto di Abbott, è la rete multidisciplinare europea istituita nel 2022. Nasce con l’obiettivo di valutare soluzioni comprovate per combattere la resistenza antimicrobica.
L’uso dei test PCR rapidi è stato oggetto della Consensus Conference ENASPOC, tenutasi a Bruxelles, che ha riunito clinici specializzati in malattie infettive e antibiotico-resistenza e stakeholder della sanità pubblica da tutta Europa, Italia compresa.
Sono state discusse anche le soluzioni diagnostiche contro l’uso eccessivo di antibiotici. È il caso dei test diagnostici rapidi per la determinazione quantitativa della proteina C-reattiva (PCR) nel sangue. Questi test sono utili per ridurre il margine di incertezza diagnostica e per guidare il processo decisionale sulla terapia antibiotica.
In Italia 11 mila morti all’anno
Gli antibiotici sono tra i farmaci più importanti al mondo. Una quota consistente di antibiotici viene utilizzata a livello territoriale da persone con sintomi di infezioni del tratto respiratorio. Tuttavia, si stima che un’ampia percentuale di queste prescrizioni non sia efficace, perché le infezioni sono virali o batteriche autolimitanti. Ciò facilita lo sviluppo di batteri “resistenti” e riduce l’efficacia di questi farmaci, portando all’antibiotico-resistenza che ogni giorno causa la morte di circa 100 persone in Europa.
Una problematica che riguarda da vicino l’Italia, dove la resistenza antimicrobica (AMR) rimane tra le più alte in Europa, con 11.000 morti all’anno. Si impone, quindi, un cambiamento culturale a cui istituzioni, medici, pazienti e cittadini devono contribuire per proteggere la nostra salute e il nostro futuro.
“Iniziamo col dire che è dimostrata una relazione stretta tra l’utilizzo di antibiotici in una popolazione ed il tasso di batteri resistenti in quella popolazione, sottolinea Ivan Gentile, Professore Ordinario di Malattie Infettive, Direttore della Scuola di Specializzazione in Malattie Infettive e Tropicali dell’Università degli Studi di Napoli Federico II e membro dell’ENASPOC.
In pratica gli antibiotici oltre ad avere un effetto sul singolo individuo hanno anche un’azione sull’ecologia dei batteri nella società. Non sorprende, quindi, che l’Italia non solo sia uno dei Paesi con il più alto consumo di antibiotici, ma che vanti anche uno dei più alti tassi di resistenza in Europa. Nel nostro Paese, la maggior parte degli antibiotici viene utilizzata a livello territoriale, dove sono assenti strumenti di precisione diagnostica, con un gradiente di utilizzo che aumenta da Nord a Sud.
Ciò ci colloca al quinto posto tra i Paesi ad alto reddito più a rischio e con un consumo altissimo degli antibiotici ad ampio spettro. Inoltre, gravati da un maggior impatto sulle resistenze, rispetto altri paesi europei. Uno degli interventi di più immediata attuazione, semplici ed economici è l’utilizzo a livello di cure primarie di test PCR rapidi (i cui risultati siano disponibili al momento della visita)”.
Anche i bambini a rischio di antibiotico-resistenza
Un utilizzo eccessivo di antibiotici li rende meno efficaci, aumentando il rischio di non essere più in grado di trattare infezioni che oggi possono essere curate. Un rischio che riguarda anche la popolazione pediatrica. In Italia, circa 4 bambini su 10 ricevono almeno una prescrizione di antibiotici all’anno.
“Il ricorso eccessivo agli antibiotici è prevalente tra i bambini piccoli, soprattutto dai 2 ai 6 anni, anche se può portare a conseguenze negative per la salute, riducendo la diversità del microbioma spiega Annamaria Staiano, Professore di Pediatria all’Università di Napoli Federico II, Direttore dell’UOC di Pediatria del Policlinico Federico II, Presidente Società Italiana di Pediatria (SIP) e membro ENASPOC. “È fondamentale, quindi, sensibilizzare le famiglie e i medici a un uso più appropriato di questi farmaci.
Questo significa che i genitori dovrebbero evitare di ricorrere automaticamente agli antibiotici non appena il bambino manifesti un’alterazione febbrile e i pediatri dovrebbero utilizzare dispositivi di rilevazione della PCR, che possano supportare la corretta prescrizione antibiotica, riducendola fino al 44%”.
Il problema è grave non solo tra i bambini ma anche tra gli adulti, soprattutto nel Sud Italia, con la Campania che è la regione con il più alto tasso di consumo di antibiotici pro capite. “L’uso eccessivo è la causa principale della drammatica situazione in cui si trova l’Italia in termini di resistenza agli antibiotici”, afferma Silvestro Scotti, Segretario Generale della Federazione Italiana Medici di Medicina Generale (FIMMG). “I test rapidi possono aiutare i medici ad arrivare a una diagnosi accurata e a un’azione più rapida contro le malattie infettive che non possono essere identificate solo dai sintomi”.