Tempo di lettura: 7 minutiSono 800 milioni le persone nel mondo che convivono con l’obesità e secondo le stime saranno 1,9 miliardi nel 2035, ovvero 1 persona su quattro. Complessivamente, secondo le previsioni l’impatto economico sul pianeta è di 4,32 trilioni a causa di sovrappeso e obesità. L’incremento dell’obesità fra i bambini dal 2020 al 2035 è del 100 per cento. Questi numeri disegnano un’emergenza globale e sono stati evidenziati in vista della World Obesity Day, che ricorre il 4 marzo. Le iniziative italiane sono state presentate in una conferenza a Roma presso la Camera dei Deputati su iniziativa dell’On. Roberto Pella.
Giornata Mondiale dell’Obesità
La Giornata Mondiale dell’Obesità (World Obesity Day), istituita nel 2015 dalla World Obesity Federation, ricorre in tutto il mondo con lo scopo di invertire la crisi globale dell’obesità. La giornata vuole sensibilizzare cittadini e istituzioni e incoraggiare la prevenzione dell’obesità, evitando discriminazioni, pregiudizi e l’uso di un linguaggio stereotipato e stigmatizzante sulle persone che vivono con la malattia. “Parliamo dell’obesità e…” (“Let’s Talk About Obesity and…”) è il tema a cui è dedicata la Giornata di quest’anno: l’obesità è una complessa interazione di diversi fattori, che riguarda persone diverse, in paesi e culture diverse. Una strategia universale per ogni persona non sarà mai la soluzione. Ecco perché la Giornata mondiale dell’obesità di quest’anno vuole aprire un dibattito più ampio. L’obiettivo è quello di avviare conversazioni trasversali, guardare alla salute, ai giovani e al mondo che ci circonda, condividere conoscenze, guardare l’obesità da prospettive diverse.
I numeri
Secondo i dati Istat presentati lo scorso ottobre durante il quinto Italian Obesity Barometer Summit, in Italia nel 2022 la percentuale di adulti con sovrappeso e obesità, pari al 46,3 per cento, è tornata ai livelli pre-pandemia, durante la quale si era raggiunto il picco del 47,6 per cento. Tuttavia, è solo il numero di persone con sovrappeso che è sceso, tanto che quello delle persone con obesità è passato dal 10,9 per cento del 2019 all’11,4 per cento nel 2022, con un picco del 12 per cento nel 2021. Solo il 17,2 per cento della popolazione di 3 anni e più in Italia dichiara di consumare almeno 4 o più porzioni di frutta o verdura al giorno. Oltre 21 milioni di persone, ovvero il 37,2 per cento della popolazione di 3 anni e più, dichiarano di non praticare né sport né attività fisica nel tempo libero, con marcate differenze di genere: è sedentario il 40,6 per cento delle donne contro il 33,6 per cento degli uomini. Il 59,1 per cento delle madri di bambini fisicamente poco attivi ritiene che il proprio figlio svolga attività fisica adeguata.
L’obesità è un’emergenza che riguarda, come il mondo, anche il nostro Paese. Da qui il “Manifesto per il contrasto all’obesità, come malattia cronica da affrontare in maniera sinergica multidisciplinare e olistica, libera da pregiudizi, stigma e discriminazione”, realizzato dall’Italian Obesity Network e sottoscritto da oltre 20 organizzazioni rappresentative del mondo medico-scientifico, delle istituzioni e dei pazienti. Il Manifesto 2024 è un aggiornamento del precedente approvato e sottoscritto nel 2018, che intende rinnovare lo stimolo a identificare una roadmap virtuosa finalizzata al raggiungimento di quattro obiettivi principali:
- Dare priorità all’obesità come malattia non trasmissibile (NCD).
- Costruire l’alfabetizzazione sanitaria.
- Ottimizzare le strategie di prevenzione.
- Migliorare i servizi alla persona con obesità.
Il documento
Il White Paper “The Need for a Strategic, System-wide Approach to Obesity Care”, che viene pubblicato da OPEN, Obesity Policy Engagement Network, sempre in occasione di questa Giornata Mondiale, evidenzia gli ostacoli alla diagnosi, al trattamento e alla gestione dell’obesità, le lacune che permangono rispetto a questa malattia nell’alfabetizzazione sanitaria, nonché la carenza di ricerca e di finanziamenti. Il White Paper sottolinea alcune azioni necessarie prioritarie: colmare le attuali lacune nell’istruzione e nella ricerca per promuovere interventi politici adeguati e linee guida standardizzate sulla gestione dell’obesità; promuovere una più ampia consapevolezza sulle cause e sull’impatto dell’obesità per ridurre i pregiudizi e lo stigma; dare priorità agli interventi che affrontano i fattori sottostanti (biologici, genetici, ambientali, psicologici e socioeconomici) che contribuiscono allo sviluppo e alla persistenza dell’obesità; condurre analisi dei costi nazionali per misurare il peso economico della cura dell’obesità, affinché i governi possano attingere a questi dati per implementare nuove opzioni politiche e modificare le strategie esistenti per affrontare questa malattia.
Pella: invecchiamento della popolazione minaccia sistemi sanitari
«Il mondo sta vivendo una trasformazione epocale di tipo demografico, sociale, economico e ambientale – dichiara l’On. Roberto Pella, Presidente Intergruppo Parlamentare Obesità, diabete e NCDs. L’epidemia dell’obesità e delle malattie non trasmissibili, insieme all’invecchiamento della popolazione, minaccia seriamente i sistemi sanitari. Riconoscere l’obesità come una vera e propria malattia e affrontarla come una priorità nazionale è il principale contenuto della proposta di legge, a mia prima firma, che attualmente stiamo discutendo in Commissione XII e presto spero potrà approdare in Aula per la sua approvazione».
Sbrollini: creare alleanza
«Dare voce al tema e ai numeri dell’obesità, in occasione di questa importante Giornata Mondiale, significa alimentare il dibattito istituzionale sulla necessità di programmare interventi mirati in termini di prevenzione e cura», dichiara la Sen. Daniela Sbrollini, Presidente Intergruppo Parlamentare Obesità, diabete e NCDs e Vice Presidente della 10a Commissione Permanente (Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale) del Senato. «Bisogna creare una forte alleanza tra istituzioni governative, parlamentari, scientifiche, accademiche e persone con obesità per coinvolgere e rendere partecipi tutti della necessità di agire ora».
Cappellacci: obesità pandemia silente
«Milioni di italiani soffrono di obesità, tanto che possiamo parlare di una “pandemia silente”, ma finora non è stato concepito un piano per assicurare cure e misure di prevenzione adeguate», dichiara l’On. Ugo Cappellacci, Presidente 12a Commissione Permanente (Affari Sociali) della Camera dei Deputati. «Bisogna riconoscerla come patologia prioritaria nel Piano Nazionale Cronicità, assicurare l’accesso uniforme sul territorio nazionale alle prestazioni sanitarie e alle terapie indicate per il trattamento. Con questa nuova sensibilità e una forte volontà politica, daremo risposte concrete alle persone che vivono sulla propria pelle queste problematiche».
Lenzi: necessario ripensamento modelli di business
«Obesità, denutrizione e cambiamento climatico, condizioni riunite sotto il termine ‘Sindemia Globale’ e tra loro legate da scopi di profitto e inerzia politica, rappresentano le più grandi minacce per la popolazione mondiale», dichiara il Prof. Andrea Lenzi, Presidente OPEN Italy. «Per affrontarle è necessario un ripensamento radicale dei modelli di business, dei sistemi alimentari, del coinvolgimento della società civile e della governance nazionale e internazionale. La governance a livello globale, di Paese e città è importante, ma di solito è frammentaria, bloccata in silos, spesso focalizzata sulla scelta individuale e incapace o non disposta a prendere le distanze da una forte influenza commerciale e da obiettivi politici a breve termine, motivo per cui è necessario lavorare insieme per cambiare percorso per una migliore salute umana e planetaria».
Busetto: obesità responsabile di malattie cardiovascolari, diabete, malattie del fegato e cancro
«Prevenire l’aumento di peso e il riacquisto di peso sono impegni essenziali per centrare gli obiettivi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e per far sì che sia efficace il trattamento dell’obesità, malattia responsabile di una percentuale significativa di malattie non trasmissibili (NCD), tra cui quelle cardiovascolari, diabete, malattie del fegato e molti tipi di cancro», dichiara il Prof. Luca Busetto, Vice-President for the Southern Region of European Association for the Study of Obesity. «È anche accertato scientificamente che l’eccesso di peso rappresenta un fattore predittivo per lo sviluppo di complicanze, e l’aumento di mortalità, da COVID-19. È ora che l’obesità venga considerata una priorità sociosanitaria da tutti gli attori coinvolti, per il presente e il futuro del nostro sistema».
Barazzoni: garantire uguaglianza di accesso alle cura
«L’obesità, in termini di impatto clinico e di spesa medica per il trattamento delle malattie che ne derivano, costituisce una sfida che, se non adeguatamente affrontata, finirà per condizionare le generazioni future con importanti conseguenze negative sul sistema sanitario e sulla nostra società tutta», dichiara il Prof. Rocco Barazzoni, Presidente della Società Italiana dell’Obesità. «È giunto il momento di mettere in atto soluzioni di politica sanitaria e di governance clinica che siano in grado di dare risposte concrete alle persone con obesità e soprattutto che coinvolgano e siano disponibili per l’intera popolazione, al fine di aumentare il supporto e diminuire le disuguaglianze di accesso alle cure sul territorio».
Sbraccia: obesità, livello di urgenza come altre malattie
Attualmente, gli elevati costi associati alla prevenzione e al trattamento fanno sì che, in molti paesi, la cura dell’obesità non riceva un’attenzione adeguata», dichiara il Prof. Paolo Sbraccia, Vicepresidente IBDO Foundation. In futuro, i sistemi sanitari nazionali dovranno adottare nuovi modelli di erogazione dei servizi sanitari che seguano le indicazioni dell’OMS. La cura dell’obesità richiede lo stesso livello di urgenza riservato alle altre malattie non trasmissibili, per le quali un accesso equo alle cure, la centralità della persona e la presenza di risorse adeguate costituiscono un punto fermo dell’assistenza sanitaria».
Fatati: abbattere stigma
«Nella lotta all’obesità, il contrasto allo stigma sociale costituisce un obiettivo prioritario, accanto alle politiche di prevenzione e agli interventi mirati su alimentazione e sport», dichiara Giuseppe Fatati, Presidente Italian Obesity Network. «Occorre un approccio multidisciplinare, di cui la lotta allo stigma sia parte centrale, per far sì che sia considerata da parte dei governi, dei sistemi sanitari e delle stesse persone con obesità, come già fatto dalla comunità scientifica, una malattia cronica che richiede una gestione di lungo termine, e non una responsabilità del singolo. Questo potrebbe contribuire in modo decisivo a ridurre la disapprovazione sociale e gli episodi di discriminazione verso chi ne è affetto, oltre a incidere sulle cure e sui trattamenti per l’obesità».
Avogaro: obesità grave fattore di rischio, non è una questione di scelte individuali
«L’obesità non è semplicemente una questione di scelte individuali o di stile di vita; è il risultato di una complessa interazione di fattori genetici, ambientali e sociali», dichiara il Prof. Angelo Avogaro, Presidente Società Italiana di Diabetologia. L’obesità è anche un potente fattore di rischio per lo sviluppo di numerose altre condizioni, tra cui le malattie cardiovascolari, il diabete di tipo 2, diverse forme di cancro, e disturbi muscolo-scheletrici. Questo la rende non solo una questione di salute pubblica di primaria importanza, ma anche una sfida sociale ed economica significativa, con impatti profondi sul sistema sanitario, sulla produttività e sulla qualità della vita degli individui. Una letteratura ormai consolidata indica che una riduzione del 5 per cento del peso diminuisce il rischio di diabete del 40 per cento con un miglioramento clinico significativo dell’emoglobina glicata e della pressione arteriosa. Perdite di peso anche moderate hanno migliorato, non solo i più comuni fattori di rischio, ma anche esiti di malattia come steatosi epatica e apnee notturne nelle persone con diabete di tipo 2».
Zani: riconoscimento dell’obesità come malattia importante conquista
«Il pieno riconoscimento dell’obesità come malattia da parte del Parlamento italiano è uno dei più importanti risultati raggiunti dall’Intergruppo Parlamentare Obesità, diabete e NCDs», dichiara Iris Zani, Presidente Amici Obesi. «Occorre ora dare un seguito concreto a questa importante conquista, con un’alleanza tra scienza, istituzioni pazienti, promuovendo la prevenzione e la lotta allo stigma, ma soprattutto sollecitando affinché la malattia venga inclusa nei LEA per fare in modo che migliaia di persone in grosse difficoltà possano ricevere le cure adeguate e poter affrontare un adeguato percorso di cura. Solo così potremo dire che si vuole realmente combattere l’obesità ormai dilagante nel nostro Paese e in tutto il mondo», conclude Iris Zani, Presidente Amici Obesi.
Giornata Obesità, 800 mln nel mondo, in aumento bambini
Associazioni pazienti, Economia sanitaria, Eventi d'interesse, News Presa, PrevenzioneSono 800 milioni le persone nel mondo che convivono con l’obesità e secondo le stime saranno 1,9 miliardi nel 2035, ovvero 1 persona su quattro. Complessivamente, secondo le previsioni l’impatto economico sul pianeta è di 4,32 trilioni a causa di sovrappeso e obesità. L’incremento dell’obesità fra i bambini dal 2020 al 2035 è del 100 per cento. Questi numeri disegnano un’emergenza globale e sono stati evidenziati in vista della World Obesity Day, che ricorre il 4 marzo. Le iniziative italiane sono state presentate in una conferenza a Roma presso la Camera dei Deputati su iniziativa dell’On. Roberto Pella.
Giornata Mondiale dell’Obesità
La Giornata Mondiale dell’Obesità (World Obesity Day), istituita nel 2015 dalla World Obesity Federation, ricorre in tutto il mondo con lo scopo di invertire la crisi globale dell’obesità. La giornata vuole sensibilizzare cittadini e istituzioni e incoraggiare la prevenzione dell’obesità, evitando discriminazioni, pregiudizi e l’uso di un linguaggio stereotipato e stigmatizzante sulle persone che vivono con la malattia. “Parliamo dell’obesità e…” (“Let’s Talk About Obesity and…”) è il tema a cui è dedicata la Giornata di quest’anno: l’obesità è una complessa interazione di diversi fattori, che riguarda persone diverse, in paesi e culture diverse. Una strategia universale per ogni persona non sarà mai la soluzione. Ecco perché la Giornata mondiale dell’obesità di quest’anno vuole aprire un dibattito più ampio. L’obiettivo è quello di avviare conversazioni trasversali, guardare alla salute, ai giovani e al mondo che ci circonda, condividere conoscenze, guardare l’obesità da prospettive diverse.
I numeri
Secondo i dati Istat presentati lo scorso ottobre durante il quinto Italian Obesity Barometer Summit, in Italia nel 2022 la percentuale di adulti con sovrappeso e obesità, pari al 46,3 per cento, è tornata ai livelli pre-pandemia, durante la quale si era raggiunto il picco del 47,6 per cento. Tuttavia, è solo il numero di persone con sovrappeso che è sceso, tanto che quello delle persone con obesità è passato dal 10,9 per cento del 2019 all’11,4 per cento nel 2022, con un picco del 12 per cento nel 2021. Solo il 17,2 per cento della popolazione di 3 anni e più in Italia dichiara di consumare almeno 4 o più porzioni di frutta o verdura al giorno. Oltre 21 milioni di persone, ovvero il 37,2 per cento della popolazione di 3 anni e più, dichiarano di non praticare né sport né attività fisica nel tempo libero, con marcate differenze di genere: è sedentario il 40,6 per cento delle donne contro il 33,6 per cento degli uomini. Il 59,1 per cento delle madri di bambini fisicamente poco attivi ritiene che il proprio figlio svolga attività fisica adeguata.
L’obesità è un’emergenza che riguarda, come il mondo, anche il nostro Paese. Da qui il “Manifesto per il contrasto all’obesità, come malattia cronica da affrontare in maniera sinergica multidisciplinare e olistica, libera da pregiudizi, stigma e discriminazione”, realizzato dall’Italian Obesity Network e sottoscritto da oltre 20 organizzazioni rappresentative del mondo medico-scientifico, delle istituzioni e dei pazienti. Il Manifesto 2024 è un aggiornamento del precedente approvato e sottoscritto nel 2018, che intende rinnovare lo stimolo a identificare una roadmap virtuosa finalizzata al raggiungimento di quattro obiettivi principali:
Il documento
Il White Paper “The Need for a Strategic, System-wide Approach to Obesity Care”, che viene pubblicato da OPEN, Obesity Policy Engagement Network, sempre in occasione di questa Giornata Mondiale, evidenzia gli ostacoli alla diagnosi, al trattamento e alla gestione dell’obesità, le lacune che permangono rispetto a questa malattia nell’alfabetizzazione sanitaria, nonché la carenza di ricerca e di finanziamenti. Il White Paper sottolinea alcune azioni necessarie prioritarie: colmare le attuali lacune nell’istruzione e nella ricerca per promuovere interventi politici adeguati e linee guida standardizzate sulla gestione dell’obesità; promuovere una più ampia consapevolezza sulle cause e sull’impatto dell’obesità per ridurre i pregiudizi e lo stigma; dare priorità agli interventi che affrontano i fattori sottostanti (biologici, genetici, ambientali, psicologici e socioeconomici) che contribuiscono allo sviluppo e alla persistenza dell’obesità; condurre analisi dei costi nazionali per misurare il peso economico della cura dell’obesità, affinché i governi possano attingere a questi dati per implementare nuove opzioni politiche e modificare le strategie esistenti per affrontare questa malattia.
Pella: invecchiamento della popolazione minaccia sistemi sanitari
«Il mondo sta vivendo una trasformazione epocale di tipo demografico, sociale, economico e ambientale – dichiara l’On. Roberto Pella, Presidente Intergruppo Parlamentare Obesità, diabete e NCDs. L’epidemia dell’obesità e delle malattie non trasmissibili, insieme all’invecchiamento della popolazione, minaccia seriamente i sistemi sanitari. Riconoscere l’obesità come una vera e propria malattia e affrontarla come una priorità nazionale è il principale contenuto della proposta di legge, a mia prima firma, che attualmente stiamo discutendo in Commissione XII e presto spero potrà approdare in Aula per la sua approvazione».
Sbrollini: creare alleanza
«Dare voce al tema e ai numeri dell’obesità, in occasione di questa importante Giornata Mondiale, significa alimentare il dibattito istituzionale sulla necessità di programmare interventi mirati in termini di prevenzione e cura», dichiara la Sen. Daniela Sbrollini, Presidente Intergruppo Parlamentare Obesità, diabete e NCDs e Vice Presidente della 10a Commissione Permanente (Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale) del Senato. «Bisogna creare una forte alleanza tra istituzioni governative, parlamentari, scientifiche, accademiche e persone con obesità per coinvolgere e rendere partecipi tutti della necessità di agire ora».
Cappellacci: obesità pandemia silente
«Milioni di italiani soffrono di obesità, tanto che possiamo parlare di una “pandemia silente”, ma finora non è stato concepito un piano per assicurare cure e misure di prevenzione adeguate», dichiara l’On. Ugo Cappellacci, Presidente 12a Commissione Permanente (Affari Sociali) della Camera dei Deputati. «Bisogna riconoscerla come patologia prioritaria nel Piano Nazionale Cronicità, assicurare l’accesso uniforme sul territorio nazionale alle prestazioni sanitarie e alle terapie indicate per il trattamento. Con questa nuova sensibilità e una forte volontà politica, daremo risposte concrete alle persone che vivono sulla propria pelle queste problematiche».
Lenzi: necessario ripensamento modelli di business
«Obesità, denutrizione e cambiamento climatico, condizioni riunite sotto il termine ‘Sindemia Globale’ e tra loro legate da scopi di profitto e inerzia politica, rappresentano le più grandi minacce per la popolazione mondiale», dichiara il Prof. Andrea Lenzi, Presidente OPEN Italy. «Per affrontarle è necessario un ripensamento radicale dei modelli di business, dei sistemi alimentari, del coinvolgimento della società civile e della governance nazionale e internazionale. La governance a livello globale, di Paese e città è importante, ma di solito è frammentaria, bloccata in silos, spesso focalizzata sulla scelta individuale e incapace o non disposta a prendere le distanze da una forte influenza commerciale e da obiettivi politici a breve termine, motivo per cui è necessario lavorare insieme per cambiare percorso per una migliore salute umana e planetaria».
Busetto: obesità responsabile di malattie cardiovascolari, diabete, malattie del fegato e cancro
«Prevenire l’aumento di peso e il riacquisto di peso sono impegni essenziali per centrare gli obiettivi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e per far sì che sia efficace il trattamento dell’obesità, malattia responsabile di una percentuale significativa di malattie non trasmissibili (NCD), tra cui quelle cardiovascolari, diabete, malattie del fegato e molti tipi di cancro», dichiara il Prof. Luca Busetto, Vice-President for the Southern Region of European Association for the Study of Obesity. «È anche accertato scientificamente che l’eccesso di peso rappresenta un fattore predittivo per lo sviluppo di complicanze, e l’aumento di mortalità, da COVID-19. È ora che l’obesità venga considerata una priorità sociosanitaria da tutti gli attori coinvolti, per il presente e il futuro del nostro sistema».
Barazzoni: garantire uguaglianza di accesso alle cura
«L’obesità, in termini di impatto clinico e di spesa medica per il trattamento delle malattie che ne derivano, costituisce una sfida che, se non adeguatamente affrontata, finirà per condizionare le generazioni future con importanti conseguenze negative sul sistema sanitario e sulla nostra società tutta», dichiara il Prof. Rocco Barazzoni, Presidente della Società Italiana dell’Obesità. «È giunto il momento di mettere in atto soluzioni di politica sanitaria e di governance clinica che siano in grado di dare risposte concrete alle persone con obesità e soprattutto che coinvolgano e siano disponibili per l’intera popolazione, al fine di aumentare il supporto e diminuire le disuguaglianze di accesso alle cure sul territorio».
Sbraccia: obesità, livello di urgenza come altre malattie
Attualmente, gli elevati costi associati alla prevenzione e al trattamento fanno sì che, in molti paesi, la cura dell’obesità non riceva un’attenzione adeguata», dichiara il Prof. Paolo Sbraccia, Vicepresidente IBDO Foundation. In futuro, i sistemi sanitari nazionali dovranno adottare nuovi modelli di erogazione dei servizi sanitari che seguano le indicazioni dell’OMS. La cura dell’obesità richiede lo stesso livello di urgenza riservato alle altre malattie non trasmissibili, per le quali un accesso equo alle cure, la centralità della persona e la presenza di risorse adeguate costituiscono un punto fermo dell’assistenza sanitaria».
Fatati: abbattere stigma
«Nella lotta all’obesità, il contrasto allo stigma sociale costituisce un obiettivo prioritario, accanto alle politiche di prevenzione e agli interventi mirati su alimentazione e sport», dichiara Giuseppe Fatati, Presidente Italian Obesity Network. «Occorre un approccio multidisciplinare, di cui la lotta allo stigma sia parte centrale, per far sì che sia considerata da parte dei governi, dei sistemi sanitari e delle stesse persone con obesità, come già fatto dalla comunità scientifica, una malattia cronica che richiede una gestione di lungo termine, e non una responsabilità del singolo. Questo potrebbe contribuire in modo decisivo a ridurre la disapprovazione sociale e gli episodi di discriminazione verso chi ne è affetto, oltre a incidere sulle cure e sui trattamenti per l’obesità».
Avogaro: obesità grave fattore di rischio, non è una questione di scelte individuali
«L’obesità non è semplicemente una questione di scelte individuali o di stile di vita; è il risultato di una complessa interazione di fattori genetici, ambientali e sociali», dichiara il Prof. Angelo Avogaro, Presidente Società Italiana di Diabetologia. L’obesità è anche un potente fattore di rischio per lo sviluppo di numerose altre condizioni, tra cui le malattie cardiovascolari, il diabete di tipo 2, diverse forme di cancro, e disturbi muscolo-scheletrici. Questo la rende non solo una questione di salute pubblica di primaria importanza, ma anche una sfida sociale ed economica significativa, con impatti profondi sul sistema sanitario, sulla produttività e sulla qualità della vita degli individui. Una letteratura ormai consolidata indica che una riduzione del 5 per cento del peso diminuisce il rischio di diabete del 40 per cento con un miglioramento clinico significativo dell’emoglobina glicata e della pressione arteriosa. Perdite di peso anche moderate hanno migliorato, non solo i più comuni fattori di rischio, ma anche esiti di malattia come steatosi epatica e apnee notturne nelle persone con diabete di tipo 2».
Zani: riconoscimento dell’obesità come malattia importante conquista
«Il pieno riconoscimento dell’obesità come malattia da parte del Parlamento italiano è uno dei più importanti risultati raggiunti dall’Intergruppo Parlamentare Obesità, diabete e NCDs», dichiara Iris Zani, Presidente Amici Obesi. «Occorre ora dare un seguito concreto a questa importante conquista, con un’alleanza tra scienza, istituzioni pazienti, promuovendo la prevenzione e la lotta allo stigma, ma soprattutto sollecitando affinché la malattia venga inclusa nei LEA per fare in modo che migliaia di persone in grosse difficoltà possano ricevere le cure adeguate e poter affrontare un adeguato percorso di cura. Solo così potremo dire che si vuole realmente combattere l’obesità ormai dilagante nel nostro Paese e in tutto il mondo», conclude Iris Zani, Presidente Amici Obesi.
Sordità, da Milano a Bari screening gratuiti. Iniziativa SIO–SIAF
News Presa, PrevenzioneSecondo l’OMS, più di 1,5 miliardi di persone nel mondo sono affette da problemi uditivi. Sono circa 7 milioni solo in Italia. Oggi, 1° marzo 2024, per il terzo anno consecutivo, ricorre la giornata di sensibilizzazione sulle malattie dell’orecchio e i disturbi uditivi, dal titolo: ‘Sordità: una pandemia silenziosa’. L’obiettivo dell’iniziativa è contrastare il fenomeno in ascesa attraverso la prevenzione, la diagnosi, la cura e la riabilitazione. Organizzata dalla Società Italiana di Otorinolaringoiatria e Chirurgia Cervico-Facciale (SIOeChCF), insieme alla Società Italiana di Audiologia e Foniatria (SIAF), con il supporto di Associazioni senza fini di lucro che rappresentano pazienti e familiari di soggetti ipoacusici.
La manifestazione si svolge in condivisione d’intenti con la giornata mondiale dell’udito istituita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). “I disturbi uditivi richiedono attenzione urgente da parte dei mezzi d’informazione e dell’opinione pubblica. Numeri, tendenze e conseguenze giustificano il paragone con una grande pandemia: secondo i dati del primo rapporto mondiale sull’udito redatto dall’Oms, oltre 1,5 miliardi di persone convivono con una perdita dell’udito; in Italia si stima che siano 7 milioni. Cifra destinata a crescere nei prossimi decenni: entro il 2050, ci si aspetta che questo numero possa arrivare fino a 2,5 miliardi (1 persona su 4)” spiegano i professori Piero Nicolai, presidente SIOeChCf, e Nicola Quaranta, presidente SIAF.
Attraverso un centinaio di iniziative su tutto il territorio italiano, l’obiettivo è sensibilizzare sulla sordità, come sintomo di una patologia dell’orecchio. La tempestività nella cura previene conseguenze più gravi. “Vogliamo combattere lo stigma sociale che circonda l’ipoacusia, incoraggiando le persone a non ritardare la diagnosi e il trattamento. La perdita uditiva può colpire chiunque, in qualsiasi età, e affrontarla tempestivamente è essenziale per prevenire ulteriori complicazioni” prosegue il professor Domenico Cuda, direttore dell’Unità Operativa di Otorinolaringoiatria all’ospedale di Piacenza e past president SIOeChCf.
Mastocisti, una terapia offre nuove speranze
Ricerca innovazioneUn significativo cambiamento nel trattamento della mastocitosi sistemica, una malattia rara, complessa e grave, che ha catalizzato l’attenzione degli esperti nel campo medico. Per celebrare due decenni di impegno scientifico dedicato a questa patologia e per discutere del cambiamento di rotta attuale, si è tenuto a Napoli l’evento organizzato da Blueprint Medicines, intitolato “Drive The Change-Avapritinib: guidare il cambiamento per costruire il futuro della mastocitosi sistemica”.
La malattia
L’evento ha visto la partecipazione di ematologi, allergologi, dermatologi, internisti, reumatologi provenienti da tutta Italia, tutti impegnati nella ricerca e nella gestione della mastocitosi sistemica. Questo incontro segna un ritorno dopo quasi vent’anni dal primo congresso che ha riunito il network italiano ed europeo sulla mastocitosi, evidenziando un momento di svolta nel panorama medico. La mastocitosi sistemica colpisce circa 40.000 persone in Europa, con il 5%-10% dei casi che si presentano in forma avanzata. In Italia, si stima che vi siano circa 5.000 casi, ma il 30% potrebbe non essere ancora diagnosticato, mentre 500 casi sono di mastocitosi sistemica avanzata.
Le cause
La malattia è causata dalla mutazione acquisita del gene KIT D816V, presente nel 95% dei casi, e si manifesta con una vasta gamma di sintomi legati al rilascio di mediatori chimici e all’infiltrazione tissutale dei mastociti. «Fondamentale è stato aver capito che era la mutazione KIT nei mastociti a farli proliferare in modo incontrollato e a porli in uno stato di iperattivazione. Via via, grazie a studi che erano stati condotti su altre patologie ematologiche che presentavano queste mutazioni, sono state “costruite” molecole altamente selettive che vanno a colpire proprio le cellule in cui è presente la mutazione KIT – spiega Massimo Triggiani, chair of the European Competence Network on Mastocytosis (ECNM).
Nuovi studi
«Sono iniziati prima gli studi clinici sulle forme avanzate e si è visto che questi farmaci miglioravano tutti i parametri tra cui la sopravvivenza, le complicanze ematologiche e la qualità di vita dei pazienti», prosegue Triggiani che è anche Professore Ordinario di Medicina Interna Dipartimento di Medicina e Chirurgia Università degli Studi di Salerno e Direttore UOC Diagnosi e Terapia Malattie Allergiche e Sistema immunitario AOU San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona. «In particolare, avapritinib è una small molecule che si lega in modo potente e selettivo al recettore KIT mutato presente sulla membrana dei mastociti e lo blocca, in questo modo l’auto-attivazione spontanea cessa, i mastociti smettono di proliferare e tornano in uno stato di minore reattività».
Nuove terapie
L’approvazione di una nuova terapia dall’EMA nel 2023 ha rappresentato una svolta nella gestione della mastocitosi sistemica avanzata, con un tasso di risposta del 71% e il 19% di remissione completa nei pazienti trattati. Tuttavia, l’indicazione per la mastocitosi sistemica indolente non è ancora rimborsata in Italia. Oltre ai progressi nella terapia, vi è una maggiore attenzione alla diagnosi precoce, che richiede la collaborazione di centri specializzati dotati di competenze e strumenti adeguati. La presidente di Rete Italiana Mastocitosi (RIMA), Roberta Zanotti, ha sottolineato l’importanza di una rete di centri dedicati alla diagnosi e al trattamento della malattia. Mentre Patrizia Marcis, presidente di Associazione Italiana Mastocitosi (ASIMAS), ha parlato dell’impatto psicologico e sociale della malattia e ha espresso speranza per il futuro, grazie alla ricerca continua e alla collaborazione tra pazienti, medici e aziende farmaceutiche. «La nostra visione strategica mira a offrire trattamenti di precisione che superino la resistenza ai farmaci, riducano la tossicità e prolunghino il beneficio per il paziente”, ha spiegato Giacomo Baruchello, vicepresidente di Blueprint Medicines. Un evento molto atteso quello di oggi, perché rappresenta un momento cruciale nella lotta contro la mastocitosi sistemica e sottolinea l’importanza della collaborazione tra professionisti medici, associazioni di pazienti e aziende farmaceutiche nell’affrontare le sfide future.
Malattie rare, machine learning e AI spingono nuove terapie
Associazioni pazienti, Economia sanitaria, Farmaceutica, News Presa, Ricerca innovazioneOggi sono circa 2milioni gli italiani con malattie rare. Sebbene la ricerca faccia passi da gigante, le opzioni di trattamento sono ancora limitate. L’intelligenza artificiale può essere un’opportunità anche nell’ambito di queste patologie. I modelli di AI si sono dimostrati promettenti per la diagnosi e il trattamento delle malattie rare. Tra le criticità da superare vi è mancanza di grandi dataset strutturati e la necessità di modelli di facile interpretazione da parte degli operatori sanitari. Il tema è stato analizzato dall’Italian Health Policy Brief. Nella pubblicazione sono intervenuti Salvatore Crisafulli, Silvia Girotti e Gianluca Trifirò, del Dipartimento di Diagnostica e Sanità Pubblica, Università degli Studi di Verona. Circa l’80% delle malattie rare (MR) è di origine genetica e il 75% di esse interessa soggetti di età pediatrica. Il ruolo e l’importanza dell’analisi di real-world data (RWD), hanno pertanto un alto potenziale scientifico: “l’aumento esponenziale della disponibilità di dati sanitari elettronici rappresenta una notevole opportunità per lo sviluppo e l’applicazione di metodologie di intelligenza artificiale (IA) volte a migliorare la capacità diagnostica, la pratica clinica e la qualità delle cure a favore dei pazienti con malattia rara”.
AI e machine learning nella ricerca sulle malattie rare
Oggi la crescente potenza di calcolo in termini di prestazioni, velocità e archiviazione e i nuovi approcci analitici basati su strumenti bioinformatici e tecniche di IA e di machine learning (ML), aumentano la possibilità di generare evidenze. I modelli di IA possono sempre più facilitare l’analisi integrata di più dati, inclusi appunto i RWD, trovando applicazioni in ambito biomedico: dal supporto alla diagnosi e alla prognosi, così come ai processi di drug discovery e drug repurposing. La maggior parte di questi algoritmi è applicabile a un ampio spettro di malattie rare sia in ambito diagnostico sia di identificazione di nuovi percorso terapeutici.
Intelligenza artificiale nella diagnosi delle malattie rare
In media, sono necessari tra i 4 e i 5 anni affinché una persona con MR riceva una diagnosi corretta. La ricerca sulle MR e sui farmaci orfani può avere una spinta dalle tecnologie di IA che utilizzano i RWD per ottimizzare e accelerare la diagnosi e la gestione delle malattie, così come per aiutare i ricercatori a comprendere meglio i meccanismi alla base di tali malattie e identificare nuovi target farmacologici.
Trattamento e AI
Una strategia nel processo di sviluppo di trattamenti – in termini di tempo e investimento, a fronte di una maggiore probabilità di successo – è il riposizionamento di farmaci (drug repurposing o drug repositioning), che consiste nell’identificazione di nuovi usi terapeutici di farmaci già esistenti, strategia rilevante nel campo delle MR. Il riposizionamento può riguardare medicinali già approvati dalle agenzie regolatorie per una determinata indicazione, ma anche farmaci che hanno raggiunto la fase di sperimentazione clinica, ma che non sono stati approvati per diverse ragioni. Precisano gli autori, che “l’IA, con algoritmi di deep learning (DL) e machine learning (ML), trova diverse applicazioni negli approcci di tipo computazionale attraverso l’analisi di big data, come database di farmaci, profili di espressione genica e dati clinici, così come anche l’analisi della relazione quantitativa struttura-attività (QSAR) di strutture chimiche da database molecolari, creando modelli matematici quantitativi tra la struttura chimica e l’attività biologica”.
Malattie rare. Applicazioni a livello globale
Esistono diverse applicazioni già esistenti di ML, tra cui CURE ID (piattaforma online sviluppata da FDA e dal National Center for Advancing Translational Sciences) con il supporto della Infectious Diseases Society of America (IDSA), dei Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC) e dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), che permette a medici, pazienti e caregiver di segnalare casi in cui un farmaco già in commercio è stato usato con successo per un’indicazione diversa da quella approvata da FDA. Sempre nell’ottica del repurposing di medicinali già in commercio, uno strumento basato sull’IA è mediKanren, sviluppato dal gruppo di lavoro dello Hugh Kaul Precision Medicine Institute (PMI) dell’Università dell’Alabama a Birmingham, che sfrutta la visione meccanicistica di patologie genetiche per identificare possibili trattamenti tra medicinali approvati da FDA. In Italia, all’Università di Siena, è stata testata ApreciseKUre una piattaforma digitale creata per facilitare la raccolta, l’integrazione e l’analisi di dati per i pazienti con alcaptonuria (AKU), malattia genetica ultrarara.
La conclusione dell’Italian Health Policy Brief è che oggi i modelli di IA si sono dimostrati promettenti per la diagnosi e il trattamento delle MR ma per utilizzarli in modo efficace “è necessario che essi siano implementati secondo i giusti principi etici e nel rispetto della privacy dei pazienti. Per favorire l’utilizzo di questi sistemi, è necessario lavorare per superare le criticità legate alla qualità e alla disponibilità dei dati, validare i modelli di IA tramite studi clinici e studi di real-world, garantire modelli affidabili e tradurre i risultati della ricerca in applicazioni pratiche a beneficio dei pazienti e delle loro famiglie”.
Sistema paziente-centrico
La pubblicazione contiene l’intervento conclusivo di Annalisa Scopinaro (presidente UNIAMO), in cui viene auspicato che l’ingresso nel tempo dell’ “intelligenza artificiale utile alle malattie rare accada in modo governato, diffuso e approfondito, sia perché non possiamo ‘vivere da soli’, sia perché proprio i ‘numeri’ delle malattie rare chiedono di essere messi a confronto su territori sovranazionali a cui l’Italia deve contribuire”. In particolare UNIAMO, nella sua presenza e azione continua a sostenere che “tecnologie avanzate ed intelligenza artificiale siano particolarmente utili quando messe a disposizione di sistemi e ambiti nei quali anche la presenza ed il ruolo dei pazienti siano utilmente previsti e incentivati. Perché così lo sviluppo digitale sarà non solo tecnologicamente performante, ma anche socialmente equilibrato, andando a generare servizi sanitari autenticamente paziente-centrici”.
Malattie rare. Villadei porta la magia della scienza in corsia
News PresaIl colonnello Walter Villadei, protagonista della missione spaziale Ax-3 Voluntas, ha mantenuto una promessa speciale fatta ai bambini durante il suo collegamento dalla stazione orbitante. Il progetto “astRNAutso sulla Terra per incontrarli di persona presso l’Ospedale della Santa Sede, portando con sé non solo la sua esperienza nello spazio, ma anche un progetto di ricerca innovativo.
L’incontro
Dopo giorni di attesa, i bambini dell’Ospedale Bambino Gesù hanno finalmente potuto incontrare l’eroe spaziale, il colonnello Walter Villadei, accompagnato dall’Aeronautica Militare. L’incontro è stato carico di emozione, con i bambini che gli hanno rivolto una serie di domande curiose e affascinanti sulla sua esperienza nello spazio.
Tanta curiosità
Tra le domande più comuni, c’era la curiosità su come diventare astronauti e le sfide affrontate nello spazio. Villadei ha affrontato le domande con calma e chiarezza, spiegando che lo spazio non è così spaventoso come si potrebbe pensare, ma è piuttosto un luogo di meraviglia e bellezza. Ha spiegato che anche le azioni quotidiane, come andare in bagno, assumono una dimensione completamente diversa nello spazio, dove ogni risorsa è preziosa e viene riciclata con cura.
Indimenticabile
L’emozione era palpabile nell’aria mentre i bambini ascoltavano affascinati le parole dell’astronauta italiano, condividendo risate e stupore durante l’incontro. Accanto a Villadei, c’erano figure importanti come il Presidente del Bambino Gesù, Tiziano Onesti, e il Colonnello Rosario D’Auria, Vice Capo del Reparto Comunicazione dello Stato Maggiore dell’Aeronautica, dimostrando il sostegno istituzionale a questa straordinaria iniziativa. Dopo l’incontro nella Ludoteca, Villadei ha visitato i pazienti ricoverati nel reparto di Reumatologia, portando un sorriso e una parola di conforto a coloro che affrontano sfide diverse. È stato un momento di grande significato non solo per i bambini, ma anche per gli adulti che hanno potuto condividere l’entusiasmo e l’ispirazione di Villadei.
Il progetto
Oltre al suo impegno nel portare gioia e speranza ai bambini dell’ospedale, il colonnello Villadei è anche coinvolto in un progetto di ricerca rivoluzionario chiamato “astRNAuts”. Questo progetto, realizzato in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), l’Istituto Italiano di Tecnologia (ITT), l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e l’Aeronautica Militare, mira a comprendere gli effetti dell’assenza di gravità sull’organismo umano.
Intelligenza artificiale
Attraverso lo studio di piccole molecole di RNA nei fluidi corporei degli astronauti, il progetto cerca di sviluppare un modello predittivo per monitorare la salute degli astronauti durante le lunghe missioni nello spazio. Utilizzando anche algoritmi di intelligenza artificiale, si spera di ottenere una migliore comprensione dei processi degenerativi implicati nelle patologie croniche, sia pediatriche che dell’adulto.
Educare e ispirare
L’incontro tra il colonnello Villadei e i bambini dell’Ospedale della Santa Sede non è stato solo un momento di svago, ma anche un’opportunità per ispirare e educare attraverso la scienza e l’esperienza personale. Il progetto “astRNAuts” aggiunge un ulteriore strato di significato, offrendo speranza per un futuro in cui la ricerca spaziale possa contribuire alla salute e al benessere dell’umanità sulla Terra.
Giornata Malattie Rare, 30% senza diagnosi, le cure
News Presa, Prevenzione, Ricerca innovazioneIl 29 febbraio è la Giornata mondiale delle malattie rare, un’occasione per sensibilizzare l’opinione pubblica su patologie che colpiscono quasi una persona ogni 2mila in Europa. In Italia, sono circa 3 milioni i malati rari, ma il 25% di loro attende da 5 a 30 anni per una diagnosi, e 1 su 3 deve spostarsi in un’altra Regione per ottenerla.
Malattie rare, il 30 per cento senza diagnosi
Le patologie rare, circa 8mila oggi conosciute, sono spesso croniche e talvolta difficili da diagnosticare. Il 30 per cento delle persone con patologie rare non riceve una diagnosi, vivendo con una malattia senza nome. Una condizione che mette a rischio i diritti dei malati che spesso non ricevono cure adeguate, supporto e affrontano gli ostacoli burocratici e amministrativi.
Piano Nazionale Malattie Rare
Tra i provvedimenti, il Piano Nazionale Malattie Rare, approvato nel 2023, ha visto un finanziamento iniziale di 25 milioni di euro, che si ripeterà anche per il 2024. Un altro punto è l’applicazione completa del Testo Unico Malattie Rare. Mancano ancora tre atti, tra decreti, regolamenti e accordi, riguardanti incentivi fiscali, il Fondo di Solidarietà, e attività di informazione su queste patologie.
Diagnosi precoce
La giornata è un’occasione anche per sottolineare l’importanza della diagnosi precoce. L’innovazione ha portato a metodiche di sequenziamento del DNA di nuova generazione e programmi di screening neonatale per garantire una rapida presa in carico e accesso tempestivo alle terapie. Un altro passo è l’attuazione dei nuovi Livelli Essenziali di Assistenza, approvati nel 2023, che dovrebbero entrare in vigore il 1° aprile 2024.
Cause
Le patologie rare hanno origini diverse, ma il 72% dei casi è di natura genetica. Il 20% coinvolge persone sotto i 14 anni, principalmente con malformazioni congenite. Per gli adulti, le malattie rare più frequenti riguardano il sistema nervoso (29%) e il sangue (18%). Circa il 40% di queste malattie ha una componente neurologica.
La moneta per i 25 anni di Uniamo
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha emesso pochi giorni fa la moneta dedicata all’anniversario dei 25 anni di UNIAMO, la Federazione Italiana Malattie Rare, e alla Giornata delle Malattie Rare, giunta alla diciassettesima edizione. La moneta, realizzata dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato per la Collezione Numismatica della Repubblica Italiana 2024, viene presentata ufficialmente oggi, in occasione della ricorrenza del 29 febbraio.
Sbrollini: aumentare fondi ricerca
“Questa giornata mette in luce le sfide che devono affrontare le persone che ne sono colpite e i loro cari, oltre che l’importanza delle organizzazioni di volontariato che promuovono la ricerca, il supporto e la consapevolezza”. Lo ha dichiarato la Sen. Daniela Sbrollini, Vicepresidente della 10ª Commissione permanente Affari sociali, sanità, lavoro e previdenza sociale del Senato.
Comprendendo la complessità “è possibile sostenere la richiesta di aumento dei fondi per la ricerca, il miglioramento dell’accesso alle cure e il potenziamento dei servizi di sostegno. La Giornata Mondiale delle Malattie Rare – ha concluso – ci ricorda l’importanza della nostra responsabilità di politici e decisori affinché tutto questo accada”.
Durante il sonno il cervello fa “pulizia”
News Presa, Ricerca innovazioneSi dice che una decisione importante vada presa dopo una buona notte di sonno, chissà che la saggezza popolare non abbia istintivamente anticipato una scoperta (arrivata solo ora) sui meccanismi di “pulizia” messi in atto dai nostri neuroni. A quanto pare, infatti, durante il sonno notturno il nostro cervello si “ripulisce” con una frenetica attività che di certo stride con la quiete circostante.
Pulizia cerebrale
Uno studio condotto dalla Washington University School of Medicine di St. Louis, pubblicato su Nature, ha rivelato che durante il sonno avviene un processo cruciale di pulizia cerebrale. Questo processo è guidato da onde cerebrali lente, le quali coordinano le singole cellule nervose per produrre ritmiche pulizie interne. Queste onde spingono il fluido cerebrospinale attraverso il tessuto cerebrale, eliminando le scorie accumulatesi durante il giorno.
Potenzialità di cura
Secondo Li-Feng Jiang-Xie, primo autore dello studio, i neuroni agiscono come piccole pompe in miniatura, sincronizzando l’attività neurale per favorire il flusso dei fluidi e la rimozione dei detriti cerebrali. Questa scoperta potrebbe avere implicazioni cruciali nella prevenzione e nel trattamento di malattie neurodegenerative come l’Alzheimer e il morbo di Parkinson, dove l’accumulo di scorie nel cervello può portare a gravi conseguenze.
Vero riposo
Jonathan Kipnis, professore di patologia e immunologia, sottolinea l’importanza di questo processo di pulizia del cervello, necessario per rimuovere i rifiuti metabolici che possono contribuire alle malattie neurodegenerative. I ricercatori hanno dimostrato che il sonno è il momento chiave in cui questo processo di pulizia viene attivato, ma non è ancora chiaro come avvenga esattamente.
Il ruolo dei neuroni
Studiando il cervello di topi addormentati, i ricercatori hanno scoperto che sono i neuroni stessi a guidare questo processo, inviando segnali elettrici coordinati per generare le onde ritmiche cerebrali. Senza queste onde, il liquido cerebrospinale fresco non potrebbe fluire efficacemente attraverso le regioni cerebrali e i rifiuti intrappolati non potrebbero essere eliminati. Il cervello adatta il suo metodo di pulizia in base ai tipi e alle quantità di rifiuti presenti, analogamente al lavaggio dei piatti: inizialmente con movimenti ampi e lenti per pulire i rifiuti solubili, successivamente con movimenti più rapidi per rimuovere i residui più ostinati.
Domande alle quali rispondere
Questi risultati sollevano interessanti domande sul sonno e sulla sua relazione con la salute. Potrebbe essere possibile migliorare il processo di pulizia cerebrale per ridurre la necessità di dormire così tanto? Potremmo aiutare le persone con insonnia migliorando le capacità di pulizia del loro cervello? Domande alle quali gli scienziati cercheranno di dare una risposta nei prossimi anni, aprendo la strada a nuove cure e trattamenti di prevenzione oggi impensabili.
Giornata delle malattie rare. Cattani: quasi 180 farmaci approvati tra il 2002 e il 2023
Farmaceutica, News Presa, Ricerca innovazioneIn Italia le persone con malattia rara sono oltre 2 milioni: 1 su 5 è un bambino. Domani, 29 febbraio, si celebra la Giornata mondiale delle malattie rare. Si tratta di un’occasione per fare il punto sulla ricerca, sulle politiche e per sensibilizzare su queste patologie che in tutto il mondo colpiscono 300 milioni di persone.
Cattani: quasi 180 farmaci approvati
“Sono quasi 180 i farmaci approvati per le malattie rare dall’Agenzia Europea dei medicinali (EMA) tra il 2002 e il 2023, grazie anche al Regolamento Europeo sui farmaci orfani e alla tutela della proprietà intellettuale finora garantita. Con un impatto positivo sulla salute e sulla vita di 6,3 milioni di persone con malattie rare in Europa. E sono oltre 1.800 quelli in sviluppo nel mondo – il 30% del totale – in particolare per tumori rari, patologie rare neurologiche e gastrointestinali. Medicinali che aprono nuovi orizzonti di cura per i 350 milioni di pazienti livello globale. Risultati importanti, frutto di una ricerca farmaceutica sempre più tecnologica e innovativa. Ma che sono un punto di partenza: solo il 5% delle malattie rare ha infatti un trattamento approvato, perché la loro rarità rende complessa la R&S di nuove terapie”, commenta Marcello Cattani, Presidente di Farmindustria, in occasione della Giornata delle Malattie Rare di domani.
Malattie rare, le politiche
“Ancora tanto si può fare per la Ricerca – continua Cattani – se la politica della Commissione Europea saprà attrarre gli investimenti e le competenze delle aziende farmaceutiche attraverso un quadro regolatorio moderno e competitivo che valorizzi la proprietà intellettuale anziché indebolirla. Sapendo attrarre anche nuovi capitali finanziari e investimenti industriali. Così come passi in avanti sono possibili per gli screening, la prevenzione, la diagnosi precoce, la cura e l’assistenza continua. Obiettivi che sono bene individuati nel Piano Nazionale Malattie rare 2023-2026. La vera sfida ora è la sua rapida attuazione per garantire un accesso alle terapie disponibili veloce e omogeneo sul territorio. Le imprese farmaceutiche continueranno a fare la loro parte, investendo in Ricerca e produzione, per dare risposte sempre più efficaci e nuove speranze di cura ai cittadini, di cui la maggior parte bambini, affetti da una patologia rara”.
Sanità, 5 pilastri per le cure universali del prossimo triennio
News PresaSono cinque i pilastri della sanità individuati per portare le cure universali nel futuro. Sono racchiusi nel libro bianco “2024-2027 – il triennio che può cambiare la sanità”, presentato ieri alla Sala Stampa della Camera dei Deputati.
“Il libro bianco – spiega Enzo Chilelli co-autore e coordinatore scientifico della rete ‘Fare Sanità’ – rappresenta il contributo degli stakeholders a supporto delle Istituzioni e racchiude i loro auspici per la XIX legislatura. Il triennio che abbiamo di fronte può essere, infatti, uno spartiacque per il mondo della sanità in Italia: il giro di boa in cui il nostro Servizio Sanitario Nazionale riesce a cambiare per rimanere se stesso, risolvendo i nodi critici sui quali risorse, energie e innovazioni continuano a essere sprecate”.
“Sono 5 i pilastri che questo libro bianco identifica nella sanità italiana prossima a venire, dal tema della governance al tema delle professioni mediche, fino alle sfide che ci aspettano nel futuro, cioè tutta la tecnologia, l’innovazione, il fatto tecnologico che stiamo vivendo e che andremo a vivere – sottolinea in apertura dei lavori l’On.le Marta Schifone, FdI Capogruppo Comm. Lavoro, componente della Comm. Affari Sociali della Camera -. Ci sono dunque una serie di prospettive, di sfide e anche di opportunità che bisogna saper cogliere. Il senso di questo libro e della sua tesi di mettere insieme tutti gli stakeholders principali della sanità italiana è anche quello di raccontare che la sanità non si salva per compartimenti stagni, ma solo se si riesce a fare rete, se si riesce a fare sistema, se si riesce a mettere insieme davvero tutti gli anelli della filiera in modo da farli lavorare in sinergia. E, soprattutto, che si possa andare ad implementare nella razionalizzazione e nell’omogeneizzazione un sistema, un servizio sanitario nazionale che rimane il più virtuoso e il più bello del mondo, cioè il modello universalistico della sanità italiana. Alla base di tutto c’è il tema della programmazione. La programmazione è la parola chiave nella sanità italiana e devo dire con mio dispiacere, con nostro dispiacere, che purtroppo abbiamo ereditato una situazione che è sotto gli occhi di tutti, perché 10 anni fa non si è fatta la giusta e la corretta programmazione, perché c’è stato il blocco del turnover, perché ci sono stati i tagli nei posti letto, perché ci sono stati i reparti, gli ospedali chiusi e così via dicendo. Naturalmente ci sono una serie di interventi legislativi che in questi mesi di governo abbiamo fatto e che hanno consentito di migliorare tutta una serie di criticità che abbiamo ritrovato. La sanità non si può cambiare in un giorno, non si possono fare riforme in un solo giorno, ma noi siamo convinti, visti i risultati, di essere sulla buona strada”.
“Il messaggio fondamentale che portiamo – prosegue Chilelli – è che la sanità sta divenendo troppo complessa per essere gestita separatamente dai singoli attori e attrici che si posizionano ai diversi livelli della filiera. Governance pubblica, società scientifiche, professionisti sanitari, aziende tecnologiche e terzo settore possono governarla solo se mettono assieme le competenze fin dalla nascita dei nuovi processi. Questo concetto è stato non a caso tra i principali focus di riflessione della scorsa edizione di Welfair, la fiera del fare Sanità”.
“Il libro bianco presentato alla Camera dei Deputati vuol essere un contributo di proposta, non l’ennesimo cahier de doléance delle cose che non vanno ma delle cose che eventualmente si possono ancora fare. Perciò, abbiamo individuato 5 pilastri sui quali puntare per liberare il SSN dalla paralisi nella quale risorse, persone e servizi stanno diminuendo progressivamente – ribadisce Marinella D’Innocenzo, co-autrice del libro bianco e presidente “L’Altra Sanità” –. Sia la visione politica, che individui nella sanità un grande motore di sviluppo economico, che la cultura sanitaria della gestione del rischio sono ingredienti essenziali della sostenibilità finanziaria. La governance, per integrare in maniera coerente e armonica tutti i livelli delle sanità regionali che si stanno frammentando ed allontanando, è la conditio sine qua non per preservare un Servizio Sanitario Nazionale. Le persone, che oramai lasciano il SSN e i cui saperi insostituibili una volta perduti, sono un altro pilastro fondamentale a fianco dei pazienti, ai quali va restituita fiducia, informazione e voce in capitolo nei percorsi di cura. La misurazione delle prestazioni e l’uso analitico dei dati per basare le scelte sono elementi imprescindibili per ridurre gli sprechi e individuare le strategie che hanno un impatto positivo per lo sviluppo e l’innovazione del sistema. Solo per ultime vengono le tecnologie, la cui integrazione efficace e diffusa dipende in buona parte dal raggiungimento dei traguardi precedenti”.
“A me l’onore di commentare tre direttrici di proposte – ha spiegato nel suo intervento il professor Giovanni Gorgoni, già Direttore Generale AReSS Puglia – Una, il bilanciamento fra i diversi livelli della governance e del Government sanitario fra Stato, Regioni e Comuni ed io aggiungerei anche l’Unione Europea, che sulla sanità sta facendo molto. Un’altra è quella dell’assistenza sanitaria informale, o assistenza sanitaria di ecosistema cioè fuori dalle pareti dell’ambulatorio tradizionale. Infine, il tema del rapporto fra pubblico e privato. Sul rapporto fra Stato, Regioni e Comuni in sanità, si tratta di stabilire un bilanciamento di compiti e di ruoli fra macro, meso e microlivello. Sicuramente, al macro livello dell’Unione Europea e dello Stato si deve conservare la progettazione, il monitoraggio e la qualificazione delle reti patologiche. Perché le reti di patologia e dei percorsi assistenziali sono le due uniche entità trasversali a qualunque assetto organizzativo e giuridico che una Regione liberamente decide di darsi e lo fa ormai da anni. I 21 servizi sanitari regionali sono irreversibili. Inutile pensare che sia un male o quant’altro: è un dato di fatto e in tema di autonomia differenziata, sarà così. Anche il governo dei dati sanitari è una questione che deve rimanere a livello macro, a livello statale, così come i temi di alcune missioni speciali, in chiave europea, come il cancro, la salute mentale, la preparazione pandemica, la strategia farmaceutica, in particolare i farmaci innovativi e poi ancora i dati sanitari. Sul tema dell’assistenza informale e dell’assistenza di ecosistema, si tratta di essere semplicemente realistici perché il paziente, il cittadino, già fa l’integratore della sua esperienza assistenziale, unendo i puntini fra operatori sanitari tradizionali, operatori del benessere in senso lato, come la farmacia e l’associazione di volontariato, la parrocchia, la comunità fra pari, i centri anziani e via di seguito. Bisogna subentrare nei fatti in questo ruolo di integrazione al cittadino, cooptando, per esempio, quel quasi un milione di badanti che non si occupano solo del “nonnino” ma nei fatti fanno sanità, magari in maniera impreparata ma proprio per questo vanno formati. E’ evidentemente un costo da sostenere, ma costerà infinitamente di meno rispetto a quello che costa un cardiopatico anziano gestito male a domicilio per la patologia. L’ultimo tema è quello del rapporto fra sanità pubblica e privata dove si continua a parlare di concorrenza e competizione. In realtà bisogna passare dall’attuale approccio di accreditamento di competizione sui volumi – chi fa più DRG, chi fa più ricoveri fra pubblico e privato – alla partnership strategica sul risultato. D’altra parte, il piano nazionale esiti di AGENAS ormai da 10 anni dimostra che ci sono alcuni privati ed alcuni insospettabili pubblici che riescono a fare qualità, e in sanità fare qualità significa tassi di mortalità più bassi, tassi di recidiva più bassi e via di seguito. Quindi, sarebbe necessario rivedere il sistema di accreditamento e prevedere sistemi di tariffazione e di finanziamento che premino il risultato, oltre che semplicemente la prestazione comunque erogata. E poi c’è il tema del partenariato pubblico privato, con i contratti di concessione che tarda a decollare in Italia. In Europa lo si utilizza sui servizi ad altissima specializzazione di saperi e di tecnologia e di alta integrazione, in Italia abbiamo ancora resistenze, prevalentemente culturali, sia lato pubblico sia lato privato, in termini di proposte”.
A sua volta, il direttore generale di ASL Roma2, Giorgio Casati ha puntualizzato che “con il processo di regionalizzazione, si è voluto demandare alle Regioni l’organizzazione dei servizi sanitari e la garanzia di riequilibrio economico finanziario. Le Regioni possono quindi garantire livelli di servizio in base alle risorse che hanno a disposizione, o meglio, in base a come li utilizzano. Ci sono Regioni che riescono a fare di più e meglio, e Regioni che riescono a fare un pò meno e peggio. Cosa fare per ridurre il divario? Innanzitutto, è importante avere un parametro di riferimento rispetto al quale tutte le Regioni devono tendere e che non può essere rappresentato solo dalle prestazioni – i cosiddetti LEA o futuri LEPS, i DRG, oppure le prestazioni ambulatoriali specialistiche con tanto di tariffario e nomenclatore. In realtà, il servizio sanitario nazionale non produce prestazioni: il risultato finale di un servizio sanitario è quello di modificare in meglio lo stato di salute dei cittadini. Piuttosto che le prestazioni, il numero di prestazioni, sarebbe meglio definire un sistema di indicatori che misurino la capacità di migliorare la qualità della salute dei cittadini. Questo deve diventare il parametro di riferimento per far sì che ogni Regione si attesti su un livello di servizio sanitario migliore rispetto a quello attuale. Perché finché si rimane sulla prestazione come parametro di riferimento, si rischia che in sanità costi meno acquistare prestazioni che produrne. Lo stesso piano esiti di AGENAS, in questa chiave, risulta parziale. Faccio un esempio: se io vado a vedere un paziente che ha la frattura del femore, se è stata operata entro le 24 ore o le 48 ore così come chiede il piano nazionale esiti, e però, vivaddio, non faccio la riabilitazione, rischio di creare un disabile o una persona non autosufficiente. Allora il problema non è solo di vedere se quella prestazione è stata eseguita a regola d’arte oppure nei tempi, ma in realtà manca il collegamento con tutto il resto della filiera. Facendo così, io non ho modificato lo stato di salute della popolazione, ho semplicemente erogato una prestazione nei tempi previsti dal servizio sanitario nazionale. E questo non è sufficiente, francamente. Quindi per ridurre il divario tra le Regioni non è una questione di finanziamento dei servizi ma di organizzazione, di tempi di accesso e rispetto del percorso di cura concordato col medico di famiglia, di strumenti, di leve che noi usiamo. Una migliore organizzazione, al centro dei servizi sanitari, potrebbe andare a vantaggio anche di ridurre le liste d’attesa perché la strategia non può essere quella di mettere tutto a Cup, quando è proprio il Cup che crea le liste d’attesa, non quello che le risolve. In sintesi, è urgente mettere in campo in sanità, un pensiero nuovo e diverso, perché finché io percorro strade vecchie già percorse e rivelatesi inefficaci, non potrò fare altro che andare incontro ad una sconfitta. Soprattutto, per la salute dei cittadini”.
“Siamo felici che il libro bianco – commenta l’Amministratore unico di Fiera Roma Fabio Casasoli, Amministratore Unico Fiera Roma – abbia preso forma sulla scia dei contenuti e spunti emersi nel corso di Welfair, la fiera del fare sanità, a ottobre 2023, appuntamento che vedrà la sua prossima edizione dal 5 al 7 novembre di quest’anno. Siamo molto convinti dell’utilità di una manifestazione fieristica che aiuti i protagonisti della filiera sanitaria e del Sistema Salute italiano a fare rete”.
“Il nostro messaggio fondamentale – conclude Chilelli – è il cambiamento: la sanità può adattarsi al presente per portare le cure universali nel futuro ma ha bisogno di introdurre innovazione nella sua gestione organizzativa, soprattutto per recuperare il tempo di cura degli operatori sanitari, oggi imbrigliati in una burocrazia tentacolare e, non di rado, ancora cartacea. È fondamentale che tutti e tutte i decisori ad ogni livello dell’ecosistema sanitario contribuiscano con le loro competenze alla sostenibilità del SSN. È ora di pensare ad una 4ª riforma del SSN: la sanità del futuro sarà e dovrà essere un progetto di intelligenza collettiva”.
Speranza per i pazienti con sindrome di Wiskott Aldrich
News Presa, Ricerca innovazioneLa sindrome di Wiskott Aldrich è una malattia genetica rara che compromette il funzionamento del sistema immunitario, causando gravi problemi di salute come infezioni, sanguinamenti, eczema, malattie autoimmuni e linfomi. Si tratta di una patologia che colpisce quasi solo i maschi e che si manifesta già nei primi anni di vita. Attualmente, l’unica cura disponibile è il trapianto di cellule staminali ematopoietiche da un donatore compatibile, ma questo trattamento presenta dei rischi e non è sempre possibile trovare un donatore idoneo.
Correzione del gene
Per questo motivo, la terapia genica rappresenta una grande speranza per i pazienti con questa sindrome. La terapia genica consiste nell’introdurre nel midollo osseo del paziente un vettore virale che contiene una copia corretta del gene difettoso, in modo da ripristinare la produzione di cellule immunitarie funzionanti. Questa terapia è stata sviluppata nei laboratori dell’Istituto San Raffaele-Telethon di Milano, grazie al sostegno della Fondazione Telethon, che da oltre 30 anni finanzia la ricerca sulle malattie genetiche rare.
Licenza
La terapia genica per la sindrome di Wiskott-Aldrich ha dimostrato la sua efficacia e sicurezza in uno studio clinico condotto su 20 pazienti, che hanno mostrato un miglioramento significativo della loro qualità di vita e una riduzione delle complicanze. Tuttavia, questa terapia rischiava di non essere più accessibile ai pazienti, a causa del disinvestimento dell’azienda farmaceutica che l’aveva in licenza. Per evitare questo scenario, la Fondazione Telethon ha recuperato la licenza e si è assunta la responsabilità di portare questa terapia sul mercato, con l’obiettivo di renderla disponibile a tutti i pazienti che ne hanno bisogno.
Autorizzazione
Per farlo, la Fondazione Telethon ha avviato un processo di autorizzazione all’immissione in commercio presso l’Ema, l’Agenzia europea del Farmaco, che ha selezionato questa terapia per il suo progetto pilota di accelerazione, che supporta realtà accademiche e organizzazioni non profit nello sviluppo di terapie avanzate. La Fondazione Telethon sarà affiancata da esperti regolatori e da verifiche pre-autorizzazione, in modo da garantire il rispetto degli standard di qualità e sicurezza richiesti.
Lotta alle malattie genetiche rare
Questo è il secondo caso in cui la Fondazione Telethon si impegna a rendere disponibile una terapia genica per una malattia genetica rara del sistema immunitario, dopo quella per l’ADA-SCID, una forma di immunodeficienza combinata grave. In entrambi i casi, la Fondazione Telethon ha deciso di intervenire per evitare che queste terapie, frutto di anni di ricerca e di investimenti, rimanessero indisponibili ai pazienti. Si tratta di una scelta coraggiosa e innovativa, che dimostra il ruolo fondamentale della Fondazione Telethon nella lotta alle malattie genetiche rare e nella promozione di una medicina personalizzata e di precisione.
Giornata mondiale
L’annuncio dell’impegno della Fondazione Telethon per la terapia genica per la sindrome di Wiskott-Aldrich arriva alla vigilia della giornata mondiale delle malattie rare, che si celebra domani (29 febbraio). Si tratta di una giornata dedicata alla sensibilizzazione e alla solidarietà verso le persone che soffrono di queste patologie, che sono spesso trascurate e dimenticate dal sistema sanitario e dalla società. La Fondazione Telethon, con il suo lavoro di ricerca e di sostegno ai pazienti, vuole dare voce e speranza a queste persone, che meritano di avere una vita migliore.