Tempo di lettura: 5 minutiIl progetto EUPATI e l’Accademia dei Pazienti
La nuova visione paziente-centrica in Europa e in Italia
di Francesca Ceradini Responsabile Comunicazione EUPATI Italia
Negli ultimi anni si sente sempre più spesso parlare di “centralità del paziente” nella medicina e di pazienti attivi e autonomi per le decisioni sulla propria salute. Un cambiamento che inevitabilmente sta cominciano a ripercuotersi, seppur con dinamiche e tempistiche diverse, anche nel campo della ricerca clinica e dello sviluppo di nuove terapie. Il paziente non può più essere considerato come una semplice fonte di dati e informazioni per la scienza e la medicina, ma deve essere considerato come “proprietario” di tali dati e deve diventare parte integrante del processo decisionale su come le informazioni di base siano utilizzate e trasferite nell’ambito della ricerca scientifica e clinica. Una filosofia che viene esplicitata molto bene con il motto “nulla su di noi senza di noi”. Un concetto che ci fa fare un salto nel passato, alle rivoluzionarie e decisive battaglie dei malati di Aids degli anni ‘80 per l’approvazione di nuove terapie sperimentali, e che oggi si sta affermando sempre più fortemente e, soprattutto, in maniera condivisa dalla comunità scientifica, dalle aziende farmaceutiche e dagli organi regolatori.
Il progetto EUPATI
È in quest’atmosfera di cambiamento e di nuova consapevolezza che è nato, nel 2012 grazie a una iniziativa di IMI (Innovative Medicines Initiative), il progetto europeo European Patients’ Academy on Therapeutic Innovation (EUPATI) che si fa portavoce di questa nuova visione paziento-centrica e ha come obiettivo il coinvolgimento attivo dei pazienti nel processo di Ricerca e Sviluppo (R&D) dei farmaci. Il progetto coinvolge un consorzio di 33 organizzazioni, tra cui associazioni di pazienti, organizzazioni non profit, università e aziende farmaceutiche, ed è guidato dai pazienti stessi (dal Forum Europeo dei Pazienti EPF). Nella pratica ha ideato un percorso formativo, per i pazienti e i loro familiari, focalizzato sull’acquisizione di conoscenze e competenze in ambito scientifico e regolatorio per la R&D dei farmaci. Questo tipo di formazione permetterà ai pazienti di avere gli strumenti attraverso i quali dare voce, con autorevolezza, alle proprie istanze sulle linee di ricerca per lo sviluppo di terapie innovative, e di dare il proprio contributo, interagendo in maniera appropriata con le istituzioni, per la tutela dell’accesso alle cure.
La formazione EUPATI
Il percorso formativo è stato progettato su 3 diversi livelli. Un primo livello – denominato “esperto” – è il più complesso ed è stato ideato per soli 100 pazienti e/o familiari in tutta Europa, i quali una volta formati saranno i “pazienti esperti certificati”. Un secondo livello – “educazione” – è rivolto a un numero più ampio, che si aggira sui 12.000 tra pazienti e rappresentanti dei pazienti che vogliano avere una buona formazione sul tema R&D dei farmaci e che possano fare da portavoce. Infine, un terzo livello – “informazione” – pensato per il grande pubblico che va dai pazienti ai cittadini con una bassa preparazione in materia di salute.
Il livello “esperto” si basa su un corso formativo molto impegnativo, con una struttura a moduli di tipo accademica, della durata di 14 mesi. Il corso, tutto rigorosamente in inglese, è principalmente svolto mediante una piattaforma didattica online (costituita da testi, video, articoli scientifici e documenti ufficiali), che si segue dal proprio computer. Alla didattica online si aggiungono due incontri, di 5 giorni ciascuno, che riuniscono tutti i partecipanti per lezioni didattiche di tipo classico ed esercitazioni pratiche. Gli argomenti affrontati sono vastissimi e coprono tutto il ciclo di vita dei farmaci: dalla fase di scoperta delle molecole, agli studi pre-clinici e clinici, fino alle questioni regolatorie di immissione in commercio e di farmacovigilanza. I “pazienti esperti” uscenti dal corso avranno una preparazione di altissimo livello con un attestato che ufficializza la capacità di diventare validi collaboratori e consulenti nei percorsi delle sperimentazioni cliniche, sviluppo e monitoraggio dei farmaci, nei comitati etici e nelle autorità regolatorie.
Per la sua complessità, il corso è stato suddiviso in due “round” ognuno rivolto a circa 50 pazienti. Il primo corso è iniziato a ottobre 2014 e si è concluso a novembre 2015, vi hanno partecipato 53 pazienti da 24 diversi Paesi, di cui 3 dall’Italia. Tra i primi “pazienti esperti” certificati dall’Europa compare anche Stefano Mazzariol, Vice Presidente Parent Project Onlus (leggete l’intervista a Mazzariol che racconta la sua esperienza e le sue aspettative). Il secondo round per la formazione dei “pazienti esperti” è ancora in corso e si concluderà a fine 2016.
Il secondo livello di formazione si basa sull’utilizzo del “Toolbox” – “cassetta degli attrezzi” – uno strumento online, lanciato a gennaio 2016 da EUPATI, ideato per fornire ai pazienti e/o familiari e cittadini coinvolti tutte le informazioni e conoscenze nell’ambito della R&D dei farmaci. Potrebbe essere definito come un “Bignami” per i pazienti. Il Toolbox, è disponibile in sette lingue (Inglese, Francese, Tedesco, Spagnolo, Italiano, Polacco e Russo), è suddiviso in 12 temi, riconducibili a quelli trattati nel corso “esperti”, e illustra 110 argomenti con oltre 3.000 materiali informativi che spiegano dalla A alla Z la R&D dei farmaci. I contenuti sono di alto livello didattico e includono schede informative, grafici e illustrazioni, presentazioni in powerpoint, video, webinar e un glossario. Tutto il materiale è scaricabile, condivisibile e pronto per la stampa. Uno dei punti di forza del Toolbox è di essere uno strumento valido ed esaustivo, con un linguaggio semplice e chiaro, facile da utilizzare e accessibile a tutti, senza alcuna password, al link www.eupati.eu/it/.
Il terzo e ultimo livello, rivolto al grande pubblico, sarà una sorta di Wikipedia EUPATI focalizzata sulla ricerca clinica e sullo sviluppo di farmaci e terapie. Anche in questo caso i contenuti saranno presentati sotto forma di schede, articoli, powerpoint, infografiche e video. Si prevede che questa biblioteca online verrà utilizzata da circa 100.000 individui.
Il progetto EUPATI in Italia
Nel 2013 si è costituita la task force italiana del progetto EUPATI (National Liaison Team italiano IT-NLT) e, a seguire, nel 2014, è stata fondata l’Accademia dei Pazienti che si pone l’obiettivo di diffondere il progetto EUPATI a livello nazionale, e di ampliare il network e le attività formative. E’ stato anche costituito un Board Scientifico dell’Accademia, un organo consultivo che ha il compito di individuare e vagliare le iniziative a livello nazionale da portare avanti a supporto del progetto formativo di EUPATI. In perfetta sintonia con la filosofia di EUPATI, che vede il coinvolgimento di una pluralità di stakeholder, fanno parte del Board Scientifico: AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), Ministero della Salute, ISS-CNMR (Centro Nazionale delle Malattie Rare dell’ Istituto Superiore di Sanità), Farmindustria, Ispor (International Society For Pharmacoeconomics and Outcomes Research), Clinical Trial Center Università Cattolica Sacro Cuore, Irccs Mario Negri, Federfarma, Assogenerici, AICRO (Associazione Italiana Contract Research Organization), FederAnziani, APMAR (Associazione Persone con Malattie Reumatiche) Federsanità Anci ed EpaC Onlus (Associazione Epatite C). Infine, ad aprile 2015 è stata lanciata la Piattaforma Italiana EUPATI, che ha riunito diversi gruppi di stakeholder nazionali tra pazienti, accademie, ricercatori, rappresentanti delle industrie, professionisti della salute, istituzioni governative, enti regolatori e media.
Sono altri 11 i Paesi europei che hanno costituito una piattaforma nazionale: Gran Bretagna, Irlanda, Germania, Austria, Belgio, Polonia, Francia, Spagna, Svizzera, Lussemburgo e Malta. In questo panorama europeo l’Italia si è contraddistinta per il suo impegno e ha raggiunto molto velocemente un posto di primo piano per poter discutere con successo del coinvolgimento dei pazienti nell’ambito della ricerca e sviluppo dei farmaci con tutti gli stakeholder. Il National Liaison Team Italiano, attraverso la fondazione dell’Accademia dei Pazienti, ha saputo diffondere la visone di EUPATI a livello nazionale e ha sviluppato un modello di azione che è stato utile a tutti gli altri paesi europei.
Il futuro della visione EUPATI con l’Accademia dei Pazienti
EUPATI è un progetto europeo quinquennale, iniziato nel 2012 si avvia adesso verso la sua scadenza. L’Accademia dei Pazienti, fondata nel 2014 sotto la bandiera EUPATI, ha posto in questi due anni le basi per acquisire una sua autonomia ed è ora pronta per continuare il suo lavoro nella diffusione della cultura della centralità del paziente sulle tematiche della salute. L’Accademia è nata proprio per capitalizzare l’enorme patrimonio di conoscenza europea raccolto da EUPATI e metterlo a disposizione in lingua italiana per i cittadini italiani. Rispetto a EUPATI, l’Accademia dei Pazienti si apre a un pubblico più ampio, e non si limiterà solo alla formazione sul tema dello sviluppo di nuove terapie ma punterà a molte altre importanti tematiche sempre in ambito medico e scientifico. Grazie al “Memorandum of Understanding”, un protocollo di intesa siglato nel 2014 con l’Agenzia Italiana del Farmaco AIFA sulla formazione certificata in Italia, il primo obiettivo è adesso di replicare il corso di primo livello per “pazienti esperti” in lingua italiana. Il corso ideato e condotto da EUPATI ha un unico neo: la lingua. Strutturato completamente in inglese non ha permesso a molti pazienti italiani di candidarsi e partecipare. L’Accademia dei Pazienti ora vuole rendere il “corso esperti” accessibile a tutti.
L’Acne non va in vacanza, il sole può essere un problema
Medicina esteticaDa sempre l’adolescenza è una delle fasi più complesse della vita, i cambiamenti a livello fisico sono moltissimi e l’aspetto è fondamentale per semplificare le relazioni sociali. Chiunque abbia dei figli adolescenti o semplicemente ricordi quegli anni sa bene quanto possa essere drammatico combattere contro l’acne. Tra rimedi fai da te e luoghi comuni, questo è un tema spesso controverso. Alcuni credono addirittura che un po’ di sole possa risolvere tutto. Ma se è vero che inizialmente l’acne con il sole sembra migliorare, senza importanti accorgimenti il quadro sintomatologico può peggiorare improvvisamente.
Gabriella Fabbrocini
Per questo, in piena aria di vacanze abbiamo chiesto aiuto ad una delle massime esperte in materia, la professoressa Gabriella Fabbrocini, responsabile della unità di dermatologia per l’acne, l’idrosadenite, la rosacea e le dermatosi correlate del Policlinico federiciano. «Il sole – spiega – può fare bene, ma è importante che i ragazzi sappiano bene come esporsi ai raggi solari, come proteggersi e quale terapia utilizzare durante l’estate». Il rischio è quello di perdere i benefici faticosamente ottenuti durante l’inverno. Invece, nella quantità giusta, il sole può essere un buon alleato per la pelle. Se si esagera l’estate può diventare un incubo. Proprio per cercare di aiutare i propri pazienti a non gettare alle ortiche i risultati ottenuti, l’ambulatorio della Federico II chiama a rapporto i pazienti per una visita pre-estiva.
La giusta protezione
Tra i consigli dispensati uno dei più importanti riguarda la scelta della crema protettiva più adatta alla pelle con acne, di solito oil-free o emulsione acqua olio. E’ cruciale che si scelga un prodotto non occlusivo che blocchi il passaggio dei raggi “cattivi”, che possono stimolare l’eritema e l’acne, e lasci passare quelli che si potrebbero definire “gli ultravioletti buoni”, che sono poi raggi solari con un effetto antinfiammatorio.
Dagli esperti della Federico II arriva anche il consiglio di prestare grande attenzione all’alimentazione, che in vacanza può essere meno regolare e ricca di zuccheri. In fine attenzione a scegliere il detergente giusto, meglio se micellare per ripristinare il film idrolipidico che viene alterato dallo stress ossidativo della fotoesposizione. Consigli contenuti anche nel vademecum realizzato dagli specialisti della Federico II.
Il decalogo
1) Se stai seguendo una terapia per l’acne con l’arrivo dell’estate non sospenderla bruscamente, consulta il tuo dermatologo per scegliere la terapia giusta.
2) Attenzione alle creme e terapie sistemiche foto sensibilizzanti (retinoidi, isotretinoina, tetracicline), da sospendere con l’inizio dell’estate.
3) Attenzione al sole. Comunemente si crede che il sole ”asciughi” i brufoli e faccia guarire l’acne. In realtà il miglioramento è solo apparente. Evita di esporti nelle ore più calde e soprattutto le lampade solari.
4) Utilizza sempre la protezione: l’abbronzatura maschera i segni dell’acne, ma le scottature possono determinare la comparsa di macchie scure e fastidiosi inestetismi.
5) Attenzione alla giusta protezione. Utilizza prodotti non comedogenici e quindi specifici per la cute acneica.
6) Al mattino applica prima la crema che utilizzi per il trattamento dell’acne e successivamente la crema solare.
7) No ai trattamenti chemio esfolianti come peeling. Possono infatti con l’esposizione solare insorgere antiestetiche macchie marroni, difficili da trattare.
8) La pelle abbronzata nasconde le lesioni acneiche ma è importante continuare con terapie per mantenere i risultati delle terapie effettuate.
9) Non dimenticare di detergere la pelle dalle impurità al mattino e fine giornata con i prodotti giusti.
10) Non aspettare l’autunno ed i danni dell’esposizione solare selvaggia. Consulta il tuo dermatologo e scegli il giusto trattamento.
Pesticidi: sostanze che alterano ormoni
Alimentazione, News Presa, PrevenzioneArriva il verdetto finale: alcune sostanze presenti nei pesticidi alterano il sistema ormonale. La Commissione Ue ha fissato i criteri per identificare quei perturbatori endocrini nei pesticidi e biocidi, naturali e chimiche, che possono, appunto, alterare il funzionamento del sistema ormonale, provocando seri danni alla salute di uomini e animali.
La decisione è arrivata dopo mesi di polemiche e un pressing sempre più elevato anche da parte del Parlamento europeo.
Ora si andrà avanti seguendo un approccio “fortemente scientifico”. Bruxelles ha presentato due atti legislativi, che dovranno essere approvati da Consiglio e Parlamento e che elencano “i criteri scientifici consentiranno una più accurata identificazione delle sostanze chimiche che sono perturbatori endocrini, nei pesticidi e nei biocidi”, si legge nella nota. La Commissione ha anche fissato una serie di iniziative per minimizzare l’esposizione ai perturbatori: nel breve termine punteranno su ricerca e cooperazione internazionale, nel medio termine sulla metodologia per i test, e nel lungo termine sulla regolamentazione.
A marzo dello scorso anno l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (Iarc), organo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, aveva classificato il glifosato come “probabilmente cancerogeno” per gli esseri umani. La valutazione Iarc si basa esclusivamente su dati scientifici pubblicamente accessibili. L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) aveva poi contraddetto lo Iarc nel novembre del 2015, definendo il glifosato “probabilmente non cancerogeno”. Oggi la parola è passata a Bruxelles.
Anziani e caldo, ecco come evitare rischi inutili
Alimentazione, PrevenzioneNella Chiunque viva in una grande città è abituato al caldo e all’afa dell’estate. Le regole sono sempre le stesse: bere molto, evitare di uscire nelle ore più calde e cercare di mangiare leggero. Il buon senso, insomma, la fa da padrone. Tuttavia, con l’aumento delle temperature i rischi maggiori li corrono le persone anziane; per loro può non bastare un bicchier d’acqua e un po’ di fresco, per questo abbiamo chiesto consiglio al dottor Gabriele Peperoni, specialista ambulatoriale di geriatria. «Per gli anziani – spiega – le città sono off limits, ecco perché chi ne ha l’opportunità dovrebbe lasciare le città per recarsi in zone fresche di collina o di campagna, senza assolutamente demonizzare le zone marine purché siano ventilate».
Gabriele Peperoni, specialista in geriatria e gerontologia
Il vestiario
«Se è vero che bisogna evitare il sole diretto, in particolare durante le ore più calde, nel caso non fosse possibile evitarlo l’abbigliamento può essere di grande aiuto. Bisogna vestirsi con abiti freschi, leggeri, di fibre naturali e di colore chiaro. Utilizzare sempre un cappello, possibilmente a tese larghe, per intendersi del tipo panama. Per le donne potrebbe un foulard può essere una valida alternativa. Ovviamente è cruciale limitare il tempo dell’uscita allo stretto necessario e utilizzare, anche in città, creme solari». Bisogna fare anche molto attenzione alle auto, che sotto il sole rovente possono facilmente causare un colpo di calore.
L’alimentazione
Lo specialista spiega che il cibo può essere un grande alleato. «I cibi devono essere di facile digeribilità e possibilmente freschi e di stagione. Meglio abbandonare i saporiti ragù e passare al pomodoro fresco. Ovviamente deve essere privilegiata la frutta e la verdura, specialmente cruda, ma non per questo bisogna tralasciare le proteine dei legumi, della carne e, costi a parte, del pesce. In genere le calorie assunte durante il periodo estivo sono molto più variabili, come molto variabile è il loro consumo. Ad esempio chi va al mare tende giustamente a fare alcune bracciate in acqua, per cui particolare attenzione devono avere gli anziani diabetici che consumando calorie devono regolare la somministrazione di insulina». Gabriele Peperoni mette in guardia dal rischio di una disidratazione che negli anziani «è sempre dietro l’angolo. Le persone più in la con gli anni – dice – non hanno un forte stimolo a bere. Sarebbe invece fondamentale bere tanta acqua, evitando bevande gasate e pine di zuccheri». Importante è anche come si beve, meglio a piccoli sorsi e costantemente durante la giornata per compensare la perdita di liquidi che avviene con la sudorazione.
«Attenzione – avverte lo specialista – agli integratori, particolarmente quelli a base di sali minerali. Sono certamente utili ma non bisogna abusarne, soprattutto chi ha patologie cardiache e soffrono di scompenso. Se nonostante tutti gli accorgimenti si avverte senso di debolezza, mal di testa, vertigini, annebbiamento della vista, crampi muscolari. O ancora, nausea, aumento del battito cardiaco, difficoltà di respiro, dolori al torace, allora bisogna rivolgersi al proprio medico curante o alla continuità assistenziale (ex guardia medica). In attesa dell’intervento del medico è utile distendersi con le gambe sollevate rispetto al corpo e, se presente una seconda persona, farsele massaggiare partendo dalle caviglie verso il tronco. Un asciugamano bagnato in acqua fredda o una borsa di ghiaccio appoggiati sulla fronte sono utili ad abbassare la temperatura del corpo». Esiste anche una guida del Ministero della Salute nella quale è possibile trovare altri importanti consigli.
Infezioni intestinali d’estate: il decalogo contro i rischi
Alimentazione, News Presa, PrevenzioneInfezioni intestinali. Attenzione ai cibi conservati male, agli alimenti e bevande scadute, all’igiene negli esercizi pubblici. Tutte regole che valgono sempre ma soprattutto in estate quando i casi di disturbi gastrointestinali causati da alimenti contaminati da microrganismi, le cosiddette infezioni, o da sostanze tossiche prodotte dagli stessi microrganismi (intossicazioni) si triplicano. L’avvertimento arriva dal Segretario Nazionale del Codacons Francesco Tanasi che stila un decalogo per guidare i consumatori ad evitare i rischi di infezioni alimentari e chiede alle Forze dell’ordine controlli a tappeto, specie nelle località turistiche, in bar, ristoranti, chioschi, supermercati ecc..
1) Al ristorante diffidare dei carrelli con cibi freddi, conservati a lungo a temperatura ambiente, specie se con gelatine, creme, maionese, mascarpone, salse e uova.
2) Occhio all’aspetto. Controllare che non ci sia brina all’esterno delle confezioni surgelate, è indice di un cattivo mantenimento.
3) Buttare i cibi le cui confezioni presentano un rigonfiamento. Prestare attenzione, in particolare, ai prodotti freschi come latte, mascarpone, creme…
4) Non acquistare bottiglie d’acqua o bibite lasciate sotto i raggi del sole. Ricordare inoltre che anche le bibite hanno una scadenza, che va sempre controllata.
5) Non acquistare pesce e frutti di mare di dubbia provenienza e prendere cozze e vongole solo se contenute in confezioni sigillate e avvolte da una retina di plastica e con un’etichetta che indica peso e scadenza dei frutti di mare. Ricordare che i frutti di mare possono essere conservati al massimo per 4 giorni, alla temperatura di 6°C, quindi, in frigorifero. Per il pesce ricordarsi di analizzare sempre anche il colore, l’odore e l’aspetto generale.
6) Nei bar e nei negozi non acquistare prodotti se il congelatore è stracolmo di roba. Per una corretta conservazione, infatti, i prodotti non devono mai superare un certo carico. Meglio, poi, i freezer con gli sportelli chiusi (solitamente verticali).
7) A differenza dei cibi congelati, quelli surgelati hanno dei cristalli di ghiaccio più piccoli, microscopici. Se, quindi, si nota che l’alimento ha dei cristalli di ghiaccio più grandi, della brina, questo può essere un sintomo dell’interruzione della catena del freddo. Insomma, se il gelato perde la sua compattezza e cremosità e diventa come la brina va buttato.
8) Non consentire al negoziante di toccare il prosciutto con le mani. Stesso discorso se si chiede un panino al bar o viene servita una bibita prendendo il bicchiere dall’alto. Se poi il negoziante serve i clienti ma sta anche alla cassa vanno subito chiamati i vigili.
9) Non acquistare nessun prodotto deteriorabile da carrettini ambulanti privi di celle frigorifere adeguate alla conservazione degli alimenti.
10) Controllate sempre la data di scadenza di tutti gli alimenti.
I satelliti dell’agenzia spaziale contro il cancro della pelle
PrevenzioneCancro della pelle. Nella guerra al melanoma ogni arma è lecita. E allora, visto che questo tumore della pelle riguarda soprattutto i giovani, perché non combatterlo con un App per samrtphone. Così è nata «Salvati la pelle», realizzata da Fondazione Melanoma e oggi disponibile per tutti i supporti. Come funziona? Grazie al dispositivo di localizzazione GPS del cellulare o del tablet, è in grado di individuare la posizione dell’utente e di confrontare queste coordinate con i dati provenienti dai satelliti dell’ESA (Agenzia Spaziale Europea). In questo modo rileva l’intensità dei raggi UV nel luogo esatto in cui si trova l’utente e fornisce informazioni sullo spessore dello strato dell’ozono. Contiene inoltre schede di approfondimento sui diversi fototipi in base alla classificazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e sui possibili danni e benefici dei raggi UV. Un contagiri colorato mostra l’intensità dei raggi ultravioletti e il tempo di esposizione consentito, calcolato come dato medio in base ai diversi fototipi.
La schermata dell’App mostra i livelli di rischio per l’esposizione
Stare attenti ed evitare un’esposizione eccessiva, non significa però demonizzare il sole. Anzi, il professor Nicola Mozzillo spiega che nella maggior parte dei casi è un grande amico della nostra pelle. Bisogna prenderlo per il verso giusto e anche ricordare che le creme solari non garantiscono mai una protezione totale. Inoltre, al di là dei filtri solari c’è un tempo di esposizione massimo oltre il quale non si dovrebbe mai andare. Ovviamente queste regole valgono per tutti, non solo per i bambini o per chi ha la pelle chiara.
Attenti alle ustioni
Altro fattore di rischio è rappresentato dal numero di ustioni solari e dalla quantità totale di esposizione agli UV nel corso della vita. È essenziale scoprire le lesioni in fase iniziale ed eliminarle, perché quando la malattia (specie un tumore aggressivo come il melanoma) progredisce in stadio avanzato, diventa molto difficile da trattare. «Se preso in tempo – conclude il professor Mozzillo – il melanoma è un tumore che guarisce in più del 90 per cento dei casi con la semplice asportazione chirurgica della lesione».
Italia: sempre più bimbi nati in provetta
News Presa, Ricerca innovazioneNati in provetta.
Il 2,5% del totale dei nati in Italia è venuto al mondo grazie alle tecniche di fecondazione assistita(12.658 bambini). Il 2,5% del totale dei nati in Italia è venuto al mondo grazie alle tecniche di fecondazione assistita(12.658 bambini). I dati fanno riferimento al 2014 ed emergono dalla relazione del Parlamento sull’applicazione della legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita (pma) depositata dal ministro della Salute, Beatrice Lorenzin. Diminuiscono nell’insieme le coppie trattate e i cicli effettuati, ma aumentano gravidanze e nati.
Nello specifico, nel 2014 i cicli di pma effettuati sono stati 90.711, meno dei 91.556 del 2013, ma il calo è dovuto, rileva la relazione, ad una riduzione dei trattamenti di I livello, cioè quelli più semplici, come l’inseminazione intrauterina (27.109 nel 2013 contro i 23.866 del 2014). Le tecniche di II e III livello, cioè quelle più complicate come la fivet e l’icsi, aumentano. Anche il numero complessivo di coppie trattate è diminuito (sceso a 70.589), mentre sono aumentate quelle ricorse alle tecniche di scongelamento. L’aumento lieve delle gravidanze ottenute (15.550 nel 2013, 15.947 nel 2014) è dovuto al calo di quelle ottenute con inseminazione semplice e all’aumento di quelle avute con l’applicazione di tutte le tecniche di II e III livello. Le percentuali di successo delle tecniche restano cmq stabili per ogni livello (il 10% per l’inseminazione semplice, il 19,4% per le tecniche a fresco di II e III livello). Costanti le gravidanze gemellari (19,5%), mentre i parti trigemini sono l’1,2%, il doppio della media europea, pari allo 0,6%. Continuano ad aumentare gli embrioni congelati (29,9%), l’età delle donne che accedono alla fecondazione (36,7 anni) e la percentuale delle over 40, pari al 32,9% (uno dei dati più alti in Europa). Circa l’accesso ai centri pubblici o convenzionati, c’è da segnalare che pur essendo il 37,6% del totale, effettuano il 64,4% dei trattamenti. Per la prima volta nella relazione sono contenuti i dati sulla fecondazione eterologa, consentita dall’aprile 2014: 236 i cicli iniziati.
Europa e Italia: la nuova visione paziente-centrica
Associazioni pazienti, Farmaceutica, News Presa, Ricerca innovazioneIl progetto EUPATI e l’Accademia dei Pazienti
La nuova visione paziente-centrica in Europa e in Italia
di Francesca Ceradini Responsabile Comunicazione EUPATI Italia
Negli ultimi anni si sente sempre più spesso parlare di “centralità del paziente” nella medicina e di pazienti attivi e autonomi per le decisioni sulla propria salute. Un cambiamento che inevitabilmente sta cominciano a ripercuotersi, seppur con dinamiche e tempistiche diverse, anche nel campo della ricerca clinica e dello sviluppo di nuove terapie. Il paziente non può più essere considerato come una semplice fonte di dati e informazioni per la scienza e la medicina, ma deve essere considerato come “proprietario” di tali dati e deve diventare parte integrante del processo decisionale su come le informazioni di base siano utilizzate e trasferite nell’ambito della ricerca scientifica e clinica. Una filosofia che viene esplicitata molto bene con il motto “nulla su di noi senza di noi”. Un concetto che ci fa fare un salto nel passato, alle rivoluzionarie e decisive battaglie dei malati di Aids degli anni ‘80 per l’approvazione di nuove terapie sperimentali, e che oggi si sta affermando sempre più fortemente e, soprattutto, in maniera condivisa dalla comunità scientifica, dalle aziende farmaceutiche e dagli organi regolatori.
Il progetto EUPATI
È in quest’atmosfera di cambiamento e di nuova consapevolezza che è nato, nel 2012 grazie a una iniziativa di IMI (Innovative Medicines Initiative), il progetto europeo European Patients’ Academy on Therapeutic Innovation (EUPATI) che si fa portavoce di questa nuova visione paziento-centrica e ha come obiettivo il coinvolgimento attivo dei pazienti nel processo di Ricerca e Sviluppo (R&D) dei farmaci. Il progetto coinvolge un consorzio di 33 organizzazioni, tra cui associazioni di pazienti, organizzazioni non profit, università e aziende farmaceutiche, ed è guidato dai pazienti stessi (dal Forum Europeo dei Pazienti EPF). Nella pratica ha ideato un percorso formativo, per i pazienti e i loro familiari, focalizzato sull’acquisizione di conoscenze e competenze in ambito scientifico e regolatorio per la R&D dei farmaci. Questo tipo di formazione permetterà ai pazienti di avere gli strumenti attraverso i quali dare voce, con autorevolezza, alle proprie istanze sulle linee di ricerca per lo sviluppo di terapie innovative, e di dare il proprio contributo, interagendo in maniera appropriata con le istituzioni, per la tutela dell’accesso alle cure.
La formazione EUPATI
Il percorso formativo è stato progettato su 3 diversi livelli. Un primo livello – denominato “esperto” – è il più complesso ed è stato ideato per soli 100 pazienti e/o familiari in tutta Europa, i quali una volta formati saranno i “pazienti esperti certificati”. Un secondo livello – “educazione” – è rivolto a un numero più ampio, che si aggira sui 12.000 tra pazienti e rappresentanti dei pazienti che vogliano avere una buona formazione sul tema R&D dei farmaci e che possano fare da portavoce. Infine, un terzo livello – “informazione” – pensato per il grande pubblico che va dai pazienti ai cittadini con una bassa preparazione in materia di salute.
Il livello “esperto” si basa su un corso formativo molto impegnativo, con una struttura a moduli di tipo accademica, della durata di 14 mesi. Il corso, tutto rigorosamente in inglese, è principalmente svolto mediante una piattaforma didattica online (costituita da testi, video, articoli scientifici e documenti ufficiali), che si segue dal proprio computer. Alla didattica online si aggiungono due incontri, di 5 giorni ciascuno, che riuniscono tutti i partecipanti per lezioni didattiche di tipo classico ed esercitazioni pratiche. Gli argomenti affrontati sono vastissimi e coprono tutto il ciclo di vita dei farmaci: dalla fase di scoperta delle molecole, agli studi pre-clinici e clinici, fino alle questioni regolatorie di immissione in commercio e di farmacovigilanza. I “pazienti esperti” uscenti dal corso avranno una preparazione di altissimo livello con un attestato che ufficializza la capacità di diventare validi collaboratori e consulenti nei percorsi delle sperimentazioni cliniche, sviluppo e monitoraggio dei farmaci, nei comitati etici e nelle autorità regolatorie.
Per la sua complessità, il corso è stato suddiviso in due “round” ognuno rivolto a circa 50 pazienti. Il primo corso è iniziato a ottobre 2014 e si è concluso a novembre 2015, vi hanno partecipato 53 pazienti da 24 diversi Paesi, di cui 3 dall’Italia. Tra i primi “pazienti esperti” certificati dall’Europa compare anche Stefano Mazzariol, Vice Presidente Parent Project Onlus (leggete l’intervista a Mazzariol che racconta la sua esperienza e le sue aspettative). Il secondo round per la formazione dei “pazienti esperti” è ancora in corso e si concluderà a fine 2016.
Il secondo livello di formazione si basa sull’utilizzo del “Toolbox” – “cassetta degli attrezzi” – uno strumento online, lanciato a gennaio 2016 da EUPATI, ideato per fornire ai pazienti e/o familiari e cittadini coinvolti tutte le informazioni e conoscenze nell’ambito della R&D dei farmaci. Potrebbe essere definito come un “Bignami” per i pazienti. Il Toolbox, è disponibile in sette lingue (Inglese, Francese, Tedesco, Spagnolo, Italiano, Polacco e Russo), è suddiviso in 12 temi, riconducibili a quelli trattati nel corso “esperti”, e illustra 110 argomenti con oltre 3.000 materiali informativi che spiegano dalla A alla Z la R&D dei farmaci. I contenuti sono di alto livello didattico e includono schede informative, grafici e illustrazioni, presentazioni in powerpoint, video, webinar e un glossario. Tutto il materiale è scaricabile, condivisibile e pronto per la stampa. Uno dei punti di forza del Toolbox è di essere uno strumento valido ed esaustivo, con un linguaggio semplice e chiaro, facile da utilizzare e accessibile a tutti, senza alcuna password, al link www.eupati.eu/it/.
Il terzo e ultimo livello, rivolto al grande pubblico, sarà una sorta di Wikipedia EUPATI focalizzata sulla ricerca clinica e sullo sviluppo di farmaci e terapie. Anche in questo caso i contenuti saranno presentati sotto forma di schede, articoli, powerpoint, infografiche e video. Si prevede che questa biblioteca online verrà utilizzata da circa 100.000 individui.
Il progetto EUPATI in Italia
Nel 2013 si è costituita la task force italiana del progetto EUPATI (National Liaison Team italiano IT-NLT) e, a seguire, nel 2014, è stata fondata l’Accademia dei Pazienti che si pone l’obiettivo di diffondere il progetto EUPATI a livello nazionale, e di ampliare il network e le attività formative. E’ stato anche costituito un Board Scientifico dell’Accademia, un organo consultivo che ha il compito di individuare e vagliare le iniziative a livello nazionale da portare avanti a supporto del progetto formativo di EUPATI. In perfetta sintonia con la filosofia di EUPATI, che vede il coinvolgimento di una pluralità di stakeholder, fanno parte del Board Scientifico: AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), Ministero della Salute, ISS-CNMR (Centro Nazionale delle Malattie Rare dell’ Istituto Superiore di Sanità), Farmindustria, Ispor (International Society For Pharmacoeconomics and Outcomes Research), Clinical Trial Center Università Cattolica Sacro Cuore, Irccs Mario Negri, Federfarma, Assogenerici, AICRO (Associazione Italiana Contract Research Organization), FederAnziani, APMAR (Associazione Persone con Malattie Reumatiche) Federsanità Anci ed EpaC Onlus (Associazione Epatite C). Infine, ad aprile 2015 è stata lanciata la Piattaforma Italiana EUPATI, che ha riunito diversi gruppi di stakeholder nazionali tra pazienti, accademie, ricercatori, rappresentanti delle industrie, professionisti della salute, istituzioni governative, enti regolatori e media.
Sono altri 11 i Paesi europei che hanno costituito una piattaforma nazionale: Gran Bretagna, Irlanda, Germania, Austria, Belgio, Polonia, Francia, Spagna, Svizzera, Lussemburgo e Malta. In questo panorama europeo l’Italia si è contraddistinta per il suo impegno e ha raggiunto molto velocemente un posto di primo piano per poter discutere con successo del coinvolgimento dei pazienti nell’ambito della ricerca e sviluppo dei farmaci con tutti gli stakeholder. Il National Liaison Team Italiano, attraverso la fondazione dell’Accademia dei Pazienti, ha saputo diffondere la visone di EUPATI a livello nazionale e ha sviluppato un modello di azione che è stato utile a tutti gli altri paesi europei.
Il futuro della visione EUPATI con l’Accademia dei Pazienti
EUPATI è un progetto europeo quinquennale, iniziato nel 2012 si avvia adesso verso la sua scadenza. L’Accademia dei Pazienti, fondata nel 2014 sotto la bandiera EUPATI, ha posto in questi due anni le basi per acquisire una sua autonomia ed è ora pronta per continuare il suo lavoro nella diffusione della cultura della centralità del paziente sulle tematiche della salute. L’Accademia è nata proprio per capitalizzare l’enorme patrimonio di conoscenza europea raccolto da EUPATI e metterlo a disposizione in lingua italiana per i cittadini italiani. Rispetto a EUPATI, l’Accademia dei Pazienti si apre a un pubblico più ampio, e non si limiterà solo alla formazione sul tema dello sviluppo di nuove terapie ma punterà a molte altre importanti tematiche sempre in ambito medico e scientifico. Grazie al “Memorandum of Understanding”, un protocollo di intesa siglato nel 2014 con l’Agenzia Italiana del Farmaco AIFA sulla formazione certificata in Italia, il primo obiettivo è adesso di replicare il corso di primo livello per “pazienti esperti” in lingua italiana. Il corso ideato e condotto da EUPATI ha un unico neo: la lingua. Strutturato completamente in inglese non ha permesso a molti pazienti italiani di candidarsi e partecipare. L’Accademia dei Pazienti ora vuole rendere il “corso esperti” accessibile a tutti.
Ecco i cibi che proteggono dal sole
Alimentazione, News Presa, PrevenzioneLa prevenzione inizia a tavola anche d’estate. Dai pomodori alle more, dalle uova al pesce: gli alimenti ricchi di vitamine e antiossidanti aumentano le difese della pelle e dei capelli contro i danni del sole.
Le creme protettive sono comunque fondamentali, ma il cibo è un ottimo alleato per evitare scottature, facendo sempre attenzione a non esporsi nelle ore più calde. Le sostanze contenute in alcuni alimenti aiutano a proteggere la pelle dallo stress ossidativo dovuto all’esposizione a raggi Uva e Uvb”. Oggi vengono incontro a queste esigenze anche molti integratori, che, assunti per via orale durante la stagione estiva, neutralizzano i danni solari. In generale è consigliata un’alimentazione ricca di Omega 3 e vitamina B. I pomodori maturi, ad esempio, sono ricchi di licopene, sostanza a cui devono il caratteristico colore rosso ma anche le loro proprietà antiossidanti.
Pomodori tra i cibi maggiormente antiossidanti
Hanno una funzione antiossidante anche alcuni polifenoli come le catechine del the verde i flavonoidi del cacao. Le More e bacche in generale sono ricche di pigmenti viola noti come antociani, perché proteggono il nucleo della cellula. Non deve mancare la curcumina che ha proprietà anti-infiammatorie, ma anche PESCE azzurro e salmone ricchi di Omega 3, e le uova ricche di vitamina B, che riparano le membrane cellulari danneggiate. Non ultime le carote, albicocche, peperoni rossi e gialli che devono il colore a pigmenti naturali chiamati carotenoidi, grandi potenziatori dell’effetto della melanina.
Il paziente esperto: una nuova visione nella sanità
Associazioni pazienti, News PresaStefano Mazzariol, padre di Marco di 5 anni con la Distrofia muscolare di Duchenne e Vice Presidente di Parent Project Onlus, è uno tra i primi 50 pazienti e familiari in Europa ad aver ricevuto il diploma di Paziente Esperto certificato da EUPATI. Stefano ci racconta la sua esperienza, il suo percorso e le sue future aspettative come nuovo “ambasciatore” dei pazienti nel campo della ricerca clinica e dello sviluppo di nuove terapie.
Come ha scoperto il progetto EUPATI e come è nata la sua partecipazione al corso di formazione di “Paziente Esperto”?
La mia esperienza è quella di una persona comune che di punto in bianco nel 2013 si è ritrovato ad essere genitore di un bambino con la distrofia muscolare di Duchenne. Da quel momento ho deciso che avrei fatto tutto il possibile per contribuire in qualche modo alla ricerca medico-scientifica focalizzata su questa patologia. Nel 2014 grazie a Parent Project Onlus, un’associazioni di genitori di bambini affetti da distrofia muscolare di Duchenne e becker, sono venuto a conoscenza del progetto EUPATI che in quel momento era in pieno sviluppo. È maturata in me la decisione di provare a iscrivermi al corso per “Pazienti Esperti” sul tema della Ricerca e Sviluppo (R&D) dei farmaci che sarebbe partito da lì a poco. In tutto sono stati ammessi 53 partecipanti provenienti da 24 Paesi diversi, tra cui 3 italiani.
Come si è svolto il corso?
Il corso è stato molto impegnativo, 14 mesi molto intensi di acquisizione di informazioni di ogni genere che vanno da aspetti tecnico-scientifici per lo studio di nuove terapie agli aspetti più burocratici e regolatori sull’immissione dei farmaci sul mercato. Il corso è interamente in inglese, e già questa è una prima difficoltà per chi come me non è madrelingua, e basato su una piattaforma online di tipo e-learning. Gli argomenti affrontati nel corso sono strutturati in 6 diversi moduli e comprendono: la scoperta dei farmaci, la pianificazione del loro sviluppo, le verifiche pre-cliniche e le sperimentazioni cliniche, le questioni regolatorie, la sicurezza dei medicinali e la farmacovigilanza, la farmacoeconomia e la valutazione delle tecnologie sanitarie (HTA). Sono tutti argomenti molto complessi ma fondamentali se si vuole capire bene come avviene il processo di sviluppo e approvazione di nuove terapie. Ciascun modulo comporta degli esami finali molto impegnativi con delle scadenze temporali da rispettare. Oltre al corso online, sono stati organizzati due incontri, di 5 giorni ognuno, in cui tutti i partecipanti si sono riuniti a Barcellona per lezioni didattiche, approfondimenti e esercitazioni pratiche. Queste giornate sono state ricche di input e mi hanno permesso di avere un confronto diretto con i docenti e con gli altri partecipanti.
Cosa le ha dato il corso EUPATI e cosa è cambiato concretamente nella sua vita quotidiana di papà di un bambino con la Duchenne?
Prima del corso EUPATI cercavo di avere quante più informazioni possibile sullo stato dell’arte della ricerca sulla Duchenne un po’ da autodidatta e un po’ appoggiandomi ai materiali e alle attività di Parent Project Onlus. Ma, nonostante la mia preparazione scientifica proveniente dalla mia formazione universitaria, mi mancavano le basi per capire realmente come si muove la ricerca scientifica. L’esperienza che ho vissuto durante il corso, e che sto vivendo tuttora come Paziente Esperto ha cambiato molto la mia visione sul complesso e difficile percorso regolatorio di nuove terapie. Il corso mi ha permesso di avere una visione più oggettiva del mondo della ricerca, mi ha dato gli strumenti fondamentali per capirne i meccanismi e le motivazioni. Il corso di formazione si sta rivelando importantissimo e le cose per me stanno cambiando rapidamente. Innanzitutto, ora posso approfondire molto meglio tutti gli aspetti della patologia di Marco, sia dal punto di vista medico-biologico, sia dal punto di vista della ricerca e delle sperimentazioni in corso. Posso interagire più facilmente con gli specialisti che lo hanno in cura, a volte collaborando assieme a loro nello stabilire il percorso terapeutico da seguire. Inoltre, ora riesco a leggere con analisi critica alcune pubblicazioni scientifiche, e a districarmi nella marea di articoli che escono sui media sulla ricerca scientifica riuscendo a discernere quelle troppo ottimistiche e entusiastiche da quelle effettivamente realistiche e obiettive. Infine, aver studiato quali sono i tempi e le regole sui quali si basa lo sviluppo di una potenziale nuova terapia mi aiuta a capire meglio le tante novità che ruotano intorno ai trial clinici per la Duchenne, comprese le problematiche e gli stop che a volte possono incontrare sul cammino.
E in quale modo, in qualità di Paziente Esperto, riesce a dare un contributo alla comunità dei pazienti?
Innanzitutto, ho iniziato a dare il mio contributo a Parent Project Onlus. Le conoscenze acquisite mi hanno dato la competenza e la possibilità di diventare Vice Presidente di un’associazione, che è molto attiva nel campo della ricerca scientifica, e nella quale potrò mettere a disposizione le nozioni sui temi di R&D dei farmaci e di terapie innovative (geniche o con cellule staminali). Far parte del progetto EUPATI mi sta inoltre offrendo la grande opportunità di entrare in contatto con altre organizzazioni di pazienti, in Italia e all’estero (tramite i miei colleghi di corso). Le conoscenze trasversali che mi ha fornito il corso mi hanno permesso di diventare un punto di riferimento anche per associazioni che si occupano di patologie diverse dalla Duchenne. Mi chiedono di partecipare ai loro convegni e di illustrare alle loro comunità quale sia l’importanza di avere una rappresentanza di pazienti formati ed informati e come i pazienti possono partecipare attivamente al processo di ricerca scientifica e di sviluppo dei farmaci. Gli strumenti che ho acquisito mi stanno consentendo di colloquiare e interagire a vari livelli tecnici, in modo da potermi sempre porre “alla pari” con i diversi interlocutori con cui mi capita di interfacciarmi. E’ sicuramente un ruolo impegnativo, in termini di tempi, di energie e di risorse, sento una grande responsabilità quando mi relaziono con tutte queste varie parti, soprattutto con le comunità di pazienti, perché dall’efficacia del mio ruolo possono dipendere azioni future, e vorrei che fossero sempre a vantaggio e a tutela di chi, come me, convive quotidianamente con patologie spesso gravi.
A questo proposito su quali punti potrebbe essere coinvolto attivamente il Paziente Esperto?
In realtà il contributo di un paziente formato può essere prezioso per tutte le fasi del processo di sviluppo di una terapia. Ad esempio, la collaborazione dei pazienti per la progettazione delle sperimentazioni cliniche può essere determinante per definire, insieme ai clinici, i parametri prioritari nella valutazione della sperimentazione clinica. Addirittura sempre più studi clinici prevedono la compilazione di PROs (Patient Reported Outcomes). Si tratta di una raccolta di dati clinici forniti direttamente dai pazienti nel corso della sperimentazione clinica. Queste informazioni hanno un valore più qualitativo che quantitativo e sono utilizzate per ottenere le misure di esito centrate sui pazienti (PCOM). I PCOM definiscono cosa dovrebbe essere misurato e riportato durante gli studi clinici con l’obiettivo di determinare se una terapia sia in grado o meno di migliorare la qualità di vita dei malati. E’ fondamentale che i PROs siano stabiliti in collaborazione con i pazienti stessi. Inoltre, i pazienti dovrebbero dare il proprio contributo alla stesura dei consensi informati, soprattutto per le categorie più deboli, in modo da ottenere condizioni e accordi equilibrati e corretti dal punto di vista etico. I testi dei consensi informati sono troppo spesso complicati, scritti con un linguaggio “tecnico-burocratese” e non illustrano in maniera adeguata gli obiettivi dello studio clinico, o i rischi e i vantaggi di partecipare al trial. Il Paziente esperto dovrebbe anche figurare all’interno dei comitati etici. Un altro punto importante riguarda l’adeguata e corretta divulgazione dei risultati dei trial clinici, argomento sul quale i pazienti potrebbero fare la differenza. Inoltre va assolutamente sottolineato il coinvolgimento dei pazienti nell’ambito della farmacovigilanza, dato che alla fine chi vive sul proprio organismo i benefici e gli effetti collaterali di una qualsiasi terapia, anche dopo la sua immissione sul mercato, è proprio il paziente. E ancora, ritengo molto importante il contributo del Paziente Esperto sui complessi temi di HTA (Health Technology Assessment), ovvero di tutte le implicazioni sociali ed economiche correlate all’approvazione di un farmaco. Tema ancora poco conosciuto dalle comunità dei pazienti, che invece è fondamentale per i meccanismi di accesso a una nuova terapia.
Insomma, i punti sui quali i pazienti, adeguatamente formati, possono avere un ruolo determinante sono veramente tanti.
Qual è il suo messaggio riguardo all’importanza della formazione dei pazienti e del loro coinvolgimento nelle decisioni sul tema della salute?
Il paziente, inteso qualche volta come singolo, ma più spesso come collettività, deve imparare a collaborare con tutte le figure che si stanno occupando sia di gestione clinica, sia di ricerca clinica. E’ fondamentale che i pazienti abbiano chiaro un concetto: se la ricerca avanza, o se le metodologie di presa in carico del paziente migliorano, il vantaggio è prima di tutto per noi pazienti e per le nostre famiglie. La ricerca in ambito medico-farmacologico non può, e non deve, essere vista come un processo distaccato, contro cui puntare il dito, delimitato nei laboratori (o negli ambulatori) e di competenza solamente di professionisti che, comunque, con la patologia non ci convivono. Viviamo in un momento in cui ricercatori, clinici e aziende farmaceutiche si stanno rendendo conto che la comunità dei pazienti può portare un contributo importantissimo alla pianificazione, all’ottimizzazione e alla buona riuscita del processo di ricerca e sviluppo di potenziali terapie. Però, dobbiamo anche noi pazienti renderci conto che le nostre indicazioni e le nostre opinioni saranno effettivamente considerate utili, e prese in considerazione, solo nel momento in cui ci dimostreremo affidabili e competenti nel fornirle.
Forse ci vorrà ancora un po’ di tempo per vedere i pazienti seduti ai tavoli decisionali “alla pari” con clinici, aziende farmaceutiche e agenzie regolatorie ma le cose si stanno muovendo. Tutti gli stakeholder coinvolti nel processo di sviluppo di nuove terapie sono consapevoli della necessità del coinvolgimento di Pazienti Esperti. Nel nuovo regolamento europeo 536/2014 sulle sperimentazioni cliniche del Parlamento e del Consiglio Europeo, che deve ancora entrare in vigore, è indicato espressamente che per i tavoli decisionali “gli stati membri dovrebbero assicurare la partecipazione di persone non addette ai lavori, in particolare di pazienti o di organizzazioni di pazienti”. Un’ottima opportunità per dimostrare che la scelta migliore come “non addetti ai lavori” sarà quella di includere i Pazienti Esperti.
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