Un italiano su quattro soffre di patologie allergiche, ma quasi uno su due crede di essere allergico o intollerante. C’è un buon 25 per cento, insomma, che è convinto di avere un’allergia che in realtà non ha. Negli ultimi anni c’è stato un vero boom di italiani che si sono sottoposti a test per allergie, ma, secondo gli esperti, una parte consistente dei “presunti” allergici non è spinto da un disturbo reale. Alla base della decisione di sottoporsi a test spesso anche poco o per nulla attendibili ci sarebbe solo la paura e una forma di condizionamento. Lo sottolineano gli esperti dell’Aaiito, l’Associazione degli Allergologi e Immunologi Territoriali e Ospedalieri Italiani, a congresso la scorsa settimana a Reggio Calabria. I numeri sono chiari: secondo le stime più recenti l’allergia alimentare interessa il 7-8 per cento dei bambini di età inferiore a 3 anni e circa il 3-4 per cento della popolazione adulta. Tuttavia la percezione globale di “allergia alimentare” nella popolazione generale risulta molto piu’ alta, intorno al 30 per cento.
Gli alimenti responsabili della stragrande maggioranza delle reazioni allergiche sono: latte, uova, arachidi, pesci, frutta secca, soia nei bambini e, negli adulti, arachidi, noci, pesci, crostacei, soia, verdura e frutta. “Quello delle intolleranze alimentari – spiega Beatrice Bilò, presidente di Aaiito – è un problema che risulta sempre più avvertito, spesso in maniera esagerata. Un fenomeno in crescita, con numeri raddoppiati nell’arco di cinque anni. Il problema è che spesso questa percezione, quella di essere intollerante o allergico a qualcosa, non corrisponde a realtà”. Quelli che si sottopongono piu’ frequentemente a controlli sono le donne, soprattutto quelle tra i 40 e i 50 anni. I sintomi, effettivamente, sono spesso di difficile interpretazione: problemi intestinali, cefalea, prurito e stanchezza vengono facilmente etichettati come causati da allergie. “Quella delle intolleranze è sicuramente una “moda” – dichiara Antonino Musarra, presidente eletto dell’associazione – sulla quale si concentra la maggioranza degli equivoci a causa della grande disinformazione. ll mercato ovviamente ci lucra, immettendo in commercio strumenti ed esami spesso non attendibili. Sono pochissimi, infatti, quelli che hanno un reale valore scientifico: solo il test per il lattosio e il test per l’intolleranza al glutine sono stati riconosciuti ufficialmente validi. Ed è facile accorgersi dell’approssimazione di questi test: a volte basta ripetere il test dopo pochi giorni per avere valori totalmente opposti. Questi test sono spesso eseguiti in farmacie ed erboristerie: in questo modo si alimenta un settore che si basa piu’ sulla fantasia che sulla scienza”. Fra i test incriminati più frequenti, il test citotossico, eseguito sul sangue, che esamina le modificazioni dei globuli bianchi a contatto con un alimento; il test kinesiologico, che valuta le variazioni di forza muscolare; il Vega test, che analizza le variazioni di conduttanza della cute. La convinzione comune è che queste allergie/intolleranze alimentari possano provocare disturbi di vario tipo, che spaziano dai problemi gastrointestinali a quelli cutanei, dalle alterazioni umorali all’aumento di peso. «È vero che l’eliminazione di alcuni ingredienti dalla nostra dieta – aggiunge Musarra – potrebbe indurre una apparente sensazione di benessere e di leggerezza, ma questo non significa che la diagnosi sia corretta. Non è un caso che le prime sostanze che vengono eliminate dalla dieta sono proprio le amine e il grano, che spesso provocano disturbi e pesantezza».
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