Tempo di lettura: 3 minutiLa foto dell’Istat ritrae un paese la cui salute va lentamente in fumo, e non è un modo di dire. Il report è quello sui fattori di rischio legato a fumo, eccesso di peso, sedentarietà e consumo di alcol (tratte dall’Indagine multiscopo “Aspetti della vita quotidiana”) e restituisce l’immagine di un paese che non ha ancora imboccato la strada giusta.
Il fumo
Paradossalmente una delle poche note positive (o quasi) è nel fumo. Stando ai dati diffusi dall’Istituto tra il 2001 e il 2015 la percentuale di fumatori è scesa da 23,7% a 19,6%. Son gli uomini a prendere sempre più coscienza dei danni del fumo, ma è anche vero che sono anche quelli che storicamente fumano di più. Dati alla mano gli uomini, che nel 2001 partivano da livelli più elevati, hanno fatto registrare un calo di 6,4 punti percentuali (da 31,0% a 24,6%); mentre per le donne il calo è di quasi 2 punti percentuali (da 16,9% a 15%). La forbice tra uomini e donne dunque si riduce, ma restano preoccupanti le abitudini. Nel 2015, infatti, il 19,6% della popolazione di 14 anni ha dichiarato di essere fumatore (parliamo di circa 10milioni 300mila persone), il 22,8% di aver fumato in passato e il 56,3% di non aver mai fumato. Il dramma è che la quota più alta di fumatori si ha nella fascia di età 25-34 anni (33,0%); le giovanissime sembrano invece più avvedute, visto che tra le donne la maggior parte ha tra i 55-59 anni (20,8%).
Obesità
Altro tasto dolente è l’alimentazione. Nella foto dell’Istat il ritratto dell’Italia è quello di un paese che tradisce le proprie abitudini alimentari (sane) per inseguire modelli culturali di altri paesi (molto meno sani). Nel 2015 il 45,1% della popolazione di 18 anni e più è in eccesso di peso (35,3% in sovrappeso, 9,8% obeso), il 51,8% è in condizione di normopeso e il 3,0% è sottopeso. A mangiare di più sono i maschi, e il trend aumenta in maniera preoccupante con l’andar del tempo (da 51,2% nel 2001 a 54,8% nel 2015). I più a rischio sono i bambini, i dati dell’Istat confermano i continui allarmi dei pediatri sull’obesità infantile. Basti pensare che i bambini e gli adolescenti in eccesso di peso raggiungono la quota considerevole del 24,9% nel biennio 2014-2015, con forti differenze di genere (28,3% maschi, 21,3% femmine).
Consumo di bevande alcoliche
Ragazzini a rischio anche per quel che riguarda il bere. Se è vero che il 15,7% della popolazione ha comportamenti di consumo di alcol che eccedono le raccomandazioni per non incorrere in problemi di salute, è ancor più vero che questi comportamenti sono molto frequenti tra i giovani. Come ci si aspetterebbe gli ultrasessantacinquenni (il 36,4% degli uomini e il 9,0% delle donne) non da il buon esempio, ma sono molto alti i dati di consumo smodato tra i giovani compresi tra 18 e 24 anni (23,1% e 9,1%) e addirittura tra gli adolescenti di 11-17 anni (22,4% e 15,6%).
Sconvolge poi i fatto che il 64,5% della popolazione di 11 anni e più ha consumato almeno una bevanda alcolica nel corso del 2015: il 52,2% beve vino, il 46,4% consuma birra e il 42,1% aperitivi alcolici, amari, superalcolici o liquori.
Sedentarietà
Siamo, stando all’analisi Istat, un paese di “sportivi da divano”. Nel 2015, 23milioni 524mila persone (vale a dire il 39,9% della popolazione di 3 anni e più) ha dichiarato di non praticare alcuno sport né attività fisica nel tempo libero. E stavolta le più svogliate sono le donne: è sedentario il 44,3% delle donne contro il 35,1% degli uomini. La sedentarietà cresce all’aumentare dell’età, a partire dai 65 anni una persona su due non fa sport.
Insomma, la bella Italia ha ancora molto da imparare e sembra aver dimenticato gli insegnamenti di chi nell’antichità aveva già intuito che non può esserci una mente sana se non in un corpo sano
Endoscopia digestiva: Pistoia all’avanguardia
News BreviEndoscopia digestiva: l’Ospedale San Jacopo di Pistoia è tra i primi centri in Italia ad aver ottenuto l’accreditamento professionale di eccellenza SIED (società Italiana Endoscopia Digestiva) – ANOTE (Associazione Nazionale Operatori di tecniche Endoscopiche).
L’unità operativa complessa ha acquisito questo importante riconoscimento non solo grazie agli elevati standard clinici e alle proprie competenze organizzative, ma anche grazie al continuo miglioramento delle prestazioni offerte e alla qualità del lavoro svolto da tutto il personale sanitario, che ha posto il paziente sempre al centro dell’attenzione.
Il servizio di endoscopia svolge la diagnosi e la terapia delle principali patologie dell’apparato digerente sia ai pazienti ricoverati sia ai pazienti esterni. Presso la struttura vengono effettuati anche interventi per asportare tumori superficiali dell’intestino e dello stomaco e vengono effettuati esami anche a bambini a partire dai quattro anni di età.
Presso la struttura sono utilizzate apparecchiature all’avanguardia, dotate di sistemi avanzati che permettono di rilevare anche piccole lesioni in fase iniziale di sviluppo. Entro l’anno saranno acquistati nuovi strumenti. Si potranno così curare un numero sempre maggiore di patologie con tecniche meno invasive per i pazienti.
Grazie alla costituzione dell’Azienda USL Toscana centro, che accorpa le quattro precedenti aziende dell’area vasta (ex Asl 3 di Pistoia, 4 di Prato, 10 di Firenze, 11 di Empoli), queste competenze di eccellenza potranno essere esportate anche in altri ospedali.
Cura dell’obesità, un premio alla Federico II
AlimentazioneL’unità operativa semplice di prevenzione, diagnosi e terapia dell’obesità del Policlinico Federico II, guidata da Fabrizio Pasanisi, è stata riconosciuta per il secondo triennio consecutivo quale Centro di Collaborazione Europea per il trattamento dell’Obesità (EASOCOM) dalla European Association for the Study of Obesity.
«Il riconoscimento – sottolinea Franco Contaldo, direttore dell’unità operativa complessa di medicina interna e nutrizione clinica – è esteso all’AOU Federico II che riveste un ruolo determinante sul territorio nella prevenzione e trattamento dell’obesità, una patologia molto diffusa e particolarmente temibile sia per la sua cronicità sia perché favorisce lo sviluppo di molte malattie cronico degenerative, metaboliche, cardiovascolari ed alcune neoplasie».
Fabrizio Pasanisi
Moltissime le iniziative che è necessario mettere in campo per contrastare l’obesità, una malattia cronica tipica del nostro tempo che richiede oltre all’intervento dei professionisti della salute anche l’adozione di strategie sociali mirate. «Molta attenzione deve essere rivolta alla prevenzione e terapia dell’obesità e del sovrappeso in età evolutiva – aggiunge Fabrizio Pasanisi – con particolare riferimento all’età scolare ed adolescenziale e al fenomeno della obesità di alto grado che può avvalersi anche della opzione della chirurgia specialistica, o chirurgia bariatrica, che richiede team multi professionali in grado di selezionare e curare il follow-up di questi pazienti estremamente complessi».
Obesi e sedentari, ecco la foto degli italiani
News Presa, PrevenzioneLa foto dell’Istat ritrae un paese la cui salute va lentamente in fumo, e non è un modo di dire. Il report è quello sui fattori di rischio legato a fumo, eccesso di peso, sedentarietà e consumo di alcol (tratte dall’Indagine multiscopo “Aspetti della vita quotidiana”) e restituisce l’immagine di un paese che non ha ancora imboccato la strada giusta.
Il fumo
Paradossalmente una delle poche note positive (o quasi) è nel fumo. Stando ai dati diffusi dall’Istituto tra il 2001 e il 2015 la percentuale di fumatori è scesa da 23,7% a 19,6%. Son gli uomini a prendere sempre più coscienza dei danni del fumo, ma è anche vero che sono anche quelli che storicamente fumano di più. Dati alla mano gli uomini, che nel 2001 partivano da livelli più elevati, hanno fatto registrare un calo di 6,4 punti percentuali (da 31,0% a 24,6%); mentre per le donne il calo è di quasi 2 punti percentuali (da 16,9% a 15%). La forbice tra uomini e donne dunque si riduce, ma restano preoccupanti le abitudini. Nel 2015, infatti, il 19,6% della popolazione di 14 anni ha dichiarato di essere fumatore (parliamo di circa 10milioni 300mila persone), il 22,8% di aver fumato in passato e il 56,3% di non aver mai fumato. Il dramma è che la quota più alta di fumatori si ha nella fascia di età 25-34 anni (33,0%); le giovanissime sembrano invece più avvedute, visto che tra le donne la maggior parte ha tra i 55-59 anni (20,8%).
Obesità
Altro tasto dolente è l’alimentazione. Nella foto dell’Istat il ritratto dell’Italia è quello di un paese che tradisce le proprie abitudini alimentari (sane) per inseguire modelli culturali di altri paesi (molto meno sani). Nel 2015 il 45,1% della popolazione di 18 anni e più è in eccesso di peso (35,3% in sovrappeso, 9,8% obeso), il 51,8% è in condizione di normopeso e il 3,0% è sottopeso. A mangiare di più sono i maschi, e il trend aumenta in maniera preoccupante con l’andar del tempo (da 51,2% nel 2001 a 54,8% nel 2015). I più a rischio sono i bambini, i dati dell’Istat confermano i continui allarmi dei pediatri sull’obesità infantile. Basti pensare che i bambini e gli adolescenti in eccesso di peso raggiungono la quota considerevole del 24,9% nel biennio 2014-2015, con forti differenze di genere (28,3% maschi, 21,3% femmine).
Consumo di bevande alcoliche
Ragazzini a rischio anche per quel che riguarda il bere. Se è vero che il 15,7% della popolazione ha comportamenti di consumo di alcol che eccedono le raccomandazioni per non incorrere in problemi di salute, è ancor più vero che questi comportamenti sono molto frequenti tra i giovani. Come ci si aspetterebbe gli ultrasessantacinquenni (il 36,4% degli uomini e il 9,0% delle donne) non da il buon esempio, ma sono molto alti i dati di consumo smodato tra i giovani compresi tra 18 e 24 anni (23,1% e 9,1%) e addirittura tra gli adolescenti di 11-17 anni (22,4% e 15,6%).
Sconvolge poi i fatto che il 64,5% della popolazione di 11 anni e più ha consumato almeno una bevanda alcolica nel corso del 2015: il 52,2% beve vino, il 46,4% consuma birra e il 42,1% aperitivi alcolici, amari, superalcolici o liquori.
Sedentarietà
Siamo, stando all’analisi Istat, un paese di “sportivi da divano”. Nel 2015, 23milioni 524mila persone (vale a dire il 39,9% della popolazione di 3 anni e più) ha dichiarato di non praticare alcuno sport né attività fisica nel tempo libero. E stavolta le più svogliate sono le donne: è sedentario il 44,3% delle donne contro il 35,1% degli uomini. La sedentarietà cresce all’aumentare dell’età, a partire dai 65 anni una persona su due non fa sport.
Insomma, la bella Italia ha ancora molto da imparare e sembra aver dimenticato gli insegnamenti di chi nell’antichità aveva già intuito che non può esserci una mente sana se non in un corpo sano
Attività fisica regolare e dieta a base di vegetali: uno scudo contro il cancro
News BreviSi concluderà a breve “Diana 5”, uno studio di intervento multicentrico, coordinato dai ricercatori dell’Istituto nazionale Tumori di Milano del Campus Cascina Rosa e finanziato dal ministero della Salute e dall’Associazione italiana per la ricerca contro il cancro (Airc), mirato a dimostrare che cibo sano e movimento, aiutano a combattere il cancro.
Il progetto ha coinvolto oltre 2350 donne operate di carcinoma mammario e provenienti da 11 diversi centri nazionali sparsi in tutto il Paese. Di queste, ben 1.672 avevano un alto rischio endocrino-metabolico di sviluppare recidive. Le pazienti coinvolte, divise in due gruppi, d’intervento e di controllo, hanno adottato per 5 anni un’alimentazione basata principalmente sul consumo di cereali integrali, legumi, verdure di stagione, frutta fresca e semi oleaginosi, e povera di cereali raffinati, zuccheri e carni rosse e conservate. Allo stesso tempo, hanno modificato il loro stile di vita, introducendo quotidianamente un’attività fisica moderata come, ad esempio, una camminata a passo spedito di circa mezz’ora.
Secondo quanto emerso nell’ambito del progetto, le donne con Sindrome metabolica (Sm) – circa il 20% di quelle partecipanti al progetto – mostrano un rischio maggiore di sviluppare nuovamente il tumore rispetto alle donne in cui la Sindrome metabolica non si manifesta e un rischio ancora maggiore di sviluppare le metastasi a distanza. La Sm è un insieme di fattori che aumentano il rischio di sviluppare patologie cardiovascolari, tumorali, diabete e altre patologie cronico-degenerative ed è influenzata dall’alimentazione ma anche dall’attività fisica.
Dai dati fin qui raccolti emerge che una prevenzione fatta anche di cibi per lo più vegetali e attività fisica praticata con regolarità, farebbe da “scudo” diminuendo il rischio di ripresa della patologia tumorale.
Hiit, bruciare grassi ad alta intensità
News PresaSi chiama Hiit, ovvero High intensity interval training ed è la risposta al desiderio di ottimizzare lo sforzo fisico per perdere peso. Perfetto per rifinire la forma fisica in vista della prova costume. A differenza di un allenamento esclusivamente “aerobico”, questo tipo di esercizio si basa sull’alternanza di periodi brevi ad alta intensità di lavoro con periodi di recupero attivo in cui si svolgono esercizi molto leggeri. Uno dei vantaggi dell’High intensity interval training è la durata, visto che di norma una sessione va dai 5 ai 20 minuti, preceduta da un riscaldamento di circa 10 minuti. Ovviamente questo non è un tipo di esercizio adatto a tutti e non si deve mai andare oltre i propri limiti.
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Le sessioni ad alta intensità
Per un esercizio completo bisogna considerare dalle 6 alle 10 ripetizioni di esercizi ad alta intensità (ovviamente il numero delle ripetizioni varia a seconda delle esigenze). Dopo ogni sessione ad alta intensità bisogna far rallentare il battito con quello che in gergo si chiama “recupero attivo”, vale a dire una fase di recupero nella quale si l’esercizio rallenta ma non termina.
Volendo si può suddividere l’allenamento in 4 livelli, per arrivare gradualmente al massimo della condizione. Si può prevedere nella prima fase un rapporto tra il lavoro ad alta intensità e il riposo attivo di 1 a 4. In questa fase il tempo totale di allenamento può essere di 10 minuti (escluso il riscaldamento).
Per il secondo step si può passare ad un rapporto tra alta intensità e riposo attivo di 1 a 2, con un allenamento totale (sempre escluso il riscaldamento) di 15 minuti.
Al terzo livello la fase di riposo di dimezza e il rapporto tra alta intensità e riposo passa a 1 a 1. Il tempo totale di allenamento dev’essere aumentato a questo punto a 18 minuti circa.
Al top della condizione, per il livello 4, si passa ad un rapporto tra alta intensità e riposo attivo di 2 a 1, con un allenamento che complessivamente deve durare una ventina di minuti.
Metabolismo sempre acceso
Stando ai risultati di uno studio realizzato al Baylor College of Medicine (a Houston, in Texas) i soggetti che hanno seguito un allenamento Hiit su bicicletta hanno bruciato nelle 24 ore successive all’allenamento una quantità di calorie molto superiore rispetto ai soggetti che hanno pedalato con intensità moderata a sforzo costante. Un consiglio? Bere tanto e mantenere sempre una dieta equilibrata, perché l’esercizio fisico può aiutare, ma non esistono soluzioni miracolose.
Allergie in crescita, eppure gli specialisti non trovano lavoro
Alimentazione, Economia sanitaria, Farmaceutica, News Presa, PrevenzioneSono oltre 10 milioni gli italiani che soffrono di allergie, gli specialisti che se ne occupano sono sempre meno. In Italia le strutture di allergologia, universitarie, ospedaliere e territoriali, sono già distribuite in modo disomogeneo sul territorio, come denuncia l’Associazione Italiana Allergologi Immunologi Territoriali e Ospedalieri (AAIITO); oggi stanno subendo un calo ulteriore. Uno studio recente ha calcolato che queste patologie e le loro complicazioni pesano circa 74 miliardi di euro, il 27 per cento per i costi indiretti (la perdita di produttività) e oltre il 72 per cento per quelli diretti (farmaci e ricoveri in ospedale).
AAIITO spiega che si tratta di una malattia in costante crescita e nel 2025 ne soffrirà una persona su due, rendendola la patologia cronica più diffusa del secolo. Se le allergie (tra cui rinite e asma) aumentano, insomma, gli specialisti che se ne occupano diminuiscono. Si riducono anche gli specialisti in regime di convenzione con le aziende sanitarie. Ciò è dovuto alla programmazione regionale carente e alla mancata sostituzione dei medici in via di pensionamento. Si è ben lontani, quindi, dagli standard previsti dai Livelli essenziali di assistenza, non solo massimi (due) ma anche minimi (una), di strutture complesse di allergologia per milione di abitanti.
Un problema, quello della carenza di allergologi, reso ancor più grave dalle lunghe liste d’attesa, intasate da richieste inappropriate: malattie non riconducibili a cause allergiche (come prurito cronico, pancia gonfia e dolori addominali). Una realtà che va a discapito di sindromi complesse e pericolose come le allergie alimentari, da farmaci e da punture di imenotteri (api, vespe, calabroni), per le quali è necessario un intervento tempestivo.
«L’attuale decreto ministeriale sull’appropriatezza prescrittiva delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale rende impossibile coniugare la possibilità di essere visitati da un allergologo con il numero di pazienti in attesa di un consulto – spiega Maria Beatrice Bilò, presidente dell’Associazione Italiana Allergologi Immunologi Territoriali e Ospedalieri -. Lottiamo quotidianamente con l’aumento delle malattie allergiche e il contestuale insufficiente numero di specialisti sul territorio». Bilò parla di un progetto che preveda un circuito di Reti Cliniche Integrate:
«Etica dell’uso delle risorse e appropriatezza, infatti, possono trovare effettiva espressione solo applicando specifici percorsi assistenziali e linee guida per i processi diagnostici e terapeutici da verificare con procedure di accreditamento indipendenti» – spiega Bilò.
Reti Cliniche Integrate, quindi, che comprendano ambulatori territoriali di allergologia di primo livello per l’inquadramento diagnostico e un filtro per l’eventuale invio alle strutture ospedaliere di secondo livello. Quest’ultime si farebbero carico delle prestazioni più complesse come asma grave, reazioni allergiche gravi, allergie da alimenti, farmaci e punture di imenotteri.
Via lo stress con lo smartphone! Novità da una spin off dell’Università di Pisa
News BreviÈ ora disponibile un sistema originale per combattere lo stress, pratico ed economico, da portare sempre con sé. Si tratta di un Hear and Now, una app innovativa che aiuta a gestire l’ansia e a calmare l’agitazione mostrando come eseguire una respirazione profonda e come concentrarsi sul momento presente.
Questo nuovo anti-stress, realizzato da Biobeats, una spin off dell’Università di Pisa ormai nota a livello internazionale, si basa su pratiche di riduzione dello stress e di meditazione clinicamente validate. Oltre a ricordare agli utenti di respirare usando il diaframma e a guidarli attraverso appositi esercizi, l’applicazione consente di misurare il cambiamento fisiologico indotto dall’esercizio e di dimostrarne l’efficacia.
Come funziona l’anti-stress
Il funzionamento è molto semplice: è sufficiente installare l’applicazione sul proprio smartphone e iniziare a respirare. Mettendo un dito sopra la fotocamera e il flash si può facilmente visualizzare la frequenza cardiaca prima, durante e dopo le tecniche di respirazione guidate.
Gli sviluppatori hanno posto particolare attenzione alla cura dell’aspetto grafico e della musica: il software, infatti, permette di creare in tempo reale musica sincronizzata con il battito del cuore. In base al respiro, sullo schermo del dispositivo sono visualizzate immagini che appaiono nitide quando l’esercizio di respirazione è effettuato correttamente, mentre restano sfuocate se non si riesce ad usare il diaframma in maniera corretta. Attualmente l’app è disponibile solo su piattaforma IOS.
Ospedale di Rho: verso il Pronto Intervento Oncologico
News BreviAll’Ospedale di Rho, comune alla prima periferia di Milano, l’oncologia fa passi da gigante. Solo di qualche mese fa è il riconoscimento della Breast Unit da parte della Regione Lombardia, un centro di senologia specializzato dove verranno svolte le attività di screening e diagnostica clinico-strumentale dedicata alla mammella e dove saranno curate le patologie mammarie. Un vero e proprio reparto per la lotta e la cura del tumore al seno a cui faranno capo medici specialisti già in organico al nosocomio rhodense: dal senologo, al radiologo, allo psicologo fino al genetista e al dietologo.
Ma la vera novità, è l’avvio del Pronto Intervento Oncologico. Qui il paziente viene preso in carico dal personale a partire dalla diagnosi e seguito in tutto il percorso della malattia da un’equipe specialistica composta di chirurghi, oncologi, medici e personale in grado di offrire supporto psicologico ai pazienti e alle loro famiglie.
Il Dipartimento Oncologico oggi, con 14 posti letto, garantisce il ricovero in media di circa 300 pazienti l’anno con una degenza media di 10 giorni mentre sono oltre 22 mila gli accessi ambulatoriali e in day hospital.
Nell’ottica di rendere sempre più specialistico il servizio offerto, negli ultimi anni sono state intraprese anche alcune attività specifiche rivolte al paziente, come i trattamenti shiatzu, il Progetto Donna, un call center dedicato attraverso cui è possibile comunicare direttamente con un oncologo. Attualmente il servizio di oncologia, diretto da un unico direttore, è distribuito su due presidi ospedalieri, Rho e Garbagnate e comprende letti di degenza ordinaria, di day hospital e macro attività ambulatoriale ad alta complessità (Mac).
Residenza Gruber, a Bologna la villa per guarire dai disturbi alimentari
News BreviUna villa immersa nel verde, tra gli alberi e i fiori, sulle colline bolognesi. Un’oasi di tranquillità e bellezza che vuole essere un punto di partenza per una nuova vita. Residenza Gruber, nata dall’omonima Fondazione senza scopo di lucro, offre percorsi di riabilitazione psico-nutrizionale per sconfiggere i disturbi del comportamento alimentare nelle sue forme più gravi e problematiche.
“Ogni giorno ci impegniamo per individuare e intervenire su tutti gli aspetti della malattia, nel rispetto della persona e delle sue esigenze” si legge sul loro sito. I trattamenti sono personalizzati, grazie a un’équipe multidisciplinare- formata da medici, psichiatri, psicoterapeuti, infermieri, educatori, dietisti e operatori socio-sanitari- e a un ambiente in cui anche la bellezza estetica ha la sua ‘valenza terapeutica’.
La struttura può ospitare fino a venti persone in residenza, più altre otto in regime diurno, ed è convenzionata con il Servizio Sanitario Nazionale. Durante la permanenza il paziente non deve modificare completamente il proprio stile di vita: può continuare gli studi o il lavoro, oppure partecipare alle attività ricreative che vengono organizzate nel weekend, come gite turistiche o visite a musei. Ma anche tornare a casa il sabato e la domenica e ricevere visite da parte della famiglia, che continua ad avere un ruolo importante. C’è una gestione dei pasti particolarmente attenta e sono numerose le attività che vengono organizzate, sia individuali che di gruppo.
Nel suo primo anno di attività, la Residenza Gruber ha già avuto in cura circa sessanta ragazzi – per lo più di sesso femminile – con un’altissima percentuale di successo. Un progetto che riesce a guarire le ferite dell’anima, oltre che quelle fisiche.
Il vaccino per i cibi da fast food
Ricerca innovazioneSe non puoi cambiare le abitudini alimentari (scorrette) di mezzo mondo, allora cerca di capire se esiste un modo di rendere meno dannosi i cibi spazzatura. E’ una banalizzazione, ma è infondo il risultato al quale mira uno studio che sta molto facendo parlare in questi giorni. Più precisamente l’obiettivo era quello di arrivare ad un vaccino capace di immunizzare contro alcuni batteri intestinali, presenti in sovrannumero quando ci si alimenta con una dieta occidentale ricca di grassi. Questo può infatti ridurre gli stati infiammatori e prevenire malattie metaboliche come l’aterosclerosi e il diabete di tipo 2. Oggi la scoperta è arrivata grazie ad uno studio finanziato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e del Ministero della Salute. A farla è stato un team di ricercatori del laboratorio di Microbiologia e Virologia del San Raffaele, una delle 18 strutture d’eccellenza del gruppo ospedaliero San Donato, in collaborazione con l’Università degli Studi dell’Insubria, ed è stata appena pubblicata su Scientific Report, del gruppo Nature. A coordinare il lavoro, condotto su cavie ma che in futuro potrebbe avere importanti ricadute per la prevenzione di queste malattie nell’uomo, sono i professori dell’Università Vita-Salute San Raffaele Massimo Clementi e Roberto Burioni, e il dottor Filippo Canducci, ricercatore presso l’Università dell’Insubria.
Agire sul sistema immunitario
La ricerca esamina il complesso equilibrio tra la flora batterica intestinale e il sistema immunitario dell’organismo che la ospita. È noto da tempo che la dieta occidentale, ricca di grassi e povera di fibre, altera la flora batterica, favorendo la crescita di determinate popolazioni di batteri in sfavore di altre. Alcuni di questi batteri però, se presenti in sovrannumero, attivano il sistema immunitario dell’organismo, avviando così il processo di infiammazione e favorendo l’insorgenza di malattie metaboliche e cardiovascolari come l’aterosclerosi.
L’intuizione dei ricercatori del laboratorio di Microbiologia e Virologia del San Raffaele e dell’Università dell’Insubria è stata quella di immunizzare l’organismo verso questi batteri in sovrannumero, aiutandolo a produrre quei globuli bianchi che si occupano di modulare la risposta immunitaria e riducendo così il processo infiammatorio. Rispetto ai murini che non avevano ricevuto il vaccino, quelli immunizzati mostravano infatti ridotti livelli di infiammazione, meno zucchero nel sangue e una progressione più lenta delle placche aterosclerotiche.
«Questo risultato – spiega Filippo Canducci – apre una via di studio veramente nuova e rappresenta il primo passo verso la messa a punto di vaccini volti a ridurre le conseguenze nocive di una cattiva alimentazione».