Tempo di lettura: 3 minutiNel Paese aumentano vertiginosamente le malattie croniche che ormai colpiscono il 40% della popolazione. E gli squilibri Nord-Sud sono notevoli anche rispetto alle risorse disponibili (530 euro in meno tra Calabria e Bolzano), ma la differenza di spesa non basta a spiegare le differenze nei livelli di salute. Restano i dati: un cittadino di Trento ha una speranza di vita di 82,3 anni mentre uno in Campania non supera mediamente gli 80,5 anni.
È la cronicità, insomma, uno dei mali maggiori del Servizio sanitario nazionale. I malati cronici consumano grandi quantità di farmaci, vanno spesso dal medico e aumentano ancora di più il livello di insostenibilità di un Ssn che non riesce ad assisterli, soprattutto nel Mezzogiorno.
Il Rapporto Osservasalute 2016, fa un’analisi dello stato di salute della popolazione e della qualità dell’assistenza sanitaria nelle Regioni italiane. È stato presentato a Roma all’Università Cattolica dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane, che ha sede presso lo stesso Ateneo ed è coordinato da Walter Ricciardi, Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, direttore dell’Osservatorio e Ordinario di Igiene all’Università Cattolica, e da Alessandro Solipaca, direttore Scientifico dell’Osservatorio. I riflessi sul divario tra nord e sud sono pesantissimi anche sull’aspettativa di vita.
Il Sud dispone di minori risorse economiche, è gravato dalla scarsa disponibilità di servizi sanitari e di efficaci politiche di prevenzione. Questa disparità di accesso all’assistenza si riflette in modo sempre più evidente sulla salute delle persone: al Sud è molto più alta la mortalità prematura sotto i 70 anni di vita, indicativo secondo l’Oms dell’efficacia dei servizi sanitari.
Il Rapporto è frutto del lavoro di 180 ricercatori distribuiti su tutto il territorio italiano che operano presso Università e numerose Istituzioni pubbliche nazionali, regionali e aziendali.
Ai malati cronici, sottolinea Osservasalute, sono destinate gran parte delle ricette per farmaci e sono loro che affollano più spesso le sale d’attesa degli studi dei medici di famiglia: analizzando le principali patologie croniche (ipertensione arteriosa, ictus ischemico, malattie ischemiche del cuore, scompenso cardiaco congestizio, diabete mellito tipo II, BPCO, asma bronchiale, osteoartrosi, disturbi tiroidei – con l’eccezione dei tumori tiroidei) emerge che, nel 2015, il 23,7% dei pazienti adulti in carico alla medicina generale (249.641 pazienti su un totale di 1.054.376 soggetti) presentava contemporaneamente 2 o più condizioni croniche tra quelle prima elencate.
Questo dato mostra un trend in preoccupante crescita, salendo dal 21,9% nel 2011 al 23,7% nel 2015. Inoltre, nel 2015 il 72,1% delle persone con almeno 2 patologie croniche concomitanti risulta essere in politerapia farmacologica, ossia assume quotidianamente 5 o più farmaci differenti.
Infine, i pazienti con multicronicità nel 2015 hanno generato il 55% dei contatti (ovvero tutte le visite in ambulatorio che terminano con la registrazione di una diagnosi, di una prescrizione farmaceutica, di una indagine diagnostico-strumentale e/o di qualunque altro intervento che il Mmg registra nella cartella clinica informatizzata) con i medici di medicina generale.
Le malattie croniche riflettono anche i divari sociali del paese: un esempio su tutti è la prevalenza di cronicità che nella classe di età 25-44 anni ammonta al 4%, ma mentre tra i laureati è del 3,4%, nella popolazione con il livello di istruzione più basso e pari al 5,7 per cento.
Ma ci sono altre evidenze nel Rapporto che sottolineano la distanza sempre eccessiva Nord-Sud.
Gli squilibri delle risorse: la spesa sanitaria pro capite si attesta mediamente a 1.838 euro, ma è molto più elevata a Bolzano – 2.255 euro – e decisamente inferiore nel Mezzogiorno, in particolare in Calabria – 1.725 euro. Questi divari si riflettono sulle condizioni di salute e sull’aspettativa di vita dei cittadini italiani di Nord, Centro e Sud Italia a vantaggio degli abitanti delle prime due zone del Paese.
E anche le condizioni di salute: nel 2015, in Italia, ogni cittadino può sperare di vivere, mediamente, 82,3 anni (uomini 80,1; donne 84,6); a Trento la sopravvivenza sale a 83,5 anni (uomini 81,2; donne 85,8), mentre in Campania l’aspettativa di vita è di soli 80,5 anni (uomini 78,3; donne 82,8).
Il Mezzogiorno resta indietro anche sul fronte della riduzione della mortalità: negli ultimi quindici anni è diminuita in tutto il Paese, ma la riduzione, soprattutto per gli uomini, non ha interessato tutte le Regioni ed è stata del 27% al Nord, del 22% al Centro e del 20% al Sud e Isole.
La responsabilità delle diversità, secondo Osservasalute può essere dovuta alle conseguenze delle politiche e delle scelte allocative delle regioni: per esempio, gli screening oncologici coprono la quasi totalità della popolazione in Lombardia, ma appena il 30% dei residenti in Calabria. La carenza di risorse, comunque, non basta a spiegare le differenze tra Nord-Sud e Isole. Osservando l’indicatore sulle risorse disponibili in termini di finanziamento pro capite emerge che molte regioni del Nord migliorano la loro performance senza aumentare la spesa, mentre alcune regioni del Mezzogiorno, alle quali si aggiunge il Lazio, peggiorano la performance pur aumentando le risorse rispetto alla media nazionale.
Dal ministero stop ai selfie in sala operatoria. Offendono pazienti e sanitari stessi
Associazioni pazienti, News Presa, PrevenzioneÈ servito l’intervento del ministero della Salute a porre fine alla moda dei selfie in sala operatoria e nei luoghi di cura. Il dicastero ha inviato una nota alla federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo), al collegio degli infermieri e ai rappresentanti delle ostetriche e tecnici radiologi imponendo lo stop agli autoscatti in tutte le strutture ospedaliere e in generale nei luoghi adibiti alla medicina e alla cura del paziente, perché “offendono i malati e compromettono l’immagine degli stessi sanitari”, si legge nella nota.
Così ai rappresentanti dei lavoratori viene chiesto, con un richiamo all’etica professionale, di “scongiurare o, quanto meno, arginare il verificarsi di tali fatti”.
La stessa presidente di Fnomceo Roberta Chersevani, diffondendo l’informativa a tutti gli ordini provinciali, ha così illustrato quali norme del codice deontologico dei medici vengono violate da chi scatta selfie negli ospedali e nelle strutture sanitarie, anche se fortunatamente, secondo la federazione degli Ordini, “non ci si trova davanti a fenomeno dilagante”. In passato anche le associazioni di medici e specialisti erano già intervenute contro questo comportamento.
I social rappresentano senza dubbio il palcoscenico ideale per chi vuole mettersi in mostra attraverso foto, selfie e fornendo di sé l’immagine perfetta. La capacità di diffusione del Web, invece, fa il resto. Il fenomeno dei selfie inopportuni è qualcosa che coinvolge non solo l’ambito sanitario (interessato solo in minima parte), ma tutti gli internauti, soprattutto i giovani. Tra i fenomeni che imbarazzano di più ci sono gli autoscatti al museo di Aushwitz, nei luoghi degli attentati e tra le macerie del terremoto.
Deficit cognitivi, si possono arrestare bloccando l’infiammazione
News Presa, Ricerca innovazioneIn ambito scientifico la relazione tra i deficit genetici della produzione di proteine che operano a livello delle sinapsi nel cervello e i disturbi del neurosviluppo caratterizzati da deficit cognitivi è nota ormai da anni. Ciò che ancora non si conosce è la causa genetica di queste malattie. Uno studio portato a termine da Humanitas e dall’Istituto di neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche (In-Cnr), in collaborazione con l’Universidad Miguel Hernández lnstituto de Neurociencias, per la prima volta identifica la relazione tra alti livelli di infiammazione e aumentata espressione di una proteina chiamata «MeCP2». In pratica questa proteina è coinvolta in disturbi dello sviluppo neurologico infantile caratterizzati da gravi disabilità fisiche e mentali in malattie come la sindrome di Rett.
Il ruolo dell’infiammazione
«Abbiamo dimostrato – dice Michela Matteoli (direttore dell’In-Cnr e del Neuro Center di Humanitas e docente di farmacologia di Humanitas University – che un’eccessiva infiammazione aumenta i livelli di MeCP2, una proteina coinvolta in malattie del neurosviluppo. Bloccando una delle molecole chiave dell’infiammazione attraverso un farmaco antagonista del recettore dell’interleuchina-1 beta, un antinfiammatorio già usato nella pratica clinica, siamo riusciti a correggere i livelli di MeCP2 così come molti dei difetti delle sinapsi che caratterizzano le patologie del neurosviluppo, normalizzando i difetti di apprendimento». Si tratta di una scoperta effettuata in laboratorio per cui, al momento, non ci sono ancora evidenze cliniche.
Le malattie delle sinapsi
Per arrivare all’origine delle disabilità cognitive, anche dove non c’è una chiara causa genetica, i ricercatori si sono focalizzati sull’infiammazione come uno dei principali fattori già noti per la capacità di modificare il rischio e la gravità dei disturbi dello sviluppo. In altre parole hanno voluto capire se e in che modo l’infiammazione colpisse le sinapsi generando condizioni di «sinaptopatie», ossia malattie delle sinapsi. «Lo sviluppo di queste malattie – prosegue la Matteoli – è alla base dell’alterata attività di controllo delle sinapsi su tutte le abilità, incluse quelle cognitive come l’apprendimento, l’attenzione, la percezione, la capacità di prendere decisioni. È quindi fondamentale identificare fattori, genetici e non, che possano pregiudicarne la funzione».
Prospettive future
Questa importante scoperta, pubblicata sulla prestigiosa rivista eLife, potrebbe permettere di ridurre le disabilità cognitive e migliorare la qualità di vita nei piccoli pazienti affetti da malattie autoinfiammatorie caratterizzate da deficit cognitivi.
Nei documentari sulla natura il segreto del benessere
News Presa, Prevenzione, PsicologiaI documentari sulla natura fanno bene alla salute. Guardando le immagini attraverso lo schermo si hanno effetti benefici come se fossero immagini dal vivo. I sentimenti positivi, infatti, sono una risposta antica all’ambiente in cui l’uomo era abituato a vivere.
La spiegazione risiede nel senso di benessere e non in un fattore culturale.
Secondo uno studio condotto dalla Bbc i documentari sulla natura (che non sono presenti nella programmazione del canale) fanno star bene le persone. Hanno un effetto rilassante, alimentano le emozioni positive e favoriscono la salute mentale e fisica. Per esempio, continua la Bbc, trasmissioni come Planet Earth mettono gioia, leggerezza e riducono l’ansia. A confermare la tesi è l’Università della California che ha collaborato allo studio: i documentari attenuano le tensioni del sistema nervoso.
La ricerca ha confrontato 150 studi con le risposte di 7.500 volontari. Questi ultimi di fronte ai documentari sulla natura si sentivano meglio. Secondo Dacher Keltner, professore di Berkeley, sarebbe tutto merito delle immagini della natura, che hanno un effetto positivo sulle nostre percezioni e sulle nostre performance cognitive.
“Queste variazioni provocate dai video-documentari sulla natura sono significative. Si sa che la meraviglia e il piacere sono alla base della felicità”, spiega. E se questi sentimenti vengono provocati dalla vista di immagini di natura, allora porteranno a una maggiore empatia e a una maggiore capacità di gestire lo stress. Insomma, per stare meglio non bisogna per forza andare lontano, a volte basta accendere la TV e sintonizzarsi per qualche minuto sul programma giusto.
Il cuore di Hamsik, campione anche di solidarietà
News PresaAnche se non ha una laurea in medicina non si può dire che il suo gesto non abbia in qualche modo aiutato la degenza di tanti piccoli pazienti. Il capitano del Napoli Marek Hamsik ha indossato per un giorno i panni del dottore e ha visitato i bambini della pediatria dell’ospedale di Pozzuoli, augurando loro buona Pasqua e indossando il camice col numero 17 ricevuto in regalo dall’Asl Napoli 2 Nord. Ovviamente molti dei bambini (e dei genitori) si sono stropicciati gli occhi quando il bomber azzurro è comparso in reparto e hanno accolto la visita con grande entusiasmo. Poi sono partiti autografi e selfie da mandare agli amici. Hamsik da parte sua ha dedicato attenzioni e affetto ai piccoli degenti.
Il cuore di un campione
In una nota diffusa alla stampa, il direttore generale dell’Asl Napoli 2 Nord ha voluto «ringraziamo Marek a nome dei pazienti e degli operatori dell’ospedale. La sua visita – si legge – ci ha riempito il cuore di gioia. Il capitano del Napoli ha evidenziato ancora una volta le doti di generosità e di vicinanza a chi soffre che lo rendono un campione anche nella vita. Ancora una volta abbiamo assistito a quel piccolo miracolo che può produrre la presenza di un personaggio come Marek Hamsik: anche sui pazienti più sofferenti è tornato per un attimo il sorriso».
Solidarietà e sport
Se Hamsik si è dimostrato da sempre vicino a chi soffre, non si può dire che sia stata da meno la società nella quale milita. A cominciare dal terribile terremoto di Amatrice, quando la società di Aurelio De Laurentiis decise di devolvere una parte dell’incasso della gara contro il Milan in a favore delle persone colpite. Lo sport, insomma, continua ad essere un modello positivo da seguire e spesso i campioni che vengono idolatrati sui campi di tutto il mondo si dedicano ad importanti gesti di solidarietà. Senza troppi clamori, in punta di piedi, come è stato anche stavolta per Marek Hamsik.
Il Mezzogiorno è indietro. Più alti livelli di mortalità
News Presa, PrevenzioneNel Paese aumentano vertiginosamente le malattie croniche che ormai colpiscono il 40% della popolazione. E gli squilibri Nord-Sud sono notevoli anche rispetto alle risorse disponibili (530 euro in meno tra Calabria e Bolzano), ma la differenza di spesa non basta a spiegare le differenze nei livelli di salute. Restano i dati: un cittadino di Trento ha una speranza di vita di 82,3 anni mentre uno in Campania non supera mediamente gli 80,5 anni.
È la cronicità, insomma, uno dei mali maggiori del Servizio sanitario nazionale. I malati cronici consumano grandi quantità di farmaci, vanno spesso dal medico e aumentano ancora di più il livello di insostenibilità di un Ssn che non riesce ad assisterli, soprattutto nel Mezzogiorno.
Il Rapporto Osservasalute 2016, fa un’analisi dello stato di salute della popolazione e della qualità dell’assistenza sanitaria nelle Regioni italiane. È stato presentato a Roma all’Università Cattolica dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane, che ha sede presso lo stesso Ateneo ed è coordinato da Walter Ricciardi, Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, direttore dell’Osservatorio e Ordinario di Igiene all’Università Cattolica, e da Alessandro Solipaca, direttore Scientifico dell’Osservatorio. I riflessi sul divario tra nord e sud sono pesantissimi anche sull’aspettativa di vita.
Il Sud dispone di minori risorse economiche, è gravato dalla scarsa disponibilità di servizi sanitari e di efficaci politiche di prevenzione. Questa disparità di accesso all’assistenza si riflette in modo sempre più evidente sulla salute delle persone: al Sud è molto più alta la mortalità prematura sotto i 70 anni di vita, indicativo secondo l’Oms dell’efficacia dei servizi sanitari.
Il Rapporto è frutto del lavoro di 180 ricercatori distribuiti su tutto il territorio italiano che operano presso Università e numerose Istituzioni pubbliche nazionali, regionali e aziendali.
Ai malati cronici, sottolinea Osservasalute, sono destinate gran parte delle ricette per farmaci e sono loro che affollano più spesso le sale d’attesa degli studi dei medici di famiglia: analizzando le principali patologie croniche (ipertensione arteriosa, ictus ischemico, malattie ischemiche del cuore, scompenso cardiaco congestizio, diabete mellito tipo II, BPCO, asma bronchiale, osteoartrosi, disturbi tiroidei – con l’eccezione dei tumori tiroidei) emerge che, nel 2015, il 23,7% dei pazienti adulti in carico alla medicina generale (249.641 pazienti su un totale di 1.054.376 soggetti) presentava contemporaneamente 2 o più condizioni croniche tra quelle prima elencate.
Questo dato mostra un trend in preoccupante crescita, salendo dal 21,9% nel 2011 al 23,7% nel 2015. Inoltre, nel 2015 il 72,1% delle persone con almeno 2 patologie croniche concomitanti risulta essere in politerapia farmacologica, ossia assume quotidianamente 5 o più farmaci differenti.
Infine, i pazienti con multicronicità nel 2015 hanno generato il 55% dei contatti (ovvero tutte le visite in ambulatorio che terminano con la registrazione di una diagnosi, di una prescrizione farmaceutica, di una indagine diagnostico-strumentale e/o di qualunque altro intervento che il Mmg registra nella cartella clinica informatizzata) con i medici di medicina generale.
Le malattie croniche riflettono anche i divari sociali del paese: un esempio su tutti è la prevalenza di cronicità che nella classe di età 25-44 anni ammonta al 4%, ma mentre tra i laureati è del 3,4%, nella popolazione con il livello di istruzione più basso e pari al 5,7 per cento.
Ma ci sono altre evidenze nel Rapporto che sottolineano la distanza sempre eccessiva Nord-Sud.
Gli squilibri delle risorse: la spesa sanitaria pro capite si attesta mediamente a 1.838 euro, ma è molto più elevata a Bolzano – 2.255 euro – e decisamente inferiore nel Mezzogiorno, in particolare in Calabria – 1.725 euro. Questi divari si riflettono sulle condizioni di salute e sull’aspettativa di vita dei cittadini italiani di Nord, Centro e Sud Italia a vantaggio degli abitanti delle prime due zone del Paese.
E anche le condizioni di salute: nel 2015, in Italia, ogni cittadino può sperare di vivere, mediamente, 82,3 anni (uomini 80,1; donne 84,6); a Trento la sopravvivenza sale a 83,5 anni (uomini 81,2; donne 85,8), mentre in Campania l’aspettativa di vita è di soli 80,5 anni (uomini 78,3; donne 82,8).
Il Mezzogiorno resta indietro anche sul fronte della riduzione della mortalità: negli ultimi quindici anni è diminuita in tutto il Paese, ma la riduzione, soprattutto per gli uomini, non ha interessato tutte le Regioni ed è stata del 27% al Nord, del 22% al Centro e del 20% al Sud e Isole.
La responsabilità delle diversità, secondo Osservasalute può essere dovuta alle conseguenze delle politiche e delle scelte allocative delle regioni: per esempio, gli screening oncologici coprono la quasi totalità della popolazione in Lombardia, ma appena il 30% dei residenti in Calabria. La carenza di risorse, comunque, non basta a spiegare le differenze tra Nord-Sud e Isole. Osservando l’indicatore sulle risorse disponibili in termini di finanziamento pro capite emerge che molte regioni del Nord migliorano la loro performance senza aumentare la spesa, mentre alcune regioni del Mezzogiorno, alle quali si aggiunge il Lazio, peggiorano la performance pur aumentando le risorse rispetto alla media nazionale.
Malattie ereditarie, la prevenzione nei geni della Sardegna
Ricerca innovazioneLo studio si chiama «Population and individual-specific regulatory variation in Sardinia» ed è un progetto che prende in analisi oltre 600 sardi di cui sono stati caratterizzati sia l’Rna che il Dna. Perché è innovativo? Perché usando modelli statistici gli scienziati hanno correlato l’Rna delle cellule del sangue con il Dna. Questo ha consentito di identificare migliaia di varianti genetiche capaci di influenzare quantità e sequenza di determinati Rna e di fornire importanti informazioni sui meccanismi di azione di varianti genetiche in grado di influenzare il rischio di malattie o di altre variabili rilevanti per la salute. Insomma, uno studio che offre grandi prospettive per quel che riguarda le malattie ereditarie. A lavorare su questa importante ricerca è stato un team guidato da Francesco Cucca, direttore dell’Istituto di ricerca genetica e biomedica del Cnr (Irgb-Cnr) e professore di Genetica Medica all’Università degli Studi di Sassari. Lo studio è stato anche riportato sulla rivista «Nature Genetics».
I mattoni della vita
Dna, Rna e proteine sono le molecole fondamentali di tutte le forme di vita conosciute. Il Dna contiene le informazioni che servono a guidare tutti i processi cellulari. Dal Dna viene copiato (trascritto) l’Rna, che può fungere da guida per la produzione di proteine, oltre ad essere esso stesso in grado di regolare diversi processi biologici. Il Dna di tutte le cellule di un organismo è sempre identico, l’Rna può invece variare per quantità e qualità nei diversi tipi cellulari. La grande plasticità dell’Rna determina lo sviluppo di cellule, organi e tessuti differenti, a partire dalla stessa informazione genetica presente nel Dna. «Lo studio, iniziato oltre sei anni fa, ha posto una serie di sfide tecniche non banali quali la scelta dello specifico tipo di Rna da sequenziare» spiega Mara Marongiu, ricercatrice della sede di Lanusei dell’Irgb-Cnr. «Abbiamo scelto di focalizzarci su un particolare tipo di Rna, quello poliadenilato, particolarmente rilevante per la produzione delle proteine, ma che comprende anche importanti Rna regolatori. Abbiamo inoltre puntato a raggiungere un livello di copertura del sequenziamento alto in modo da avere maggiore precisione e aumentare il numero delle osservazioni».
L’unicità della Sardegna
La Sardegna presenta varianti genetiche molto rare nel resto del mondo, risultato di un popolamento avvenuto in epoche preistoriche e preservate dalle caratteristiche geografiche. Queste caratteristiche genetiche della popolazione sarda hanno facilitato le scoperte riportate in questo e altri studi che hanno peraltro una valenza più generale perché rappresentano passi avanti nella comprensione del funzionamento del genoma umano. Il progetto Sardinia è stato fondato nel 2001 da Giuseppe Pilia, con l’obiettivo di studiare le conseguenze della variabilità genetica su centinaia di parametri misurabili di rilevanza biomedica. Si avvale d’importanti collaborazioni a livello locale, come quella con il CRS4, il centro di ricerca del Parco tecnologico di Pula, con il quale gestisce, insieme a Sardegna Ricerche, il più importante laboratorio di sequenziamento massivo del genoma umano, in Italia, per capacità produttive e internazionale, come quelle con Stephen Montgomery della Stanford University, Gonçalo Abecasis, direttore del Dipartimento di biostatistica dell’università del Michigan Ann Arbor, e David Schlessinger, ricercatore emerito del National institute on aging che da 15 anni finanzia questi studi.
I campioni si sfidano a suon di palleggi e di solidarietà
News PresaL’hashtag è #palleggiaperANT, l’invito è quello a dona per sostenere le cure mediche e psicologiche che la Fondazione porta ogni anno, in maniera del tutto gratuita, nelle case di 10mila malati di tumore. A lanciare la sfida sui social sono i giocatori del Bologna, con il capitano rossoblù Daniele Gastaldello, il portiere Angelo Da Costa e Adam Masina pronti a mettersi in gioco e a misurarsi sui social sportivi e personaggi dello spettacolo a «palleggiare». Un gioco che serve a sollecitare le donazioni al numero solidale 45546, attivo fino al 21 aprile, per donare ad ANT e nominare a loro volta altri amici e colleghi.
Video-sfide
Accompagnati dall’hashtag #palleggiaperANT, le video-sfide si stanno moltiplicando sui social e coinvolgono, tra gli altri, personaggi come lo chef Bruno Barbieri, grande tifoso rossoblù e da sempre vicino ad ANT, il talent scout Rudy Zerbi, gli attori di Gomorra Salvatore Esposito e Marco D’Amore, il conduttore Amadeus, il portiere Gianluca Pagliuca e il conduttore Sergio Friscia e così via.
Come donare
Ovviamente palleggiare non basta, perché la sfida sia realmente vinta è necessario anche donare al numero 45546. Il valore della donazione sarà di 2 euro per ciascun SMS inviato da cellulare personale Wind Tre, TIM, Vodafone, PosteMobile, Coop Voce e Tiscali. Sarà di 5 euro anche per ciascuna chiamata fatta allo stesso numero da rete fissa Vodafone, TWT e Convergenze, e di 2/5 euro per ciascuna chiamata fatta sempre al 45546 da rete fissa TIM, Infostrada, Fastweb e Tiscali.
Solidarietà
Con i fondi raccolti, ANT punta ad ampliare sempre di più l’assistenza specialistica ai malati di tumore, con particolare attenzione agli aspetti psicologici della malattia oncologica, sia per il paziente sia per i familiari che gli sono accanto. L’obiettivo è finanziare 1.000 giornate in più di attività dei propri psicologi, già presenti in 10 regioni italiane con 20 équipe medico sanitarie che portano cure mediche specialistiche e sostegno psicologico a migliaia di malati di tumore ogni giorno. Fondazione ANT è presente nei palinsesti Rai fino al 16 aprile grazie al sostegno di Segretariato Sociale – Responsabilità Sociale Rai, e sino a Pasqua in tutte le piazze italiane con uova e colombe a sostegno dell’iniziativa solidale.
Limite di tasso alcolemico più basso. Le nuove Linee Guida UE
Alimentazione, News Presa, PrevenzioneL’Istituto Superiore di Sanità, il prossimo 12 aprile, presenterà il nuovo rapporto sul consumo di bevande alcoliche, per l’Alcohol Prevention Day.
Le nuove Linee Guida prevedono una soglia di consumo giornaliera quasi dimezzata, senza differenza tra uomini e donne (10-20 grammi di alcol al giorno, sia per gli uomini che per le donne). Il limite di tasso alcolemico indicato in numerosi Stati Membri per i conducenti giovani o inesperti è 0,2 g/l (grammi per litro di sangue). Finora il consumo “a basso rischio” medio giornaliero da non superare variava, tra gli Stati Membri, dai 20 ai 48 grammi di alcol puro per gli uomini e dai 10 ai 32 grammi per le donne.
L’Osservatorio Nazionale Alcol dell’Iss
I nuovi obiettivi delle Linee Guida realizzate dalla Join Action Rarha (Reducting Alcohol Related Harm), costituita da rappresentati degli Stati membri, sono stati diffusi attraverso la newsletter dell’Istututo Superiore di Sanità. L’Osservatorio Nazionale Alcol dell’Iss, infatti, è il referente italiano in Europa del progetto.
Le Linee Guida saranno presentate in Commissione Europea per avere indicazioni condivise da rivolgere soprattutto ai consumatori per favorire il diritto a scelte informate sui rischi connessi al consumo di alcol. Altre consigli delle Linee Guida, in 25 su 31 paesi, sono rivolti alle donne in gravidanza alle quail si suggerisce di limitare il consumo di alcol e, nella maggior parte dei casi, di astenersi completamente dall’assumerlo.
Guida in stato di ebrezza
I livelli massimi di concentrazione di alcol nel sangue consentiti alla guida sono la misura più idonea per ridurre il rischio di danni alcol-correlati in Europa e anche quella che risulta più armonizzata a livello comunitario. In linea con le raccomandazioni della Commissione Europea, il limite di tasso alcolemico per tutti i conducenti è 0,5 g/l, un limite inferiore è comunemente indicato in numerosi Stati Membri per i conducenti giovani o inesperti (0,2 g/l) e per i conducenti professionali o commerciali (0,2 g/l).
Oggi il fumo è ancora un big killer
News Presa, Prevenzione, Ricerca innovazioneCinque milioni di persone sono morte ogni anno a causa del fumo, tra il 1990 e il 2015. Lancet ha portato a termine un’importante ricerca.
È il secondo più importante fattore di rischio per mortalità precoce e disabilità in tutto il mondo. Ad oggi, più della metà di questi decessi si verifica in quattro grandi Paesi: Cina, India, USA e Russia. Se le politiche anti-fumo negli ultimi decenni hanno ottenuto grandi risultati, ancora i numeri sono altri.
Le iniziative. Uno dei provvedimenti più importanti che ha rappresentato una vera svolta per la lotta al fumo è stato il divieto nei luoghi pubblici (l’Italia può vantarsi di essere stata un’antesignana in Europa, con la legge Sirchia del 2003, la prima al mondo è stata invece la California nel 1998). Un’importante recente spinta in questa direzione è stata data dall’adozione della Framework Convention for Tobacco Control dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, un trattato evidence-based che riafferma i diritti di tutti i popoli a raggiungere i migliori standard di salute, messa a punto in risposta all’epidemia planetaria ‘tabacco’. Tuttavia il fumo continua a mietere vittime, Lancet ha pubblicato in questi giorni il rapporto costruito su dati (le fonti sono ben 2.818) del Global Burden of Diseases, Injuries, and Risk Factors Study (GBD), che ha valutato l’effetto del fumo (in termini di mortalità e morbilità) in 195 nazioni, nei 25 anni che vanno dal 1990 al 2015.
I dati. Ad oggi nel mondo hanno ancora il ‘vizio’ del fumo il 25% dei maschi e il 5,4% delle femmine, anche se la prevalenza dei fumatori attivi ha fatto registrare una cospicua riduzione a partire dal 1990 (- 28,4% tra i maschi e -34,4% tra le femmine), risultando più marcata negli anni tra il 1990 e il 2005, che in quelli a seguire (2005-2015). Soltanto 4 Paesi hanno fatto registrare dei trend in controtendenza (Congo e Azerbaijan per i maschi, Kuwait e Timor-Leste per le femmine) tra il 2005 e il 2015, con un aumento dei fumatori. Nel 2015, l’11,5% della mortalità totale (pari a 6,4 milioni di decessi) è risultata attribuibile al fumo e oltre la metà (52,2%) dei morti si sono verificati in appena 4 Paesi: Cina, India, USA e Russia). Il fumo nel 2015 figurava nella top 5 dei principali fattori di rischio per DALY in 109 Paesi (nel 1990 era nei primi cinque posti di questa poco edificante classifica ‘solo’ in 88 Paesi), posizionandosi addirittura al secondo posto come causa di mortalità precoce e disabilità.
Dermatite Atopica Severa: intervista alla Prof.ssa Peris
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