Tempo di lettura: 4 minutiPositive nutrition, ovvero una nutrizione che miri ad un corretto stile di vita: adeguata attività fisica quotidiana e moderata restrizione calorica che tenga conto della qualità dei nutrienti assunti. Del resto, pensare positivo anche quando ci si siede a tavola è il primo passo per restare in salute. Anche perché la dieta non è solo privazione, ma anche aggiunta di cibi, un «Superfood», che possono aiutarci a vivere più a lungo e meglio. Non si parla, infatti, solo di longevità in senso stretto ma di durata della vita in buona salute, o «healthspan» come la definiscono negli Usa, ovvero la longevità al netto degli anni di malattia. È questa la chiave, la ‘svolta’ che può invertire il trend che ha portato un aumento dei casi di obesità in 45 anni dal 15 al 36% della popolazione adulta, con pacchetto calorico giornaliero superiore di 300 calorie rispetto agli anni Settanta. Si mangia troppo e male, si vive di più ma si vive peggio. Ma mentre l’invecchiamento è un processo irreversibile influenzato dall’assetto genetico di ognuno di noi, che può fare aumentare la suscettibilità individuale a contrarre una malattia, il rischio di sviluppare una patologia, invece, è legato in prevalenza a fattori ambientali tra cui l’alimentazione e lo stile di vita in generale. La cosiddetta infiammazione silente, che concorre all’invecchiamento, è alla base di importanti malattie croniche (prime tra tutte diabete e obesità, tumori, patologie cardiovascolari, neurodegenerative e così via).
Approccio culturale
«La positive nutrition – spiega Giovanni Scapagnini, medico e neuroscienziato, professore associato di biochimica clinica presso il dipartimento di Medicina e scienze della salute dell’Università del Molise – deriva da un concetto della psicologia dove il ‘pensare positivo’ è un approccio culturale che aiuta a raggiungere una maggiore felicità. Siamo abituati a pensare alla dieta con l’idea della privazione, ovvero la necessità di eliminare o quanto meno limitare il consumo di certi alimenti specie se abbiamo problemi di salute come colesterolo o diabete. Ma il cibo può essere una fonte di sostanze benefiche per la salute, veri e propri farmaci, con azioni ben precise sull’organismo e sul funzionamento di ogni sua singola cellula». La positive nutrition non è la proposta dell’ennesima dieta del momento, ma uno stile di vita da abbracciare per sempre.
Il libro
Positive Nutrition. I pilastri della longevità è anche il titolo dell’ultimo libro di Barry Sears, presidente della Inflammation Research Foundation e tra i massimi esperti nel campo del controllo della risposta ormonale attraverso la dieta. L’inventore della famosa dieta Zona parte da un concetto fondamentale e ormai condiviso da tutti gli esperti: l’infiammazione silente è alla base dell’eccesso di peso e di gran parte delle malattie. «L’infiammazione – spiega Sears – può essere un’arma a doppio taglio: ci permette di difenderci dalle invasioni microbiche e consente alle lesioni fisiche di guarire. Se, però, la risposta infiammatoria non si risolve in maniera adeguata, allora diventa un’infiammazione a bassa intensità che può attaccare i nostri stessi organi, accelerando l’insorgere di malattie croniche. Mantenerla entro una certa zona – non troppo bassa, non troppo alta – è anche uno dei fattori chiave della positive nutrition, in quanto permette appunto di ridurre lo sviluppo precoce di patologie croniche».
Contro l’infiammazione
Se l’infiammazione è il nemico bisogna combatterla anche a tavola con una strategia nutrizionale che riesca a controllarla mantenendola entro una zona di valori né troppo alti né troppo bassi, riducendo anche l’apporto calorico ma senza provocare quella spiacevole sensazione di sentirsi stanchi o affamati. “Una dieta antinfiammatoria – dice Benvenuto Cestaro, docente di Chimica Biologica e Biochimica della Nutrizione della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Milano – prevede una riduzione di cibi pro-infiammatori, come gli acidi grassi idrogenati (prodotti da forno, da pasticceria, da fast food, margarina eccetera), gli acidi grassi saturi (carni rosse, latte, burro e formaggi) e gli acidi grassi omega-6 (da cui deriva l’acido arachidonico). Da privilegiare, gli acidi grassi monoinsaturi (olio di oliva, per esempio) e, soprattutto, i polinsaturi omega-3. Il rapporto ideale nella dieta tra omega-6/omega-3 è approssimativamente di 2:1”.
I Superfood
Pesce, alghe, verdure, spezie. Sono alcuni degli ‘alimenti-farmaci’ che non dovrebbero mancare mai a tavola perché ricchi di acidi grassi omega-3 e polifenoli, ormai considerati dei Superfood perché si è visto che sono molto presenti nell’alimentazione delle popolazioni più longeve. «Gli omega-3 sono sostanze essenziali – aggiunge Giovanni Scapagnini – ma nell’alimentazione quotidiana il quantitativo si è ridotto molto, e questo è alla base dei processi infiammatori che potrebbero spiegare l’aumento delle malattie cronico-degenerative”. Appartengono al gruppo dei Superfood anche i polifenoli presenti nelle piante. “Si comportano come dei trainer per le nostre cellule perché sono in grado di innescare la trascrizione genica. In pratica, insegnano alle cellule a mantenere il controllo dello stress ossidativo, dell’infiammazione e del metabolismo». Come assumere questi nutrienti così preziosi? Scegliendo gli alimenti con criterio oppure – quando necessario – ricorrendo ad un’integrazione. «Gli integratori – precisa Scapagnini – non sono un ‘peccato’ da non commettere, ma piuttosto una forma concentrata di principi attivi che sostengono il benessere. Non basta, infatti, una sana alimentazione per assumere i nutrienti di cui abbiamo bisogno, sia perché gli alimenti si sono impoveriti dal punto di vista nutrizionale, sia perché i quantitativi che riusciamo a mangiare non bastano per farci assumere il quantitativo necessario».
I dosaggi di Superfood indicati dall’Efsa
La stessa Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (Efsa) ha espresso un parere scientifico sui livelli di assunzione di omega-3. «Secondo gli esperti Efsa – prosegue Scapagnini – per ottenere gli effetti indicati di riduzione della pressione sanguigna e dei livelli dei trigliceridi occorre un’assunzione di EPA (acido eicosapentaenoico) e DHA (acido docosaesaenoico) compresa tra 2 e 4 grammi al giorno, mentre per il mantenimento di una normale funzione cardiaca è sufficiente un’assunzione di 250 mg». Per i polifenoli, invece, non esistono ancora delle chiare indicazioni sui livelli di assunzione tranne che per quelli contenuti nell’olio extra-vergine di oliva e nel cacao. «In particolare, l’Efsa ha stabilito che per poter svolgere una funzione anti-ossidante, migliorare il metabolismo dei grassi e proteggere dal colesterolo cattivo il consumo dovrebbe essere per lo meno pari a 5 mg di idrossitirosolo (uno dei polifenoli contenuti nell’olio di oliva). Per quanto riguarda i polifenoli del cacao, l’Efsa ha stabilito che i flavanoli aiutano a mantenere un buon flusso sanguigno e quindi a prevenire l’aterosclerosi se ne assumiamo 200 mg al giorno, una quantità che si raggiunge con 2,5 grammi di polvere di cacao o 10 grammi di cioccolato fondente». Di questi temi si è parlato durante il 4th International Congress Science in Nutrition organizzato dalla Fondazione Paolo Sorbini per la scienza nell’alimentazione e con il Patrocinio di Regione Lombardia. Nell’ambito dell’evento si è svolta una Tavola Rotonda dal titolo «Positive Nutrition: i pilastri della longevità».
Fiocchi in Ospedale, vicini alle famiglie e ai più piccoli
News PresaBen 905 persone raggiunte tra futuri genitori, neo-genitori e parenti del nucleo famigliare. Addirittura 580 le mamme e i papà coinvolti nei servizi offerti e nelle attività proposte. Sono solo alcuni dei numeri del bilancio di «Fiocchi in Ospedale» al Cardarelli di Napoli. Il progetto, promosso a livello nazionale da Save the Children Italia onlus e realizzato a Napoli dall’associazione Pianoterra onlus (grazie anche al significativo contributo dello sponsor Pasta Garofalo), nasce con l’obiettivo di favorire non solo il benessere della mamma e del neonato, ma anche e soprattutto di garantire il rispetto dei diritti dell’infanzia e l’integrazione socio-sanitaria.
I numeri del Cardarelli
Sono stati 21 i bambini e i relativi nuclei famigliari presi in carico nel 2016 con percorsi di sostegno psico-educativo, orientamento ai servizi sul territorio e monitoraggio telefonico al rientro a casa. Guardando invece ai primi tre mesi del 2017 sono state raggiunte 241 persone tra futuri genitori, neo-genitori e parenti, sono state coinvolte 101 tra mamme e papà e 56 bambini nei servizi offerti e nelle attività proposte e sono stati presi in carico 6 bambini e relativi nuclei familiari. Nello specifico lo sportello, situato all’interno della struttura ospedaliera partenopea, è gestito da un’assistente sociale, una psicologa e un’educatrice perinatale che svolgono numerose attività, tra cui: accoglienza di gestanti e neo-genitori; individuazione delle situazioni di disagio e fragilità economica e sociale; accompagnamento dei nuclei familiari con attività di puericultura, corsi preparto last minute, consulenze specialistiche su allattamento e altri aspetti relativi all’accudimento del neonato; consulenze etno-psicologiche con le famiglie straniere, orientamento e accompagnamento ai servizi sociali, educativi e sanitari del territorio di appartenenza del nucleo familiare, e molto altro ancora.
Sostegno alle famiglie
«Avere un figlio è bellissimo ed è un momento unico e irripetibile all’interno della vita di ciascuna donna – dice Flaminia Trapani, responsabile scientifica dei progetti di Pianoterra onlus –. Può essere però anche un momento difficile, soprattutto per donne e nuclei familiari che presentano fragilità diverse. Oltretutto può essere molto arduo orientarsi nel sistema socio-sanitario italiano: le leggi cambiano, i servizi sono tanti e non sempre ben segnalati, le informazioni spesso risultano essere incomplete e poco chiare. Fiocchi in Ospedale mira proprio a sostenere le mamme prima, durante e dopo la nascita di un bambino attraverso l’ascolto, l’orientamento e l’accompagnamento ai servizi presenti sul territorio e la presa in carico delle situazioni di maggiore vulnerabilità. A Napoli dal 2016 il pastificio Garofalo compartecipa al finanziamento di Save the Children Italia realizzando quel che viene definito “welfare misto” un sistema integrato di intervento dove il mondo profit si unisce al no-profit condividendo la responsabilità sociale del benessere della propria comunità»
Il dg Verdoliva
«E’ un progetto al quale teniamo molto. Siamo convinti che essere al fianco dei pazienti, e in questo caso delle famiglie, sia un compito al quale un ospedale come il nostro non può e non deve sottrarsi. Solo così si può realizzare una sanità veramente d’eccellenza, una sanità che vede al centro le esigenze del cittadino. Queste, del resto, sono le direttive assegnate dal presidente De Luca a tutti noi direttori generali per fare in modo che anche sulla salute la Campania non sia mai più ultima».
Loreto Mare, un intervento straordinario
News Presa, Ricerca innovazioneUn pacemaker piccolo quanto una compressa di antibiotico impiantato direttamente nel cuore. Nessun elettrocatetere e nessuna tasca chirurgica sotto la pelle. Un intervento innovativo che per la prima volta in Campania è stato fatto in un ospedale pubblico. Di per se questa sarebbe già una buona notizia, lo è ancor più se si considera che il nome dell’ospedale in questione è Santa Maria di Loreto Nuovo, vale a dire il Loreto Mare di Napoli.
Già, proprio quell’ospedale divenuto tristemente noto per la cricca dei furbetti. Assenteisti del cartellino, finiti nell’occhio del ciclone qualche mese fa.
Se “la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni”, quella del riscatto è invece fatta di centinaia di esperienze virtuose e di grandi professionisti che senza troppo clamore fanno cose straordinarie.
Comprensibile che stavolta un pizzico di orgoglio sia venuto trapelato dalle pareti del nosocomio e che il cardiochirurgo (primario del Loreto Mare) che ha eseguito l’intervento abbia parlato di una «risposta per tutti coloro che pensano che il Loreto Mare nell’ospedale dei furbetti». Queste le parole di Bernardino Tuccillo, affiancato per questa operazione da Michele Canciello, Raimondo Calvanese e Giuseppe Picardi.
Al di là della rivalsa resta la giusta considerazione dei vantaggi che un intervento simile determina per il paziente.Come detto, il dispositivo impiantato è piccolissimo. Non più grande di una compressa di antibiotico ed è stato inserito all’interno del cuore del paziente passando per l’arteria femorale. Altro vantaggio, non meno importante, il fatto di non avere il disagio estetico e le limitazioni funzionali nell’attività di tutti i giorni che si hanno con interventi convenzionali.
Tutto è durato poco più di 30 minuti, regalando al paziente una prospettiva e una qualità di vita altrimenti impossibile. «Il Loreto Mare – ha detto il medico – ha grandi professionalità, non dimentichiamo, ad esempio, che siamo un centro di riferimento regionale per il trattamento dell’infarto acuto, attivi 24 ore su 24, 7 giorni su 7».
Ovviamente, tanta soddisfazione anche da parte del direttore sanitario Mariella Corvino. «Riuscire a realizzare nel pubblico interventi come questo – dice con orgoglio – significa offrire una sanità d’eccellenza a tutti, indipendentemente dalle possibilità economiche».
Il direttore sanitario, che a suo tempo ha duramente condannato i comportamenti rilevati dalla magistratura, non ha mai smesso di difendere la parte sana del presidio. Che poi è la stragrande maggioranza del personale. «Come la cardiologia – conclude – il Loreto Mare esprime tante altre eccellenze. Occasioni come queste ci permettono di mostrare il nostro volto autentico, ciò che siamo non può essere cancellato dai comportamenti di pochi».
Nigeria: MSF contro la peggiore epidemia meningite batterica dal 2008
Associazioni pazienti, News Presa, PrevenzioneNel nord della Nigeria, migliaia di uomini, donne e bambini sono stati colpiti dalla peggiore epidemia di meningite batterica del gruppo C, degli ultimi nove anni. Circa sei mesi dopo che i primi casi sono stati registrati nello stato dello Zamfara, il Ministero della Salute nigeriano sta ancora cercando a fatica di combattere questa epidemia che si è diffusa in sette stati del Paese. Dal mese di febbraio, quando l’epidemia è stata ufficialmente dichiarata, i Medici Senza Frontiere supportano le autorità sanitarie nella sorveglianza epidemiologica e nella gestione dei casi nelle località più colpite, la lentezza del sistema di risposta del Paese e la carenza di vaccini, però, ostacolano il lavoro.
Il 15 aprile, MSF ha aperto un centro sanitario da 200 posti letto nella città di Sokoto, seguito da una struttura da 20 posti letto ad Anka, nello Zamfara. In queste strutture, l’unità di risposta alle emergenze di MSF in Nigeria (NERU) lavora intensivamente per fornire cure mediche gratuite e di qualità e ridurre il più possibile la mortalità.
Queste équipe trattano casi impegnativi in un contesto difficile. “Qualche giorno fa un bambino di nove anni affetto da meningite grave, è stato portato in stato di incoscienza”, racconta Caroline Riefthuis, un’infermiera di MSF a Sokoto. “È stato ricoverato e sottoposto a trattamento per cinque giorni, ma sfortunatamente è rimasto sordo e cieco come effetto collaterale della malattia”.
Questo bambino è uno dei 614 pazienti trattati nell’ospedale Mutalah Mohamad di Sokoto da quando è gestito da MSF, che ha preso il posto del Ministero della Salute per via della mancanza di forniture e staff qualificato per gestirlo. Nell’ospedale Generale di Anka, 137 pazienti sono stati ammessi sin dall’inizio dell’epidemia. Molti sono tra i cinque e i venti anni di età.
In aggiunta allo staff che lavora nei centri sanitari, undici équipe di sorveglianza di MSF hanno visitato le strutture sanitarie per determinare l’insorgere di nuovi casi negli stati di Sokoto, Zamfara, Yobe, Niger e Kebbi. Queste visite hanno anche permesso a MSF di implementare attività aggiuntive, come la promozione della salute, volta ad aumentare la consapevolezza della comunità sui segnali e i sintomi della meningite, e la ricerca di nuovi malati.
Alla fine di aprile, il Ministero della Salute ha riportato 9.646 casi sospetti e un totale di 839 morti dalla fine del 2016. Il primo maggio, MSF è stata finalmente in grado di unirsi a una campagna di vaccinazione lanciata dalle autorità sanitarie nello stato di Sokoto. Nelle tre aree più colpite, 25 équipe di MSF hanno vaccinato circa 850 persone al giorno per sette giorni al fine di raggiungere 148.000 persone — su un totale di 800.000—tra 1 e 20 anni di età. Un’altra campagna che mira a raggiungere circa 130.000 persone, inizierà nel corso del mese nelle quattro aree più colpite dello stato di Yobe.
Nonostante queste campagne di vaccinazione siano una tappa cruciale per fermare il diffondersi dell’epidemia, MSF è preoccupata della risposta tardiva alla crisi in Paese dove le epidemie di meningite non sono rare. “Il sistema di allerta rapida e la risposta tempestiva devono essere rafforzati, così come deve essere definita meglio la strategia di implementazione, per ridurre il più possibile l’impatto dell’epidemia”, spiega Philip Aruna, capo missione di MSF in Nigeria.
Ancora più preoccupante è la carenza globale di vaccini contro il meningococco del gruppo C, che ha contribuito alla risposta tardiva e aumentato il tasso di mortalità in Nigeria. “L’epidemia si sta diffondendo velocemente e siamo preoccupati perché non ci sono abbastanza vaccini per coprire la popolazione colpita” prosegue Philip Aruna. Nello stato di Sokoto, per esempio, servirebbero tre milioni di vaccini per lanciare una campagna di massa, ma ne sono disponibili solo 800.000. Una tale quantità permette di effettuare solamente una campagna reattiva, con équipe che agiscono rapidamente per prevenire che la malattia si diffonda.
Per affrontare queste sfide logistiche e ridurre il tasso di mortalità, MSF insiste sulla necessità che i centri sanitari siano decentralizzati in modo che tutti i malati, anche nelle aree lontane, possano avere accesso a cure sanitarie gratuite e di qualità e a test diagnostici opportuni per confermare velocemente i casi e prevenire le diagnosi sbagliate. È cruciale inoltre la messa a punto di misure preventive adeguate per evitare un’altra risposta tardiva quando la prossima epidemia di meningite inevitabilmente avrà luogo.
#Controllati, urologi in campo per la prevenzione al maschile
News Presa, PrevenzioneProblemi urologi? I numeri parlano da soli. Iperplasia prostatica benigna, prostatite o tumore della prostata (53%), disturbi sessuali (30%), nel dettaglio: disfunzione erettile 15,5%, eiaculazione precoce 7,5%, calo della libido 7,6% e patologie testicolari: sono le principali problematiche intime con cui se la deve vedere il 53% degli campani, cui si possono aggiungere anche disturbi renali (6%) quali calcoli o malattie oncologiche, o urinari (5.4%). Senza contare problemi di nicturia (24,7%), disuria (15,7%), senso di svuotamento incompleto (18%), urgenza minzionale (quasi 15%) e aumentata frequenza (17%). Complessivamente questi problemi interessano, da soli o meno, oltre il 51% della popolazione maschile nella fascia di età tra i 25 e i 75 anni, con un sensibile impatto sulla vita personale e di coppia, indipendentemente dall’età. Un mix di fattori e sintomi, che vengono spesso trascurati per disinformazione, superficialità, disattenzione o scarsa sensibilizzazione verso le questioni intime.
Lo studio
Sono dati preoccupanti quelli raccolti in una ricerca condotta nel 2016 dalla Società Italiana di Urologia, che ha analizzato i dati della Campagna di prevenzione «#Controllati 2016» che ha coinvolto 81 centri urologici del territorio e quasi 10 mila pazienti (con 2.400 schede compilate). Un campione eterogeneo che riguarda pazienti con vita di coppia stabile – matrimonio o convivenza – in parte sani e in parte affetti da ipertensione, sindrome metabolica o con familiarità per tumore prostatico. Tutti “interrogati” attraverso un questionario a largo raggio su possibili problemi sessuali e urologici.
Pronti alla prevenzione
Con questi dati in mano, e per fare chiarezza sulla conoscenza delle problematiche sessuali e sensibilizzare l’uomo a prendersi cura della propria salute intima, parte la seconda edizione della campagna #Controllati per insegnare il valore e l’importanza della prevenzione, specie in tema di disturbi prostatici e sessuali, quelli più frequenti e critici in tutte le fasce di età. Tutte le informazioni sono sul sito controllati.it, dove sarà possibile anche prenotare on line la visita e al numero verde 800.822822. E con l’App #Controllati, disponibile dal 1 giugno sugli store digitali di Apple e Google, sarà possibile ottenere tutte le informazioni sulla salute urologica dell’uomo (sintomi, problematiche), sulla disfunzione erettile, sulla prevenzione, sui centri urologici, e fare anche un test di autovalutazione. #Controllati è una campagna che si svolge con il contributo incondizionato di Menarini Italia.
Un mutamento culturale
«I risultati emersi dalla campagna #Controllati condotta nel corso del 2016 – spiega Vincenzo Mirone, segretario generale della Siu, professore ordinario e direttore della Scuola di Specializzazione in Urologia dell’Università Federico II di Napoli – hanno rivelato una situazione sessuale “critica” fra i maschi italiani di età compresa fra i 18 ed i 75 anni, che sembrano tornati agli anni Cinquanta, quando il rapporto padre-figlio non prevedeva si affrontassero questi temi e con il medico non si parlava quasi.
Il professor Vincenzo Mirone
Dopo qualche anno di apparente miglioramento, sono tornati poco sensibili nei riguardi della propria salute, specie sessuale, e poco propensi a fare counselling, mettendo così a rischio la vita intima e di coppia con problematiche invece evitabili o risolvibili, se adeguatamente affrontate e trattate”. Questa considerazione, dunque, invita a investire maggiormente e in maniera ancora più capillare, sulla popolazione maschile, facendo non solo sensibilizzazione verso l’importanza della prevenzione, ma soprattutto promuovendo un’educazione culturale alla salute sessuale. «Serve agire soprattutto sui ragazzi e sui giovani uomini – continua il professor Mirone – anche con la complicità della donna che, in qualità di fidanzata o madre per i più giovani, può svolgere un ruolo fondamentale di convincimento verso visite e controlli».
Contaminanti ambientali: adolescenti a rischio danni tiroidei
Bambini, News Presa, Prevenzione, Ricerca innovazioneAdolescenti e giovani adulti sarebbero più vulnerabili agli effetti provocati da tre comuni contaminanti ambientali: perclorato, tiocianato e nitrato. Lo ha rilevato uno studio pubblicato sul Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism che potrebbe impattare sull’attuale regolamentazione ambientale.
Questi i tre contaminanti ambientali, presenti anche in alimenti comunemente consumati e nell’acqua sono in grado di creare danni alla tiroide, i cui effetti sembrerebbero essere particolarmente dannosi nei più giovani, come spiegano i ricercatori Jenica McMullen e colleghi dell’Università di New York.
Il perclorato viene utilizzato nella produzione di propellenti ed esplosivi ed è noto per la sua presenza in vari alimenti, inclusi latte, acqua e verdure ricche di acqua. Il tiocianato viene principalmente prodotto dal fumo di sigaretta, ma si trova anche in verdure come i ravanelli, il cavolo e anche nei prodotti lattiero-caseari. Il nitrato è un conservante comunemente usato nei fertilizzanti e può anche essere presente nelle acque potabili e nelle verdure. Nel report si legge che i livelli di perclorati, tiocianati e nitrati attualmente presenti nell’ambiente inibiscono la funzione del sodium-iodide symporter (NIS) nelle cellule follicolari della tiroide. La funzione di NIS è importante per la sintesi dell’ormone tiroideo, e la sua disfunzione può portare all’ipotiroidismo.
Lo studio ha utilizzato i dati del National Health and Nutrition Examination Surveys (2009-2012), valutando il rapporto tra funzione tiroidea ed esposizione a perclorato, tiocianato e nitrato in circa 3.100 persone di età compresa tra i 12 e gli 80 anni. I risultati hanno mostrato una diminuzione dell’8% della tiroxina libera (FT4) per ogni aumento log-unit dell’esposizione a perclorato nelle ragazze adolescenti (p = 0,029) rispetto a una diminuzione del 4% della popolazione generale (p = 0,004). Nei ragazzi adolescenti, ogni incremento di un log-unit all’esposizione al tiocianato è stato associato con una diminuzione del 9% della FT4 sierica rispetto a un abbassamento del 3% nella popolazione generale. Questi risultati evidenziano l’importanza dell’età e del sesso nella valutazione dei livelli di sicurezza dell’esposizione a diversi inibitori della NIS, dicono i ricercatori.
“Nel 2011 l’Environmental Protection Agency (EPA) ha annunciato che il perclorato verrà regolamentato come contaminante nella legge Safe Drinking Water”, spiegano. L’EPA sta elaborando un protocollo per valutare l’impatto di questa sostanza sulla salute pubblica rispetto alla fattibilità di rimuovere il perclorato dall’acqua potabile. Mentre il tiocianato non è regolamentato autonomamente, l’EPA riconosce che questo sia un aspetto importante da considerare nella valutazione del rischio del perclorato sulla salute. I risultati suggeriscono che ci siano effetti dannosi rispetto a basse esposizioni in sottopopolazioni vulnerabili. Da qui l’esigenza di una regolamentazione più aggressiva rispetto a quella attuale.
Un’App per dire “Ti amo” con la propria voce, per i malati di SLA
Associazioni pazienti, News Presa, Psicologia, Ricerca innovazione“Nessuno cucina come te, mamma”. “Oggi sei bellissima”. “Ti amo”. Sono frasi semplici che a volte si fa fatica a pronunciare e l’incapacità di esprimerle può lasciare un grande rimorso. I pazienti con malattie neuromuscolari sono condannati, un giorno, con il progredire della malattia a non poterle più pronunciare. Oggi, questa nuova app dà loro voce, esattamente la loro stessa voce, non quella metallica del comunicatore.
Si chiama My Voice ed è l’app che permette ai malati di SLA di salvare i messaggi vocali da inserire nel comunicatore quando il progredire della malattia gli toglierà la capacità di parlare autonomamente. A lanciare l’applicazione è stato il Centro Clinico NeMO. A testarla per primo, invece, è stato Alberto Spada, 42enne affetto da Sla.
My Voice, però, non è rivolta solo a chi perderà la capacità di parlare a causa di una patologia “ma anche a chiunque voglia lasciare traccia della propria voce, conservandone il suono o un messaggio per i propri cari”, spiega il Centro Clinico NeMO, che userà i ricavati della vendita della app per finanziare il progetto “Una banca per la propria voce”.
Alberto Fontana, presidente del Centro Clinico NeMO, sottolinea: “ Al Centro Clinico NeMO siamo con sapevoli che offrire alle persone con malattie neuromuscolari le migliori condizioni di assistenza e cura significa anche essere un canale in cui l’innovazione , farma cologica e tecnologica, possa esser e resa accessibile ai pazienti. Conservare la propria voce anche nelle fasi più avanzate della malattia consente ai pazienti di preservare la propria identità e personalità e di continuare a condividere le proprie emozion i con i familiari, anche nel momento in cui la malattia impedisce di comunicare con l’esterno se non attrav erso strumentazioni artificiali ” .
L’app può essere scaricata su tutti gli smartphone dalle piattaforme App Store, Google play o Microsoft Store. Per gli utenti con software iOS costa 2,29 euro, per gli utenti Android e Microsoft 2,49 euro.
Positive Nutrition: i pilastri della longevità
Alimentazione, News PresaPositive nutrition, ovvero una nutrizione che miri ad un corretto stile di vita: adeguata attività fisica quotidiana e moderata restrizione calorica che tenga conto della qualità dei nutrienti assunti. Del resto, pensare positivo anche quando ci si siede a tavola è il primo passo per restare in salute. Anche perché la dieta non è solo privazione, ma anche aggiunta di cibi, un «Superfood», che possono aiutarci a vivere più a lungo e meglio. Non si parla, infatti, solo di longevità in senso stretto ma di durata della vita in buona salute, o «healthspan» come la definiscono negli Usa, ovvero la longevità al netto degli anni di malattia. È questa la chiave, la ‘svolta’ che può invertire il trend che ha portato un aumento dei casi di obesità in 45 anni dal 15 al 36% della popolazione adulta, con pacchetto calorico giornaliero superiore di 300 calorie rispetto agli anni Settanta. Si mangia troppo e male, si vive di più ma si vive peggio. Ma mentre l’invecchiamento è un processo irreversibile influenzato dall’assetto genetico di ognuno di noi, che può fare aumentare la suscettibilità individuale a contrarre una malattia, il rischio di sviluppare una patologia, invece, è legato in prevalenza a fattori ambientali tra cui l’alimentazione e lo stile di vita in generale. La cosiddetta infiammazione silente, che concorre all’invecchiamento, è alla base di importanti malattie croniche (prime tra tutte diabete e obesità, tumori, patologie cardiovascolari, neurodegenerative e così via).
Approccio culturale
«La positive nutrition – spiega Giovanni Scapagnini, medico e neuroscienziato, professore associato di biochimica clinica presso il dipartimento di Medicina e scienze della salute dell’Università del Molise – deriva da un concetto della psicologia dove il ‘pensare positivo’ è un approccio culturale che aiuta a raggiungere una maggiore felicità. Siamo abituati a pensare alla dieta con l’idea della privazione, ovvero la necessità di eliminare o quanto meno limitare il consumo di certi alimenti specie se abbiamo problemi di salute come colesterolo o diabete. Ma il cibo può essere una fonte di sostanze benefiche per la salute, veri e propri farmaci, con azioni ben precise sull’organismo e sul funzionamento di ogni sua singola cellula». La positive nutrition non è la proposta dell’ennesima dieta del momento, ma uno stile di vita da abbracciare per sempre.
Il libro
Positive Nutrition. I pilastri della longevità è anche il titolo dell’ultimo libro di Barry Sears, presidente della Inflammation Research Foundation e tra i massimi esperti nel campo del controllo della risposta ormonale attraverso la dieta. L’inventore della famosa dieta Zona parte da un concetto fondamentale e ormai condiviso da tutti gli esperti: l’infiammazione silente è alla base dell’eccesso di peso e di gran parte delle malattie. «L’infiammazione – spiega Sears – può essere un’arma a doppio taglio: ci permette di difenderci dalle invasioni microbiche e consente alle lesioni fisiche di guarire. Se, però, la risposta infiammatoria non si risolve in maniera adeguata, allora diventa un’infiammazione a bassa intensità che può attaccare i nostri stessi organi, accelerando l’insorgere di malattie croniche. Mantenerla entro una certa zona – non troppo bassa, non troppo alta – è anche uno dei fattori chiave della positive nutrition, in quanto permette appunto di ridurre lo sviluppo precoce di patologie croniche».
Contro l’infiammazione
Se l’infiammazione è il nemico bisogna combatterla anche a tavola con una strategia nutrizionale che riesca a controllarla mantenendola entro una zona di valori né troppo alti né troppo bassi, riducendo anche l’apporto calorico ma senza provocare quella spiacevole sensazione di sentirsi stanchi o affamati. “Una dieta antinfiammatoria – dice Benvenuto Cestaro, docente di Chimica Biologica e Biochimica della Nutrizione della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Milano – prevede una riduzione di cibi pro-infiammatori, come gli acidi grassi idrogenati (prodotti da forno, da pasticceria, da fast food, margarina eccetera), gli acidi grassi saturi (carni rosse, latte, burro e formaggi) e gli acidi grassi omega-6 (da cui deriva l’acido arachidonico). Da privilegiare, gli acidi grassi monoinsaturi (olio di oliva, per esempio) e, soprattutto, i polinsaturi omega-3. Il rapporto ideale nella dieta tra omega-6/omega-3 è approssimativamente di 2:1”.
I Superfood
Pesce, alghe, verdure, spezie. Sono alcuni degli ‘alimenti-farmaci’ che non dovrebbero mancare mai a tavola perché ricchi di acidi grassi omega-3 e polifenoli, ormai considerati dei Superfood perché si è visto che sono molto presenti nell’alimentazione delle popolazioni più longeve. «Gli omega-3 sono sostanze essenziali – aggiunge Giovanni Scapagnini – ma nell’alimentazione quotidiana il quantitativo si è ridotto molto, e questo è alla base dei processi infiammatori che potrebbero spiegare l’aumento delle malattie cronico-degenerative”. Appartengono al gruppo dei Superfood anche i polifenoli presenti nelle piante. “Si comportano come dei trainer per le nostre cellule perché sono in grado di innescare la trascrizione genica. In pratica, insegnano alle cellule a mantenere il controllo dello stress ossidativo, dell’infiammazione e del metabolismo». Come assumere questi nutrienti così preziosi? Scegliendo gli alimenti con criterio oppure – quando necessario – ricorrendo ad un’integrazione. «Gli integratori – precisa Scapagnini – non sono un ‘peccato’ da non commettere, ma piuttosto una forma concentrata di principi attivi che sostengono il benessere. Non basta, infatti, una sana alimentazione per assumere i nutrienti di cui abbiamo bisogno, sia perché gli alimenti si sono impoveriti dal punto di vista nutrizionale, sia perché i quantitativi che riusciamo a mangiare non bastano per farci assumere il quantitativo necessario».
I dosaggi di Superfood indicati dall’Efsa
La stessa Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (Efsa) ha espresso un parere scientifico sui livelli di assunzione di omega-3. «Secondo gli esperti Efsa – prosegue Scapagnini – per ottenere gli effetti indicati di riduzione della pressione sanguigna e dei livelli dei trigliceridi occorre un’assunzione di EPA (acido eicosapentaenoico) e DHA (acido docosaesaenoico) compresa tra 2 e 4 grammi al giorno, mentre per il mantenimento di una normale funzione cardiaca è sufficiente un’assunzione di 250 mg». Per i polifenoli, invece, non esistono ancora delle chiare indicazioni sui livelli di assunzione tranne che per quelli contenuti nell’olio extra-vergine di oliva e nel cacao. «In particolare, l’Efsa ha stabilito che per poter svolgere una funzione anti-ossidante, migliorare il metabolismo dei grassi e proteggere dal colesterolo cattivo il consumo dovrebbe essere per lo meno pari a 5 mg di idrossitirosolo (uno dei polifenoli contenuti nell’olio di oliva). Per quanto riguarda i polifenoli del cacao, l’Efsa ha stabilito che i flavanoli aiutano a mantenere un buon flusso sanguigno e quindi a prevenire l’aterosclerosi se ne assumiamo 200 mg al giorno, una quantità che si raggiunge con 2,5 grammi di polvere di cacao o 10 grammi di cioccolato fondente». Di questi temi si è parlato durante il 4th International Congress Science in Nutrition organizzato dalla Fondazione Paolo Sorbini per la scienza nell’alimentazione e con il Patrocinio di Regione Lombardia. Nell’ambito dell’evento si è svolta una Tavola Rotonda dal titolo «Positive Nutrition: i pilastri della longevità».
Obama a Milano: parla di cibo, cambiamenti climatici e salute
Alimentazione, Economia sanitaria, News Presa, PrevenzioneBarack Obama è intervenuto al summit forum sull’innovazione alimentare Seed&Chips di Milano, affermando che «la mancanza di cibo è una delle cause del’immigrazione». Ha poi sottolineato che gli Stati Uniti «non sarebbero quello che sono senza il contributo di milioni di italiani che hanno anche dovuto subire discriminazioni, ma che con fede, convinzione e lavoro duro hanno avuto successo dappertutto e hanno rafforzato gli Stati Uniti».
Intanto, l’attuale presidente Donald Trump ha già ridimensionato il programma promosso dall’ex first lady Michelle per garantire cibi più salutari nelle scuole e combattere l’obesità. Un problema per gli Stati Uniti, dove è obeso un bambino su cinque. Il nuovo ministro dell’agricoltura Sonny Perdue ha infatti allentato gli standard nutrizionali per i pasti degli studenti, posticipando la riduzione del sodio (che doveva passare quest’anno da 1.400 a 1.080 mg), riducendo i cereali integrali e autorizzando il ritorno del latte dolcificato e aromatizzato. Gli standard del programma lanciato da Michelle nel 2010, secondo Perdue erano troppo elevati. Prevedevano finanziamenti federali per pasti con meno calorie, sodio e grassi saturi trans, aumentando frutta, verdura e cereali integrali. Le modifiche, secondo l’attuale ministro, garantiranno alle scuole «maggiore flessibilità», come aveva chiesto dopo una azione di lobbying la School Nutrition Association, che rappresenta l’industria fornitrice di cibo alle scuole. Uno studio dell’università di Harvard ha accertato che il consumo di verdure per studenti è aumentato in Usa del 16% dal 2011 al 2012, quando è entrato in vigore il programma dell’amministrazione Obama, ma che gli studenti hanno continuato a scartare il 40% della frutta.
Per Obama, «il successo di Michelle è stato avere un punto di vista da genitore. È stata pratica e positiva». «Mangiare in modo corretto aumenta la possibilità di essere in salute. Il problema che le persone comprano cose preconfezionate, mentre quando c’è cibo fresco si spreca meno perché gli alimenti si deteriorano prima».
Sui cambiamenti climatici ha detto: «speriamo di guidare il nostro mondo verso il primo accordo significativo mondiale per un futuro a basso contenuto di carbonio». «Nel corso della mia presidenza – ha continuato – io ho trasformato il tema «climate change» in una priorità assoluta» perché «definisce il contorno del secolo in maniera più pesante. Nessun Paese, grande o piccolo, sarà immune dall’impatto del cambiamento climatico. In otto anni abbiamo aumentato la generazione di energia pulita. Speriamo di guidare il nostro mondo verso il primo accordo significativo mondiale per un futuro a basso contenuto di carbonio. Se ogni Paese mettesse un freno alle emissioni, il cambiamento del clima avrebbe comunque un impatto negli anni successivi. Alcuni profughi in Europa non sono soltanto prodotti di conflitti, ma di carenze alimentari destinate a peggiorare se non intraprendiamo un’azione necessaria, altrimenti la migrazione è destinata a peggiorare». «Ottocento milioni di persone in tutto il mondo soffrono di malnutrizione, e le migrazioni non sono causate soltanto dalle guerre, ma anche dalla fame, che in certi casi è conseguenza del cambiamento climatico».
Se Facebook ci dice cosa mangiare
Alimentazione, News PresaFacebook? Moltissimi adolescenti, ma anche utenti adulti e vaccinati, si lasciano influenzare da Facebook sulle proprie scelte alimentari. Questo è un male, quando i suggerimenti sono sbilanciati o addirittura insensati, ma può essere anche un bene ove a dare questi consigli siano nutrizionisti esperti. L’Associazione nazionale dietisti (Andid) e l’università di Messina stanno realizzando uno studio proprio focalizzato su questo tema, e primi risultati arriveranno a giorni. «In uno scenario comunicativo sempre più complesso – dice Ersilia Troiano, presidente Andid – è indispensabile analizzare il contesto di riferimento e comprendere la metamorfosi che si è generata attorno alle realtà dei blog, dei social network, della produzione cooperativa stile wiki e dei mondi online sul tema alimentazione. Abbiamo bisogno, in quanto professionisti della nutrizione, di cogliere le opportunità offerte dal web 2.0 per veicolare messaggi efficaci che favoriscano l’adozione di sani stili di vita riuscendo a conquistare l’attenzione e l’interesse dei pubblici ormai costantemente connessi».
Influenza
In particolare, la ricerca intende indagare l’efficacia dei social media in termini di cambiamento dei comportamenti. Vale a dire, nella valutazione dell’efficacia di un social media non conta solo il numero di followers ma quanti utenti, alla luce delle comunicazioni fornite, hanno realmente cambiato il loro comportamento alimentare rispetto a uno specifico tema. La professoressa Antonia Cava, che insegna Sociologia dei Processi Culturali spiega che in questa prima fase, è stata realizzata una mappatura dei siti web dei professionisti della salute nutrizionale che mostrano nella gestione dello spazio della rete la capacità di differenziare gli stili narrativi. Uno dei trend emergenti è lo slittamento, nell’area dei blog e dei social media, da una relazione professionista-utente ad un interscambio caratterizzato da un legame fiduciario e dalla stabilizzazione di un rapporto progressivamente simmetrico. Il professionista della salute nutrizionale laddove nel web riesce a individuare stili narrativi idonei che coniughino leggerezza e evidenza scientifica, suggerimenti pratici e esperienze da mostrare, quali video, tutorial e gallerie fotografiche, può diventare un influencer e avere capacità di orientare interessi e comportamenti dei suoi pubblici.
Prevenzione
Il costo sociale e sanitario delle patologie croniche non trasmissibili e di tutte le patologie di interesse nutrizionale è un trend in continuo aumento: basti solo pensare a fattori quali spesa farmaceutica, assistenza ospedaliera, assistenza in lungodegenza, nonché costi per la società legati alla mancata produttività ed agli effetti negativi sulla qualità di vita dei pazienti. La gestione nutrizionale di queste patologie potrebbe rappresentare dunque non solo un potentissimo strumento per contribuire alla salute globale della popolazione ma anche per ridurre i costi sanitari e sociali per la collettività.
Il pesce è alleato del cuore, ma attenzione ai contaminati
Alimentazione, News Presa, PrevenzioneIl pesce contiene acidi grassi omega 3, in grado di ridurre il rischio di aritmie, diminuire i livelli di trigliceridi nel sangue, rallentare la progressione della placca aterosclerotica e ridurre leggermente la pressione. A ribadire le sue proprietà nutritive essenziali per il benessere umano è anche l’American Heart Association, una delle organizzazioni più autorevoli al mondo in tema di prevenzione cardiovascolare, che raccomanda di mangiare pesce, soprattutto quello grasso, almeno due volte alla settimana, in porzioni di circa 100 grammi (peso cotto).
Ma non tutto il pesce è sicuro. Questo alimento, infatti, può essere anche fonte di contaminanti, fra cui il metil-mercurio di cui si discute tanto, pericoloso soprattutto per le donne incinte e i bambini.
Con l’intento di ridurre i rischi e soddisfare le raccomandazioni nasce uno strumento che si chiama “FishChoice” (dall’inglese “pesce” e “scelta”). Uno dei casi in cui la tecnologia si sposa con la prevenzione. Lo hanno messo a punto da ricercatori spagnoli, belgi e portoghesi ed è disponibile, per ora, solo nella versione inglese all’indirizzo www.fishchoice.eu. Una volta che si accede al sito, dopo aver selezionato il profilo personale (età, sesso) e aver scelto fra i pesci e i molluschi rappresentati in fotografia quelli consumati settimanalmente, indicandone quantità e frequenza di consumo, è possibile ottenere indicazioni sui nutrienti presenti e sapere se il contenuto dei principali contaminanti risulta accettabile. Tale indicazione viene stabilita sulla base sia dei livelli di contaminanti rilevati dalle analisi su campioni di pesce raccolti in tutta l’Unione europea e, dall’altra in base ai valori guida definiti dall’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare. Un pesciolino di colore verde indica via libera, uno di colore rosso avverte che i livelli di un certo contaminante superano i limiti e vengono quindi suggerite scelte alternative.