Tempo di lettura: 2 minutiMilioni di ragazzi e ragazze oggi vedono il cibo e il corpo come nemici. L’età media dei pazienti si abbassa continuamente e si parla di una vera e propria epidemia sociale, dalle conseguenze devastanti e una sofferenza immane. Ci sono ragazzine di otto anni che si trovano già ad affrontare lo spettro dell’anoressia o della bulimia. Lo ricorda Laura Dalla Ragione, che dirige il Numero Verde SOS DCA della Presidenza del Consiglio dei Ministri, alla vigilia della giornata del Fiocchetto Lilla, di domani. Sono oltre tre milioni le persone in Italia che convivono con i disturbi del comportamento alimentare (Dca), di cui 2,3 milioni adolescenti. “I Disturbi del comportamento alimentari, specie anoressia, bulimia e disturbo da alimentazione incontrollata, sono in questo momento in Italia, come in tutto il mondo, una epidemia sociale, che riguarda fasce di popolazione sempre più estese. Negli ultimi dieci anni si è abbassata in modo vistoso l’età di insorgenza dei Disordini Alimentari – sottolinea Dalla Ragione – con esordi frequenti a 8-10 anni. La patologia non riguarda più solo gli adolescenti, ma va a colpire anche bambini in età prepubere, con conseguenze molto più gravi sul corpo e sulla mente”. Secondo le stime ufficiali, il 95,9% delle persone colpite sono donne e il 4,1% uomini, e in buona parte dei casi.
L’anoressia è il disturbo più pericoloso dal punto di vista della mortalità, intorno al 5-10%, e si stima che chi ne soffre abbia un rischio di morte dieci volte maggiore rispetto alla popolazione generale. Oltre al numero verde 800180969, le istituzioni mettono a disposizione anche un sito, www.disturbialimentarionline.it, con la mappa di strutture e e associazioni dedicate ai Dca in Italia. Sono poche però quelle in grado di accogliere i ragazzi sotto i 14 anni, sottolinea Dalla Ragione, che hanno bisogno di cure particolarmente complesse. “Il trattamento integrato è infatti costruito da un piccolo esercito di professionisti (medici, psicologi, dietisti, filosofi, infermieri) che a 360 gradi affrontano queste complesse e insidiose patologie – spiega l’esperta, che è Presidente della Società Italiana Riabilitazione Disturbi del Comportamento Alimentare e del Peso -. Cercando di aprire un varco nel muro del controllo ossessivo della patologia anoressica attraverso il lavoro sul corpo, sulla parola, sul sogno”.
In molti casi, per fortuna, la guerra ai Dca si vince, anche quando si devono affrontare ad appena 11 anni. E’ il caso di Caterina, il cui nemico si chiama Anoressia Nervosa, affrontato quando le sue coetanee giocavano ancora con le bambole. Il diario di quei giorni è diventato un libro appena uscito (“Inchiostro” di Caterina Minni, Il Pensiero Scientifico). “Dal testo si comprende come questa malattia entri e sconvolga la vita delle famiglie che si trovano a dover affrontare una imprevista, drammatica esperienza – spiega Dalla Ragione, che ne ha sctitto la prefazione -. La maggior parte dei pazienti con Disordini Alimentari non sono consapevoli di avere una patologia e interpretano le altrui preoccupazioni come indebite ingerenze, dentro una scelta di vita che viene avvertita come valida e consapevole”.
Laurea honoris causa in medicina per Papa Francesco, «medico delle anime»
News PresaUna laurea in medicina per Papa Francesco. Il titolo accademico Honors causa arriverà al Santo Padre dall’Università di Salerno. Ad annunciarlo sono stati il rettore Aurelio Tommasetti e Mario Capunzo, direttore del dipartimento di medicina, chirurgia e odontoiatria della “Scuola medica salernitana”. La notizia è stata data nel corso del convegno “Umanizzazione della Medicina – Curare e prendersi cura”, promosso dall’Associazione Medici Cattolici Italiani con il dipartimento di medicina e chirurgia dell’Università di Salerno e l’Omceo di Salerno.
Medico della anime
«La Scuola Medica Salernitana, la più antica scuola di medicina al mondo che oggi rivive nel dipartimento di medicina e chirurgia dell’ateneo salernitano, intende conferire la laurea honoris causa al Santo Padre – si legge in una nota ufficiale inviata a Papa Francesco e al cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin – per le sue doti e capacità, universalmente riconosciute, di medico delle anime e di intimo conoscitore dei bisogni delle persone più deboli, più povere, più bisognose della divina misericordia e della umana solidarietà».
Curare la sofferenza
Ai lavori, moderati da Mario Ascolese, presidente campano dei medici cattolici, sono intervenuti, tra gli altri, Francesco Paolo Adorno, docente di Filosofia morale e bioetica dell’Università di Salerno che ha parlato di concetto e funzione della cura; Filippo Maria Boscia, presidente nazionale dei medici cattolici, che ha accolto con gioia l’iniziativa, affermando che «il dolore umano, sia quello di origine fisica che quello di origine spirituale, è sempre dolore della persona. La sofferenza è sempre globale. Questo fatto ci porta a insistere perché nell’avvicinarsi al dolore e alla sofferenza sia in ambito medico che in altre situazioni, non si perda mai di vista la dimensione interpersonale, spirituale e sociale». Per padre Domenico Marafioti sj, preside Pontificia Facoltà Teologica Italia Meridionale “Bisognerebbe stabilire due tipi di relazione con il paziente, una professionale, di cura e di aiuto, e una di solidarietà umana, prossimità e comprensione. Il medico deve curare con competenza, e farsi prossimo come il samaritano della parabola”.
E’ la settimana della prevenzione oncologica
PrevenzioneDal 18 al 26 marzo la prevenzione oncologica sarà protagonista in tutte le città d’Italia grazie alla settimana nazionale voluta dal Governo per diffondere la cultura della prevenzione, sensibilizzando la popolazione e soprattutto i giovani sull’importanza dei corretti stili di vita. Tra le varie declinazioni regionali, a Napoli LILT punta su una sana e corretta alimentazione, soprattutto di quella mediterranea, costituita da una dieta ricca di frutta fresca, di verdura e povera di grassi, che ha proprietà altamente nutritive e salutari. Uno dei simboli tradizionali della settimana nazionale per la prevenzione oncologica è l’olio extra vergine di oliva 100% italiano. Insomma, «l’oro verde», scelto per le sue preziose qualità protettive nei confronti dei vari tipi di tumore e per le accertate caratteristiche nutrizionali ed organolettiche.
Stili di vita
«Diversi studi scientifici – dice il presidente nazionale della LILT Francesco Schittulli – hanno ormai evidenziato l’esistenza di una relazione tra l’alimentazione e l’insorgenza di tumori. Si stima, infatti, che circa il 35% dei tumori sia causato da una errata alimentazione, a fronte del 5% circa causato dall’inquinamento atmosferico». Nelle principali piazze italiane saranno migliaia i volontari della LILT (circa 20.000) che offriranno ai cittadini il tradizionale opuscolo informativo, volto a divulgare le tematiche della prevenzione nel quotidiano ed aggiornato in base alle recenti evidenze scientifiche con il significativo contributo del Comitato Scientifico Nazionale LILT. Moltissimi gli Spazi Prevenzione LILT (circa 400 ambulatori) che accoglieranno la popolazione su tutto il territorio nazionale, con medici, operatori sanitari, specialisti, volontari a disposizione per offrire quei servizi che, da 95 anni, caratterizzano la LILT nella lotta ai tumori.
A tavola con la LILT
A Napoli è stato organizzato anche il progetto «A tavola con la LILT», appuntamento che prenderà vita all’IPSSEOA “Ferraioli” e all’IC “Virgilio IV”. Un incontro-confronto con gli alunni, i docenti e i genitori sui sani e corretti stili di vita. La presentazione di tutti i progetti che verranno messi in campo si terrà domani (venerdì 17 marzo)nel corso di una conferenza stampa alla quale prenderanno parte l’assessore alla Scuola del Comune di Napoli, Annamaria Palmieri, l’assessore al Welfare del Comune di Napoli, Roberta Gaeta, il Direttore Scientifico INT “G. Pascale” di Napoli, Gerardo Botti, il Presidente della sezione napoletana della LILT, Adolfo Gallipoli D’Errico, la Dirigente Scolastica dell’IPSSEOA “Ferraioli”, Rita Pagano e la Dirigente Scolastica dell’IC “Virgilio IV”, Lucia Vollaro.
Donazioni di organi triplicate grazie al padre del piccolo Nicholas
Bambini, Economia sanitaria, News Presa, PsicologiaEra l’ottobre del 1994 quando il gesto di un padre coraggioso rivoluzionò un intero corso. Era Reginald Green che insieme a sua moglie decise di donare gli organi del loro figlio Nicholas Green, il bimbo americano di 7 anni rimasto ucciso durante un tentativo di rapina in Calabria. Quel gesto di grande generosità, oltre a salvare la vita di 7 persone, diede una scossa alla coscienza di tutti gli italiani. Se, infatti, nel 1994 in Italia solo 6,2 persone per milione d’abitanti sceglievano di dire sì alla donazione d’organi di un proprio caro, il gesto scatenò un vero e proprio ‘effetto Nicholas’, come ha raccontato in questi giorni a Milano il padre Reginald. Negli anni seguenti le donazioni d’organo in Italia sono triplicate, arrivando a 23,1 per milione d’abitanti. Nicholas poté donare due reni, due cornee, il cuore, il fegato e le cellule del pancreas. La donazione cambiò la vita a 5 malati gravi, di cui 4 adolescenti, e ridiede la vista ad altre due persone. Il 9 febbraio scorso è morto a Roma Andrea Mongiardo, 37enne di Roma che quando morì Nicholas aveva una grave malattia cardiaca: gli rimaneva un solo anno di vita. Ricevette proprio il cuore, e di anni ne visse altri 22, fino a quando perse la sua battaglia contro un linfoma. Delle 7 persone salvate da Nicholas, oggi, a distanza di quasi un quarto di secolo, ben cinque vivono una vita normale: due hanno ad esempio abbandonato la dialisi, mentre una ragazza ricevette il fegato e si salvò da una malattia che la stava uccidendo. Oggi sta bene, ha avuto un figlio e l’ha chiamato proprio Nicholas.
Aterosclerosi, una nuova speranza dalla lotta all’obesità
Prevenzione, Ricerca innovazioneUna sostanza dimagrante potrebbe mettere al tappeto l’aterosclerosi. Il caso è di quelli che fanno parlare la comunità scientifica mondiale, e parte dall’Italia. La molecola protagonista di questa potenziale rivoluzione medica è l’obestatina, ed è una vecchia conoscenza dei ricercatori. Tuttavia ora si è scoperto che questa sostanza ha un potenziale enorme nella protezione delle arterie.
Divorare
La ricerca sull’obstatina e dell’Università Tor Vergata di Roma e dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Tutto è raccolto in uno studio pubblicato sulla rivista scientifica americana Diabetes. Piccola curiosità è legata al nome della molecola, obestatina, che deriva dalla contrazione tra obeso (dal latino “obedere” vale a dire “divorare”) e statina (dal greco stosis, che significa arresto). Si chiama così perché al momento della sua scoperta i ricercatori pensavano che questa molecola avesse la capacità di sopprimere il senso di fame, aumentando quello dì sazietà. Il meccanismo, molto controverso a livello scientifico, mirava al rallentato svuotamento dello stomaco.
Gli esperti
«L’obestatina è una molecola molto interessante dal punto di vista biologico – spiegano Manfredi Tesauro e Nicola Di Daniele dell’Università Tor Vergata – perché origina prevalentemente nell’apparato gastro-intestinale da un precursore comune ad un’altra sostanza, la grelina, che al contrario aumenta il senso di fame inducendo l’ingestione di cibo. E’ possibile quindi ipotizzare che modificando il rapporto tra queste due sostanze a favore dell’obestatina sia possibile ottenere nei soggetti obesi anche un calo ponderale». Intanto, lo studio condotto a Roma ha il merito di aver dimostrato che muovendosi precocemente è possibile prevenire il danno vascolare indotto dall’obesità, purché si utilizzino strategie terapeutiche mirate, efficaci sulle anomalie specifiche che concorrono a determinarlo.
Malattie croniche
Le malattie croniche sono responsabili a livello globale dell’86% di tutti i decessi, con una spesa sanitaria di 700 miliardi di euro. Oltre a quelle cardiovascolari, il diabete è una delle malattie croniche a più rapida crescita: in Italia solo 1 paziente su 3 ha un adeguato controllo e di conseguenza le complicanze – cardiovascolari, renali, oculari – determinano un altissimo impatto socio-economico per il Servizio Sanitario Nazionale.
In aumento le patologie neurologiche, solo in Toscana 150mila casi
Associazioni pazienti, News Presa, Prevenzione150 mila persone in Toscana soffrono di una o più malattie neurologiche croniche e degenerative. Queste patologie aumentano a dismisura (le stime del 2015 parlano di 92.958 casi di demenze, 36.770 di epilessia, 17.134 di Parkinson e 8.100 di sclerosi multipla). Richiedono, perciò, sempre più una maggiore appropriatezza delle prestazioni e la definizione di percorsi clinico-assistenziali personalizzati, attraverso l’integrazione fra specialisti e professionisti sanitari.
Ci sono patologie per le quali si stima un aumento nell’arco di 8 anni, 12mila casi per le demenze e 1.500 per il Parkinson. Inoltre, ogni anno, sono circa 10mila i nuovi casi di ictus registrati in Toscana, di cui l’80% di natura ischemica e il 20% per una causa emorragica, con costi diretti di circa 280 milioni di euro per anno. L’ictus, in particolare, rappresenta nella popolazione la più frequente causa di disabilita’ permanente e la terza causa di morte.
È quanto emerge dai dati Agenas sulla mortalità per ictus a 30 giorni, relativi al 2015. I numeri indicano che in Toscana i setting dove sono presenti equipes neurologiche che prendono in carico i ricoveri ospedalieri e dotate di personale esperto e dedicato ottengono i migliori risultati, collocandosi ai vertici delle performances nazionali “I dati Agenas – ha commentato Pasquale Palumbo, neurologo e coordinatore del Comitato Scientifico del Meeting regionale di neuroscienze che si svolgerà a Grosseto dal 6 all’8 aprile – collocano le neurologie toscane ai vertici nazionali con una mortalita’ molto bassa nei 30 giorni successivi all’insorgenza di un ictus.
Questo risultato delle neurologie ospedaliere della Toscana indica alle istituzioni regionali che bisogna investire sulle maggiori competenze e qualità che il mondo delle neuroscienze offre”. Al meeting, dal titolo “Dalla epidemiologia ai percorsi interdisciplinari”, si confronteranno i massimi esperti neurologi, neuroradiologi e neurochirurghi della Toscana: una ‘full immersion’ di tre giorni dedicata ai temi di maggiore attualità nelle neuroscienze, dal dolore neuropatico alle novità in interventistica, dalla rete clinica in area vasta (ictus cerebrale, malattie neurodegenerative e infiammatorie) alle terapie innovative in neurologia, dalla neuroncologia alle sindromi neurologiche acute e malattie neurologiche immunomediate.
Il mondo delle neuroscienze intende così proporre interventi organizzativi per garantire l’uso ottimale delle risorse e la qualita’ dei servizi, con la finalità di valorizzare l’innovazione e la ricerca, senza trascurare l’appropriatezza, l’equità e la sostenibilità: uno dei temi di confronto tra rappresentanti della Società Italiana di Neurologia e della Società Scientifica Scienze Neurologiche Ospedaliere saranno dunque i percorsi assistenziali adeguati, di fronte all’incremento di tali patologie, e gli interventi organizzativi per rispondere ai bisogni di salute.
Donne medico, in Campania o la famiglia o il camice
News Presa«O medico o mamma». Da un’indagine condotta dalla sezione regionale campana dell’Anaao Assomed (sindacato dei medici dirigenti) viene fuori questa realtà. All’ombra del Vesuvio la condizione delle donne medico è da terzo mondo, una condizione che costringe le dottoresse a scappare verso altri paesi.
L’indagine
L’Anaao ha censito 576 professioniste costrette a vivere di precariato. Un numero enorme se si considera che questa condizione riguarda in Campania il 47% circa del totale dei precari della sanità. Il 24% delle iscritte Anaao vive questa difficoltà e l’85% delle intervistate riesce a malapena a conciliare lavoro e vita privata. Sono donne che in media hanno 50 anni, costrette a dividersi tra il lavoro e la famiglia senza alcun aiuto dal pubblico (si pensi ad esempio gli asili nido aziendali). Un tema molto caro al segretario regionale Anaao Bruno Zuccarelli, per il quale «garantire pari opportunità alle donne è prima di tutto una questione di civiltà. La sanità campana purtroppo è strangolata da anni da tagli lineari e solo ora si inizia ad intravedere una via d’uscita. Per l’Anaao sostenere l’impegno e la professionalità dei medici è un impegno imprescindibile, ancor più quando questa professionalità è legata al contributo di valenti professioniste. Non è tollerabile che nel 2016 queste donne debbano ancora scegliere se seguire la passione per la professione medica o se costruire una famiglia».
Un tavolo regionale
Tutti questi temi sono stati affrontati in un dibattito che ha coinvolto tra gli altri, l’assessore Rita Martone (comune di Caserta) e l’assessore Teresa Mele (comune di Avellino) e Chiara Marciani (delega alle Pari opportunità nella Giunta Regionale della Campania). Proprio la Marciani ha rivelato i dati comunicati dal Garante per l’infanzia, dato che parlano di un 2,8% di bambini che in Campania riescono ad accedere a nidi regionali e solo di un 35% di scuole che possono garantire il tempo prolungato. Per questo l’assessore Marciani ha voluto sottolineare ancora una volta l’impegno della Regione e del suo assessorato affinché si possa cambiare passo. Ad esempio sostenendo il progetto sugli asili nido, uno dei quali sorgerà nel Cardarelli come progetto pilota. La conferenza stampa è stata anche l’occasione per trovare un’intesa sull’avvio di un tavolo regionale che possa favorire il confronto e portare a risultati fattivi nel più breve tempo possibile.
Disturbi alimentari: aumentano pazienti-bambini. In Italia colpite 3 mln di persone
Alimentazione, Bambini, News Presa, Prevenzione, PsicologiaMilioni di ragazzi e ragazze oggi vedono il cibo e il corpo come nemici. L’età media dei pazienti si abbassa continuamente e si parla di una vera e propria epidemia sociale, dalle conseguenze devastanti e una sofferenza immane. Ci sono ragazzine di otto anni che si trovano già ad affrontare lo spettro dell’anoressia o della bulimia. Lo ricorda Laura Dalla Ragione, che dirige il Numero Verde SOS DCA della Presidenza del Consiglio dei Ministri, alla vigilia della giornata del Fiocchetto Lilla, di domani. Sono oltre tre milioni le persone in Italia che convivono con i disturbi del comportamento alimentare (Dca), di cui 2,3 milioni adolescenti. “I Disturbi del comportamento alimentari, specie anoressia, bulimia e disturbo da alimentazione incontrollata, sono in questo momento in Italia, come in tutto il mondo, una epidemia sociale, che riguarda fasce di popolazione sempre più estese. Negli ultimi dieci anni si è abbassata in modo vistoso l’età di insorgenza dei Disordini Alimentari – sottolinea Dalla Ragione – con esordi frequenti a 8-10 anni. La patologia non riguarda più solo gli adolescenti, ma va a colpire anche bambini in età prepubere, con conseguenze molto più gravi sul corpo e sulla mente”. Secondo le stime ufficiali, il 95,9% delle persone colpite sono donne e il 4,1% uomini, e in buona parte dei casi.
L’anoressia è il disturbo più pericoloso dal punto di vista della mortalità, intorno al 5-10%, e si stima che chi ne soffre abbia un rischio di morte dieci volte maggiore rispetto alla popolazione generale. Oltre al numero verde 800180969, le istituzioni mettono a disposizione anche un sito, www.disturbialimentarionline.it, con la mappa di strutture e e associazioni dedicate ai Dca in Italia. Sono poche però quelle in grado di accogliere i ragazzi sotto i 14 anni, sottolinea Dalla Ragione, che hanno bisogno di cure particolarmente complesse. “Il trattamento integrato è infatti costruito da un piccolo esercito di professionisti (medici, psicologi, dietisti, filosofi, infermieri) che a 360 gradi affrontano queste complesse e insidiose patologie – spiega l’esperta, che è Presidente della Società Italiana Riabilitazione Disturbi del Comportamento Alimentare e del Peso -. Cercando di aprire un varco nel muro del controllo ossessivo della patologia anoressica attraverso il lavoro sul corpo, sulla parola, sul sogno”.
In molti casi, per fortuna, la guerra ai Dca si vince, anche quando si devono affrontare ad appena 11 anni. E’ il caso di Caterina, il cui nemico si chiama Anoressia Nervosa, affrontato quando le sue coetanee giocavano ancora con le bambole. Il diario di quei giorni è diventato un libro appena uscito (“Inchiostro” di Caterina Minni, Il Pensiero Scientifico). “Dal testo si comprende come questa malattia entri e sconvolga la vita delle famiglie che si trovano a dover affrontare una imprevista, drammatica esperienza – spiega Dalla Ragione, che ne ha sctitto la prefazione -. La maggior parte dei pazienti con Disordini Alimentari non sono consapevoli di avere una patologia e interpretano le altrui preoccupazioni come indebite ingerenze, dentro una scelta di vita che viene avvertita come valida e consapevole”.
«Così ho salvato quei tre bimbi dal soffocamento»
News PresaTre bimbi salvati dalla terribile sorte di una morte per soffocamento. La storia arriva da Parma, per la precisione dall’Ospedale Maggiore e dalla struttura di Pneumologia ed Endoscopia Toracica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria dove la dottoressa Maria Majori lavora come Pneumologo Interventista da oltre 15 anni. Lei e il suo team hanno reagito in modo straordinario ad una situazione altrettanto straordinaria.
La tempesta perfetta
«L’inalazione è un fatto raro», spiega la dottoressa, che è anche membro del Gruppo di Studio di Pneumologia Interventistica dell’Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri (AIPO). «Noi siamo un centro di riferimento per il Nord Italia ma in trent’anni abbiamo affrontato novanta casi di questo genere. Tre episodi in 24 ore sono certamente un evento eccezionale». I tre piccoli pazienti, due di due anni e uno di dieci mesi, all’arrivo in Ospedale presentavano una grave insufficienza respiratoria dovuta all’involontaria inalazione di piccoli frammenti di cibo.
L’emergenza
Il primo piccolo paziente è arrivato nel pomeriggio di martedì. Un bimbo di due anni proveniente da Salsomaggiore. Aveva inalato, circa 20 giorni prima, dei frammenti di arachidi. Poi, la mattina di mercoledì, l’emergenza scatta per una bimba di due anni che aveva ingoiato pezzi di carota cruda circa sei ore prima e aveva da subito manifestato un’importante difficoltà respiratoria. Il terzo bimbo, di soli dieci mesi, aveva inalato un seme di girasole due giorni prima. «I bambini – aggiunge Maria Majori, che ha effettuato tutti e tre gli interventi – presentavano evidenti segni di distress respiratorio con un polmone escluso dalla ventilazione e siamo pertanto dovuti intervenire tempestivamente in sala operatoria utilizzando un broncoscopio rigido con specifici strumenti vista l’età dei pazienti». I corpi estranei occludevano uno dei due bronchi che portano ai polmoni. In due casi ad essere occluso era il bronco sinistro, in un caso quello destro. L’occlusione del bronco si traduce in una mancata funzionalità del polmone e c’è il rischio che il corpo estraneo si possa spostare e andare a compromettere l’unico polmone ancora funzionante.
Segnali di pericolo
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Bisogna prestare attenzione se un bambino improvvisamente manifesta sintomi respiratori, in particolare una improvvisa difficoltà respiratoria senza che vi sia stata una sintomatologia precedente. Attenzione inoltre ai sibili, in casi del genere questo è un suono che deve far accendere un campanello d’allarme. Per tutti i genitori sarebbe sempre importante conoscere le principali manovre di disostruzione pediatrica.
In primavera bastano 10 minuti di sole per fare il pieno di vitamina D
News Presa, Prevenzione, Ricerca innovazioneÈ quasi primavera e per appropriarsi di un po’ di vitamina D in questa stagione, come in estate, basta esporsi, secondo gli esperti, dai 10 ai 20 minuti al sole. In inverno, invece, ci possono volere fino a due ore e questo non è sempre facile. Emerge da una ricerca dell’Università politecnica di Valencia, pubblicata su Science of the Total Environment.
Resta comunque il fatto che il sole va preso con prudenza (evitando ad esempio le ore centrali in estate), perché una cattiva esposizione può procurare dall’invecchiamento della pelle, fino a eritemi e tumori nei casi più gravi. Se preso con moderazione, però, il sole porta dei benefici essenziali. I ricercatori, per studiare gli effetti dell’esposizione al sole hanno stimato il tempo necessario per ottenere 1000 unità internazionali di vitamina D, la dose raccomandata, in una città come Valencia esposta tutto l’anno a una larga dose di raggi ultravioletti (Uv).
Lo studio ha analizzato l’irraggiamento solare da ultravioletti intorno a mezzogiorno (12.30-13.30) per quattro mesi (uno per stagione: inverno, primavera, estate, autunno) dal 2003 al 2010, tenendo conto del tempo necessario per sviluppare eritemi e prendendo come riferimento il tipo di pelle più comune in Spagna. Dai risultati è emerso che intorno a mezzogiorno nel mese di gennaio, con il 10% del corpo esposto al sole, sono necessari circa 130 minuti per ottenere la dose giornaliera raccomandata di vitamina D.
Al contrario, ad aprile e luglio, con il 25% del corpo esposto, circa 10 minuti sono sufficienti, mentre in ottobre ce ne vogliono 30. Gli studiosi invitano alla cautela, spiegando che il tempo necessario può variare in funzione della percentuale di corpo esposta, del vestiario, della forma del corpo e persino dell’età, ma anche dell’orario di riferimento. Lo studio indica secondo i ricercatori che anche in Paesi come la Spagna dove il sole è sufficiente può volerci molto tempo per fare il pieno di vitamina D in inverno, cosa che apre a opzioni come l’assunzione tramite la dieta (non facile)o i supplementi.
Screening, dal “selfcare” al “#selfiecare”
News Presa, PrevenzioneNel segno della prevenzione grazie all’hashtag #selfiecare. Un semplice gioco di parole che nasconde dietro di sé un complesso lavoro di screening per i tumori avviato dall’Asl Napoli 2 Nord. Un progetto di proporzioni enormi, se si considera che coinvolgerà circa 680mila pazienti in 3 anni. Obiettivo dichiarato: individuare precocemente eventuali tumori del colon retto, del seno e della cervice uterina, garantendo così maggiori possibilità di guarigione. Ovviamente, visto il numero di cittadini da raggiungere, l’Asl ha chiamato a raccolta tutte le forze del territorio, a partire da più di 800 medici di famiglia che si avvarranno di una piattaforma informatica per integrare la loro attività con quella dei medici ospedalieri e dei diversi specialisti coinvolti. Spazio anche alla promozione della prevenzione sfruttando il “passaparola” dei canali social e realizzando una serie di eventi informativi sul territorio.
«La prevenzione è un percorso culturale prima ancora che sanitario, per questo occorre trovare un dialogo con i pazienti», spiega il direttore generale dell’Asl Napoli 2 Nord Antonio d’Amore. «In questo senso da un lato abbiamo voluto valorizzare il ruolo del medico di famiglia, facendolo diventare anche in questo caso il primo riferimento informativo del cittadino e coinvolgendolo nei percorsi di screening Dall’altro stiamo chiedendo ai pazienti di diventare testimonial del proprio atto di prevenzione. Parallelamente, come Azienda, stiamo programmando una serie di appuntamenti, utili a far conoscere le opportunità di prevenzione assicurate dal programma #selfiecare».
Il ruolo dei medici di famiglia
Ogni medico di famiglia, collegandosi alla banca dati #selfiecare, potrà accedere agli elenchi dei propri pazienti che – per età e sesso – devono essere arruolati nel programma di prevenzione. In questo modo ogni medico contatterà i propri assistiti, avendo la possibilità di informarli sul programma di prevenzione e di prenotare direttamente dal proprio studio gli esami diagnostici o – nel caso del tumore del colon retto – di consegnare il kit necessario a raccogliere il campione di materiale da analizzare.
Il passaparola dei social network
La campagna è stata denominata #selfiecare, volendo sottolineare il ruolo da protagonista che ciascun cittadino deve avere nel farsi carico della propria salute e nel testimoniare – anche attraverso l’utilizzo dei social network – il valore della corretta prevenzione. I cittadini che aderiranno alle iniziative di screening troveranno presso le sedi dell’ASL delle “cornici” personalizzate col tema della campagna. Ciascun paziente potrà scattare un “selfie”con la cornice e pubblicarlo sui social network. In questo modo, i cittadini diventeranno testimonial della campagna presso i propri conoscenti.
Gli incontri nelle piazze e nei centri commerciali
Il terzo elemento della campagna sarà rappresentato dalla realizzazione di incontri informativi promossi sui 32 Comuni del territorio, durante i quali sarà diffuso materiale informativo e ci si potrà confrontare direttamente coi sanitari. Per informazioni circa i percorsi di screening è possibile rivolgersi al proprio medico di famiglia. Tutte le prestazioni previste dagli screening sono gratuite e non richiedono il pagamento del ticket.