Tempo di lettura: 2 minutiL’età biologica di una persona non sempre coincide con quella anagrafica. Quest’ultima non lascia dubbi ed è incisa sui documenti personali in base alla propria data di nascita, la prima invece non ha metodi standardizzati, ma è influenzata dallo stile di vita e dalla genetica. Tuttavia secondo gli autori di una nuova ricerca pubblicata su Aging, riuscire a determinare l’età biologica degli individui giocherà un ruolo importante nel campo della medicina anti-aging.
I ricercatori fanno parte dell’Istituto di Biologia Molecolare Engelhardt dell’Accademia Russa delle Scienze, del Centro Ricerche Cliniche per la Gerontologia, dell’Istituto di Fisica e Tecnologia di Mosca e altri centri di ricerca. Lo studio è stato condotto presso il Centro Nazionale Ricerche per la Medicina Preventiva e presso il Centro di Gerontologia.
“Ricercatori di tutto il mondo – ricorda Alexey Moskalev, direttore del Laboratorio di Genetica dell’Invecchiamento e della Longevità presso il Centro dei Sistemi Viventi del MIPT – hanno a lungo tentato di trovare un modo per stimare l’età biologica; le tecniche attualmente più accurate sono quelle che si basano sull’analisi del DNA (‘orologio epigenetico’) e possono stimare l’età biologica dell’uomo con un errore medio di tre anni. Si tratta però di analisi costose che richiedono personale di laboratorio esperto e dedicato; e questo è il motivo per cui non vengono utilizzate nella pratica clinica quotidiana”.
I ricercatori si sono basati su informazioni relative a parametri che riflettono il funzionamento dell’apparato cardiovascolare e in particolare: lo spessore della parete carotidea, la velocità dell’onda di polso, il diametro del lume carotideo (grado di stenosi) e l’indice di augmentation (ovvero la differenza tra il secondo e il primo picco pressorio dell’onda di polso). Ognuno di questi indici rappresenta un marcatore validato di aterosclerosi, ipertensione, diabete e altre condizioni. Ma questo studio li ha messi insieme in un modello matematico finalizzato a determinare l’età biologica.
Per validare questo algoritmo sono stati arruolati 303 soggetti (199 donne e 104 uomini), di età compresa tra i 23 e i 91 anni. “Per lo studio – afferma il primo autore Alexander Fedintsev, bioinformatico presso l’Istituto di Biologia Molecolare Engelhardt – abbiamo utilizzato un’analisi di regressione non lineare e abbiamo attinto, per la selezione di questi parametri, ad un ampio database con una varietà di biomarcatori. Questo ci ha aiutato a mantenere un basso tasso di errore nel predire l’età biologica, nonostante il fatto che il modello utilizzato sia piuttosto semplice e compatto. Oltre ad essere discretamente accurato, questo modello fornisce anche una facile interpretazione dei risultati”.
Per validare questo modello, i ricercatori hanno confrontato le loro stime di età biologica con i dati ottenuti attraverso altre tecniche per valutare lo stato di un organismo (come i Framingham CVD Prediction Scores, un algoritmo che stima il rischio individuale di sviluppare una patologia cardiovascolare, non basato sull’ecodoppler carotideo) e con altre tecniche di processamento dei dati.
“Avendo utilizzato il sistema cardiovascolare come unica fonte di informazioni – afferma Olga Tkacheva, direttore del Centro di Ricerca Clinico Russo di Gerontologia – sono necessarie ulteriori ricerche, basate su altri fattori, per raffinare le stime dell’età biologica. Tuttavia recenti ricerche hanno dimostrato che la relazione tra lo stato dei vasi sanguigni e l’età biologica è ancora più forte rispetto a quella tra lo stato dei vasi e la composizione chimica del sangue”.
Età biologica: un esame per scoprire la propria
Ricerca innovazioneL’età biologica di una persona non sempre coincide con quella anagrafica. Quest’ultima non lascia dubbi ed è incisa sui documenti personali in base alla propria data di nascita, la prima invece non ha metodi standardizzati, ma è influenzata dallo stile di vita e dalla genetica. Tuttavia secondo gli autori di una nuova ricerca pubblicata su Aging, riuscire a determinare l’età biologica degli individui giocherà un ruolo importante nel campo della medicina anti-aging.
I ricercatori fanno parte dell’Istituto di Biologia Molecolare Engelhardt dell’Accademia Russa delle Scienze, del Centro Ricerche Cliniche per la Gerontologia, dell’Istituto di Fisica e Tecnologia di Mosca e altri centri di ricerca. Lo studio è stato condotto presso il Centro Nazionale Ricerche per la Medicina Preventiva e presso il Centro di Gerontologia.
“Ricercatori di tutto il mondo – ricorda Alexey Moskalev, direttore del Laboratorio di Genetica dell’Invecchiamento e della Longevità presso il Centro dei Sistemi Viventi del MIPT – hanno a lungo tentato di trovare un modo per stimare l’età biologica; le tecniche attualmente più accurate sono quelle che si basano sull’analisi del DNA (‘orologio epigenetico’) e possono stimare l’età biologica dell’uomo con un errore medio di tre anni. Si tratta però di analisi costose che richiedono personale di laboratorio esperto e dedicato; e questo è il motivo per cui non vengono utilizzate nella pratica clinica quotidiana”.
I ricercatori si sono basati su informazioni relative a parametri che riflettono il funzionamento dell’apparato cardiovascolare e in particolare: lo spessore della parete carotidea, la velocità dell’onda di polso, il diametro del lume carotideo (grado di stenosi) e l’indice di augmentation (ovvero la differenza tra il secondo e il primo picco pressorio dell’onda di polso). Ognuno di questi indici rappresenta un marcatore validato di aterosclerosi, ipertensione, diabete e altre condizioni. Ma questo studio li ha messi insieme in un modello matematico finalizzato a determinare l’età biologica.
Per validare questo algoritmo sono stati arruolati 303 soggetti (199 donne e 104 uomini), di età compresa tra i 23 e i 91 anni. “Per lo studio – afferma il primo autore Alexander Fedintsev, bioinformatico presso l’Istituto di Biologia Molecolare Engelhardt – abbiamo utilizzato un’analisi di regressione non lineare e abbiamo attinto, per la selezione di questi parametri, ad un ampio database con una varietà di biomarcatori. Questo ci ha aiutato a mantenere un basso tasso di errore nel predire l’età biologica, nonostante il fatto che il modello utilizzato sia piuttosto semplice e compatto. Oltre ad essere discretamente accurato, questo modello fornisce anche una facile interpretazione dei risultati”.
Per validare questo modello, i ricercatori hanno confrontato le loro stime di età biologica con i dati ottenuti attraverso altre tecniche per valutare lo stato di un organismo (come i Framingham CVD Prediction Scores, un algoritmo che stima il rischio individuale di sviluppare una patologia cardiovascolare, non basato sull’ecodoppler carotideo) e con altre tecniche di processamento dei dati.
“Avendo utilizzato il sistema cardiovascolare come unica fonte di informazioni – afferma Olga Tkacheva, direttore del Centro di Ricerca Clinico Russo di Gerontologia – sono necessarie ulteriori ricerche, basate su altri fattori, per raffinare le stime dell’età biologica. Tuttavia recenti ricerche hanno dimostrato che la relazione tra lo stato dei vasi sanguigni e l’età biologica è ancora più forte rispetto a quella tra lo stato dei vasi e la composizione chimica del sangue”.
Droga: 19% giovani italiani usa cannabis. Allarme eroina
Nuove tendenzeIn Italia il 19% dei giovani usa cannabis. Ma è allarme anche per l’eroina con 205 mila consumatori a rischio. La cannabis rimane la droga più comunemente utilizzata, seguita dalla cocaina. L’uso della maggior parte delle sostanze illecite è concentrato nella fascia di età tra i 15 e i 34 anni. Tuttavia, la maggior prevalenza dell’uso di cocaina lo scorso anno è riportata nella fascia di età tra 25 e 34 anni. Uno studio del 2014 ha indicato un possibile aumento della prevalenza di cannabis e droghe sintetiche per uso stimolante in Italia, mentre l’uso di cocaina sembra essere in diminuzione, in particolare tra i più giovani di 25 anni.
I dati sono stati pubblicati dall’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (EMCDDA) che ha presentato a Bruxelles la “Relazione europea sulla droga 2017: tendenze e sviluppi”. Nel 2015, gli studenti italiani, secondo la Relazione, hanno riportato i tassi di prevalenza di uso della cannabis al di sopra della media ESPAD (35 Paesi), mentre l ‘uso di droghe illecite diverse da cannabis e NPS (nuove sostanze psicoattive) era quasi identico alla media totale.
In Italia, l’uso di droga ad alto rischio rimane legato principalmente all’eroina. Secondo le ultime stime, nel 2015 c’erano circa 205.200 utilizzatori ad alto rischio di eroina in Italia. Sulla base dell’indagine generale sulla popolazione 2014 invece si stima che lo 0,9% della popolazione tra 15 e 64 anni usi la cannabis quotidianamente o quasi quotidianamente, una percentuale che sale al 19% se si considera la fascia di età tra 15 e 34 anni.
Iss: aumentano le fumatrici, in alcune fasce superano gli uomini
PrevenzioneIn Italia le fumatrici sono un milione in più rispetto allo scorso anno.
In particolare, su un totale di 11,7 milioni i fumatori italiani (il 22,3% della popolazione) 6 milioni sono uomini (erano 6,9 milioni del 2016) e 5,7 milioni le donne (erano 4,6 milioni del 2016). Anzi, in alcune fasce d’età le donne fumano più degli uomini, soprattutto nel Nord del Paese, nella fascia d’età in cui si accende la prima sigaretta (15-24) e nella fascia in cui si smette (45-64). Risulta, quindi, quasi azzerato il divario di genere.
Il quadro emerge dai dati presentati dall’Ossfad (Centro Nazionale Dipendenza e Doping dell’Iss) in occasione della Giornata Mondiale senza tabacco. “Oggi nel nostro Paese fumano quasi 6 milioni di donne, circa un milione in più rispetto allo scorso anno – ha affermato Walter Ricciardi, Presidente dell’Iss – d’altra parte invece sono stati pochi coloro che in presenza di minori hanno fumato in auto, un divieto sul quale è stato d’accordo anche l’86% dei fumatori. L’avvicinamento delle donne fumatrici alle percentuali registrate tra gli uomini ci dice, però, che dobbiamo ancora continuare a contrastare il fumo e a insistere in questa direzione”.
L’indagine dell’Iss ha confermato, inoltre, che i divieti legislativi, a partire dalla legge sul fumo fino ai più recenti divieti hanno avuto un impatto significativo non solo sul consumo ma anche più in generale culturale. Soltanto il 3,8% dei non fumatori, per esempio, ha dichiarato di aver viaggiato in auto con un fumatore che ha fumato nell’abitacolo in presenza di bambini o donne in gravidanza e soltanto un italiano su 10 consente ai propri ospiti fumatori di accendersi una sigaretta in casa.
Terapia del dolore, esperti a confronto
News PresaAlle Terme di Agnano si discute di terapia del dolore, grazie all’impegno dell’associazione il Nodo. In particolare in occasione del convegno (in programma per sabato 10 giugno) il tema sarà quello del fine vita, così come definito dalla legge 38/2010 che riconosce il diritto da parte del cittadino a ricevere cure palliative e terapia del dolore. Inoltre, viene espressamente richiamata l’obbligatorietà di assicurare programmi di cura sia al malato che alla famiglia, garantendo la tutela della dignità e della qualità di vita fino al suo termine. E purtroppo di questa legge, spesso disattesa, i cittadini sanno poco o nulla.
Riflessione politica
Tra i relatori l’onorevole Raffaele Topo, presidente V commissione Sanità della Regione Campania che interverrà sull’attuale piano regionale. L’associazione il Nodo si propone con questo convegno di avere delle chiare risposte dagli organi competenti, sui problemi relativi alla terapia del dolore. Questioni che l’associazione stessa affronta da tempo, come la soppressione dei 9 ultimi posti letto dell’ospedale Cardarelli. Importanti le testimonianze di alcuni relatori tra cui il professor Vincenzo Montrone (direttore UOC terapia del Dolore e Cure Palliative del Cardarelli), del professor Claudio Buccelli (direttore del centro interuniversitario di ricerca bioetica) che affronterà il delicato tema dell’offesa alla dignità della persona, nell’ostinazione irragionevole delle terapie, e del senatore Lucio Romano che prosegue l’approfondimento legislativo, attraverso audizioni al Senato, per mettere a punto e modificare il DDL sul fine vita.
L’importanza del dialogo
Il dottor Francesco Catapano dell’associazione il Nodo spiegherà invece la mission dell’associazione e l’importanza del dialogo con tutte le strutture pubbliche e di prendere posto nei tavoli della politica per dare il contributo affinché venga rispettata la legge numero 38 che garantisce a tutti le cure palliative e terapia del dolore, oltre che alla scelta del luogo di cura. La conclusione sarà affidata al presidente dell’Ordine dei Medici di Napoli Silvestro Scotti.
Genitori, non pubblicate foto dei vostri figli. Allarme pedopornografia
Genitorialità, PediatriaPadri e madri pubblicano foto dei loro figli, perché vorrebbero mostrare al mondo l’amore che provano per loro. Le foto di bambini al mare o in casa invece possono diventare bersaglio dei pedofili camuffati nella rete.
Allora la privacy diventa uno strumento indispensabile per la sicurezza, non solo dei bambini.
La tutela della privacy è uno strumento “indispensabile” anche nella lotta al terrorismo: lo rivendica il Garante, Antonello Suoro, nella Relazione al Parlamento. Dopo l’11/9 il rapporto tra libertà e sicurezza è cambiato, ma i fatti hanno dimostrato “come di fronte alle nuove minacce, la privacy sia non solo possibile, ma addirittura indispensabile per rendere le attività di contrasto più risolutive, perché meno massive e quindi orientate su più congrui bersagli. Per far sì che nella lotta al terrorismo siamo più efficaci, non meno liberi”.
Secondo recenti ricerche, poi, “la pedopornografia in rete e, particolarmente nel dark web, sarebbe in crescita vertiginosa: nel 2016 due milioni le immagini censite, quasi il doppio rispetto all’anno precedente“. “Fonte involontaria – sottolinea Soro – sarebbero i social network in cui genitori postano le immagini dei figli”.
I giganti del web come Google, Apple Facebook e Microsoft “sono ormai più potenti dei governi”: e “a questo strapotere non ci può rassegnare, nessuno stato stato democratico può rassegnarsi”, ha sottolineato la presidente della Camera Laura Boldrini introducendo nella sala della Regina a Montecitorio la relazione annuale del Garante della Privacy.
L’Hpv è un nemico insidioso, #dilloachivuoibene
PrevenzioneNegli ultimi anni si è registrato un grande aumento di un particolare gruppo di tumori di testa e collo, localizzati nell’orofaringe e causati da papillomavirus (HPV) ad alto rischio. Una rete multidisciplinare di esperti del Policlinico Federico II scende in campo per contribuire a informare la popolazione campana su prevenzione, diagnosi e terapia non solo del carcinoma del cavo orale legato a fumo e alcool, ma anche dei problemi legati ai carcinomi HPV-correlati. La campagna di comunicazione è #dilloachivuoibene, un invito a non sentirsi soli e ad affrontare la lotta contro il tumore senza vergogna e senza tabù.
Presa in carico
Già da anni l’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II ha attivato un network multiprofessionale che garantisca ai pazienti con un carcinoma “squamoso orale ed orofaringeo”, il più frequente fra i tumori maligni di testa e collo, un percorso programmato di alta specialità. Dalla diagnosi, che combina i dati morfologici con i risultati di tecniche morfologiche e molecolari avanzate, alla assistenza, gestita da una equipe integrata di esperti clinici, chirurghi e terapisti, con uno specifico supporto psico-oncologico.
Perché questa campagna di comunicazione? «Perché a livello internazionale assistiamo ad progressivo rapido aumento del ruolo del virus HPV, un virus comune che infetta la pelle e le membrane mucose e che si trasmette per via sessuale, nell’induzione dei tumori dell’orofaringe», spiega Stefania Staibano, ordinario di Anatomia patologica e responsabile del programma di diagnosi istopatologica dei tumori di testa e collo alla Federico II. «Le stime epidemiologiche indicano che dal 2020 il numero di carcinomi orofaringei HPV-positivi sorpasserà il numero dei carcinomi della cervice uterina, fino ad ora considerati il prototipo dei cancri HPV-correlati nel genere umano» Ma chi è il paziente tipico con carcinoma orofaringeo HPV-positivo? Nella maggior parte dei casi è un uomo e si ha un doppio picco d’incidenza, fra i 35 ei 50 anni e dopo i 55 anni. È bene sapere che in più del 90% dei casi, il nostro sistema immunitario riesce a eliminare il virus HPV con un decorso rapido, spesso asintomatico, e senza ulteriori conseguenze. Ma alcune condizioni, come l’immunodepressione o un’elevata carica virale infettante, possono far sì che si stabilisca un’infezione orale persistente, che anche a distanza di anni può avviare la trasformazione tumorale dell’area infettata. Quindi la prevenzione e la diagnosi precoce sono fondamentali.
It’s time to act!
Il lancio della campagna di comunicazione è previsto durante il convegno «Head & Neck Cancer: prevent, diagnose, treat. It’s time to act!», in programma lunedì 12 giugno nell’Aula Magna del Centro Congressi Partenope. Sarà presentato il sito web www.dilloachivuoibene.it (on line dal 12/06) che raccoglie informazioni e aggiornamenti sul virus HPV e consente agli utenti di conoscere quali sono i percorsi giusti per contattare le equipe specializzate del Policlinico federiciano. Tutte le news sono curate da un team di specialisti che garantiscono la qualità dei contenuti e il loro costante aggiornamento.
«Abbiamo scelto di realizzare un sito web perché i giovani sono i maggiori frequentatori della rete e anche coloro che risultano più esposti al rischio di infezione da HPV che è favorita da un elevato numero di partner e da un inizio precoce dell’attività sessuale. È indispensabile migliorare la consapevolezza del rischio fra i giovani, informandoli correttamente sulle possibilità di prevenzione e di diagnosi precoce- aggiunge la professoressa Staibano- il sito si occuperà inoltre di fornire informazioni dettagliate anche sui carcinomi squamosi orali legati ai tradizionali fattori di rischio, in primo luogo fumo di tabacco ed abuso di alcolici, e sulle possibilità attuali di una loro diagnosi precoce e di possibili terapie avanzate».
Nei metrò
Sarà anche presentato lo spot realizzato per il circuito metropolitano di Videometrò, che vanta un testimonial d’eccezione: Massimiliano Rosolino, che sarà presente alla manifestazione in videocollegamento. Lo spot è stato realizzato grazie alla disponibilità incondizionata del Presidente di Videometrò, Luciano Colella.
Mal di testa, quando stare attenti. Forme secondarie più pericolose
PrevenzioneIl mal di testa è un disturbo troppo spesso causa di disabilità e tende a colpire maggiormente le donne.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha inserito l’emicrania tra le prime 20 malattie invalidanti certificandone la rilevanza sociale.
Ciononostante la percentuale dei pazienti che si rivolgono ai medici rimane troppo bassa, intorno al 50%, e il ricorso all’automedicazione continua ad essere un fenomeno rilevante per l’alto abuso di antidolorifici con rischio di cronicizzazione della malattia. Nella maggior parte dei casi la cefalea può essere curata con adeguate strategie terapeutiche, non solo farmacologiche, tese ad eliminare fattori scatenanti ed a promuovere un corretto stile di vita.
Sono anche state istituite iniziative annuali su tutto il territorio nazionale. Da poco si è svolta ad esempio la ‘Giornata nazionale del mal di testa’, arrivata alla sua nona edizione e organizzata dalla Società italiana per lo studio delle cefalee – Sisc.
“Esistono forme differenti di cefalea – spiega la dottoressa Merlo, responsabile della neurologia e del centro cefalee Sisc di Humanitas Gavazzeni oltre che coordinatore del direttivo Sisc Lombardia – e l’obiettivo principale è riconoscere le forme di tipo primario, non legate a un danno d’organo, dalle forme secondarie che, a volte, possono essere pericolose. La cefalea di tipo emicranico, nell’ambito delle forme primarie, si caratterizza per alcuni aspetti peculiari. Va ricordato che l’emicrania può presentarsi preceduta o meno da sintomi neurologici veri e propri che meglio si possono definire come “aura emicranica”. L’emicrania è considerata un “disordine neurologico episodico, spesso familiare, caratterizzato da attacchi ricorrenti di cefalea, ampiamente variabili in termini di frequenza, durata e intensità”.
Le cefalee secondarie derivano da altre condizioni patologiche e, in pratica, rappresentano uno dei loro sintomi. Alcune malattie possono frequentemente essere confuse con il mal di testa, proprio perché presentano nella loro sintomatologia questa manifestazione: sinusite, faringite, otite e trauma cranico. Le cefalee secondarie possono essere causate anche da condizioni patologiche molto gravi e, specie se si associano ad altri sintomi “allarmanti”, non devono essere trascurate. La diagnosi precoce e la cura tempestiva, infatti, limitano il disturbo all’origine del mal di testa, prima che questo degeneri divenendo rischioso per la vita (come nel caso di emorragie intracerebrali e ictus). Fortunatamente, le cefalee secondarie “pericolose” rappresentano solo una piccola percentuale dei casi.
Nonostante l’alto impatto clinico e sociale della cefalea il livello informativo generale rimane particolarmente carente: i pazienti più che cercare di risolvere il disturbo si limitano troppo spesso all’automedicazione e accettano con triste rassegnazione il progressivo peggioramento della qualità della vita.
‘Generazione sandwich’: quando nonni e nipoti fanno squadra
Nuove tendenzeL’aumento dell’aspettativa di vita offre ai nonni nuove possibilità di essere protagonisti della vita famigliare. Ci sono progetti che favoriscono l’alleanza con la generazione dei nipoti, questa sinergia è stata battezzata: “generazione sandwich”. Un esempio è quello di Eileen Helmer, 30 anni questa estate, e sua nonna, anche lei di nome Eileen, quasi novantenne. Sono grandissime amiche e condividono la stanza a Miami. “Io faccio la spesa, porto i pesi e cambio le lampadine. Lei si prende cura delle mie piante”, afferma la Elleen più giovane”Tutti in famiglia dicono che è un gran sollievo”, continua Helmer. Questa della convivenza tra nonna e nipote è solo una dell’ampia gamma delle soluzioni di collaborazione intergenerazionale. Liza Baker, una life coach di Ann Arbor, Michigan, suggerisce tre situazioni-chiave:
Prendere decisioni come vera famiglia
La comunicazione in famiglia è un elemento fondamentale. Liza Baker ha diversi clienti che hanno appena compiuto 80 anni e necessitano di cure a tempo pieno, ma allo stesso tempo sono preoccupati di quanto dureranno i loro risparmi. I figli chiamano spesso per conoscere il quadro economico, ma i genitori hanno difficoltà ad aprirsi completamente. Vendere casa dei genitori? Non venderla? Ogni generazione deve mettersi al tavolo per decidere, rappresentando ognuna le proprie necessità.
Trasformare gli aspetti negativi in positivi
Vi siete presi cura dei vostri genitori mente eravate all’apice della carriera e non siete più riusciti a partire con lo stesso successo? C’è chi è risucito a ribaltare la negatività di questa condizione inventandosi un nuovo lavoro. Dopo un lungo periodo in cui ha messo in standby la sua carriera da product designer per occuparsi dei suoi figli e genitori, Colleen Kavanaugh, 45 anni, ha messo a disposizione degli altri la sua esperienza di caregiver. Oggi guadagna 125 dollari l’ora come consulente certificata.
Metti al lavoro nonni e nipoti
A volte le due fette del sandwich possono lavorare insieme per la “generazione di mezzo”. Per Daniel Grote, un financial planner di Denver, accogliere in casa la suocera per sei anni ha significato prendersi cura di lei, ma allo stesso tempo avere una babysitter sul posto per i suoi tre figli.
I bambini devono dormire almeno 9 ore al giorno. Importanti le regole
News PresaI bambini di età compresa tra i 5 e i 13 anni dovrebbero dormire per almeno nove e gli adolescenti dai 14 ai 17 anni per almeno otto ore. Lo dicono le linee guida canadesi sul sonno e la salute. Tuttavia queste raccomandazioni sono spesso trascurate da figli e genitori. Per questi motivi alcuni ricercatori del Public Health Ontario di Toronto, guidati da Heather Manson, hanno esaminato i dati di un sondaggio su 1.622 genitori con almeno un figlio di età compresa tra i 5 e i 17 anni.
Ne è emerso che i ragazzi hanno il 59% in più di probabilità di soddisfare le raccomandazioni delle linee guida nei giorni feriali se i loro genitori applicano un programma di regole ben definito. A seconda dell’età del ragazzo, la percentuale di genitori che ne dichiara l’aderenza alle linee guida sul sonno, varia da circa il 68% al 93% nei giorni feriali e dal 49% all’86% nei fine settimana. In particolare si è vede che il numero di bambini che ottiene la quantità minima di sonno raccomandato aumenta in quella dai 5 ai 9 anni, ma poi diminuisce nella fascia dai 10 a 17 anni.
Tra i 15enni c’è la maggiore variazione tra i giorni feriali e quelli del fine settimana, con il 38% in meno di ragazzi che dormono il tempo minimo consigliato durante i fine settimana rispetto a quanto fanno nei giorni feriali. Inoltre il 94% dei genitori riferisce di incoraggiare il proprio figlio ad andare a dormire in un momento specifico e circa l’84% di far rispettare le regole del sonno.
Insomma, l’applicazione delle regole è più efficace dei semplici promemoria anche dopo aver corretto i dati per altri fattori confondenti, come l’età e il sesso del bambino, il reddito familiare, l’istruzione genitoriale e altre regole come la limitazione del tempo davanti allo schermo della TV o dell’uso di PC e smartphone in camera da letto.
Vaccino anti cancro, entro il 2018 al via i test
Ricerca innovazioneIl vaccino contro il cancro? Potrebbe arrivare prima di quanto si pensi. A rivelarlo sono i dati discussi in occasione del congresso ASCO (American Society of Clinical Oncology) di Chicago, tempio mondiale della ricerca clinica oncologica. E da Chicago a Napoli il passo è breve. C’è infatti il Pascale al centro di uno studio clinico mondiale che prevede la somministrazione del cosiddetto vaccino «anti Globo H-KLH». Non un vaccino preventivo, bensì una terapia adiuvante (cioé da realizzare subito dopo l’intervento chirurgico al seno) in donne con tumore «triplo-negativo». L’obiettivo è quello di aumentare i tassi di guarigione di questo sottotipo di tumore mammario ad alta aggressività.
Un ruolo chiave
Tra gli esperti che si sono trovati a confronto c’è anche il professor Michelino De Laurentiis (uno degli artefici del disegno della sperimentazione) è non è un caso, visto che l’Istituto napoletano è l’unica struttura oncologica italiana a prendere parte alla sperimentazione. Pronti a partire entro il 2018, anno nel quale prenderà il via la fase III, quindi uno studio di fase avanzata e in grado di fornire risultati definitivi. Il Pascale, ovviamente, sarà in prima fila in questa avventura che apre nuovi scenari nella cura della malattia del secolo.
Ulteriori sperimentazioni
Centrale il ruolo dell’Istituto partenopeo grazie al lavoro di Michelino De Laurentiis, che ha già ottenuto di affiancare alla sperimentazione principale ulteriori studi di combinazione del vaccino con farmaci inibitori dei checkpoint immunologici su pazienti in fase metastatica. «La disponibilità del vaccino al Pascale – dice De Laurentiis – si prospetta come grande opportunità per le pazienti con tumore mammario di avere accesso a trattamenti ad alta innovatività e va nella scia intrapresa negli ultimi anni che hanno fatto del Pascale uno dei centri mondiali col maggior numero di trattamenti innovativi per il tumore della mammella. I farmaci immunoterapici attuali, cosi detti inibitori dei checkpoint immunologici, agiscono sostanzialmente rimuovendo il freno immunologico che il tumore tiene premuto per evitare di essere attaccato dal sistema immunitario. Ne consegue un’attivazione generica del sistema immunitario che ha il potenziale negativo di scatenare patologie autoimmunitarie nell’organismo. Inoltre, questa risposta immunitaria, proprio perché in qualche modo generica, non è sempre efficace contro il tumore. Questo è forse uno dei motivi per cui l’immunoterapia ha avuto, per ora, successi limitati nelle forme tumorali meno immunogene, come il tumore della mammella. I vaccini terapeutici, invece, mirano a scatenare una risposta immunitaria altamente specifica contro il tumore, in teoria potenzialmente più efficace e con meno effetti collaterali».
Team d’eccellenza
Il Congresso internazionale dell’Asco di Chicago ha confermato il grande livello del Pascale come centro di riferimento per l’oncologia mondiale. Per il dg Attilio Bianchi, quello dell’Istituto è sempre più un ruolo da protagonista nello scenario dell’oncologia mondiale. «Il Congresso internazionale di Chicago ha visto alcuni risultati dei nostri ricercatori assumere una valenza planetaria: dalla tossicità economica e la sostenibilità rilevata dal dottor Franco Perrone, ai progressi della Immunoterapia del melanoma grazie agli studi del dottor Ascierto, fino a questo rilevatissimo progetto del dottor De Laurentiis. Questi risultati si raggiungono grazie allo sforzo dei ricercatori, ma anche di tutto il personale medico e paramedico per la dedizione ai pazienti e alla ricerca applicata. Un grazie anche alla sensibilità del presidente della giunta regionale, Vincenzo De Luca che, con il protocollo d’intesa, ha creato le condizioni perché questo progresso clinico e scientifico abbia le basi per durare nel tempo verso nuovi e sempre più ambiziosi traguardi».