Tempo di lettura: 5 minutiLo ha ricordato anche Fiorello nell’ultima puntata di Sanremo: il movimento è un mezzo di prevenzione importantissimo ad ogni età. Eppure sono tanti gli italiani che non praticano nessuna attività. Divario nord-sud e di genere, differenze legate al reddito e all’istruzione: in Italia persistono molti gap nella pratica sportiva. I dati emergono dal report “Gli Italiani e lo Sport”, realizzato dall’Osservatorio permanente sullo sport, spin-off di Fondazione SportCity, in collaborazione con Istat, IBDO Foundation e Istituto Piepoli.
Report “Gli Italiani e lo Sport”
Il lavoro è stato realizzato con i contributi di 28 esperti e 10 parlamentari (Chiara Appendino, Mauro Berruto, Paolo Ciani, Guido Quintino Liris, Simona Loizzo, Paolo Marcheschi, Roberto Pella, Mario Occhiuto, Fausto Orsomarso, Daniela Sbrollini), con un intervento del Ministro dello Sport e dei Giovani Andrea Abodi e con le prefazioni di Giovanni Malagò, Presidente del Coni, Luca Pancalli, Presidente Del Cip, Claudio Barbaro, Sottosegretario di Stato al Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, e Marco Mezzaroma, Presidente Sport e Salute.
Regioni più sedentarie
Nel 2022, in Italia, la quota di persone sedentarie (che dichiarano di non svolgere nessuna attività nel tempo libero), è pari a più di un terzo della popolazione. Il dato riguarda soprattutto il sud e le isole, nonostante le condizioni climatiche agevolino l’attività motoria all’aperto. Il forte gradiente Nord–Sud con i tassi più bassi registrati nelle province autonome di Trento (16,2 per cento) e Bolzano (16,9 per cento) e i più alti in Calabria (59,3 per cento) e Sicilia (59,3 per cento), mostra un’Italia spaccata in diverse realtà geografiche. Analogamente, in altre regioni meridionali più della metà della popolazione non pratica sport né attività fisica: Campania (55,1 per cento), Puglia (54,8 per cento) e Basilicata (53,7 per cento). Inoltre in Sicilia, Calabria e Puglia la graduale diminuzione della sedentarietà osservata nell’arco di 20 anni è stata annullata dall’incremento osservato nel 2022.
Pesano disuguaglianze sociali
I dati Istat confermano le ben note disuguaglianze sociali, con differenze marcate rispetto al titolo di studio a tutte le età ed in particolare tra le persone adulte di 25-44 anni. Nel 2022 la quota di persone con basso titolo di studio che non pratica sport o attività fisica è oltre il doppio rispetto a quella di chi ha un titolo di studio più elevato (49,7 per cento vs 17,9 per cento). Inoltre nell’arco temporale di venti anni (2001- 2021) la sedentarietà è diminuita in misura maggiore tra le persone con titolo di studio alto accentuando le diseguaglianze sociali.
Factsheet 2023
La conferenza è stata anche occasione per presentare il “FACTSHEET 2023: Analisi comparativa di attività fisica, sedentarietà, obesità e sovrappeso nelle regioni italiane”, realizzato da Fondazione SportCity e Osservatorio permanente sullo sport in collaborazione con Istat, CORESEARCH, IBDO Foundation, Federazione delle società di diabetologia (FeSDI), Open Italy, Bhave, European Association for the Study of Obesity (EASO), Italian Obesity Network (IO-NET), nonché il numero di gennaio dello Sportcity Journal, dedicato al Parere di Iniziativa presentato dall’On. Roberto Pella e approvato lo scorso novembre dal Comitato delle Regioni dell’UE su “Costruire il modello sportivo europeo basato sui valori, dal basso verso l’alto: un mezzo per favorire l’inclusione e il benessere sociale dei giovani europei”.
“A piccoli passi stiamo completando la ‘rivoluzione dolce’ che avevamo iniziato e stiamo arrivando alla ‘Repubblica del movimento’ – dice Fabio Pagliara, Presidente Fondazione Sportcity”.
Sport, scarsa propensione dei giovani
“I dati devono far riflettere su come viene erogata la cultura sportiva e del movimento nel nostro Paese. – dichiara Federico Serra, Presidente dell’Osservatorio permanente dello sport della Fondazione SportCity – Sono molte le differenze che emergono: tra nord e sud, tra le singole regioni, ma anche tra giovani e anziani, donne e uomini ecc. Il dato più significativo, e preoccupante, è quello della scarsa propensione di giovani a fare sport. I dati Istat confermano le ben note disuguaglianze sociali, con differenze marcate rispetto al titolo di studio a tutte le età ed in particolare tra le persone adulte di 25-44 anni. Nel 2022 la quota di persone con basso titolo di studio che non pratica sport o attività fisica è oltre il doppio rispetto a quella di chi ha un titolo di studio più elevato (49,7 per cento vs 17,9 per cento). La recente legge che inserisce lo sport nell’articolo 33 della nostra Costituzione, apre una speranza che avvengano interventi omogeni e organici su tutto il territorio nazionale eliminando un gap territoriale inaccettabile dal punto di vista etico e sociale”.
Sport, strategia preventiva
“Gli stessi fattori, che dalla seconda metà del secolo scorso hanno portato all’allungamento della vita media fino ai livelli attuali, hanno anche portato, talora obbligato, ad una maggiore attitudine alla sedentarietà – dice Andrea Lenzi, Presidente CNBBSV della Presidenza del Consiglio dei Ministri – “Per questo, non solo lo Sport Agonistico, ma tutta l’Attività Fisica cosiddetta ‘Adattata’ (alle varie età, al genere, alle patologie, ecc.) rappresenta oggi, assieme alla corretta alimentazione, una vera strategia preventiva, ma anche una terapia per le malattie croniche non trasmissibili (metaboliche, cardiovascolari e polmonari, ecc.).
Tale terapia dovrebbe diventare prescrivibile come un vero farmaco e ‘somministrabile’ a livello di apposite strutture sanitarie nell’ambito di una Terapia Educazionale”.
Divario di genere
“Nel 2022, gli italiani che praticano sport nel tempo libero, in modo continuativo o saltuario, sono stati 19,9 milioni, più di un terzo della popolazione di 3 anni e più. – dichiara Roberta Crialesi, Dirigente il Servizio Sistema integrato salute, assistenza e previdenza Istat – Lo sport in modo continuativo è stato praticato dal 26,3 percento della popolazione per un totale di 15 milioni, mentre un altro 8,3 per cento ha svolto una pratica sportiva in modo saltuario. Nonostante le nuove generazioni mostrino livelli di pratica sempre superiori rispetto alle generazioni precedenti, quasi due terzi della popolazione continua a non praticare nessuno sport.
Persistono gap su diversi livelli: il genere (nel 2022 il 40,2 per cento degli uomini pratica sport in modo continuativo o saltuario contro il 29,2 per cento delle donne), il territorio (tra Nord-Est e Sud ci sono oltre 15 punti percentuali di differenza nella pratica sportiva), l’istruzione (negli ultimi 20 anni la pratica sportiva è aumentata soprattutto per uomini e donne con titolo di studio più alto, con seguente accrescimento del gap socio-culturale e il divario si attesta sui 35 punti percentuali), e ancora disuguaglianze che riguardano il reddito e la famiglia”.
Sport diminuisce rischio obesità e altre malattie croniche
“Una percentuale molto alta (80-90 per cento) della mortalità, morbosità e costi dei sistemi sanitari nei paesi occidentali, è causata da malattie che derivano da alterati stili di vita; tra questi spiccano l’aumento dell’introito calorico e la sedentarietà, che sono poi alla base dello sviluppo di obesità. – dichiara Paolo Sbraccia, Vice Presidente Vicario di IBDO Foundation – Nelle nostre società iper-tecnologizzate si sono raggiunti tassi di sedentarietà inimmaginabili nelle epoche precedenti che si traducono in riduzione dell’aspettativa di vita per la comparsa di malattie/fattori di rischio che sono divenuti, appunto, i killer delle nostre società. (obesità, diabete, ipertensione, dislipidemia, aterosclerosi, cancro ecc.). È quindi evidente che uno dei cardini della promozione della salute è rappresentato dall’implementazione dell’attività fisica. Tutti i dati della letteratura sono concordi nel ritenere che un’attività attività fisica regolare rappresenti un argine fenomenale nei confronti di molte malattie cronico-degenerative. Tuttavia, al momento, l’implementazione dell’attività fisica rimane un problema non risolto per il mondo sanitario, per una varietà di fattori. Manca infatti ad oggi qualunque ipotesi di rimborsabilità o di inserimento nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), oppure di detraibilità fiscale per le spese sostenute per l’attività fisica”.
“È giunto il momento che lo sport sia formalmente riconosciuto come strumento essenziale di politica pubblica e attore di comunità – dichiara l’On. Roberto Pella, Vicepresidente vicario ANCI e Membro Commissione SEDEC Comitato delle Regioni dell’Unione Europea, Presidente Intergruppo parlamentare “Qualità di vita nelle città”.
Sport, oltre un terzo degli italiani sedentario
Associazioni pazienti, Benessere, Medicina Sociale, News Presa, Prevenzione, Sport, Stili di vitaLo ha ricordato anche Fiorello nell’ultima puntata di Sanremo: il movimento è un mezzo di prevenzione importantissimo ad ogni età. Eppure sono tanti gli italiani che non praticano nessuna attività. Divario nord-sud e di genere, differenze legate al reddito e all’istruzione: in Italia persistono molti gap nella pratica sportiva. I dati emergono dal report “Gli Italiani e lo Sport”, realizzato dall’Osservatorio permanente sullo sport, spin-off di Fondazione SportCity, in collaborazione con Istat, IBDO Foundation e Istituto Piepoli.
Report “Gli Italiani e lo Sport”
Il lavoro è stato realizzato con i contributi di 28 esperti e 10 parlamentari (Chiara Appendino, Mauro Berruto, Paolo Ciani, Guido Quintino Liris, Simona Loizzo, Paolo Marcheschi, Roberto Pella, Mario Occhiuto, Fausto Orsomarso, Daniela Sbrollini), con un intervento del Ministro dello Sport e dei Giovani Andrea Abodi e con le prefazioni di Giovanni Malagò, Presidente del Coni, Luca Pancalli, Presidente Del Cip, Claudio Barbaro, Sottosegretario di Stato al Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, e Marco Mezzaroma, Presidente Sport e Salute.
Regioni più sedentarie
Nel 2022, in Italia, la quota di persone sedentarie (che dichiarano di non svolgere nessuna attività nel tempo libero), è pari a più di un terzo della popolazione. Il dato riguarda soprattutto il sud e le isole, nonostante le condizioni climatiche agevolino l’attività motoria all’aperto. Il forte gradiente Nord–Sud con i tassi più bassi registrati nelle province autonome di Trento (16,2 per cento) e Bolzano (16,9 per cento) e i più alti in Calabria (59,3 per cento) e Sicilia (59,3 per cento), mostra un’Italia spaccata in diverse realtà geografiche. Analogamente, in altre regioni meridionali più della metà della popolazione non pratica sport né attività fisica: Campania (55,1 per cento), Puglia (54,8 per cento) e Basilicata (53,7 per cento). Inoltre in Sicilia, Calabria e Puglia la graduale diminuzione della sedentarietà osservata nell’arco di 20 anni è stata annullata dall’incremento osservato nel 2022.
Pesano disuguaglianze sociali
I dati Istat confermano le ben note disuguaglianze sociali, con differenze marcate rispetto al titolo di studio a tutte le età ed in particolare tra le persone adulte di 25-44 anni. Nel 2022 la quota di persone con basso titolo di studio che non pratica sport o attività fisica è oltre il doppio rispetto a quella di chi ha un titolo di studio più elevato (49,7 per cento vs 17,9 per cento). Inoltre nell’arco temporale di venti anni (2001- 2021) la sedentarietà è diminuita in misura maggiore tra le persone con titolo di studio alto accentuando le diseguaglianze sociali.
Factsheet 2023
La conferenza è stata anche occasione per presentare il “FACTSHEET 2023: Analisi comparativa di attività fisica, sedentarietà, obesità e sovrappeso nelle regioni italiane”, realizzato da Fondazione SportCity e Osservatorio permanente sullo sport in collaborazione con Istat, CORESEARCH, IBDO Foundation, Federazione delle società di diabetologia (FeSDI), Open Italy, Bhave, European Association for the Study of Obesity (EASO), Italian Obesity Network (IO-NET), nonché il numero di gennaio dello Sportcity Journal, dedicato al Parere di Iniziativa presentato dall’On. Roberto Pella e approvato lo scorso novembre dal Comitato delle Regioni dell’UE su “Costruire il modello sportivo europeo basato sui valori, dal basso verso l’alto: un mezzo per favorire l’inclusione e il benessere sociale dei giovani europei”.
“A piccoli passi stiamo completando la ‘rivoluzione dolce’ che avevamo iniziato e stiamo arrivando alla ‘Repubblica del movimento’ – dice Fabio Pagliara, Presidente Fondazione Sportcity”.
Sport, scarsa propensione dei giovani
“I dati devono far riflettere su come viene erogata la cultura sportiva e del movimento nel nostro Paese. – dichiara Federico Serra, Presidente dell’Osservatorio permanente dello sport della Fondazione SportCity – Sono molte le differenze che emergono: tra nord e sud, tra le singole regioni, ma anche tra giovani e anziani, donne e uomini ecc. Il dato più significativo, e preoccupante, è quello della scarsa propensione di giovani a fare sport. I dati Istat confermano le ben note disuguaglianze sociali, con differenze marcate rispetto al titolo di studio a tutte le età ed in particolare tra le persone adulte di 25-44 anni. Nel 2022 la quota di persone con basso titolo di studio che non pratica sport o attività fisica è oltre il doppio rispetto a quella di chi ha un titolo di studio più elevato (49,7 per cento vs 17,9 per cento). La recente legge che inserisce lo sport nell’articolo 33 della nostra Costituzione, apre una speranza che avvengano interventi omogeni e organici su tutto il territorio nazionale eliminando un gap territoriale inaccettabile dal punto di vista etico e sociale”.
Sport, strategia preventiva
“Gli stessi fattori, che dalla seconda metà del secolo scorso hanno portato all’allungamento della vita media fino ai livelli attuali, hanno anche portato, talora obbligato, ad una maggiore attitudine alla sedentarietà – dice Andrea Lenzi, Presidente CNBBSV della Presidenza del Consiglio dei Ministri – “Per questo, non solo lo Sport Agonistico, ma tutta l’Attività Fisica cosiddetta ‘Adattata’ (alle varie età, al genere, alle patologie, ecc.) rappresenta oggi, assieme alla corretta alimentazione, una vera strategia preventiva, ma anche una terapia per le malattie croniche non trasmissibili (metaboliche, cardiovascolari e polmonari, ecc.).
Tale terapia dovrebbe diventare prescrivibile come un vero farmaco e ‘somministrabile’ a livello di apposite strutture sanitarie nell’ambito di una Terapia Educazionale”.
Divario di genere
“Nel 2022, gli italiani che praticano sport nel tempo libero, in modo continuativo o saltuario, sono stati 19,9 milioni, più di un terzo della popolazione di 3 anni e più. – dichiara Roberta Crialesi, Dirigente il Servizio Sistema integrato salute, assistenza e previdenza Istat – Lo sport in modo continuativo è stato praticato dal 26,3 percento della popolazione per un totale di 15 milioni, mentre un altro 8,3 per cento ha svolto una pratica sportiva in modo saltuario. Nonostante le nuove generazioni mostrino livelli di pratica sempre superiori rispetto alle generazioni precedenti, quasi due terzi della popolazione continua a non praticare nessuno sport.
Persistono gap su diversi livelli: il genere (nel 2022 il 40,2 per cento degli uomini pratica sport in modo continuativo o saltuario contro il 29,2 per cento delle donne), il territorio (tra Nord-Est e Sud ci sono oltre 15 punti percentuali di differenza nella pratica sportiva), l’istruzione (negli ultimi 20 anni la pratica sportiva è aumentata soprattutto per uomini e donne con titolo di studio più alto, con seguente accrescimento del gap socio-culturale e il divario si attesta sui 35 punti percentuali), e ancora disuguaglianze che riguardano il reddito e la famiglia”.
Sport diminuisce rischio obesità e altre malattie croniche
“Una percentuale molto alta (80-90 per cento) della mortalità, morbosità e costi dei sistemi sanitari nei paesi occidentali, è causata da malattie che derivano da alterati stili di vita; tra questi spiccano l’aumento dell’introito calorico e la sedentarietà, che sono poi alla base dello sviluppo di obesità. – dichiara Paolo Sbraccia, Vice Presidente Vicario di IBDO Foundation – Nelle nostre società iper-tecnologizzate si sono raggiunti tassi di sedentarietà inimmaginabili nelle epoche precedenti che si traducono in riduzione dell’aspettativa di vita per la comparsa di malattie/fattori di rischio che sono divenuti, appunto, i killer delle nostre società. (obesità, diabete, ipertensione, dislipidemia, aterosclerosi, cancro ecc.). È quindi evidente che uno dei cardini della promozione della salute è rappresentato dall’implementazione dell’attività fisica. Tutti i dati della letteratura sono concordi nel ritenere che un’attività attività fisica regolare rappresenti un argine fenomenale nei confronti di molte malattie cronico-degenerative. Tuttavia, al momento, l’implementazione dell’attività fisica rimane un problema non risolto per il mondo sanitario, per una varietà di fattori. Manca infatti ad oggi qualunque ipotesi di rimborsabilità o di inserimento nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), oppure di detraibilità fiscale per le spese sostenute per l’attività fisica”.
“È giunto il momento che lo sport sia formalmente riconosciuto come strumento essenziale di politica pubblica e attore di comunità – dichiara l’On. Roberto Pella, Vicepresidente vicario ANCI e Membro Commissione SEDEC Comitato delle Regioni dell’Unione Europea, Presidente Intergruppo parlamentare “Qualità di vita nelle città”.
Industria farmaceutica cuore della produzione italiana, 50 mld valore nel 2023
Economia sanitaria, Farmaceutica, News PresaL’industria farmaceutica italiana si conferma traino dell’economia del Paese. Per il 2023 si appresta a raggiungere la soglia dei 50 miliardi di valore. Mentre i dati Istat indicano una diminuzione del 2,5% nella produzione industriale italiana nel 2023, al contrario il settore farmaceutico registra un +7,3%, controbilanciando la tendenza negativa.
Il Cdmo, la produzione farmaceutica ‘conto terzi’, emerge come una forza trainante del pharma italiano, posizionando l’Italia al primo posto in Europa con un fatturato da 3,1 miliardi di euro. La presidente del gruppo Cdmo di Farmindustria, Anna Maria Braca, ha sottolineato la crescita del settore, con un aumento del 82,6% del fatturato dal 2012 al 2021.
Nodo dei costi
Presentando i dati, il presidente di Farmindustria, Marcello Cattani, ha ribadito il nodo dei costi operativi (+31% rispetto al 2021) e la dipendenza dall’approvvigionamento di materie prime. In particolare ha ricordato la necessità di attrarre investimenti e valorizzare le competenze del settore farmaceutico italiano.
Cdmo, primi in Europa
Il settore del Cdmo, ovvero il comparto della produzione farmaceutica conto terzi, “rappresenta il cuore pulsante della produzione”. Il segmento, poco conosciuto ma in crescita, mostra un aumento del 9% annuo, con oltre l’80% del fatturato destinato ai mercati esteri. La flessibilità e la velocità emergono come elementi chiave, cresce la produzione di biologici e iniettabili e il 25% dei prodotti è biotech.
Industria farmaceutica, le sfide
Una priorità resta la riduzione della dipendenza dai principi attivi di importazione in Europa, soprattutto in un contesto di instabilità prolungata. Cattani ha anche sottolineato la necessità di rivedere gli incentivi per gli investimenti tecnologici.
“Continueremo a collaborare con il governo – ha sottolineato il presidente di Farmindustria – che ha compreso l’importanza cruciale e strategica del settore. Il dato della produzione industriale è forte e molto pesa il settore dell’export, dando all’Italia un ruolo di ‘ponte’ verso il mondo sul fronte dei farmaci, in un contesto internazionale sempre più basato sulla competitività”.
“Avere dei prezzi troppo bassi per i farmaci, come accade in Italia – avverte – è un ‘suicidio’, poiché si possono produrre delle carenze proprio perché viene a mancare la sostenibilità economica da parte delle aziende e, al contempo, aumenta la richiesta dall’estero”.
L’Europa, ha spiegato, “dipende per il 75% dall’estero per l’approvvigionamento dei principi attivi. Per il restante 25%, i principi attivi sono prodotti in Ue, e l’Italia ha un ruolo importante in questa produzione”
Immunodeficienza rara, speranze dall’editing genetico
News PresaUna nuova luce si accende nel campo della medicina genetica con la scoperta italiana che potrebbe cambiare radicalmente il destino delle persone affette da una rara immunodeficienza. Gli scienziati dell’Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica (Sr-Tiget) di Milano e dell’Istituto di ricerca genetica e biomedica del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Irgb) hanno annunciato i primi risultati positivi di una strategia innovativa basata sull’editing genetico utilizzando le “forbici molecolari” Crispr/Cas9.
Immunodeficienza grave da difetto genetico
L’immunodeficienza grave dovuta al deficit del gene Rag1 è una malattia rara che colpisce il corretto sviluppo del sistema immunitario. Questo difetto genetico, essenziale per la produzione di linfociti T e B, può portare a gravi infezioni, ritardo della crescita e ridotta aspettativa di vita.
Editing genetico
Gli scienziati hanno sviluppato una tecnica di editing genetico che consente di correggere il difetto nel gene Rag1. Utilizzando le forbici molecolari Crispr/Cas9, il team ha tagliato il DNA difettoso e fornito la sequenza corretta per la riparazione delle cellule staminali ematopoietiche, in grado di generare tutte le linee del sistema immunitario.
Passo avanti nella cura
I primi risultati mostrano una correzione del 20-30% delle cellule staminali bersaglio, un risultato molto promettente che potrebbe portare a un effetto terapeutico significativo. Questo approccio potrebbe rappresentare un’alternativa al trapianto di cellule staminali del sangue, riducendo la dipendenza da un donatore compatibile e limitando i rischi associati alla terapia convenzionale.
Verso una terapia clinica
Il prossimo passo per gli scienziati sarà perfezionare la tecnica di correzione genetica, utilizzando un nuovo sistema di trasporto basato su nanoparticelle, simile a quello impiegato nei vaccini anti-Covid. L’obiettivo finale è portare questo innovativo approccio terapeutico dalla ricerca di laboratorio alla pratica clinica, offrendo nuove speranze ai pazienti affetti da questa grave malattia. Grazie a questa tecnologia all’avanguardia, gli scienziati italiani stanno aprendo la strada a nuove possibilità di trattamento, offrendo speranza e sollievo a coloro che vivono con questa malattia debilitante.
Re Carlo III e il cancro: diagnosi, cure e incognite
Anziani, News Presa, PrevenzioneL’incidenza dei tumori aumenta con l’età, ma non tutti sono a progressione lenta negli anziani. L’andamento delle neoplasie nell’anziano dipende dalla biologia del tumore. Ad oggi, le informazioni sulla neoplasia diagnosticata di recente a Re Carlo III non consentono previsioni. Alcune forme possono avere un decorso più lento, come alcuni tumori della prostata che nella terza età vengono spesso monitorati senza intervento chirurgico. Altri, invece, come quelli polmonari, della vescica o del colon, possono avere un’aggressività simile a quella riscontrata nei più giovani. Pertanto, l’età da sola non è sufficiente per capire la natura del tumore. In generale oggi le terapie tendono ad essere ritagliate sul singolo caso.
Il tumore di Re Carlo III
Il Regno Unito è stato colpito dalla notizia del cancro di Re Carlo III, il quale ha subito un intervento alla prostata il 26 gennaio, una condizione inizialmente considerata “benigna”. Si è invece trasformata in una diagnosi di cancro, condivisa pubblicamente dal Buckingham Palace.
Un tumore, 72 anni fa, si portò via prematuramente il nonno Giorgio VI, sovrano della vittoria nella Seconda Guerra Mondiale. Dopo di lui presero il via i sette decenni del lungo regno di sua madre, Elisabetta II.
Diagnosi e cure
Durante l’operazione alla prostata, è emerso un problema separato, identificato successivamente come una forma di cancro. Re Carlo continuerà a svolgere i suoi compiti costituzionali durante la terapia, mantenendo la carica di capo di Stato, ma rinviando gli impegni pubblici esterni. La durata del trattamento non è specificata, ma il monarca ha espresso ottimismo e gratitudine al personale medico.
Malattia resa pubblica
In un gesto senza precedenti, Buckingham Palace ha condiviso la diagnosi con il pubblico per prevenire speculazioni e promuovere comprensione nei confronti di chi affronta il cancro.
Un gesto che sensibilizza anche sull’importanza di prestare attenzione ai sintomi e di effettuare indagini in caso di dubbi. Dopo i 70 anni, infatti, non sono più previsti screening di popolazione a livello nazionale.
Carnevale del prematuro, festa per i piccoli ex pazienti
Eventi d'interesse, News PresaTanti regali e una madrina d’eccezione: Naomi Buonomo. È il Carnevale del prematuro, organizzato dell’Unità Operativa Semplice Dipartimentale di Terapia Intensiva Neonatale (diretta dal dottor Mauro Carpentieri) e dall’Unità Operativa Complessa di Ostetricia e Ginecologia (diretta dal professor Pasquale De Franciscis) dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Luigi Vanvitelli di Napoli. Dalle 10.00 alle 12.00 di sabato 10 febbraio, una vera e propria festa in maschera, sarà l’occasione per rivedere i piccoli ex pazienti e i loro genitori.
Genitori
«Un’iniziativa ormai consolidata, che dedichiamo ai piccoli ma soprattutto ai loro genitori – ricorda il dottor Carpentieri – mamme e papà che hanno dovuto affrontare l’evento spesso critico di una nascita prematura». Vero e proprio punto di riferimento per la Campania, la Terapia Intensiva Neonatale dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Luigi Vanvitelli è dotata delle più moderne tecnologie disponibili e può gestire al meglio tutte le patologie neonatali.
La TIN
Nel 2023 sono stati 200 i ricoveri, dei quali circa 100 per nascite premature e, di questi, 40 per parti gravemente prematuri (entro le 34 settimane di gestazione). «L’umanizzazione delle cure – ricorda il direttore generale Ferdinando Russo – è parte integrante del percorso di cura, iniziative come questa sono importanti e ci aiutano a non scordare mai quanto sia delicato il compito al quale siamo chiamati».
Umanizzazione
La nascita prematura di un bambino è infatti un evento che spesso sconvolge la vita dei genitori, portando con sé una serie di sfide emotive, fisiche e psicologiche. In un momento così delicato, l’umanizzazione delle cure diventa un elemento cruciale per sostenere i genitori attraverso questo difficile percorso. Essere al fianco dei genitori di bambini nati prematuri significa trattarli non solo come pazienti, ma come individui che hanno bisogno di sostegno, comprensione e empatia. Significa coinvolgere i genitori nel processo di cura, ascoltando le loro preoccupazioni, rispondendo alle loro domande e coinvolgendoli attivamente nelle decisioni riguardanti la salute e il benessere del loro bambino.
Acne giovanile, le cause e i rimedi
Adolescenti, Alimentazione, News Presa, Stili di vitaL’acne giovanile è un problema della pelle comune un po’ a tutti gli adolescenti. Il sintomo caratteristico è quello degli sfoghi cutanei come punti neri, brufoli e cisti e, se è vero che il più delle volte si tratta solo di un fastidio passeggero, altre può causare un profondo disagio fisico ed emotivo. Sebbene sia considerata una condizione temporanea per molti, per alcuni può infatti diventare un problema persistente che richiede un trattamento mirato.
Origine del problema
L’acne giovanile è causata principalmente da un’eccessiva produzione di sebo, un’infiammazione dei follicoli piliferi e la proliferazione batterica sulla pelle. Questi fattori sono spesso influenzati da cambiamenti ormonali durante la pubertà, che stimolano le ghiandole sebacee a produrre più sebo. Di conseguenza, i pori si ostruiscono e si sviluppano le tipiche lesioni acneiche.
Sotto attacco
Le zone più comunemente colpite includono il viso, il collo, il petto, la schiena e le spalle. L’aspetto e la gravità dell’acne possono variare notevolmente da persona a persona, con alcuni che presentano solo sporadici brufoli, mentre altri soffrono di una forma più grave che richiede trattamenti più intensivi.
Rimedi naturali
Esistono diversi rimedi naturali che possono aiutare a gestire l’acne giovanile. Tuttavia, è importante sottolineare che l’efficacia di questi rimedi può variare da individuo a individuo. Alcuni dei rimedi più comuni includono:
Quando consultare un dermatologo
Sebbene i rimedi naturali possano essere utili per molti individui, ci sono casi in cui è necessario consultare un dermatologo per un trattamento più mirato. Alcuni segnali che potrebbero indicare la necessità di una valutazione da parte di un professionista includono:
Degenerazione Maculare, nuova cura sperimentata in Italia
Anziani, News Presa, Ricerca innovazioneLa degenerazione maculare atrofica è una patologia dell’età. Colpisce milioni di individui sopra i 50 anni in Italia ed è destinata a crescere con l’invecchiamento della popolazione. Tuttavia ad oggi non esiste una terapia autorizzata in Europa. Uno studio del Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS apre una strada pionieristica.
Degenerazione maculare atrofica
La degenerazione maculare ‘atrofica’ (secca o dell’anziano), è una delle patologie oculari più diffuse nel mondo industrializzato negli over 50. Può portare alla perdita completa della vista nella parte centrale del campo visivo. Interessa in vari stadi di gravità alcuni milioni di italiani. Secondo le stime, per il 2050 la patologia colpirà 280 milioni di persone nel mondo. La forma ‘secca’ rappresenta il 90% di tutte le maculopatie degenerative senili e ad oggi non esiste una cura autorizzata in Europa. Di conseguenza c’è un grave unmet need per quanto riguarda il trattamento. Al Gemelli si sta quindi tentando una strada innovativa, descritta in una pubblicazione su Opthalmology Science. Lo studio sfrutta le capacità rigenerative del sangue da cordone ombelicale.
Sperimentazione al Gemelli
Il team, sotto la guida del professor Stanislao Rizzo, ha sviluppato una tecnica rivoluzionaria. Si basa sull’utilizzo di iniezioni sotto-retiniche di un prodotto derivato dal sangue di cordone ombelicale: il plasma ricco di piastrine (PRP).
Fase 1 dello studio
Nella prima fase, focalizzata sulla sicurezza della procedura, i ricercatori hanno dimostrato che l’iniezione di PRP da sangue ombelicale sotto la retina è possibile, ma richiede competenze specializzate. Contestualmente, un approccio più sicuro con somministrazione intra-vitreale è in corso di sperimentazione.
Ottenimento del PRP Cordonale
Il PRP, già impiegato in varie discipline mediche, è ottenuto da donazioni alla Banca del Cordone Ombelicale. Dopo separazione e concentrazione delle piastrine, queste vengono sottoposte a processi di congelamento e scongelamento per rilasciare fattori di crescita benefici nel plasma.
Frequenza di somministrazione
I risultati suggeriscono che la somministrazione mensile o a intervalli più lunghi può rallentare l’atrofia solo per 1-3 mesi. Tuttavia, ulteriori studi sono in corso per valutare l’efficacia della somministrazione intra-vitreale.
Confronto con farmaci approvati negli USA per la degenerazione maculare
Gli unici due farmaci approvati negli Stati Uniti per la degenerazione maculare richiedono trattamenti costosi, con una fiala che può arrivare a costare circa 3 mila dollari. Inoltre i trial registrativi hanno dimostrato solo un rallentamento della patologia nel 30% della popolazione trattata. Difatti, ad oggi l’ente regolatorio europeo (EMA) non ha ancora dato l’approvazione a tali farmaci in Europa, sottolineando la necessità di ulteriori studi funzionali.
Degenerazione maculare atrofica, prospettive future
La ricerca al Gemelli apre una prospettiva nuova nella lotta contro la degenerazione maculare. Il nuovo trattamento, in caso di efficacia degli studi con la somministrazione intra- vitreale in corso, può offrire una soluzione più accessibile per i pazienti. Con l’estendersi dei campi di utilizzo di sangue cordonale, l’invito della comunità scientifica è quello di donare sempre il cordone al momento del parto.
Leucemia mieloide acuta, presto una nuova terapia
Bambini, News Presa, Ricerca innovazioneI bambini con leucemia mieloide acuta, una condizione difficile da trattare che in Italia conta circa 25-30 diagnosi ogni anno, potrebbero presto avere accesso a una nuova speranza. Dall’estate del 2024, l’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù avvierà una sperimentazione clinica per molti versi rivoluzionaria, che servirà a testare l’efficacia di una terapia innovativa basata sulle cellule del sistema immunitario modificate geneticamente, conosciute come Car-iNK.
Il futuro è dei bambini
Il responsabile dell’Area di Oncoematologia pediatrica e Terapia Cellulare e Genica dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, Franco Locatelli, ha annunciato questa iniziativa durante la presentazione della campagna “Il futuro è dei bambini”, promossa da Federfarma per sostenere la Fondazione Umberto Veronesi. Questo progetto, spiega Locatelli, è cruciale poiché attualmente non esistono opzioni terapeutiche per i bambini che non rispondono ai trattamenti convenzionali per le leucemie mieloidi acute refrattarie o ricadute.
Cellule Car-iNK
L’immunoterapia rappresenta un’innovazione significativa in questo contesto, e le cellule Car-iNK sono un passo avanti rispetto alle già rivoluzionarie Car-T. Queste cellule, preparate da un donatore terzo, sono immediatamente disponibili per i pazienti che ne hanno bisogno, offrendo un’opzione terapeutica rapida e promettente.
Verifiche
Le ultime verifiche delle cellule iNK, sviluppate dal team di Concetta Quintarelli, responsabile dell’Unità di Ricerca di Terapia Genica dei Tumori al Bambin Gesù, sono attualmente in corso, prima della presentazione del dossier alle autorità regolatorie. La sperimentazione clinica verrà condotta presso l’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù, dove verrà preparata la terapia cellulare nell’officina farmaceutica dedicata.
Nuova speranza
Questa sperimentazione clinica rappresenta una luce di speranza per i bambini affetti da leucemia mieloide acuta che non rispondono ai trattamenti convenzionali. La ricerca e l’innovazione nel campo dell’immunoterapia offrono una nuova strada per affrontare questa sfida medica, e l’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù è all’avanguardia in questa importante missione per la salute dei bambini.
Mal di testa nei bambini, quando c’è da preoccuparsi
Bambini, Genitorialità, PediatriaIl mal di testa, conosciuto anche come cefalea, rappresenta un disagio frequente tra i bambini, con una incidenza significativa che richiede attenzione sia da parte dei genitori che dei professionisti della salute. Si stima che in Italia, un bambino su dieci abbia sperimentato almeno un episodio di mal di testa, un sintomo che può verificarsi in qualsiasi fase della crescita, con un picco di frequenza intorno ai 7-8 anni di età.
Tipologie di cefalea
Le cefalee possono essere categorizzate in due forme principali: primarie e secondarie. Le forme primarie si contraddistinguono per il fatto che il mal di testa stesso rappresenta la condizione patologica, mentre le forme secondarie indicano che il mal di testa è un sintomo di un’altra malattia sottostante. Tra le cefalee primarie più comuni nei bambini si annoverano l’emicrania con o senza aura, la cefalea tensiva e la cefalea a grappolo, con l’emicrania senza aura che si distingue come la forma più prevalente, specialmente prima dei 9-10 anni.
Sintomi
L’emicrania è spesso ereditaria, con un alto tasso di familiarità. Nei bambini, il dolore tipico è descritto come pulsante e può essere localizzato unilateralmente, anche se in alcuni casi può coinvolgere entrambi i lati della testa. I sintomi associati includono sensibilità alla luce e al suono, nausea, vomito e dolore addominale. Gli attacchi di emicrania possono variare in durata da brevi a prolungati fino a tre giorni se non trattati. Nei bambini più piccoli, i sintomi possono manifestarsi in forme diverse, come il vomito ciclico, dolori addominali ricorrenti, vertigini parossistiche e altri, prima che la cefalea diventi un sintomo predominante.
Cause secondarie
Le cefalee secondarie sono meno comuni ma possono essere associate a condizioni più gravi come infezioni delle vie respiratorie superiori, sinusiti, patologie infiammatorie del sistema nervoso centrale, anomalie vascolari e tumori cerebrali. Tuttavia, queste cause sono relativamente rare nell’età pediatrica. Il consulto con un pediatra o un medico è cruciale per una corretta diagnosi e gestione. In base alla storia clinica e familiare del bambino, il medico può consigliare esami neurologici e oftalmologici per confermare la diagnosi. Gli esami strumentali come la TAC o la RM cerebrale sono riservati ai casi in cui si sospetti una causa secondaria del mal di testa.
Trattamenti e gestione
Il trattamento del mal di testa nei bambini dipende dalla sua causa sottostante e dalla gravità dei sintomi. Per le cefalee primarie, possono essere prescritti farmaci analgesici o terapie preventive, mentre per le forme secondarie è essenziale trattare la condizione di base.Inoltre, è importante considerare approcci non farmacologici come la gestione dello stress e il supporto psicologico per i bambini che manifestano difficoltà nella gestione delle situazioni stressanti. Dunque, è bene ricordare che il mal di testa nei bambini è un problema diffuso che richiede attenzione e gestione appropriata. Una corretta diagnosi precoce e un trattamento mirato possono aiutare i bambini a gestire e affrontare efficacemente questa condizione, migliorando così la loro qualità di vita.
Autopalpazione del seno, guida per riconoscere segnali sospetti
Benessere, News Presa, Prevenzione, Stili di vitaIl carcinoma della mammella è il tumore più diagnosticato in Italia. Nel 2020, secondo il Rapporto Aiom-Airtum, “I numeri del cancro 2020” sono stati stimati 54.976 casi nella popolazione femminile, il 30,3% di tutte le forme tumorali. Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità il 5-10% dei tumori al seno è ereditario. Significa che è legato alla presenza di mutazioni nei geni che compongono il DNA. I principali responsabili sono i geni BRCA1 e BRCA2. A fare la differenza nella prognosi è la tempestività nella diagnosi. Oltre ai test di screening fondamentali, stabiliti in base a ogni età, un altro mezzo di prevenzione del tumore del seno è l’autopalpazione. Per questo è importante saper riconoscere cambiamenti che meritano un approfondimento. A fare chiarezza e spiegare quali sono i segnali a cui prestare attenzione è la dottoressa Erika Barbieri, senologa presso l’IRCCS Istituto Clinico Humanitas Rozzano. “La consapevolezza del proprio corpo riveste un ruolo importante nel rilevare eventuali anomalie o cambiamenti”, spiega la specialista sulle pagine del centro di ricerca.
Età giusta per iniziare
L’autopalpazione si può iniziare a partire dai 20 anni e una volta al mese, suggerisce la specialista. L’ideale è eseguirla quando il seno è più morbido, dal settimo all’undicesimo giorno del ciclo mestruale, calcolato a partire dal primo giorno delle mestruazioni.
Guida per l’autopalpazione del seno
“Per prima cosa – spiega la specialista – è consigliabile mettersi in piedi di fronte a uno specchio per osservare attentamente il proprio seno, inizialmente con le braccia lungo i fianchi e successivamente alzandole.
Durante l’osservazione è bene prestare attenzione a: forma, dimensioni e consistenza della pelle del seno; eventuali secrezioni dai capezzoli; retrazioni della cute o del capezzolo; rossori della pelle; simmetria tra le mammelle.
Dopo questa fase di osservazione – prosegue la specialista – si procede con la pratica effettiva. Mantenendosi in piedi di fronte allo specchio, si posiziona una mano dietro la testa, mentre l’altra viene appoggiata piatta sul seno corrispondente al braccio alzato. Successivamente, si esegue la palpazione con la mano a piatto sul seno eseguendo movimenti circolari intorno al capezzolo, movimenti verso l’alto e movimenti verso il basso.
Si consiglia poi di spremere delicatamente il capezzolo e verificare se vi siano fuoriuscite di secrezioni; da controllare anche il cavo ascellare con le stesse modalità sopra descritte per individuare eventuali linfonodi ingrossati. L’intera procedura va poi ripetuta anche in posizione supina, garantendo così una valutazione completa e accurata”.
Sintomi sospetti
L’autopalpazione è importante ma non si sostituisce alla valutazione del medico. Inoltre gli screening prestabiliti dalle linee guida sono fondamentali per la diagnosi precoce, quando il tumore è ancora difficile da percepire al tatto.
I sintomi da non sottovalutare durante l’autopalpazione sono:
“A ogni età in seguito all’autopalpazione se si rilevano alterazioni o perplessità occorre fare una visita senologica, che comunque a partire dai 25-30 anni dovrebbe essere eseguita annualmente a completamento dell’ecografia mammaria bilaterale, alla quale a partire dai 40 anni va aggiunta anche la mammografia”, conclude la specialista”.