Tempo di lettura: 3 minutiUna ragazza su 250 soffre di anoressia ed 1/3 su 100 soffre di bulimia. La maggior parte sono ragazze tra i 15 e i 25 anni, ma cresce sempre di più il numero di ragazzi coinvolti (10 per cento dei malati) e di donne oltre i 50 anni. Un disagio profondo, quello legato al disturbo alimentare, che affonda le radici in dinamiche familiari complesse, eventi tragici o pressioni sociali. Una semplice perdita di peso per una qualche causa, e soprattutto l’essersi messe a dieta sono gli antecedenti più immediati dello sviluppo della malattia. Si tratta di una vera e propria patologia psichiatrica, anche se spesso non viene percepita come tale, ed è la prima causa di morte per malattia (dopo gli incidenti) tra i 15 e i 25 anni.
A Roma Se n’è parlato durante i primi incontri organizzati da SpazioCima, nella settimana di “Io Sottraggo”, che andrà avanti fino a domani. Un progetto artistico e di sensibilizzazione, quello di Roberta Cima, sui disturbi del comportamento alimentare che ha visto la partecipazione dell’artista Giovanna Lacedra. Tante anche le testimonianze di medici, psichiatri e specialisti che sono stati spettatori di personalità conflittuali e difficili, e che hanno contribuito alla sconfitta della malattia.
Le conseguenze del sintomo dell’anoressia e della bulimia sono devastanti: oltre al dimagrimento cadono i capelli e, con il tempo, anche lo smalto dei denti si consuma. Sono frequenti anche disfunzioni cardiovascolari e renali; nelle donne molto spesso provoca il blocco del ciclo mestruale, sino all’infertilità.
“Tra le complicanze endocrine – spiega la Dr.ssa Silvia della Casa, specialista in Endocrinologia e in Pediatria, responsabile dell’ambulatorio di “Endocrinologia dell’alimentazione” del Policlinico Gemelli, Roma – c’è la amenorrea (che spesso ma non sempre, regredisce con il recupero del peso), l’Osteoporosi (che frequentemente lascia conseguenze irreversibili) e la riduzione della funzionalità tiroidea. Tutti gli organi soffrono ma il danno cardiaco é il più preoccupante potendo portare la paziente a morte. L’approccio terapeutico deve essere multidisciplinare e deve comprendere almeno lo psichiatra/psicoterapeuta e l’endocrinologo/nutrizionista in modo da realizzare la cura della malattia (che richiede un tempo in genere lungo) senza trascurare la prevenzione dei danni organici e il pronto riconoscimento di criticità fisiche che richiedono il ricorso ad un ricovero salva-vita”.
Le adolescenti che si ammalano di anoressia o di un altro disturbo del comportamento alimentare all’inizio trovano nella malattia una soluzione al forte senso di inadeguatezza e insicurezza che le fa sentire incapaci di affrontare le conflittualità, le difficoltà ed i compiti evolutivi dell’età adolescenziale.
“Una delle metafore che uso spesso per far comprendere alle persone che seguo cosa sta accadendo – spiega Marta Scoppetta, medico psichiatra e psicoterapeuta Junghiana AIPA, Consulente Psichiatra nel Percorso Obesità del Policlinico Gemelli, Roma – è quella del bastone (Palliccia D, 2013). Propongo loro di guardare il sintomo alimentare come una sorta di bastone che la persona incapace di andare avanti con le proprie gambe lungo la propria strada, ha utilizzato per appoggiarsi. La restrizione alimentare, la concentrazione sulla dieta, insieme a tutto l’insieme di sintomi psichici che caratterizzano queste sintomatologie, costituiscono una sorta di stampella a cui ci si appoggia. Il sintomo alimentare, come un bastone, diventa pertanto il mezzo che permette loro di affrontare comunque, seppure in una maniera patologica, quel momento della vita in una sorta di equilibrio malato che è comunque per lui/lei temporaneamente preferibile al non equilibrio precedente e fa sentire almeno all’inizio molto più sicuri”.
La strada verso la guarigione è spesso difficile e piena di vicoli ciechi. Il Disturbo dell’immagine corporea, fragilità dell’autostima e scissione della relazione mente/corpo costituiscono i nuclei psicopatologici principali dei disturbi del comportamento alimentare. Il trattamento, spiegano gli specialisti, deve essere integrato, multidisciplinare e multimodale. Deve comprendere cure psicoterapiche, spesso allargate ai familiari e cure mediche e nutrizionali e declinarsi, a seconda delle diverse fasi e gravità della malattia in setting terapeutici diversi (ambulatorio, day hospital, reparto ospedaliero, comunità riabilitative) che faranno uso di strumenti terapeutici appartenenti a diversi modelli teorici di riferimento.