Tempo di lettura: 4 minutiOggi più della metà della popolazione mondiale vive nelle città, che contribuiscono per il 70 per cento alle emissioni globali di carbonio e per oltre il 60 per cento all’uso delle risorse. Il Premio URBES viene assegnato ogni anno a città, enti, fondazioni e persone che hanno promosso città più sane. I riconoscimenti per il 2023 sono stati conferiti durante la 40a Assemblea annuale ANCI, con l’egida di C14+, Health City Institute, Intergruppo parlamentare “Qualità di vita nelle città”.
“Il fenomeno di grande urbanizzazione va conciliato con il diritto di ogni cittadino a una vita sana e integrata nel proprio contesto urbano”, ha dichiarato Federico Serra, Direttore Responsabile URBES Magazine. Bisogna “rendere la salute dei cittadini il fulcro delle politiche urbane”, ha continuato. “Incoraggiare stili di vita sani nei luoghi di lavoro e nelle famiglie, migliorando l’accesso alle pratiche sportive per tutti i cittadini, favorendo così lo sviluppo psicofisico dei giovani e l’invecchiamento attivo, significa promuovere un assetto One Health”. Un approccio che tiene conto delle connessioni tra salute umana, animale e ambientale.
“In uno scenario in cui il 37 per cento della popolazione italiana vive nelle aree metropolitane, diventa sempre più importante, e urgente, promuovere il modello della Health City”, ha detto Ketty Vaccaro, Presidente della giuria del Premio URBES 2023, Responsabile Area Welfare e Salute Fondazione CENSIS.
“Rendere le città più eque e salutari incide sul benessere psico-fisico di tutti in tutte le fasce di età”, ha dichiarato Andrea Lenzi, Presidente del Comitato Editoriale di URBES, Presidente del Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita della Presidenza del Consiglio dei ministri e Presidente dell’Health city institute. “In un mondo in cui ormai più di una persona su due vive in aree metropolitane, la nostra sopravvivenza dipende dalla pianificazione di ambienti urbani più sani. Occorre intervenire guidando a una nuova urbanizzazione consapevole che consideri l’impatto sociale ed economico dei fattori di rischio che influenzano la salute, l’impatto delle disuguaglianze, l’invecchiamento della popolazione, che porta un aumento del carico delle cronicità”.
I premi Urbes 23
Il premio dedicato alle città metropolitane e di grandi dimensioni è stato assegnato a Genova, per l’impegno nell’istituzione della figura dell’Health City Manager e per la lotta alle disuguaglianze. Il premio dei piccoli e medi comuni lo ha vinto Castel Gandolfo per l’impegno nel creare spazi collettivi, capaci di educare i giovani cittadini all’esperienza dello spazio pubblico e del decoro urbano.
Il “Premio URBES ad Enti e Fondazioni” è stato assegnato a CUSI, per l’impegno quotidiano del Centro Universitario Sportivo Italiano nel promuovere l’inclusione sociale e a Fondazione SportCity, per l’impegno a favore dello sport “a misura di città”.
Il Comitato Editoriale di URBES, presieduto da Andrea Lenzi, ha inoltre assegnato dei premi speciali al Comune di Parma, per l’impegno a favore della health literacy; e al Comune di Arese, per il percorso di inversione sociale. Quest’ultimo punta a rendere il territorio comunale un luogo di aggregazione partecipativa anche attraverso la rigenerazione urbana, a partire dalle fasce più fragili delle popolazione. Rete Italiana Cattedre Unesco è stata premiata per l’impegno nel sostenere la sfida del benessere umano e della pace delle popolazioni. Federsanità è stata premiata per l’impegno nel mettere al centro della propria missione e dei propri progetti la cultura della salute.
Prevenzione del tumore al seno e del diabete partendo dalle città
Fondazione “Incontra Donna” è stata premiata per la campagna “Frecciarosa”. Il progetto di prevenzione del tumore al seno e di incentivazione della cultura della prevenzione è stato promosso con il Gruppo FS Italiane e il patrocinio del Ministero della Salute. Sono state possibili consulenze ed ecografie gratuite a bordo dei treni ad Alta velocità, Intercity e Regionali e nei FrecciaLounge di Roma Termini e Milano Centrale.
Tra i premiati, anche FeSDI – Federazione società scientifiche italiane di diabetologia per il progetto “Il Diabete una malattia molto Comune”. L’obiettivo è fare luce sul tema dell’accesso equo e capillare alle cure sul territorio promuovendo una maggiore consapevolezza sull’importanza della prevenzione e della diagnosi precoce del diabete a livello nazionale, ma soprattutto nelle città.
“La presa in carico del trattamento di questa patologia rappresenta una sfida per tutti i sistemi sanitari e richiede nuove strategie organizzative – ha commentato il Professor Angelo Avogaro, Presidente FeSDI. Il riconoscimento ricevuto da ANCI ci sollecita ad avere una visione della patologia nei suoi determinanti territoriali: con esigenze che differiscono dalle grandi città ai piccoli centri così come dalle aree interne e i comuni più isolati. Fattori geografici e demografici di cui dobbiamo tenere conto, ad esempio favorendo la diffusione di teleassistenza e telemedicina”.
“L’alleanza e la partnership coi sindaci e gli amministratori locali è fondamentale per creare percorsi che incidano non solo al momento della diagnosi o della visita di controllo ma che tengano conto della dimensione sociale della salute e della patologia diabetica in particolare” ha proseguito il Professor Avogaro. “Mi piace pensare che in futuro si possa lavorare a comuni “diabetes free” in cui l’incidenza della patologia non superi l’1-2% (rispetto al 6,2% attuale) potrebbero essere piccoli comuni che rappresentino laboratori a cielo aperto per lo sviluppo di buone pratiche su scala più ampia.”
Gli altri riconoscimenti
Per quanto riguarda i progetti di ricerca: Enlighten-Me (Horizon 2020) è stato premiato per l’impegno nel rendere la scienza partecipazione. Tra i progetti aziendali, è stato premiato Cities Changing Diabetes – Novo Nordisk, il programma Cities Changing Diabetes ® sottolinea la necessità di agire in considerazione della stretta correlazione esistente tra urbanizzazione, diabete e obesità. Agos Parchi Green&Smart è stato premiato per l’impegno nel realizzare interventi di rigenerazione urbana nelle aree verdi delle città. È stato infine assegnato il Premio speciale “Mario Pappagallo”, riconoscimento alla memoria dell’ex Direttore responsabile di URBES, a Fabio Mazzeo, per l’impegno nell’opera di divulgazione e informazione in ambito sanitario.
Sindrome della capanna, la paura del mondo esterno
Benessere, News Presa, PsicologiaUna paura incontrollabile che si manifesta anche solo al pensiero di lasciare il luogo in cui ci si sente sicuri, come ad esempio la propria casa, per confrontarsi con il mondo esterno. Si tratta di disagio definito come: “sindrome della capanna”, detto anche sindrome della lumaca o del prigioniero. Sebbene sia stata riportata alla luce alla fine della pandemia da Covid-19, era già stata osservata all’inizio del XX secolo tra cacciatori e cercatori d’oro. Dopo aver trascorso mesi interi in totale isolamento, al momento di riprendere il contatto con la società, manifestavano sintomi di paura, sfiducia e ansia.
Dopo un lungo periodo di degenza
Oggi il disturbo viene spesso riscontrato in pazienti che hanno avuto un lungo periodo di ospedalizzazione. Gli anziani sono più a rischio, essendo più vulnerabili e quindi maggiormente esposti al pericolo negli spazi esterni. In questi casi è importante che ci sia il supporto degli amici e dei familiari e che il tempo trascorso fuori da casa aumenti gradualmente. Tra i soggetti più a rischio ci sono anche i carcerati o le vittime di rapimenti.
I sintomi della sindrome della capanna
La sindrome della capanna provoca una paura irrazionale di cambiare ambiente dopo un periodo prolungato di reclusione o isolamento. I sintomi variano e possono manifestarsi con ansia più o meno grave, tachicardia e veri e propri attacchi di panico. Possono comparire quando si esce di casa oppure anche solo al pensiero di lasciare l’abitazione o quando si proietta mentalmente il momento della partenza. L’attacco di panico si manifesta con sintomi improvvisi. Può manifestarsi con: tachicardia, sudorazione, tremori, formicolio, vertigini, stordimento, vampate di calore, brividi, sensazione di oppressione o di soffocamento, mancanza di respiro, perdita di controllo e paura di morire.
Sindrome della capanna, più a rischio bambini e anziani
Alcuni soggetti sono più a rischio di sviluppare la sindrome della capanna, tra cui gli anziani, i bambini piccoli, chi soffre di ipocondria o anche chi lavora tutti i giorni da casa. I bambini piccoli possono associare alcuni comportamenti degli adulti all’idea di pericolo, se per esempio i genitori sono stressati al momento di uscire. Gli anziani, invece, potrebbero preferire rimanere nella sicurezza della propria casa per evitare eventuali rischi legati all’aria aperta. Anche le persone che hanno l’abitudine di isolarsi socialmente possono svilupparla più facilmente.
Come superare la paura di uscire di casa
Per superare questa sindrome, secondo gli specialisti è necessario identificare prima la causa o la circostanza che scatena l’ansia, prendendo nota dei momenti della giornata in cui ci si sente più preoccupati. Alcuni esercizi possono ridurre le conseguenze dell’agorafobia o del panico, tra cui il rilassamento e la respirazione. Si tratta di tecniche utili per ristabilire il contatto con il momento presente. È importante anche avere il supporto delle persone intorno e comunicare il proprio disagio. Un altro consiglio degli specialisti è di aumentare gradualmente la distanza da casa ad ogni uscita, evitando all’inizio code o luoghi affollati. La sindrome della capanna può avere un forte impatto sulla qualità della vita, ma si può affrontare e superare. Quando si prova la sensazione di non farcela da soli è importante chiedere aiuto a un professionista.
Scompenso cardiaco tra le prime cause di ricovero, 30% ricade entro 1 mese
Anziani, News Presa, Prevenzione, Ricerca innovazioneLo scompenso cardiaco è una delle prime cause di ricovero nel nostro Paese, soprattutto tra gli over 65. Ne soffrono circa 600mila italiani e si stima che la prevalenza raddoppi a ogni decade di età (dopo i 65 anni arriva al 10% circa). Dopo la dimissione, il 30% dei pazienti viene nuovamente ricoverato entro un mese. Mentre circa il 10% va incontro a decesso durante il ricovero.
“Lo scompenso cardiaco necessita di una particolare attenzione e di percorsi dedicati. Anche per quanto riguarda le aritmie un trattamento rapido è indispensabile per ridurre il rischio di morte improvvisa”. Lo ha ribadito il Prof. Francesco Vetta, Direttore UOC Cardiologia UTIC Ospedale di Avezzano e Professore di Cardiologia Unicamillus, in occasione della presentazione dei nuovi ambulatori di secondo livello. La nuova struttura nel Centro Italia sarà attiva da gennaio 2024. Sarà dedicata a scompenso cardiaco, aritmie e cardiopatie strutturali: le prime cause di ospedalizzazione nel nostro Paese.
Scompenso cardiaco e innovazione tecnologica
L’innovazione tecnologica, in ambito cardiologico ha trovato le sue principali applicazioni. “La digitalizzazione in cardiologia permette di telemonitorare il paziente da remoto mediante device impiantati e strumenti di telemedicina, che possono inviare ai medici di riferimento continue informazioni su frequenza cardiaca, pressione arteriosa, saturometria in vari momenti della giornata – ha spiegato il Prof. Francesco Vetta.
“Lo specialista può valutare l’andamento della terapia e intervenire se necessario. Senza appesantire il carico ambulatoriale, si mantiene un contatto continuativo con i pazienti e non solo si può intervenire tempestivamente qualora si presentino situazioni a rischio, ma, grazie alle valutazioni multiparametriche di defibrillatori e device, diventa possibile anche capire quando un paziente stia sviluppando i sintomi di insufficienza cardiaca, prevedendo così il rischio di una riacutizzazione dello scompenso cardiaco con un anticipo di diverse settimane. Una tempistica ampiamente sufficiente per intervenire con immediatezza sulla terapia”.
Fedez a Che tempo che fa: polemica sulla salute mentale
News Presa, PsicologiaFedez, intervenuto a “Che tempo che fa”, polemico con le scelte che si stanno adottando, ha chiesto a gran voce che il governo non tagli il bonus psicologo. Su Nove, ospite di Fabio Fazio, il cantante e marito di Chiara Ferragni non ha usato giri di parole per dire la sua su un tema, quello del benessere psicologico, a lui molto caro. Del resto, in Italia, il tema resta ancora oggi sottovalutato a fronte di una sofferenza che resta strisciante, spesso a causa dello stigma, e molto più radicata di quanto si possa credere.
Giovani a rischio
Una richiesta accorata, quella di Fedez, che non si limita però a considerazioni personali. Il rapper ha infatti citato i dati che in modo inequivocabile parlano di un problema che non può essere ignorato dalla politica. Sono infatti due milioni gli adolescenti che soffrono di disturbi mentali (Istat), e l’Organizzazione Mondiale Sanità ha dichiarato che la seconda causa di morte tra i ragazzi e le ragazze di questa fascia d’età è il suicidio. «Questi dati sono pervenuti a chi ci governa, è un’emergenza concreta di cui nessuno parla. Io voglio dire una cosa: lo scorso governo ha stanziato 25milioni di euro per il bonus psicologo, con la nuova finanziaria l’attuale governo li ha tagliati e portati a 5 milioni di euro.».
Più risorse
L’artista, come lui stesso a dichiarato in più occasioni, a seguito di una rara forma di tumore al pancreas e del successivo intervento, è stato colpito da “una profonda depressione” e utilizzando come megafono i propri profili social si è più volte speso per chiedere attenzione al problema della salute mentale e è più risorse. Su Instagram, a ridosso della giornata mondiale della salute mentale, aveva criticato il fatto che “non investono ancora sufficienti risorse per la prevenzione e la riabilitazione nel campo della salute mentale”. Così come aveva fatto notare che secondo la società italiana di psichiatria, la depressione vale il 4% del Pil tra spese dirette e indirette e ha voluto ricordare il lavoro di Fondazione Progetto Itaca.
Salute e benessere dipendono anche dalle città. I Premi URBES 2023
Anziani, Benessere, Eventi d'interesse, One health, Stili di vitaOggi più della metà della popolazione mondiale vive nelle città, che contribuiscono per il 70 per cento alle emissioni globali di carbonio e per oltre il 60 per cento all’uso delle risorse. Il Premio URBES viene assegnato ogni anno a città, enti, fondazioni e persone che hanno promosso città più sane. I riconoscimenti per il 2023 sono stati conferiti durante la 40a Assemblea annuale ANCI, con l’egida di C14+, Health City Institute, Intergruppo parlamentare “Qualità di vita nelle città”.
“Il fenomeno di grande urbanizzazione va conciliato con il diritto di ogni cittadino a una vita sana e integrata nel proprio contesto urbano”, ha dichiarato Federico Serra, Direttore Responsabile URBES Magazine. Bisogna “rendere la salute dei cittadini il fulcro delle politiche urbane”, ha continuato. “Incoraggiare stili di vita sani nei luoghi di lavoro e nelle famiglie, migliorando l’accesso alle pratiche sportive per tutti i cittadini, favorendo così lo sviluppo psicofisico dei giovani e l’invecchiamento attivo, significa promuovere un assetto One Health”. Un approccio che tiene conto delle connessioni tra salute umana, animale e ambientale.
“In uno scenario in cui il 37 per cento della popolazione italiana vive nelle aree metropolitane, diventa sempre più importante, e urgente, promuovere il modello della Health City”, ha detto Ketty Vaccaro, Presidente della giuria del Premio URBES 2023, Responsabile Area Welfare e Salute Fondazione CENSIS.
“Rendere le città più eque e salutari incide sul benessere psico-fisico di tutti in tutte le fasce di età”, ha dichiarato Andrea Lenzi, Presidente del Comitato Editoriale di URBES, Presidente del Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita della Presidenza del Consiglio dei ministri e Presidente dell’Health city institute. “In un mondo in cui ormai più di una persona su due vive in aree metropolitane, la nostra sopravvivenza dipende dalla pianificazione di ambienti urbani più sani. Occorre intervenire guidando a una nuova urbanizzazione consapevole che consideri l’impatto sociale ed economico dei fattori di rischio che influenzano la salute, l’impatto delle disuguaglianze, l’invecchiamento della popolazione, che porta un aumento del carico delle cronicità”.
I premi Urbes 23
Il premio dedicato alle città metropolitane e di grandi dimensioni è stato assegnato a Genova, per l’impegno nell’istituzione della figura dell’Health City Manager e per la lotta alle disuguaglianze. Il premio dei piccoli e medi comuni lo ha vinto Castel Gandolfo per l’impegno nel creare spazi collettivi, capaci di educare i giovani cittadini all’esperienza dello spazio pubblico e del decoro urbano.
Il “Premio URBES ad Enti e Fondazioni” è stato assegnato a CUSI, per l’impegno quotidiano del Centro Universitario Sportivo Italiano nel promuovere l’inclusione sociale e a Fondazione SportCity, per l’impegno a favore dello sport “a misura di città”.
Il Comitato Editoriale di URBES, presieduto da Andrea Lenzi, ha inoltre assegnato dei premi speciali al Comune di Parma, per l’impegno a favore della health literacy; e al Comune di Arese, per il percorso di inversione sociale. Quest’ultimo punta a rendere il territorio comunale un luogo di aggregazione partecipativa anche attraverso la rigenerazione urbana, a partire dalle fasce più fragili delle popolazione. Rete Italiana Cattedre Unesco è stata premiata per l’impegno nel sostenere la sfida del benessere umano e della pace delle popolazioni. Federsanità è stata premiata per l’impegno nel mettere al centro della propria missione e dei propri progetti la cultura della salute.
Prevenzione del tumore al seno e del diabete partendo dalle città
Fondazione “Incontra Donna” è stata premiata per la campagna “Frecciarosa”. Il progetto di prevenzione del tumore al seno e di incentivazione della cultura della prevenzione è stato promosso con il Gruppo FS Italiane e il patrocinio del Ministero della Salute. Sono state possibili consulenze ed ecografie gratuite a bordo dei treni ad Alta velocità, Intercity e Regionali e nei FrecciaLounge di Roma Termini e Milano Centrale.
Tra i premiati, anche FeSDI – Federazione società scientifiche italiane di diabetologia per il progetto “Il Diabete una malattia molto Comune”. L’obiettivo è fare luce sul tema dell’accesso equo e capillare alle cure sul territorio promuovendo una maggiore consapevolezza sull’importanza della prevenzione e della diagnosi precoce del diabete a livello nazionale, ma soprattutto nelle città.
“La presa in carico del trattamento di questa patologia rappresenta una sfida per tutti i sistemi sanitari e richiede nuove strategie organizzative – ha commentato il Professor Angelo Avogaro, Presidente FeSDI. Il riconoscimento ricevuto da ANCI ci sollecita ad avere una visione della patologia nei suoi determinanti territoriali: con esigenze che differiscono dalle grandi città ai piccoli centri così come dalle aree interne e i comuni più isolati. Fattori geografici e demografici di cui dobbiamo tenere conto, ad esempio favorendo la diffusione di teleassistenza e telemedicina”.
“L’alleanza e la partnership coi sindaci e gli amministratori locali è fondamentale per creare percorsi che incidano non solo al momento della diagnosi o della visita di controllo ma che tengano conto della dimensione sociale della salute e della patologia diabetica in particolare” ha proseguito il Professor Avogaro. “Mi piace pensare che in futuro si possa lavorare a comuni “diabetes free” in cui l’incidenza della patologia non superi l’1-2% (rispetto al 6,2% attuale) potrebbero essere piccoli comuni che rappresentino laboratori a cielo aperto per lo sviluppo di buone pratiche su scala più ampia.”
Gli altri riconoscimenti
Per quanto riguarda i progetti di ricerca: Enlighten-Me (Horizon 2020) è stato premiato per l’impegno nel rendere la scienza partecipazione. Tra i progetti aziendali, è stato premiato Cities Changing Diabetes – Novo Nordisk, il programma Cities Changing Diabetes ® sottolinea la necessità di agire in considerazione della stretta correlazione esistente tra urbanizzazione, diabete e obesità. Agos Parchi Green&Smart è stato premiato per l’impegno nel realizzare interventi di rigenerazione urbana nelle aree verdi delle città. È stato infine assegnato il Premio speciale “Mario Pappagallo”, riconoscimento alla memoria dell’ex Direttore responsabile di URBES, a Fabio Mazzeo, per l’impegno nell’opera di divulgazione e informazione in ambito sanitario.
Miopia evolutiva e lenti a contatto under 18, lo studio
PrevenzioneNel mondo si aggravano i livelli di miopia e crescono i problemi alla vista. Un andamento legato anche all’invecchiamento della popolazione. Tuttavia la progressione della miopia riguarda molti bambini e adolescenti e va monitorata costantemente. Lo hanno ribadito medici oculisti, ortottisti e ottici, riuniti al recente congresso della Società Italiana di Oftalmologia Pediatrica. Con la tecnologia anche i materiali delle lenti a contatto evolvono. Quelle morbide monouso sono sempre più diffuse tra i giovani. Il presupposto è una buona prevenzione, controlli costanti e una corretta igiene.
“L’importanza di affrontare con determinazione il problema della miopia, soprattutto tra i giovani in età scolare, richiede un impegno collettivo e interdisciplinare. Si conferma l’importanza di una cultura condivisa sull’utilizzo delle lenti a contatto – ha spiegato Andrea Lembo, medico chirurgo specialista in Oculistica presso l’Ospedale San Giuseppe di Milano. “Questo approccio intende assicurare che le nuove scoperte e i trattamenti per la miopia siano pienamente compresi non solo dai professionisti, ma anche dai pazienti. Questo aiuta a preservare la salute visiva e a migliorare la qualità della vita della popolazione giovane e di tutte le fasce di età”.
Oculista e ottico, fronte comune contro la miopia
“Negli ultimi anni è emersa l’importanza di creare una rete professionale di specialisti del settore, fornendo ai pazienti dei punti di riferimento territoriali. Il gioco di squadra è fondamentale tra l’ottico e l’oculista, che trova la sua miglior interpretazione grazie alla contattologia. Entrambe le figure professionali – ha precisato Francesco Aquilina, ottico-optometrista specialista in contattologia – hanno un ruolo insostituibile nella gestione della lente a contatto per le rispettive competenze. In questa dinamica, le aziende hanno un ruolo essenziale nel promuovere non solo la collaborazione ma, soprattutto, cultura e consapevolezza nella corretta selezione del paziente, nel controllo e nella gestione del porto della lente e delle eventuali criticità cliniche che possono insorgere”.
“L’utilizzo di una lente morbida e a ricambio giornaliero sembra essere di più facile gestione per i giovani, che iniziano soprattutto a utilizzarle per l’attività all’aria aperta – ha concluso Lembo. Si tratta di un argomento sempre attuale e challenging, data l’utenza a cui si rivolge e viste le ripercussioni di gestione familiare che ci possono essere”.
Studio sulle lenti under 18
Lo studio clinico sulle lenti MiSight di CooperVision si è concluso nel 2022 e i risultati sono stati presentati all’American Academy.
“I primi risultati dopo 3 anni hanno permesso di valutare l’efficacia della lente e ha dimostrato di ridurre la progressione miopica del 59% e di ridurre l’allungamento assiale del bulbo del 52% nei bambini che hanno indossato MiSight rispetto al gruppo di controllo che ha utilizzato una lente a contatto monofocale. La stessa coorte di partecipanti ha proseguito lo studio per ulteriori 3 anni – ha spiegato David Pietroni di CooperVision Italia – confermando l’efficacia continua e costante nel rallentare la progressione miopica. Il gruppo di controllo in fase 2 con una miopia mediamente più alta conferma che l’applicazione in età adolescenziale garantisce un’efficacia del 50%. A sei anni dall’inizio dello studio, il 90% dei bambini coinvolti ha risposto in maniera positiva alla lente: possiamo dunque dire che, rispetto la popolazione dello studio, la lente agisce in buona parte dei pre-adolescenti e adolescenti affetti da miopia”.
Cos’è e come si affronta la prurigo nodularis
News PresaPer le Pillole di Salute volute e organizzate dal Network Editoriale PreSa in collaborazione con Radio Kiss Kiss,sabato 11 novembre (alle ore 8.30 circa) Andrea Chiricozzi (professore in Dermatologia, Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Policlinico Gemelli di Roma) parlerà di una malattia poco nota, ma di enorme impatto sulla vita dei pazienti: la prurigo nodularis. Tra le malattie croniche della cute, infatti, è una di quelle che grava di più sulla qualità di vita a causa di un prurito estremo che dura nel tempo. Appuntamento per sabato 11 novembre (ore 8.30 circa). Stay tuned!
Contenuto realizzato da Radio KissKiss in collaborazione con PreSa, con il supporto di Sanofi
Cos’è l’ASMD e perché è essenziale una diagnosi precoce.
News Presa, PodcastDeficit enzimatico
Maggiore conoscenza
Diagnosi precoce
Terapia enzimatica sostitutiva
Deficit di sfingomielinasi acida: intervista alla Dott.ssa Fecarotta
Podcast“Contenuto realizzato da Radio KissKiss in collaborazione con PreSa, con il supporto di Sanofi”
Ictus cerebrale 1ª causa disabilità, segnali da riconoscere
News Presa, Prevenzione, Stili di vitaL’ictus cerebrale colpisce ogni anno circa 185mila italiani. Nel nostro Paese è il primo responsabile di disabilità ed è la terza causa di morte. In particolare, sono 150 mila i nuovi casi e 35mila quelli che seguono a un primo episodio. Il 29 ottobre si celebra la Giornata Mondiale contro l’Ictus, sostenuta dall’Associazione A.L.I.Ce. Italia Onlus. L’obiettivo è sensibilizzare sull’importanza della prevenzione e di un’azione tempestiva ai primi segnali di rischio. Il presupposto però è saperli riconoscere.
Ictus emorragico o ischemico
L’ictus colpisce soprattutto dopo i sessantacinque anni d’età, rappresentando il 75 per cento dei casi in Italia. Tuttavia, “può anche colpire una popolazione più giovane, di meno di quaranta-quarantacinque anni”. A fare luce sul tema è la dottoressa Simona Marcheselli, Responsabile dell’Unità autonoma di Neurologia d’urgenza e Stroke Unit di Humanitas Research Hospital. “L’ictus può essere di due tipi: emorragico o ischemico (più comunemente conosciuto come ischemia)”, spiega la specialista. L’emorragia è provocata dalla rottura di un’arteria a cui consegue una fuoriuscita di sangue che va a invadere i tessuti circostanti. L’ischemia, invece, provoca una riduzione dell’apporto di ossigeno al cervello, causata da un coagulo di sangue (o trombo) che occlude l’arteria.
I fattori di rischio e come prevenire
L’alta pressione arteriosa può causare l’ictus emorragico ed è una problematica che riguarda anche pazienti giovani. L’ictus ischemico, invece, colpisce soprattutto pazienti anziani. Quest’ultimo dipende da disturbi del ritmo cardiaco o da placche aterosclerotiche a carico delle arterie che portano sangue al cervello, oppure da fattori di rischio vascolari come il diabete e l’ipertensione stessa. La specialista di Humanitas sottolinea l’importanza dei controlli periodici.
I principali fattori di rischio da tenere d’occhio sono: pressione arteriosa, livelli di glicemia, livelli di colesterolo ed eventuali problemi di aritmia. Oltre alle visite specialistiche, sottolinea Marcheselli, a fare la differenza, in un’ottica di prevenzione, è lo stile di vita. Deve essere sano e attivo, con una dieta povera di sale, grassi di origine animale e alcolici. Deve, invece, essere ricca di legumi, frutta, verdura e grassi polinsaturi. Un altro fattore di rischio determinante per queste patologie è il fumo.
Ictus, riconoscere i sintomi e intervenire
I farmaci utilizzati per trattare l’ictus ischemico vanno somministrati entro 4-5 ore dall’insorgenza, altrimenti risultano controproducenti. Per questo, riconoscere alcuni sintomi può fare la differenza, permettendo un intervento tempestivo appena l’ictus si manifesta. Alcuni campanelli d’allarme sono: difficoltà di movimento, formicolio agli arti, difficoltà alla vista (o per esempio un restringimento del campo visivo), difficoltà a parlare e a ricordare le parole. Anche un mal di testa improvviso e senza cause apparenti può essere un segnale. In presenza di questi sintomi è importante rivolgersi al medico o allertare il 112, ribadisce la specialista.
Retinopatia diabetica prima causa cecità. Algoritmo AI può salvare vista
Prevenzione, Ricerca innovazioneIn Italia, più di un milione di persone con diabete soffrono di retinopatia diabetica. Si tratta della principale complicanza ed è la prima causa di cecità in età lavorativa. Le linee guida, nazionali e internazionali, sia per il diabete tipo 1 sia tipo 2, raccomandano la valutazione precoce dello stato della retina. Infatti, se la diagnosi arriva in tempo e ci si sottopone alle cure, oggi è possibile salvare la vista . Il presupposto però è l’accesso allo screening precoce, fondamentale per mettere in atto terapie efficaci per gestirla. Al momento, l’accesso allo screening nei paesi sviluppati è basso. Oltre ai costi, in molti Paesi, Italia inclusa, l’esame viene effettuato dagli oculisti, gravando sulle liste di attesa.
Retinopatia diabetica, lo studio sull’AI
In uno studio appena pubblicato su Acta Diabetologica, un sistema di intelligenza artificiale per la valutazione automatizzata della retinopatia diabetica, ha dimostrato una sensibilità del 100 per cento nell’individuazione dei casi di grado moderato o severo. Si tratta di stadi della malattia che mettono a rischio la vista e richiedono l’intervento dell’oculista. Lo studio condotto in Italia: “Feasibility and accuracy of the screening for diabetic retinopathy using a fundus camera and an artificial intelligence pre‑evaluation”, ha arruolato 637 pazienti seguiti presso i centri diabetologici e oculistici della Asl Torino 5. Gli studiosi hanno valutato l’accuratezza e l’affidabilità dell’algoritmo di apprendimento automatico.
L’algoritmo AI non sostituisce oculista
L’algoritmo di intelligenza artificiale dà “la certezza che nessun paziente che necessita di un oculista venga erroneamente diagnosticato come negativo”, spiega Carlo Bruno Giorda, principale ricercatore dello studio. “Considerato il sempre crescente numero di persone con diabete e l’importanza di questo screening, che spesso non viene effettuato a causa delle lunghe liste di attesa, si è reso necessario l’utilizzo di sistemi di valutazione automatizzata delle immagini. Oltre a sveltire il percorso diagnostico, riducono l’onere per gli specialisti e il tempo di attesa per i pazienti. Ovviamente non si parla di sostituire la professionalità dell’oculista, ma di dargli un importante supporto nelle fasi più complesse. Inoltre, auspichiamo che le evidenze emerse dallo studio offrano alle società scientifiche diabetologiche spunti di riflessione circa la possibilità di applicare questa nuova metodica di screening nella pratica clinica quotidiana”, conclude. Il sistema preso in esame si chiama Dairet (Diabetes Artificial Intelligence for RETinopathy). Sebbene abbia mostrato anche nei soggetti con più di 70 anni un livello di sensibilità del 100 per cento per le forme moderate o severe, le patologie oculari senili fanno leggermente diminuire il numero di pazienti sottoponili al test.