Tempo di lettura: 3 minutiVasodilatatore, antivirale e antiartrosico. Tradotto con un vecchio proverbio: ‘buon vino fa buon sangue’ e gli antichi avevano sempre ragione. Le qualità del nettare degli dei sono tante, ma solo se degustato con moderazione. Proprio in questi giorni è in corso la 51a edizione del Vinitaly, una delle fiere più importanti dedicata al vino, elemento che viene considerato fondamentale nella dieta Mediterranea. Il salone, tra l’altro, si svolge in contemporanea a Sol&Agrifood, manifestazione sull’olio extravergine di oliva e l’agroalimentare di qualità (inaugurata dal ministro Maurizio Martina).
Il vino fa parte, da sempre, della nostra cultura e delle nostre eccellenze ammirate in tutto il mondo. Dal punto di vista medico, l’idea che bere moderatamente protegga il cuore risiede nel fatto che nel vino c’è un’alta densità di lipoproteine (HDL), in altri termini, colesterolo buono. Bevendo un bicchiere di vino al giorno la sensibilità all’insulina si modifica, innescando una reazione che previene l’ostruzione delle arterie, causata generalmente dal colesterolo.
Ma gli scienziati avvertono: il vino fa bene se bevuto ai pasti e in dosi contenute, cioè un bicchiere e mezzo. Meglio se di alta qualità, perché i grandi vini hanno piu’ polifenoli e altre qualità positive rispetto ai vini andanti.
Il rosso «pulisce» l’endotelio, uno strato di cellule che riduce l’attrito tra i vasi linfatici e i vasi sanguigni ma che soprattutto riveste la superficie interna del cuore. Bere un bicchiere al giorno contribuisce a prevenire le malattie alle coronarie e ad abbattere il colesterolo cattivo. Non solo, ha anche un effetto anticoagulante. Significa che fa calare il rischio di trombosi. Sorseggiare un buon calice può anche prevenire la comparsa di arteriosclerosi, una delle malattie causate dalla degenerazione e dall’irrigidimento delle arterie. L’alcol contenuto nel vino, grazie alla formazione di ossido favorisce il rilassamento delle pareti arteriose.
Il vino, quindi, regola la pressione, ma solo in quantità ridotte (è consigliabile un solo bicchiere di vino, massimo 250 ml dopo aver mangiato). Dall’altro lato, invece, il consumo eccessivo di alcol provoca ipertensione. Accompagnare i pasti con un po’ di vino rosso fa bene soprattutto man mano che si va avanti con l’età. La scienza ha dimostrato che il resveratrolo (un componente del vino) ha effetti neuroprotettori e tiene lontano l’Alzheimer e la demenza senile.
Anche un semplice raffreddore può essere prevenuto dal vino, capace di ridurre anche la possibilità di ammalarsi di cancro alla gola o alla prostata, e ridurre il fastidio delle emorroidi.
Il perché il rosso sia più efficace del bianco risiede nei polifenoli, amici del cuore, che provengono dalla buccia e dai semi dell’uva. Il vino bianco invece si prepara utilizzando la polpa dell’acino. Tuttavia, anche il bianco ha un effetto positivo sulle piastrine.
Uno dei più recenti studi, portato avanti dai ricercatori della University of Southern Denmark, conferma i benefici del vino. Gli studiosi hanno condotto un interessante esperimento su un campione di 22.000 donne già arrivate alla menopausa, somministrando alle volontarie ogni giorno, per cinque anni, due bicchieri di alcol (tra vino e birra). Si è osservato come l’assunzione di questa quantità di vino e birra riuscisse a ridurre le patologie cardiovascolari di un quinto, cioè del 20%. Secondo molti esperti, questi risultati sono dovuti all’azione tipica dell’alcol, in grado di stimolare la produzione di colesterolo “buono” nel sangue. Insomma, una buona notizia anche per gli amanti della birra (un toccasana per i reni).
Tutto dipende, però, dal modo il cui si beve. Consumare una bottiglia di vino in una sola serata e non berne durante i restanti giorni della settimana non equivale ad assumere un bicchiere al giorno. E i rischi, in questo caso, non sono solo per il corretto funzionamento degli organi. Ad esempio, se ci si mette alla guida in stato di ebbrezza, la coordinazione e l’attenzione risultano sotto la norma, il rischio di rimanere coinvolti in un incidente stradale è altissimo.
Si può affermare, quindi, che in una dieta varia e bilanciata, inserire un bicchiere di vino non comporta alcun rischio per la salute e neanche per la dieta, ma la parola d’ordine è sempre moderazione. Solo così, il vino può aiutare il corpo a proteggersi da possibili patologie.
Un bicchiere di vino possiede all’incirca 70 Kcal, il rischio di ingrassare subentra solo se lo si assume in quantità esagerate, infatti si può arrivare ad assumere l’equivalente di un pasto completo in pochi bicchieri.
Infine c’è da sottolineare che il vino e i superalcolici non sono la stessa cosa. Se il vino ha infatti dei benefici, i cocktail sono preparati a base di alcol puro che è come il veleno per il nostro corpo.
Pasteggiare del vino a tavola, inoltre, fa parte della cultura, in particolare europea, e rappresenta una tradizione del modo di vivere la socialità da centinaia di anni.
Come per la salute, anche in questo caso, meglio non esagerare, per non correre il rischio di dire qualche parola di troppo.
Tutte le qualità del nettare degli dei, protagonista del Vinitaly
Alimentazione, News Presa, PrevenzioneVasodilatatore, antivirale e antiartrosico. Tradotto con un vecchio proverbio: ‘buon vino fa buon sangue’ e gli antichi avevano sempre ragione. Le qualità del nettare degli dei sono tante, ma solo se degustato con moderazione. Proprio in questi giorni è in corso la 51a edizione del Vinitaly, una delle fiere più importanti dedicata al vino, elemento che viene considerato fondamentale nella dieta Mediterranea. Il salone, tra l’altro, si svolge in contemporanea a Sol&Agrifood, manifestazione sull’olio extravergine di oliva e l’agroalimentare di qualità (inaugurata dal ministro Maurizio Martina).
Il vino fa parte, da sempre, della nostra cultura e delle nostre eccellenze ammirate in tutto il mondo. Dal punto di vista medico, l’idea che bere moderatamente protegga il cuore risiede nel fatto che nel vino c’è un’alta densità di lipoproteine (HDL), in altri termini, colesterolo buono. Bevendo un bicchiere di vino al giorno la sensibilità all’insulina si modifica, innescando una reazione che previene l’ostruzione delle arterie, causata generalmente dal colesterolo.
Ma gli scienziati avvertono: il vino fa bene se bevuto ai pasti e in dosi contenute, cioè un bicchiere e mezzo. Meglio se di alta qualità, perché i grandi vini hanno piu’ polifenoli e altre qualità positive rispetto ai vini andanti.
Il rosso «pulisce» l’endotelio, uno strato di cellule che riduce l’attrito tra i vasi linfatici e i vasi sanguigni ma che soprattutto riveste la superficie interna del cuore. Bere un bicchiere al giorno contribuisce a prevenire le malattie alle coronarie e ad abbattere il colesterolo cattivo. Non solo, ha anche un effetto anticoagulante. Significa che fa calare il rischio di trombosi. Sorseggiare un buon calice può anche prevenire la comparsa di arteriosclerosi, una delle malattie causate dalla degenerazione e dall’irrigidimento delle arterie. L’alcol contenuto nel vino, grazie alla formazione di ossido favorisce il rilassamento delle pareti arteriose.
Il vino, quindi, regola la pressione, ma solo in quantità ridotte (è consigliabile un solo bicchiere di vino, massimo 250 ml dopo aver mangiato). Dall’altro lato, invece, il consumo eccessivo di alcol provoca ipertensione. Accompagnare i pasti con un po’ di vino rosso fa bene soprattutto man mano che si va avanti con l’età. La scienza ha dimostrato che il resveratrolo (un componente del vino) ha effetti neuroprotettori e tiene lontano l’Alzheimer e la demenza senile.
Anche un semplice raffreddore può essere prevenuto dal vino, capace di ridurre anche la possibilità di ammalarsi di cancro alla gola o alla prostata, e ridurre il fastidio delle emorroidi.
Il perché il rosso sia più efficace del bianco risiede nei polifenoli, amici del cuore, che provengono dalla buccia e dai semi dell’uva. Il vino bianco invece si prepara utilizzando la polpa dell’acino. Tuttavia, anche il bianco ha un effetto positivo sulle piastrine.
Uno dei più recenti studi, portato avanti dai ricercatori della University of Southern Denmark, conferma i benefici del vino. Gli studiosi hanno condotto un interessante esperimento su un campione di 22.000 donne già arrivate alla menopausa, somministrando alle volontarie ogni giorno, per cinque anni, due bicchieri di alcol (tra vino e birra). Si è osservato come l’assunzione di questa quantità di vino e birra riuscisse a ridurre le patologie cardiovascolari di un quinto, cioè del 20%. Secondo molti esperti, questi risultati sono dovuti all’azione tipica dell’alcol, in grado di stimolare la produzione di colesterolo “buono” nel sangue. Insomma, una buona notizia anche per gli amanti della birra (un toccasana per i reni).
Tutto dipende, però, dal modo il cui si beve. Consumare una bottiglia di vino in una sola serata e non berne durante i restanti giorni della settimana non equivale ad assumere un bicchiere al giorno. E i rischi, in questo caso, non sono solo per il corretto funzionamento degli organi. Ad esempio, se ci si mette alla guida in stato di ebbrezza, la coordinazione e l’attenzione risultano sotto la norma, il rischio di rimanere coinvolti in un incidente stradale è altissimo.
Si può affermare, quindi, che in una dieta varia e bilanciata, inserire un bicchiere di vino non comporta alcun rischio per la salute e neanche per la dieta, ma la parola d’ordine è sempre moderazione. Solo così, il vino può aiutare il corpo a proteggersi da possibili patologie.
Un bicchiere di vino possiede all’incirca 70 Kcal, il rischio di ingrassare subentra solo se lo si assume in quantità esagerate, infatti si può arrivare ad assumere l’equivalente di un pasto completo in pochi bicchieri.
Infine c’è da sottolineare che il vino e i superalcolici non sono la stessa cosa. Se il vino ha infatti dei benefici, i cocktail sono preparati a base di alcol puro che è come il veleno per il nostro corpo.
Pasteggiare del vino a tavola, inoltre, fa parte della cultura, in particolare europea, e rappresenta una tradizione del modo di vivere la socialità da centinaia di anni.
Come per la salute, anche in questo caso, meglio non esagerare, per non correre il rischio di dire qualche parola di troppo.
Osservasalute: così peggiora la vita degli italiani
News Presa, PrevenzioneE’ una foto a tinte fosche quella che si osserva nel Rapporto Osservasalute 2016 sulle condizioni di vita degli Italia. I dati che fanno riferimento al 2015 parlano di una speranza di vita alla nascita più bassa di 0,2 anni negli uomini e di 0,4 anni nelle donne rispetto al 2014. Quindi, rispettivamente, un’aspettativa di vita di 80,1 anni e 84,6 anni. Per la prima volta si nota anche che la distanza della durata media della vita di donne e uomini si sta riducendo anche se, comunque, è ancora fortemente a favore delle donne (+4,5 anni nel 2015 contro +4,9 anni nel 2011).
Divario Nord – Sud
Uno degli aspetti che fa riflettere è l’aumento del divario tra Nord e Sud dell’Italia, ché conferma le preoccupazioni legate al mancato raggiungimento dei Lea. Al Sud, e in particolare in Campania, si muore di più e il Sud dispone di minori risorse economiche, è gravato dalla scarsa disponibilità di servizi sanitari e di efficaci politiche di prevenzione. Per i meridionali viene registrata una mortalità decisamente prematura, sotto i 70 anni di vita. Ad esempio, nel 2015 un cittadino campano aveva un’aspettativa di vita inferiore di almeno tre anni rispetto ad un cittadino del Nord. La riduzione della mortalità negli ultimi 15 anni è stata del 27% al Nord, del 22% al Centro e del 20% al Sud e Isole.
Stili di vita
Ad essere in continuo peggioramento sono anche gli stili di vita: si mangia e si beve troppo, con il risultato che aumentano sia l’obesità che le malattie del fegato. Nel 2015, più di un terzo della popolazione adulta è risultata in sovrappeso, mentre poco più di una persona su dieci è stata classificata obesa (9,8% vs 10,2% del 2014); complessivamente, il 45.1% (46,4% nel 2014) dei soggetti oltre i 18 anni è in eccesso di peso, specie nelle regioni del Sud. I bambini e adolescenti di 6-17 anni in sovrappeso o obesi sono il 24,9%, con prevalenza nei contesti svantaggiati. Sbilanciato anche il rapporto tra coloro che fanno sport (il 33,3%, pari a 19,6 milioni) e i sedentari (che sono 23,5 milioni, pari al 39,9%).
Consumo di alcolici e tabacco
Altro dato allarmante è quello relativo al consumo di superalcolici. Nella foto scatta dal Rapporto Osservasalute si nota come si sia ridotta la percentuale dei non consumatori, pari al 34,8% (nel 2014 era il 35,6%), mentre sia aumentato il numero delle donne consumatrici a rischio. La prevalenza dei consumatori a rischio, nel 2015 risulta pari al 23% per gli uomini e al 9,0% per le donne (nel 2014 erano l’8,2%). Resta costante il numero dei tabagisti rispetto agli anni precedenti in cui si registrava un calo, nel 2015 si evidenzia un assestamento della quota dei fumatori. Sono 10 milioni e 300 mila: 6,2 milioni uomini e 4,1 milioni donne. Si tratta del 19,6% della popolazione di 14 anni ed oltre. Il vizio è duro a morire tra i giovani: le fasce di età più critiche sia per gli uomini che per le donne sono quella tra i 20-24 e 25-34 anni.
Antidepressivi
Si è registrato anche un forte aumento delle difficoltà psichiche con un conseguente aumento di consumo degli antidepressivi. Secondo i ricercatori m il trend in aumento «può essere attribuibile a diversi fattori tra i quali, ad esempio, l’arricchimento della classe farmacologica di nuovi principi attivi utilizzati anche per il controllo di disturbi psichiatrici non strettamente depressivi (come i disturbi di ansia) e la riduzione della stigmatizzazione delle problematiche depressive».
L’Uber della salute che ti mette in contatto con lo specialista
News Presa, Ricerca innovazioneTramite una nuova app gli utenti potranno trovare immediatamente un medico specialista disponibile e fissare un appuntamento senza liste d’attesa. È il nuovo Uber della salute (come è stato già soprannominato in America). L’applicazione ora è in fase di lancio negli Stati Uniti.
Come spiega il fondatore a Usa Today, inizierà le operazioni in una dozzina di città statunitensi, ma i piani sono di espandere il servizio anche ad altri paesi per poi in futuro approdare anche all’estero.
Concierge key Health è il nome dell’applicazione che ha già a disposizione 1500 specialisti di diversi settori, dalla medicina d’urgenza all’ortopedia. Il servizio costerà 2mila dollari l’anno per una persona e 3500 per una famiglia. “Vogliamo ricreare un’esperienza simile a Uber – conferma Robert Grant, Ceo della start up -. Una delle difficoltà maggior in questo campo è che nessuno pensa all’esperienza dei pazienti. Noi non forniremo servizi, ma un accesso immediato a specialisti di primo livello”.
Se avrà successo il servizio verrà esteso a 18 città nel 2018, e nel 2019 potrebbero esserci le prime applicazioni all’estero. Il modello è leggermente diverso da quello di altre app attive negli Usa, da Heal a Pager, che sono invece incentrate sulla fornitura di un medico a domicilio in caso di necessità.
La nuova applicazione, invece, vuole aiutare gli utenti ad avere a portata di click un esperto di settore
Un ‘bollino blu’ per chef che cucinano a prova di allergie
Alimentazione, Associazioni pazienti, News Presa, PrevenzioneNon solo stelle che testimonino la bravura dei nostri chef, da oggi i ristoranti potranno avere il ‘bollino blu’ per essere a prova di allergie. Il bollino, infatti, garantisce sicurezza ai circa 5 milioni di italiani che soffrono di allergie a cibi o intolleranze. L’iniziativa, che è partita da Roma, ma sarà poi estesa in tutta Italia, prevede dei corsi ad hoc dedicati a chef e ristoratori. L’obiettivo è quello di fornire nuovi strumenti (oltre a quelli da cucina) per gestire al meglio gli avventori con allergie, offrendo loro menu sicuri. Ciò prevede anche la conoscenza delle procedure da attivare in caso di emergenza.
Insomma, gli chef italiani potranno esporre d’ora in poi anche il ‘bollino blu anti allergie’. L’iniziativa, con i primi corsi per educare ristoratori e gestori a ridurre al minimo i rischi per i clienti allergici, prenderà il via a fine aprile presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, coordinata da Domenico Schiavino, responsabile del Servizio di Allergologia del Policlinico Gemelli di Roma, e si estenderà poi in tutta Italia. Organizzati dalla Società Italiana di Allergologia, Asma e Immunologia Clinica (SIAAIC), i corsi sono stati presentati in occasione del 30/mo congresso SIAAIC a Firenze. «È una esigenza che parte dalla consapevolezza che i pazienti sono in continuo aumento», ha spiegato Giorgio Walter Canonica, presidente SIAAIC.
Gli allergici ai cibi in Italia sono oltre 2 milioni, secondo i dati forniti durante il congresso, a cui si aggiungono altri 2 milioni di intolleranti a uno o più alimenti. Ma sono moltissime le forme di allergia al cibo che si stanno diffondendo: si stimano per esempio circa 5 milioni di allergici al nichel, un metallo contenuto in vari alimenti, ma anche circa 100.000 persone, in incremento, che non tollerano gli additivi alimentari. Gli chef verranno informati anche sui problemi posti dagli alimenti ‘nascosti’ nelle preparazioni in apparenza a prova di allergico, e verranno loro chiarite le reazioni crociate tra alimenti.
L’obiettivo dei corsi è anche quello di rispondere alla raccomandazione del Regolamento Europeo che suggerisce la presenza di personale formato ad affrontare le allergie tra gli addetti al pubblico. Il fine, concludono gli allergologi, è dunque andare oltre la semplice etichettatura dei 14 gruppi alimentari allergizzanti individuati dall’Ue e per cui è obbligatoria la segnalazione.
NapLAB e le nuove frontiere della ricerca scientifica
News Presa, Prevenzione, Ricerca innovazioneSi chiama NapLAB ed è un laboratorio nel quale la ricerca scientifica sembra rasentare la fantascienza, una costola dell’IRCCS SDN di Napoli, che poi è l’unico Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico in Italia di natura diagnostica. L’acronimo è quello di Neuro Anatomy and image Processing LABoratory ed è quindi subito chiaro di cosa ci si occupa, anche se il fiore all’occhiello è la vocazione hi-tech dei macchinari e delle azioni di ricerca e soprattutto l’integrazione sistemica dei saperi al servizio dello sviluppo della ricerca e della diagnostica. Al suo interno NapLAB riunisce infatti tutte le competenze tecnologiche relative al settore dell’imaging diagnostico al servizio delle esigenze clinico-scientifiche: fisici, ingegneri, biotecnologi, informatici, psicologi che lavorano accanto ai radiologi per raggiungere quanto prima il futuro approdo della medicina personalizzata, quella che sceglie la terapia migliore in base alle necessità ed ai geni del singolo paziente.
Nuove frontiere
La presentazione del lavoro di NapLAB si è tenuta oggi, in occasione dell’intervento di Luis Martí-Bonmatí, direttore del Dipartimento di Medicina per Immagini de “La Fe University and Polytechnic University Hospital” di Valencia al ciclo di incontri «Le nuove frontiere della ricerca scientifica», ideato e promosso dal IRCCS SDN, con la direzione scientifica Marco Salvatore, per divulgare le nuove scoperte della ricerca scientifica in campo biomedico. Tema della conferenza, coordinata da Arturo Brunetti, direttore dell’Istituto di Radiologia dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, saranno le nuove frontiere della radiomica e il futuro della medicina di precisione. «L’evoluzione tecnologica della strumentazione di diagnostica per immagini e di laboratorio – anticipa il direttore scientifico dell’IRCCS SDN, Marco Salvatore – sta rivoluzionando la capacità di ricavare informazioni utili al paziente per garantire un iter diagnostico personalizzato». Tradizionalmente le immagini radiologiche erano interpretate dagli specialisti tramite una valutazione visiva che si rifletteva in un referto prevalentemente descrittivo. Oggi, come ha evidenziato Salvatore «le immagini diagnostiche provenienti da modalità avanzate come la risonanza ad alto campo, la TAC a doppio tubo e metodiche ibride come la PET-risonanza, contengono molte più informazioni utili alla diagnosi rispetto a quelle rilevabili solo visivamente e grazie al supporto dei calcolatori di nuova generazione e di metodi avanzati di analisi dei dati si riesce a derivare dall’informazione complessa contenuta negli esami di diagnostica per immagini, biomarcatori numerici utili ad una diagnosi più precisa e più precoce e ad un percorso terapeutico specifico per il singolo paziente». Un’attività che apre uno scenario rivoluzionario, in cui diventa possibile leggere un referto radiologico come un referto di laboratorio e in cui è i risultati sono quantitativi e possono essere valutati risultati rispetto a dei valori normativi.
Dalla radiomica alla radiogenomica
Luis Martí-Bonmatí spiega che «lo studio e l’applicazione di metodi di calcolo numerico a immagini diagnostiche rientrano in una nuova scienza, la radiomica, che si pone l’obiettivo di stabilire un quadro completo delle caratteristiche significative di stati patologici o di risposta alla terapia». Ed è proprio questo uno dei settori d’azione di NAPLAB che lavora in particolare in uno dei campi di applicazione principali della radiomica: quello oncologico, nel quale, come spiega il fisico Marco Aiello, coordinatore di NapLAB, «le immagini relative a lesioni tumorali vengono elaborate secondo procedure radiomiche consentendo un confronto numerico e statistico dei risultati con altre caratteristiche individuali come le informazioni genomiche». Ed qui che, guardando al futuro della medicina personalizzata, la radiomica diventa radiogenomica.
Se lo smartphone diventa uno strumento diagnostico
Eventi d'interesse, News Presa, Ricerca innovazioneSi chiama D-Eye ed è una cover hi-tech che applicata allo smartphone consente di valutare il fondo oculare e capire, ad esempio, se ci sono anomalie della retina. «Uno strumento come questo – spiega Giuseppe Mele, presidente Paidòss – consente un’analisi approfondita della retina, del nervo ottico e del cristallino soltanto avvicinando l’iPhone al viso del bimbo. Ci permette quindi di fare diagnosi rapidissime, più semplici e anche più precise rispetto all’oftalmoscopio classico». Lo strumento standard, infatti, deve accostato molto al viso e per questo non è gradito. Diversamente, chiedere a un piccolo di guardare la lucina di uno smartphone, peraltro di intensità attenuata e filtrata rispetto a quella del flash, non crea fastidi, anzi: i cellulari sono oggetti che affascinano tutti i bimbi.
Analisi approfondire
Grazie al D-Eye si possono osservare zone di retina più ampie rispetto all’oftalmoscopio classico ed è anche “social”, perché le immagini possono essere registrate e condivise con i colleghi per un consulto in caso di sospetto diagnostico. Tutto questo rende la cover speciale uno strumento utilissimo per ogni pediatra, perfetto per test rapidi di screening: se poi si teme che ci sia un problema, ovviamente si passa a esami più approfonditi con le macchine fotografiche che si trovano negli ospedali, più ingombranti e costose.
Tecnologia smart
La cover in alluminio (alle cui funzionalità si accede grazie a una specifica app da installare sul telefono) funziona grazie a minuscoli magneti ai quali viene fissato un piccolo dispositivo ottico che rende coassiale l’illuminazione del telefonino con la telecamera. In questo modo viene eliminato qualsiasi riflesso e il medico può vedere all’interno dell’occhio, affacciandosi a una “finestra” eccellente per individuare anomalie come la cataratta congenita o il retinoblastoma. Inoltre, la capacità di messa a fuoco dello smartphone permette di compensare l’eventuale difetto visivo del paziente. La semplicità d’uso lo rende perfetto per essere adoperato ovunque. Quindi per ora il maggior limite è la compatibilità con i soli iPhone.
Una cover sartoriale
«Il vantaggio di D-Eye è che chiunque di noi ha uno smartphone in tasca, lo svantaggio che i modelli cambiano ogni pochi mesi e ogni volta è necessario realizzare una cover “sartoriale” per ciascuna nuova tipologia di telefono», spiega Andrea Russo, che ha depositato il brevetto appena tre anni fa e poi, grazie all’incubatore di start up padovano Si14, ha iniziato a produrlo a livello industriale dopo aver ottenuto la certificazione CE e della Food and Drug Administration statunitense. «L’iPhone è lo smartphone con una geometria più stabile, per cui per il momento ci siamo concentrati su questi modelli; l’obiettivo ora è creare un D-Eye universale che possa adattarsi a qualunque modello di cellulare. Il dispositivo, oltre a essere utile per i test nei bambini, è molto valido anche in altre situazioni cliniche: è stato testato per l’analisi di adulti con retinopatia diabetica o ipertensiva, per esempio, e anche per riconoscere le alterazioni retiniche nei pazienti con glaucoma».
Nasce al Cardarelli la Robotic Academy Intuitive Naples
Ricerca innovazioneUna partnership intercontinentale per formare i chirurghi di domani. Il progetto vede protagonista l’Azienda ospedaliera Antonio Cardarelli di Napoli dove nascerà la della Robotic Academy Intuitive Naples, diretta dal dr. Guido De Sena, direttore della UOC Chirurgia 1 del Cardarelli. In pratica l’accademia dove i medici di tutta Europa (e non solo) potranno apprendere le “arti della chirurgia robotica”. Tutto nasce dalla firma, del 7 aprile scorso, di un contratto tra il Cardarelli, il colosso statunitense Intuitive Surgical (produttore del sistema robotico da Vinci) e l’AB Medica che distributrice il robot sul territorio nazionale. «Creiamo così – spiega il direttore generale Ciro Verdoliva – un’accademia di formazione unica in Europa per la formazione di una nuova generazione di chirurghi, perché capace di unire i diversi know how esperienziali del Gruppo Robotico Inter-Ospedaliero G.R.I.O. – del quale fanno parte oltre al Cardarelli anche il Monaldi il Pascale e il Policlinico federiciano. Il Gruppo si avvale inoltre della collaborazione del Centro ICAROS della Federico II».
Biotecnologie avanzate
La formazione dei chirurghi europei che afferiranno alla Robotic Academy Intuitive Naples si terrà nelle aree del Centro di Biotecnologie avanzate del Cardarelli, diretto dal dottor Santolo Cozzolino. A disposizione dei chirurghi ci sarà un robot da Vinci di ultima generazione con doppia consolle fornito a titolo gratuito dalla Intuitive Surgical così come anche tutto il materiale di consumo necessario per l’attività didattica sarà garantito – senza alcuna spesa per il Cardarelli – dalla AB Medica. La portata innovativa di questo progetto è enorme, basti pensare che l’esperienza dell’Academy permetterà al Cardarelli non solo di consolidare la propria leadership nella chirurgia robotica, ma anche di generare risorse economiche che potranno poi essere reinvestite nelle cure destinate ai pazienti. Come detto, grazie alle condizioni contrattuali pretese nei confronti di Intuitive Surgical, il Cardarelli non dovrà affrontare alcun costo. Facile comprendere quanto questo sia importante in un sistema che negli anni ha dovuto fare i conti con una drastica rimodulazione della spesa.
Eccellenza partenopea
«Riuscire a creare a Napoli un polo di formazione di livello europeo è qualcosa che ci riempie di orgoglio», aggiunge Verdoliva. «E’ un riconoscimento alla passione e alla professionalità che ogni giorno mettiamo in campo a favore dei cittadini/pazienti ed è un ulteriore passo in avanti verso il raggiungimento degli obiettivi che il presidente De Luca ha fissato per fare in modo che la sanità campana sia riconosciuta sempre più come un’eccellenza». In Europa non esiste più alcun polo di formazione di questo sistema robotico della Intuitive. Da oggi l’unico polo formativo europeo sarà a Napoli, al Cardarelli.
I vantaggi della chirurgia robotica
Il sistema da Vinci permette di intervenire in maniera non invasiva, con una precisione che riesce ad ottimizzare ogni movimento della mano del chirurgo. I chirurghi adeguatamente formati per l’utilizzo del robot possono intervenire in campo urologico, nella chirurgia generale, nella ginecologia oncologica e benigna, nella chirurgia toracica, nella cardiochirurgia, nell’urologia pediatrica, nella chirurgia dell’obesità, nell’otorinolaringoiatria e nella chirurgia dei trapianti. Un novero estremamente ampio di discipline, insomma, con enormi benefici per i pazienti. Si riduce infatti la degenza ospedaliera, il dolore post-operatorio e il rischio di infezioni. In tutta Italia i sistemi da Vinci sono 90, quattro dei quali, come detto, sono a Napoli, mentre un quinto è appena stato installato all’Ospedale del mare. Il perno attorno al quale ruota la nascita del polo robotico e ora dell’Academy è il Centro di biotecnologie del Cardarelli. A rendere unica in Europa la Robotic Academy Intuitive Naples è il contatto con la componente ospedaliera che riuscirà ad andare oltre la semplice formazione teorica e virtuale. E un ulteriore beneficio verrà anche dal confronto tra i chirurghi campani e il resto d’Italia e d’Europa, un confronto importante per migliorare sempre più.
Azienda dei Colli, la Campania mostra le sue eccellenze
News PresaL’ospedalità privata incontra l’eccellenza del pubblico. E’ successo a Napoli, quando una delegazione dell’Aiop Giovani è stata ricevuta in visita all’Azienda dei Colli. Al centro della visita la piastra operatoria dell’Area Critica, con la terapia intensiva e la rianimazione, il day-surgery, l’area «Lumaca» nella quale si effettuano le preparazioni dei chemioterapici, e il reparto di Urologia dell’ospedale Monaldi. Insomma, un vero e proprio tour delle eccellenze.
Condivisione
L’obiettivo del tour è stato quello di realizzare uno scambio esperienziale utile sia a migliorare la conoscenza dei modelli organizzativi delle strutture visitate, che l’integrazione dei rapporti tra pubblico e privato. Conoscere realtà eccezionali, insomma, per carpirne quelle che in gergo vengono definite «best practice». A girare per i reparti, circa 40 tra medici e imprenditori under 40 provenienti da tutta Italia. Giuseppe Longo, direttore generale dell’azienda ospedaliera dei Colli ha parlato di una visita che ha offerto l’opportunità di verificare e mostrare i punti di forza dell’Azienda. «La scelta dell’Aiop che, dopo 10 anni di tour in centri privati, ha chiesto di visitare una struttura sanitaria pubblica – ha aggiunto – è per noi motivo di orgoglio. In genere quando si parla di sanità campana si parla dei suoi aspetti negativi, oggi, invece, abbiamo la possibilità di evidenziare quanto di positivo c’è nelle strutture sanitarie campane. Oggi è stato possibile confrontarci con rappresentanti di altre realtà nazionali da cui possono nascere spunti per la crescita di tutto il comparto sanitario della nostra regione».
Mai rinunciare alla qualità
Per Nino Postiglione, direttore generale dell’assessorato alla Sanità della Regione Campania, la presenza della Regione è valsa a testimoniare la volontà di mostrare nuovi processi virtuosi in sanità. «Siamo da dieci anni in un piano di rientro, siamo dal 2009 in regime di commissariamento, ma siamo anche da 3 anni in avanzo di amministrazione – ha aggiunto – offrendo servizi di qualità nonostante un blocco del turn over». Fondamentale, dunque, rinnovare con forza la collaborazione tra pubblico e privato per fare sì che un rapporto di sinergia e di leale collaborazione consenta di offrire ai pazienti una risposta sanitaria sempre migliore sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo.
Tra pubblico e privato
Entusiasta anche il commento di Sergio Crispino, presidente Aiop Campania: «Oggi assistiamo ad una inversione di tendenza rispetto a quello che si sente sulla sanità pubblica. E noi di Aiop siamo costantemente impegnati nel creare una rete costante tra aziende pubbliche e private per non far mancare quel welfare che è al centro della nostra costituzione». La due giorni di lavori si inserisce in una serie di tour che ha portato i giovani dell’Aiop in tutto il mondo e, dopo un peregrinare che è durato più di un decennio, è arrivata l’esigenza di focalizzarsi nell’ambito italiano per vedere come sta cambiando la sanità.
Arrivano i vaccini nanotech per le allergie 10 volte più potenti
News Presa, PrevenzioneA breve ci sarà un potente vaccino per le allergie e si potrà dire addio alle fastidiose reazioni allergiche.
Prendono inizio, infatti, i primi test sull’uomo dei vaccini nanotech, l’avanguardia nella lotta a questi disturbi. La notizia è stata annunciata in occasione del XXX congresso nazionale della Società Italiana di Allergologia, Asma e Immunologia Clinica (SIAAIC), in corso in questi giorni a Firenze. Gli esperti sottolineano che grazie all’uso di questi prodotti innovativi la lotta alle allergie, anche le più complesse da trattare, diventerà sempre più efficace. I nano-vaccini sono infatti dieci volte più potenti di quelli standard e possono dare una risposta efficiente in metà del tempo. Ci vorranno 4-5 anni, hanno spiegato stamane gli allergologi, prima che i nuovi vaccini arrivino sul mercato.
“Per risolvere le allergie la strada è ormai tracciata e passa dai vaccini – ha spiegato il professor Enrico Maggi, presidente eletto della Società Italiana di Allergologia, Asma ed Immunologia Clinica -. L’immunoterapia con vaccini disegnati per insegnare al sistema immunitario a tollerare gli allergeni contro cui viene montata una risposta eccessiva è l’opzione migliore, quando è possibile, perché l’unica che anziché curare i sintomi risolve la patologia all’origine”. Purtroppo, aggiunge il professor Maggi, in alcuni casi non è facile sviluppare un vaccino che sia efficace e allo stesso tempo sicuro e ben tollerato. L’uso delle nanoparticelle potrebbe cambiare completamente la prospettiva. Questi minuscoli composti infatti sono costruiti dai ricercatori e disegnati in base al bersaglio che si vuole raggiungere. “Un nano-vaccino – ha sottolineato il professor Giorgio Walter Canonica, presidente SIAAIC – punta solo dove serve e questo riduce la probabilità di eventi avversi perché possiamo disegnarlo in modo che sia attivo solo su una specifica popolazione di cellule del sistema immunitario”.
Cresce l’abuso di alcol fuori pasto, in Italia 3,7milioni di ‘grandi bevitori’
Associazioni pazienti, News Presa, PrevenzioneIn Italia si beve di più. Il consumo di alcol, in particolare di aperitivi, amari e superalcolici è aumentato, soprattutto lontano dai pasti (rendendolo più dannoso per la salute). I ‘grandi bevitori’, i cosiddetti ‘binge drinker’ che fuoripasto assumono grandi quantità di alcolici, toccano quota 3,7 milioni e sono soprattutto giovanissimi. Il quadro preoccupante emerge dall’ultima Relazione su alcol e problemi correlati, trasmessa dal Ministero della Salute al Parlamento.
Nel corso del 2015, il 64,5% degli italiani di 11 anni e più, ovvero 35,6 milioni di persone, ha consumato almeno una bevanda alcolica, con prevalenza maggiore tra i maschi (77,9%) rispetto alle femmine (52%). Un consumo in aumento visto che nel 2014 aveva consumato almeno una bevanda alcolica il 63% degli italiani, pari a 34,3 milioni. Il trend è però in calo se si guarda al decennio 2005-2015, in cui c’è stata una diminuzione della quota di consumatori dal 69,7% al 64,5%. Aumenta in modo preoccupante il numero di italiani che beve lontano dai pasti: nel 2013 erano il 25,8%, nel 2014 erano il 26,9%, nel 2015 risultano il 27,9%. Spesso inoltre lo fanno senza moderazione.
In particolare, è allarmante il fenomeno del binge drinking, ossia l’assunzione di molto alcol al di fuori dei pasti e in breve arco di tempo: nel 2015 è stato pari a 10,8% tra gli uomini e 3,1% tra le donne, con oltre 3.700.000 binge drinker oltre gli 11 anni. “L’alcoldipendenza – ricorda il Ministero – è un fenomeno che continua a necessitare di grande attenzione per le implicazioni sanitarie e sociali che ne derivano”.
L’aumento dei consumi risulta confermato anche dai dati forniti dal database europeo Health For All (HFA-DB), che mostra nella rilevazione dei litri di alcol puro medio pro capite consumati nella popolazione ultra quindicenne in Italia, nel corso degli ultimi quattro anni, un nuovo incremento in controtendenza rispetto agli anni precedenti.
Lo studio sui consumi alcolici nelle Regioni Italiane, invece, dimostra che il consumo di alcol nell’anno è decisamente aumentato rispetto all’anno precedente sia al Nord e sia al Centro Italia, mentre non si rilevano variazioni statisticamente significative al Sud e nelle Isole.