Tempo di lettura: 3 minutiL’antibiotico-resistenza è una minaccia globale e silenziosa. Ogni anno causa 35mila decessi in Europa e un terzo in Italia. Il nostro Paese, infatti, è agli ultimi posti, superato solo dalla Grecia. L’allarme è stato lanciato dal commissario straordinario dell’Iss, Rocco Bellantone che ha ricordato i numeri in occasione della Giornata europea per l’uso prudente degli antibiotici.
Giornata per l’uso consapevole degli antibiotici
La Giornata europea, che quest’anno ricorre oggi, 18 novembre, è promossa dal Centro Europeo per il Controllo delle Malattie (ECDC) e rilanciata dall’OMS, dal 18 al 24 novembre, come Settimana mondiale di sensibilizzazione sulla resistenza antimicrobica (World AMR Awareness Week). “L’uso eccessivo e improprio di antibiotici in ambito umano, veterinario e zootecnico, insieme alla diffusione purtroppo ancora elevata dalle infezioni correlate all’assistenza sanitaria, sono i principali fattori alla base dello sviluppo dell’antimicrobico-resistenza”. Lo ha ribadito il ministro della Salute Orazio Schillaci, nel suo intervento in vista della European Antibiotic Awareness Day.
“Dai dati della Tessera Sanitaria – ha continuato il Ministro – si stima che nel 2022, tre persone su dieci hanno ricevuto almeno una prescrizione di antibiotici, con livelli d’uso più elevati nei bambini fino a 4 anni di età e nelle persone con più di 75 anni. Questo fa capire quanto sia urgente promuovere un uso appropriato degli antibiotici, facendo leva sulla corretta informazione, sulla responsabilità individuale e sul miglioramento dell’appropriatezza prescrittiva”.
Resistenza agli antibiotici. Cos’è l’AMR, numeri globali e costi
La resistenza antimicrobica (AMR), e in particolare agli antibiotici (ABR), è la capacità di un microrganismo di sopravvivere anche in presenza di un agente antimicrobico che invece dovrebbe ucciderlo. Sebbene sia un fenomeno in parte naturale è aggravato dall’utilizzo sbagliato in vari ambiti. Il documento “Global burden of bacterial antimicrobial resistance in 2019: a systematic analysis”, pubblicato nel 2022 sulla rivista scientifica The Lancet, riporta una stima globale di 4,95 milioni di decessi associati solo a infezioni causate da batteri resistenti registrate nel 2019, inclusi 1,27 milioni di decessi attribuibili a batteri AMR solo nel 2019. Nelle stime non sono incluse le infezioni resistenti causate da altri tipi di microrganismi, come virus, funghi e parassiti. La pandemia COVID-19 ha aggravato la situazione, anche nei paesi occidentali.
Secondo una stima OCSE, fra il 2015 e il 2050, se le attuali tendenze non cambieranno, il trattamento delle infezioni resistenti, nei Paesi del G7, comporterà in media una spesa straordinaria, ogni anno, di circa 7 milioni di giorni di degenza ospedaliera in più. In Italia saranno circa 1,3 milioni di giorni di degenza ospedaliera in più ogni anno.
Nel luglio 2022 la Commissione europea, insieme agli Stati membri, ha definito la resistenza antimicrobica una delle tre principali minacce prioritarie per la salute nell’UE. Già nel 2019 l’OMS l’aveva dichiarata una delle 10 principali minacce per la salute pubblica a livello mondiale.
Il futuro e la ricerca
“Sono 300 i farmaci e 150 i vaccini in sviluppo nel mondo per combattere le infezioni batteriche resistenti (Amr). Risultati importanti della R&S ma rimane ancora molto da fare”, ha affermato Marcello Cattani, presidente di Farmindustria, in occasione della World AMR Awareness Week.
“L’Amr è un fenomeno che ha effetti devastanti. Un impatto che si traduce anche in costi previsti per l’economia mondiale di 100 trilioni di dollari entro il 2050”, ha proseguito. “Per la nostra Nazione, l’impatto economico stimato per le infezioni resistenti ospedaliere è stato nel 2019 – secondo un recente studio del Ceis Tor Vergata – di 285 milioni di euro, su un totale di 858 milioni di euro dovuto alle infezioni correlate all’assistenza in generale”, ha ricordato Cattani.
“È necessaria una risposta globale e determinata per definire con la massima urgenza strumenti dedicati di incentivazione alla ricerca e di accesso prioritario ‘a tempo zero’. L’Europa e la Commissione UE non possono perdere questa sfida a causa di immobilismo, assenza di visione strategica o incapacità di connettere il valore della ricerca alla dimensione della competizione globale per gli investimenti e le competenze scientifiche e tecnologiche, attraverso policy moderne, flessibili ed efficaci. Tutto questo ancora non c’è”.
“Il nostro governo, in particolare su questo con i nostri ministri Orazio Schillaci, Raffaele Fitto e Antonio Tajani, sta facendo un ottimo lavoro di squadra, dando all’Italia un ruolo da protagonista in Europa e nel Mondo. Chiediamo loro di incalzare sistematicamente la Commissione Ue perché abbia un approccio pragmatico, al servizio delle imprese e dei cittadini europei, rispetto a quei sistemi, Stati Uniti e Cina in particolare, che stanno facendo dell’innovazione il primo fattore di trasformazione della salute e dell’economia. Anche perché, come sottolineato dal Ministro della Salute, l’Amr sarà tra i temi della salute prioritari del prossimo G7 che si terrà quest’anno in Italia. Farmindustria già da tempo è in prima linea su questo argomento, come dimostrano le 14 Raccomandazioni – frutto di un confronto di esperti – per una strategia efficace per contrastare la resistenza antimicrobica, partendo dalla prevenzione vaccinale fino all’accesso e all’uso appropriato degli antibiotici. E continuerà a offrire il proprio contribuito, a livello italiano ed europeo”, ha concluso Cattani.
Giornata dell’infanzia quasi 20 bambini al giorno uccisi per conflitti
Bambini, News PresaGiornata dell’infanzia. Oggi, 20 novembre, si celebra il World’s Children Day, un’occasione per diffondere consapevolezza sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Era il 20 novembre del 1989 quando venne approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Rappresenta il trattato sui diritti umani maggiormente ratificato al mondo, con 196 Stati Parte. Nonostante le buone intenzioni, molti diritti sono negati. “Ratificando questo quadro giuridico internazionale, i leader del mondo hanno riconosciuto che tutti i bambini hanno diritti inalienabili. E hanno promesso che i governi avrebbero garantito la protezione e il rispetto di tali diritti”, ha ribadito Catherine Russell, Direttrice Generale dell’UNICEF
Giornata dell’infanzia. Conflitti responsabili dell’80% di tutti i bisogni umanitari
Secondo le Nazioni Unite, tra il 2005 e il 2022, almeno 120mila bambini sono stati uccisi o mutilati dalle guerre nel mondo, una media di quasi 20 al giorno. In tutto il mondo, gli attacchi indiscriminati ai civili continuano senza sosta. Più di 400 milioni di bambini vivono in aree di conflitto. Per rimarcare il diritto di ogni bambino a vivere in pace, l’UNICEF Italia lancia il brief “Bambini tra guerre ed emergenze dimenticate” con un focus su: Palestina/Israele, Haiti, Siria, Sudan, Ucraina e Yemen.
I conflitti sono responsabili dell’80% di tutti i bisogni umanitari e stanno interrompendo l’accesso ai beni di prima necessità, come il cibo e l’acqua, e condannano le persone alla povertà estrema. I bambini non iniziano i conflitti e non hanno il potere di fermarli, sottolinea Unicef. Hanno bisogno che tutti noi mettiamo la loro sicurezza in primo piano e che immaginiamo un futuro in cui siano in salute, vivano in sicurezza e istruiti.
Giornata dell’infanzia, monumenti di blu in Italia
L’UNICEF Italia e l’Associazione Nazionale Comuni Italiani – ANCI celebrano la Giornata Mondiale dell’Infanzia e dell’Adolescenza con l’iniziativa “Go Blue”. Si tratta di un gesto simbolico per sensibilizzare la cittadinanza sui diritti dei bambini. In occasione del 20 novembre o nei giorni seguenti della settimana, i Comuni sono invitati a illuminare di blu un monumento o un edificio rappresentativo della città. L’obiettivo è sensibilizzare tutti sui diritti dei bambini, delle bambine e degli adolescenti e rinnovare l’impegno delle Amministrazioni Comunali verso l’adozione di politiche che garantiscano l’attuazione della Convenzione ONU.
Non solo guerre
Unicef stima che oggi un bambino su cinque (400 milioni in totale) vivono o sono fuggiti da zone di conflitto. Molti sono stati feriti, uccisi o hanno subito violenza sessuale. Diversi bambini vengono reclutati da gruppi o forze armate. Molti di loro sono sfollati diverse volte, perdendo anni essenziali di istruzione e indebolendo i legami con le proprie comunità.
Le Nazioni Unite hanno verificato più di 315.000 gravi violazioni dei diritti dei bambini in aree in conflitto tra il 2005 e il 2022. Questi sono solo i casi verificati, per cui il numero reale delle violazioni è sicuramente molto più elevato.
Inoltre, altre crisi aggravano la situazione. Tra queste, l’aumento della povertà e delle disuguaglianze, le emergenze di sanità pubbliche e la crisi climatica globale.
Il cambiamento climatico, in particolare, è una minaccia esistenziale alla salute e al benessere dell’attuale e delle future generazioni di bambini. A livello globale, più di 1 miliardo di bambini attualmente vive in paesi che sono a rischio “estremamente alto” per gli impatti del cambiamento climatico. Questo significa che metà dei bambini del mondo potrebbe subire danni irreparabili a causa del continuo riscaldamento del nostro pianeta.
Trapianto da sangue cordonale, poche donazioni. Il primo bimbo salvato, oggi 40enne
Med. narrativa, News Presa, PrevenzioneA 35 anni dal primo trapianto da sangue cordonale, in Italia sono ancora poche le donazioni. Eppure ha cambiato il corso di oltre 80 malattie, tra cui leucemie e linfomi, anemie e malfunzionamenti del sistema immunitario. Era il 6 ottobre del 1988 quando veniva eseguito il primo trapianto di cellule staminali da cordone ombelicale. Da allora, in tutto il mondo, ci sono stati oltre 40mila trapianti da sangue cordonale. Tuttavia, in Italia sono state poco meno di 7mila le unità donate nel 2022, di cui meno di 400 unità sono state conservate in una banca pubblica.
La storia del primo bambino
Matthew Farrow era un bambino americano con anemia di Fanconi. All’età di 5 anni, ormai in fase terminale, fu il primo a ricevere un trapianto di cellule staminali provenienti dal cordone ombelicale della sorella minore, Alison. Era il 6 ottobre 1988 e l’operazione, frutto della ricerca, venne svolta a Parigi da un team internazionale di esperti guidato dalla professoressa Éliane Gluckman. Dal 2017 è stata istituita anche la Giornata mondiale del cordone ombelicale (15 novembre), per ricordare questo traguardo. Il punto è stato fatto in un incontro “La rivoluzione delle cellule staminali cordonali: 35 anni dopo”, realizzato con il contributo di Sorgente, gruppo FamiCord. Il trapianto di cellule staminali è una tecnica salvavita usata per oltre 80 malattie. Esiste però la difficoltà nel trovare un donatore compatibile, anche all’interno dei registri internazionali, affiancata alla necessità di attuare un intervento rapido. Questa difficoltà ha portato la scienza a cercare soluzioni alternative che hanno condotto all’utilizzo delle cellule staminali presenti alla nascita nel cordone ombelicale.
Matt Farrow racconta la sua storia
Matt Farrow è salvo grazie all’innovazione e alla ricerca. «La diagnosi di anemia di Fanconi, una malattia genetica rara caratterizzata da una progressiva insufficienza del midollo osseo, è arrivata quando avevo all’incirca due anni e mezzo di età. All’epoca chi soffriva di questa malattia, non aveva speranza di superare la prima decade di vita senza un trapianto di midollo osseo. Sfortunatamente per me, non avevo in famiglia un donatore compatibile, finché i miei genitori non decisero di provare ad avere un terzo figlio. Mentre mia madre era incinta di mia sorella minore, Alison, si scoprì non solo che quest’ultima non era portatrice della malattia, ma anche che avrebbe potuto essere un donatore perfettamente compatibile con me, ma, una volta raggiunta un’età consona per il trapianto, sarebbe stato probabilmente troppo tardi. Da qui, il team di ricercatori diretto dal dottor Hal Broxmeyer propose di utilizzare il sangue cordonale di mia sorella Alison per il mio trapianto. A febbraio del 1988 Alison nacque e il suo sangue cordonale venne raccolto, processato e criopreservato. Dopo dieci mesi, all’età di cinque anni, mi venne infuso il sangue cordonale di mia sorella minore dandomi così una seconda chance di vivere», racconta Farrow che oggi ha 40 anni.
Donazione e trapianto di cellule staminali da cordone ombelicale
Quando il cordone ombelicale viene tagliato dopo la nascita del bambino permane del sangue nei vasi sanguigni della placenta e nella porzione di cordone ombelicale ad essa attaccata. Dopo la nascita, il neonato non ha più bisogno del sangue extra (sangue cordonale). Quest’ultimo, oltre ad avere globuli rossi, globuli bianchi, piastrine e plasma, è anche ricco di cellule staminali emopoietiche, come quelle che si trovano nel midollo osseo. «Si tratta di un’ottima risorsa alternativa per tutti quei pazienti che non trovano un donatore compatibile. Infatti, le unità di sangue cordonale donate sono disponibili a priori nelle banche nazionali e quindi utilizzabili prontamente in caso di trapianto urgente. Ma non solo, le cellule staminali cordonali presentano dei vantaggi rispetto alle cellule staminali provenienti da midollo osseo o da sangue periferico in quanto il sistema immunitario dei neonati non è ancora perfettamente sviluppato, le cellule sono più giovani, hanno una maggior capacità di autorinnovamento e differenziamento, sono maggiormente compatibili e a minor rischio di rigetto. Pertanto il sangue cordonale può essere trapiantato anche in caso di non perfetta compatibilità tra ricevente e donatore, cosa invece impossibile nel caso di cellule staminali provenienti da un adulto», dichiara Carolina Fossati, ematologa e socio fondatore della Accademia di Medicina Rigenerativa (ABRI).
Resistenza agli antibiotici, 11 mila morti l’anno in Italia. Perché è una minaccia globale
Economia sanitaria, Farmaceutica, News Presa, One health, Prevenzione, Ricerca innovazioneL’antibiotico-resistenza è una minaccia globale e silenziosa. Ogni anno causa 35mila decessi in Europa e un terzo in Italia. Il nostro Paese, infatti, è agli ultimi posti, superato solo dalla Grecia. L’allarme è stato lanciato dal commissario straordinario dell’Iss, Rocco Bellantone che ha ricordato i numeri in occasione della Giornata europea per l’uso prudente degli antibiotici.
Giornata per l’uso consapevole degli antibiotici
La Giornata europea, che quest’anno ricorre oggi, 18 novembre, è promossa dal Centro Europeo per il Controllo delle Malattie (ECDC) e rilanciata dall’OMS, dal 18 al 24 novembre, come Settimana mondiale di sensibilizzazione sulla resistenza antimicrobica (World AMR Awareness Week). “L’uso eccessivo e improprio di antibiotici in ambito umano, veterinario e zootecnico, insieme alla diffusione purtroppo ancora elevata dalle infezioni correlate all’assistenza sanitaria, sono i principali fattori alla base dello sviluppo dell’antimicrobico-resistenza”. Lo ha ribadito il ministro della Salute Orazio Schillaci, nel suo intervento in vista della European Antibiotic Awareness Day.
“Dai dati della Tessera Sanitaria – ha continuato il Ministro – si stima che nel 2022, tre persone su dieci hanno ricevuto almeno una prescrizione di antibiotici, con livelli d’uso più elevati nei bambini fino a 4 anni di età e nelle persone con più di 75 anni. Questo fa capire quanto sia urgente promuovere un uso appropriato degli antibiotici, facendo leva sulla corretta informazione, sulla responsabilità individuale e sul miglioramento dell’appropriatezza prescrittiva”.
Resistenza agli antibiotici. Cos’è l’AMR, numeri globali e costi
La resistenza antimicrobica (AMR), e in particolare agli antibiotici (ABR), è la capacità di un microrganismo di sopravvivere anche in presenza di un agente antimicrobico che invece dovrebbe ucciderlo. Sebbene sia un fenomeno in parte naturale è aggravato dall’utilizzo sbagliato in vari ambiti. Il documento “Global burden of bacterial antimicrobial resistance in 2019: a systematic analysis”, pubblicato nel 2022 sulla rivista scientifica The Lancet, riporta una stima globale di 4,95 milioni di decessi associati solo a infezioni causate da batteri resistenti registrate nel 2019, inclusi 1,27 milioni di decessi attribuibili a batteri AMR solo nel 2019. Nelle stime non sono incluse le infezioni resistenti causate da altri tipi di microrganismi, come virus, funghi e parassiti. La pandemia COVID-19 ha aggravato la situazione, anche nei paesi occidentali.
Secondo una stima OCSE, fra il 2015 e il 2050, se le attuali tendenze non cambieranno, il trattamento delle infezioni resistenti, nei Paesi del G7, comporterà in media una spesa straordinaria, ogni anno, di circa 7 milioni di giorni di degenza ospedaliera in più. In Italia saranno circa 1,3 milioni di giorni di degenza ospedaliera in più ogni anno.
Nel luglio 2022 la Commissione europea, insieme agli Stati membri, ha definito la resistenza antimicrobica una delle tre principali minacce prioritarie per la salute nell’UE. Già nel 2019 l’OMS l’aveva dichiarata una delle 10 principali minacce per la salute pubblica a livello mondiale.
Il futuro e la ricerca
“Sono 300 i farmaci e 150 i vaccini in sviluppo nel mondo per combattere le infezioni batteriche resistenti (Amr). Risultati importanti della R&S ma rimane ancora molto da fare”, ha affermato Marcello Cattani, presidente di Farmindustria, in occasione della World AMR Awareness Week.
“L’Amr è un fenomeno che ha effetti devastanti. Un impatto che si traduce anche in costi previsti per l’economia mondiale di 100 trilioni di dollari entro il 2050”, ha proseguito. “Per la nostra Nazione, l’impatto economico stimato per le infezioni resistenti ospedaliere è stato nel 2019 – secondo un recente studio del Ceis Tor Vergata – di 285 milioni di euro, su un totale di 858 milioni di euro dovuto alle infezioni correlate all’assistenza in generale”, ha ricordato Cattani.
“È necessaria una risposta globale e determinata per definire con la massima urgenza strumenti dedicati di incentivazione alla ricerca e di accesso prioritario ‘a tempo zero’. L’Europa e la Commissione UE non possono perdere questa sfida a causa di immobilismo, assenza di visione strategica o incapacità di connettere il valore della ricerca alla dimensione della competizione globale per gli investimenti e le competenze scientifiche e tecnologiche, attraverso policy moderne, flessibili ed efficaci. Tutto questo ancora non c’è”.
“Il nostro governo, in particolare su questo con i nostri ministri Orazio Schillaci, Raffaele Fitto e Antonio Tajani, sta facendo un ottimo lavoro di squadra, dando all’Italia un ruolo da protagonista in Europa e nel Mondo. Chiediamo loro di incalzare sistematicamente la Commissione Ue perché abbia un approccio pragmatico, al servizio delle imprese e dei cittadini europei, rispetto a quei sistemi, Stati Uniti e Cina in particolare, che stanno facendo dell’innovazione il primo fattore di trasformazione della salute e dell’economia. Anche perché, come sottolineato dal Ministro della Salute, l’Amr sarà tra i temi della salute prioritari del prossimo G7 che si terrà quest’anno in Italia. Farmindustria già da tempo è in prima linea su questo argomento, come dimostrano le 14 Raccomandazioni – frutto di un confronto di esperti – per una strategia efficace per contrastare la resistenza antimicrobica, partendo dalla prevenzione vaccinale fino all’accesso e all’uso appropriato degli antibiotici. E continuerà a offrire il proprio contribuito, a livello italiano ed europeo”, ha concluso Cattani.
Carboidrati, eliminarli è un errore
Alimentazione, News PresaDemonizzati dal qualunquismo salutista, i carboidrati spariscono del tutto da molte diete fai da te. Ma attenzione, i piani alimentari low-carb, quelli che fanno sparire del tutto, o quasi, i carboidrati dal piatto potrebbero fare molto male. Insomma, sull’abolizione di questo nutriente essenziale, è un vero e proprio allarme quello lanciato dagli esperti dell’International Carbohydrate Quality Consortium (ICQC), organizzazione senza scopo di lucro fondata da esperti delle Università di Harvard e Toronto.
Carboidrati, Energia
Gli esperti ricordano che i carboidrati rappresentano la principale fonte di energia per il nostro corpo. Nutrono cellule cruciali come i globuli rossi, sono importantissimi per i muscoli che dipendono molto dal glucosio per il loro metabolismo energetico, ma anche per organi come cervello. Contrariamente a molte diete che consigliano di eliminarli, accusandoli di ridurre l’efficacia dell’insulina e favorire l’accumulo di grasso corporeo. Il segreto è considerare le differenze tra i vari tipi di carboidrati e la composizione complessiva degli alimenti.
Carboidrati, Glicemia
Carboidrati complessi a lento assorbimento, come la pasta al dente, gli ortaggi e la frutta, specialmente quando inseriti in una dieta ricca di fibra, provocano un graduale innalzamento della glicemia e contribuiscono a una sensazione prolungata di sazietà dopo i pasti
Tecnologie
Secondo i ricercatori, la struttura dell’alimento è correlata al suo impatto metabolico. Alimenti di origine vegetale con parete cellulare integra tendono a presentare un indice glicemico più basso. Ad esempio, uno studio ha dimostrato che schiacciare una patata può aumentare il suo indice glicemico fino al 20% rispetto all’alimento intero bollito. Da questo punto di vista, la tecnologia produttiva, come la macinazione o le tecniche di estrusione, potrebbero migliorare le proprietà nutrizionali degli alimenti.
Chirurgia itinerante: quando a muoversi sono i chirurghi
News PresaSi chiama “chirurgia itinerante” e consente ai migliori chirurghi dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Luigi Vanvitelli di realizzare interventi ad altissima complessità anche al di fuori delle mura del Policlinico. Ad ideare e rendere possibile questo programma è stato (sostenuto dal rettore Gianfranco Nicoletti) il direttore generale dell’A.U.O. Ferdinando Russo, consapevole dell’importanza di massimizzare i vantaggi della condivisione delle più avanzate conoscenze e tecniche chirurgiche.
Malattia genetica
Ed è proprio grazie alla chirurgia itinerante che l’equipe di Chirurgia Toracica diretta dal professor Alfonso Fiorelli ha potuto eseguire un raro intervento combinato di chirurgia toracica e neurochirurgia. Lo ha fatti condividendo la sala con l’equipe diretta dal dottor Raffaele De Falco, presso l’ospedale Santa Maria Delle Grazie di Pozzuoli. La storia è quella di una paziente di 67 anni affetta da una rara malattia genetica: il morbo di Von Recklinghausen. «La vita di questa paziente è stata messa in pericolo da un grosso tumore di 17 centimetri. La massa che prendeva origine dal midollo spinale ed occupava gran parte della cavità toracica destra – spiega il professor Fiorelli – le andava a comprimere il polmone e le causava una severa insufficienza respiratoria».
Tecnica innovativa
Per salvare la donna, ma anche minimizzare il dolore post-operatorio e ridurre al minimo la degenza, le due equipes hanno adottato una tecnica combinata, ideata e recentemente pubblicata dal professor Fiorelli sulla rivista internazionale “Thoracic Cancer”. In prima battuta, i neurochirurghi guidati dal dottor De Falco hanno provveduto alla resezione del tumore dal midollo spinale. Nella stessa seduta operatoria, il professor Fiorelli – coadiuvato dagli assistenti Giuseppe Vicario e Maria Marvulli ha asportato il tumore anche dalla cavità toracica con una tecnica mininvasiva chiamata video-toracoscopia. Il complesso intervento è stato possibile anche grazie alla ventilazione mono-polmonare, portata a termine dal responsabile dell’ U.O.C. di Anestesia dell’Ospedale di Pozzuoli Salvatore di Colandrea.
Opportunità per tutti
La paziente, che non avrebbe potuto ricevere questo intervento al Santa Maria delle Grazie, è stata già dimessa ed è in buone condizioni. «La chirurgia itinerante – spiega il direttore generale Ferdinando Russo – ci consente di eseguire interventi di elevata specializzazione anche dove non è presente una branca chirurgica ultra-specialistica. Un modello che ottimizza le risorse ed evita il disagio di trasferimenti o di viaggi fuori regione per il paziente e i suoi familiari».
Diabete, usciti dal pronto soccorso pazienti senza assistenza
Eventi d'interesse, PrevenzioneDiabete. Almeno un paziente con diabete su sei ogni anno viene ricoverato per eventi acuti a causa di complicanze. I dati dell’Istituto Superiore di Sanità oggi stimano un aumento della popolazione diabetica per un totale di circa 5 milioni di pazienti. Oggi gli episodi acuti sono sempre più frequenti. Tuttavia dopo l’intervento d’emergenza i pazienti non hanno seguito assistenziale e di cura. Una criticità messa in luce in un dibattito al Senato su iniziativa dell’Italian Health Policy Brief (IHPB), con istituzioni, clinici e pazienti. La strada tracciata nell’incontro passa dal rafforzare l’assistenza territoriale, il percorso diagnostico terapeutico e assistenziale (PTDA) e dall’uso della telemedicina.
Diabete e assistenza, i dati
Un paziente diabetico su sei ogni anno viene ricoverato in ospedale per eventi acuti dati da complicanze di varia natura (dati ISS). In altre parole, il post pronto soccorso è segnato dalla mancanza di continuità di cura.
I tempi medi di ricovero di un paziente con diabete sono spesso più lunghi rispetto alla media, quindi questo produce aggravi dei costi. Tuttavia, superata la fase emergenziale, i pazienti vengono spesso dimessi senza entrare in un percorso assistenziale che assicuri l’aderenza terapeutica.
“Un contributo maggiore dovrebbe venire anche da una medicina del territorio più solida – ha sottolineato la Senatrice Daniela Sbrollini, Vice Presidente della 10ª Commissione permanente del Senato e Presidente dell’Intergruppo parlamentare obesità, diabete e per le malattie croniche non trasmissibili. “Che sia in grado di decongestionare la pressione sul Pronto Soccorso – ha continuato – almeno per i casi meno urgenti che sarebbero gestibili all’esterno dei presidi ospedalieri”.
Presa in carico
La comunità scientifica sottolinea che una risposta sanitaria efficiente passa da un percorso diagnostico terapeutico e assistenziale al momento della dimissione. La formazione dei pazienti e dei caregiver in fase di accesso al pronto soccorso ha un ruolo centrale, ma se inserita in un sistema assistenziale multiprofessionale e multidisciplinare, senza alcuna
discontinuità, ha spiegato il Dott. Francesco Pugliese, Direttore del Dipartimento Emergenza presso l’Ospedale Pertini di Roma. Un contributo importante viene dall’innovazione, ha sottolineato. “Le nuove tecnologie consentono il monitoraggio dei livelli glicemici con sensori e anche in remoto, secondo le logiche di una sempre più efficiente telemedicina”, ha concluso.
Telemedicina e terapie digitali
Il diabete è tra gli ambiti sanitari che potrà trarre maggior beneficio dalla progressiva affermazione della sanità digitale – e quindi della telemedicina – ma anche e soprattutto dalle terapie digitali, ha aggiunto l’On. Simona Loizzo, Presidente dell’Intergruppo Parlamentare Sanità Digitale e Terapie Digitali.
Sul tema del monitoraggio in remoto dei livelli glicemici resta però ancora molto da fare. Una recente ricerca dell’Istituto Bhave ha rilevato che questa tecnologia è utilizzata solo dal 50% circa dei pazienti eleggibili, cioè pazienti diabetici tipo 1 e tipo 2 in trattamento con terapia insulinica multiniettiva. Il dato indica la necessità di formazione sull’uso delle tecnologie e di ampliamento a più fasce di popolazione, come ad esempio i pazienti diabetici di tipo 2 in trattamento con insulina basale. Questo ridurrebbe gli accessi in pronto soccorso, diminuendo il rischio di eventi acuti e complicanze croniche, in una popolazione ad alto rischio.
“Il paziente diabetico è un soggetto complesso che presenta esigenze particolari e che richiede un approccio adeguato e multidisciplinare”, ha dichiarato Lina Delle Monache di Federdiabete Lazio. “Le parole d’ordine per la gestione delle fasi post ospedaliere di questi pazienti non possono che essere due: continuità di cura e dimissione protetta, basata su un network ospedale-territorio”, ha concluso.
Egualia-Nomisma: garantire “biodiversità” delle imprese contro carenza farmaci
Eventi d'interesse, Farmaceutica, News PresaServono misure urgenti per salvaguardare la biodiversità “interna” del comparto farmaceutico ed evitare una carenza strutturale di medicinali. L’appello arriva dall’edizione 2023 dell’Osservatorio Nomisma sul “Sistema dei farmaci generici in Italia”. I dati europei e nazionali sono stati presentati oggi a Roma. Il focus quest’anno è stato il cambiamento strutturale del contesto competitivo. L’analisi ha messo a fuoco le politiche di contrasto alle interruzioni della catena di fornitura dei medicinali fuori brevetto. Secondo i numeri emergono segnali di sofferenza del settore in tutti i principali Paesi europei.
L’analisi
I dati sono stati illustrati da Lucio Poma, chief economist di Nomisma e coordinatore scientifico dello studio. “Disegnano un sistema produttivo dei farmaci generici stretto tra l’incudine dei prezzi e il martello dei costi produttivi – si legge nella sintesi. “Un mix che rende sempre più vulnerabili le lunghe catene di approvvigionamento gravate anche dalla dipendenza da un’unica fonte o area geografica”.
I dati in sintesi
• La quota di produzione globale di principi attivi in Europa è scesa dal 53% del 2000 all’attuale 25%;
• la quota di produzione di API in Cina è sempre più aumentata fino a rappresentare oggi oltre il 20% delle nuove registrazioni;
• soprattutto Cina ed India forniscono ai mercati dell’Unione Europea oltre il 56% del fabbisogno di principi attivi: considerando anche i prodotti intermedi la dipendenza si acuisce raggiungendo una quota pari al 74%.
Farmaci: costi a livello europeo
Secondo i dati di Medicines for Europe, nel 2022:
• i costi di trasporto sono cresciuti fino al 500%;
• i costi della materia prima tra il 50% e il 160%;
• i costi del packaging tra il 20% e il 33%;
• i prezzi dell’energia tra il +65% del gas e il +30% dell’elettricità.
Le imprese non potendo operare sul fronte dei prezzi hanno riadattato i processi di approvvigionamento, comprimendo le marginalità industriali, spiega il rapporto. Il risultato è la carenza di farmaci su diversi mercati europei.
• In 10 anni sono scomparsi dai mercati europei il 26% dei farmaci equivalenti, il 33% degli antibiotici e il 40% dei farmaci oncologici;
• In relazione ai soli antibiotici, si è osservata la scomparsa di 16 tipologie in Polonia, 11 in Spagna e 10 in Francia;
• In Italia in 10 anni su due farmaci largamente utilizzati nella pratica clinica – un antibiotico e un antitumorale – il numero di fornitori è sceso rispettivamente da 10 a 3 e da 18 a 2.
Un processo di consolidamento ha coinvolto le aziende sul mercato:
• nel 2022 il 69% dei farmaci generici commercializzati in Europa ha fatto riferimento a meno di due imprese, un ulteriore 9% solamente a tre imprese;
• scendendo nel dettaglio, oggi il 56% degli antibiotici e il 70% dei farmaci oncologici fanno riferimento a meno di due imprese (rispettivamente il 52% e 67% nel 2012);
• in diverse tipologie di medicinali il numero di aziende produttrici è sceso drasticamente nell’ordine del 30-40%, lasciando solo un fornitore o due nella maggior parte dei Paesi.
L’uscita di alcuni operatori dal mercato e la perdita di farmaci a disposizione dei pazienti fa emergere la fragilità nel settore, sottolinea il rapporto.
Italia
In Italia al tavolo di lavoro istituito in gennaio al MIMIT con la partecipazione di tutta la filiera farmaceutica, le aziende di generici e biosimilari hanno ribadito la necessità di pianificare un aggiornamento dei livelli di rimborso delle fasce dei medicinali più soggette ad un rischio di indisponibilità. Il MIMIT, a fine luglio 2023 ha aperto un bando con una dotazione di 391,8 milioni di euro dai fondi PNRR per lo strumento dei “Contratti di sviluppo” a sostegno dei programmi industriali delle filiere produttive strategiche, anche nelle aree del centro nord del Paese, in vari settori compreso quello chimico farmaceutico.
La policy sui farmaci
Ad oggi, il concetto di bene pubblico nella farmaceutica off-patent è stato esclusivamente ricondotto in tutti i Paesi UE alla riduzione dei prezzi dei farmaci attraverso il meccanismo del rimborso al prezzo più basso. «Una visione già obsoleta e ormai improponibile», secondo Nomisma, che sottolinea la necessità di «ridisegnare il confine tra pubblico e privato, alla ricerca di un nuovo equilibrio che contemperi anche la salvaguardia e il rafforzamento del sistema produttivo, con azioni sia sul lato della domanda che dell’offerta».
«Dalla ricerca emerge evidente la sottovalutazione dell’impatto sociale del farmaco in generale e, in particolare, del farmaco generico. Un eventuale shortage di questi prodotti impatterebbe direttamente e pesantemente sulla popolazione, che si troverebbe privata dei medicinali indispensabili per curare malattie anche gravi. Tanto più in una situazione geopolitica come quella attuale con una polarizzazione a blocchi del mondo, che rende estremamente difficile e incerto l’approvvigionamento di materie prime», ha affermato Maurizio Marchesini, presidente di Nomisma che ha aperto i lavori. .
«La progressiva diminuzione – talvolta la scomparsa – dei farmaci – ha proseguito – è un fattore di alto rischio anche per il fatto che la produzione nel settore farmaceutico ha tempi diversi rispetto agli altri settori: tornare a produrli richiede mesi di tempo. Ritengo – ha concluso – che siano urgenti policy mirate, anche europee, perché vengano devolute al comparto necessarie attenzioni e risorse».
«Per assicurare continuità di cure a milioni di cittadini italiani per le patologie croniche è necessario scongiurare il rischio di carenze di farmaci divenuti non più industrialmente sostenibili. Dal momento che la capacità produttiva è al suo massimo, i Paesi europei competeranno sempre di più sui grandi volumi per assicurare le cure e se l’Italia non saprà guardare alle cause profonde delle carenze di medicinali essenziali, perderà questa sfida» ha dichiarato Enrique Häusermann, presidente di Egualia. «Purtroppo – ha aggiunto – non ci sono in pista nel nostro Paese provvedimenti che puntino ad affrontare questo nodo cruciale. Resta dunque urgente e prioritario trovare delle forme di bilanciamento per affrontare l’esplosione dei costi produttivi per i farmaci a più basso costo, che rischiano progressivamente di scomparire dal mercato».
«Seppur consci del contesto macroeconomico nel quale la manovra di bilancio 2024 si sta delineando e degli sforzi che il Governo ha profuso nell’assicurare risorse adeguate al SSN, vorremmo poterci confrontare sugli interventi necessari e le modifiche normative che rimangono da fare, tanto legate alla governance farmaceutica quanto alla politica industriale, con l’obiettivo di alleggerire la pressione che da tempo sta schiacciando il nostro settore industriale, minando la capacità futura di garantire al SSN farmaci di qualità, sicuri ed efficaci a costi sostenibili – ha concluso Häusermann -. In caso contrario un comparto essenziale per la tutela della salute pubblica rischia di essere irreversibilmente compromesso».
Patologie cardiovascolari in aumento. Specialisti: screening anche dopo i 65 anni
Anziani, PrevenzioneLe patologie cardiovascolari oggi sono la prima causa di morte in Italia, in un quadro di costante invecchiamento del Paese. I numeri sono in aumento e si stima un raddoppio della prevalenza della Fibrillazione Atriale entro il 2050.
Patologie cardiovascolari causano circa 40% dei decessi
L’Italia è il secondo Paese più anziano del mondo. Un dato che incide sulle malattie cardiovascolari, responsabili di circa il 40% di tutti i decessi. Negli ultimi anni queste patologie hanno ripreso a correre dopo una fase di deflessione. “Stiamo assistendo a una nuova impennata delle patologie cardiovascolari, che è destinata ad accentuarsi nei prossimi anni”. Lo ha sottolineato il Prof. Francesco Vetta, Direttore UOC Cardiologia UTIC Ospedale di Avezzano e Professore di Cardiologia Unicamillus, nel corso del XVI Congresso Nazionale di Cardiogeriatria, appena concluso a Roma.
Fibrillazione atriale e scompenso cardiaco in aumento
“La prevalenza della Fibrillazione Atriale, ad esempio, era dell’1% all’inizio degli anni 2000 – ha continuato Vetta – attualmente è del 2% e si stima che possa raddoppiare entro il 2050. Le patologie cardiovascolari, pertanto, sono destinate a rimanere la principale causa di morte nel nostro Paese, visto anche il rapporto di causalità tra l’età e queste malattie, che si inserisce su una popolazione in continuo invecchiamento. Nelle persone con più di 70 anni, infatti, in oltre l’80% dei casi ci sono più di tre comorbidità. Lo scompenso cardiaco, ad esempio, è una patologia prettamente geriatrica e in Italia ne soffrono circa 600mila persone. La sua prevalenza è dieci volte maggiore nella popolazione over 80 rispetto alla classe di età 40-59 anni. Nel 98% dei casi è accompagnato da altre comorbidità. In base a questi dati si intuisce la necessità di intervenire in maniera sistematica con programmi di screening cardiovascolari nei soggetti con più di 65 anni, mentre invece ad oggi questi si fermano intorno ai 50 anni”.
Patologie cardiovascolari, Italia sempre più vecchia
Il nostro Paese è sempre più anziano. Oltre alle patologie cardiovascolari, aumenteranno anche i soggetti anziani colpiti. “Servono dunque percorsi di prevenzione con un approccio multifattoriale e una serie di programmi dinamici di screening gratuiti per i soggetti over 65 – ha spiegato il Prof. Vetta. “Queste iniziative devono essere strutturate in un percorso sanitario, che possa garantire la tutela della salute e parallelamente anche un risparmio economico per il SSN, che può essere garantito da una riduzione di comorbidità e disabilità. Si pensi infatti che in Italia le disabilità sono pari a circa 4 milioni, ossia l’8% delle persone sono disabili, mentre la prevalenza di cittadini affetti da invalidità cardiovascolare è pari al 4 per mille, con capacità di incidere sulla spesa farmaceutica per quasi il 25%. Abbiamo necessità di sviluppare una prevenzione della disabilità”.
Intelligenza artificiale consente prevenzione su misura
Con la digitalizzazione oggi il paziente può essere telemonitorato da remoto attraverso device impiantati e strumenti di telemedicina. “Possono inviare ai medici continue informazioni su frequenza cardiaca, pressione arteriosa, saturometria – ha spiegato il Prof. Vetta. “Lo specialista può valutare l’andamento della terapia e intervenire se necessario. Senza appesantire il carico ambulatoriale, si mantiene un contatto continuativo con i pazienti che evita situazioni di rischio. Inoltre, grazie alle valutazioni multiparametriche di defibrillatori e device o con l’applicazione dell’Intelligenza Artificiale su esami come l’elettrocardiogramma sarà possibile capire quando si stiano sviluppando i sintomi di insufficienza cardiaca. Così, si previene il rischio di una riacutizzazione dello scompenso cardiaco con un anticipo di diverse settimane, una tempistica ampiamente sufficiente per intervenire con immediatezza sulla terapia. Nella nuova organizzazione dunque la tecnologia sarà fondamentale e favorirà l’applicazione di sistemi di precisione per una prevenzione su misura, dedicata a ogni singolo paziente”, ha concluso.
Da Foggia alla Tin del Monaldi, così si è salvata la piccola Chiara
Bambini, News PresaPiccola Chiara. Nata di sole 29 settimane, la piccola Chiara (nome di fantasia) ha dovuto combattere sin da subito per la sua vita. Al suo fianco neonatologi, cardiologi pediatrici e cardiochirurghi pediatrici dell’Azienda Ospedaliera dei Colli per una storia che oggi, a distanza di 4 mesi, ha finalmente avuto un lieto fine. La bimba, di Foggia, è nata prematura a metà luglio. Sin da subito è stato chiaro ai medici che la sua non sarebbe stata strada semplice. Così, a soli 16 giorni di vita Chiara è stata trasferita d’urgenza presso l’UOC di Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale del Monaldi, diretta dal dottore Giovanni Chello.
La diagnosi
Coartazione aortica la diagnosi. Era necessario intervenire chirurgicamente ma, a causa del basso peso, poco più di un chilo e mezzo, l’operazione sarebbe stata troppo rischiosa. «L’età e il peso veramente basso alla nascita – racconta il dottore Chello – rendevano impossibile l’intervento chirurgico». Dopo aver ottenuto conferma della diagnosi di cardiopatia congenita, insieme ai cardiologi e all’equipe cardiochirurgica pediatrica del dottore Guido Oppido, i medici del Monaldi si sono resi conto che la bimba aveva anche il dotto arterioso di Botallo oramai chiuso. Condizione che rendeva lo scenario clinico e chirurgico ancora più critico.
Il giorno più difficile
«A quel punto, grazie anche all’impegno del dottore Alfredo Santantonio, che ha seguito il caso dal primo giorno, abbiamo messo in atto tutto quanto medicalmente possibile – prosegue Chello – e abbiamo ottenuto la crescita costante del peso». A metà settembre, dopo aver raggiunti i 2,4 kg di peso, la bambina è stata finalmente sottoposta ad intervento cardiochirurgico correttivo e dopo qualche giorno di degenza in terapia intensiva post-operatoria ed alcuni giorni di degenza in reparto, la piccola Chiara è stata dimessa e affidata alle cure dei genitori, prontamente istruiti sul follow-up da eseguire nei mesi a seguire.
Gioco di squadra
A rendere possibile questo lieto fine, la grande sinergia tra neonatologi, cardiologi pediatri e cardiochirurghi pediatrici di una struttura, quella del Monaldi (Azienda Ospedaliera dei Colli) che da sempre è stata, ed è, il Centro di riferimento per la cura del neonato cardiopatico sia della Regione Campania che delle restanti Regioni del Sud Italia peninsulare. “La storia di Chiara è uno dei tanti piccoli miracoli quotidiani che si compiono in ospedale. Una storia di attesa e di speranza che si è conclusa nel migliore dei modi grazie al lavoro di squadra e all’impegno di tutto il personale sanitario che, silenziosamente, lavora per assicurare a tutti i pazienti le migliori cure possibili” è il commento di Anna Iervolino, direttore generale dell’Azienda Ospedaliera dei Colli. I genitori di Chiara saranno presenti con la bimba, alla manifestazione del 17 novembre prossimo che si terrà presso l’Aula Magna del Monaldi in occasione della giornata mondiale del Prematuro.
Melanoma, la prevenzione è ancora l’arma migliore
PrevenzioneNonostante ci siano trattamenti efficaci per la cura del melanoma purtroppo il 50% dei pazienti con malattia metastatica continua a morire. La prevenzione rappresenta ancora oggi l’arma più importante per combattere i tumori della pelle in generale, bisogna invogliare quindi le persone a fare visite di prevenzione che purtroppo il covid ha rallentato. A parlare è Paolo Ascierto, direttore dell’Unità di Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell’Istituto
Nazionale Tumori IRCCS Fondazione G. Pascale. Ascierto invita quindi a comportamenti avveduti e a fare periodicamente visite di controllo.
Precauzioni
Ma come ci si può proteggere dal rischio di sviluppare nel tempo un tumore della pelle. Il rischio si abbassa notevolmente adottando stili di vita sani. Per il melanoma questo si traduce nell’abitudine a sottoporsi a controlli periodici, ma anche ad attenzioni quali prendere il sole nella fascia oraria giusta (prima di mezzogiorno e dopo le quindici) sempre con adeguata protezione. Inoltre, è importante sempre proteggere i bambini, perché le scottature durante l’infanzia predispongono ad un rischio maggiore di sviluppare un melanoma.
Screening gratuiti
Proprio Paolo Ascierto e il suo team di specialisti darà il via domani (giovedì 16 novembre) al ciclo di appuntamenti promossi e patrocinati dalla Fondazione Muto dal titolo “Abbraccia la Salute”, l’open day sarà di scena all’Emicenter di Casavatore. “Come Fondazione Muto accogliamo la sfida della prevenzione e dell’informazione ai cittadini – dice Roberto Muto, presidente della Fondazione – con questo ed altri eventi che si susseguiranno nel corso di questo mese, come l’appuntamento del 29 novembre sulla prevenzione del tumore alla mammella, e nel prossimo anno. Siamo fermamente convinti che la collaborazione con medici di grande rilievo umano e professionale come il professore Paolo Ascierto possano aiutarci a raggiungere brillantemente questo obiettivo”.
Conoscere il melanoma
Il melanoma è un tumore della pelle che rappresenta il 5% di tutti i tumori della pelle ed è il terzo più frequente in donne e uomini (Humanitas). In Italia si registrano 370.000 nuovi tumori all’anno, la Campania rappresenta il 10% della popolazione italiana, per cui 37.000 i tumori attesi (AIOM, libro bianco 2022), con cause legate all’ambiente, agli stili di vita, alla familiarità che ancora caratterizza questa malattia. È sempre più evidente quindi l’urgenza di sensibilizzare le persone ad adottare misure preventive e sottoporsi ad esami regolari che garantiscano diagnosi tempestive. “Queste campagne di informazione e screening oncologici – conclude Ascierto – sono cruciali per aumentare il numero di diagnosi precoci che, assieme a stili di vita adeguati, realmente