Tempo di lettura: 2 minutiL’incidenza settimanale dei contagi a livello nazionale continua ad aumentare: 155 per 100mila abitanti (26 novembre – 2 dicembre), secondo i dati del Ministero della Salute. Erano invece 125 per 100mila abitanti nella settimana precedente (19 – 25novembre). Per quanto riguarda la campagna vaccinale, secondo i dati della Fondazione GIMBE, dopo due settimane di stabilizzazione intorno a quota 127 mila, nell’ultima settimana il numero dei nuovi vaccinati è salito a 168.377 (+31,5%) (figura 9). Tuttavia, dei 6,8 milioni di persone non vaccinate crescono troppo lentamente due fasce che preoccupano: da un lato 2,57 milioni di over50 ad elevato rischio di malattia grave e ospedalizzazione, dall’altro 1,16 milioni nella fascia 12-19 che influiscono negativamente sulla sicurezza delle scuole.
Covid. I dati sui nuovi contagi
Nel periodo 10 novembre – 23 novembre 2021, l’Rt medio calcolato sui casi sintomatici è stato pari a 1,20 (range 1,12 – 1,28), al di sopra della soglia epidemica. É in diminuzione, ma ancora sopra la soglia epidemica l’indice di trasmissibilità basato sui casi con ricovero ospedaliero (Rt = 1,09 (1,05-1,12) al 23/11/2021 vs Rt = 1,15 (1,11-1,19) al 16/11/2021). Il tasso di occupazione in terapia intensiva è al 7,3% (rilevazione giornaliera Ministero della Salute al 02 dicembre) vs il 6,2% (rilevazione giornaliera Ministero della Salute al 25 novembre). Il tasso di occupazione in aree mediche a livello nazionale sale al 9,1% (rilevazione giornaliera Ministero della Salute al 02 dicembre) vs l’8,1% (rilevazione giornaliera Ministero della Salute al 25 novembre).
Una Regione risulta classificata a rischio basso, 20 Regioni/PPAA risultano classificate a rischio moderato. Tra queste, due Regioni sono ad alta probabilità di progressione a rischio alto secondo il DM del 20 aprile 2020. In forte aumento il numero di nuovi casi non associati a catene di trasmissione (30.966 vs 23.971 della settimana precedente). La percentuale dei casi rilevati attraverso l’attività di tracciamento dei contatti è in leggera diminuzione (33% vs 34% la scorsa settimana). È stabile la percentuale dei casi rilevati attraverso la comparsa dei sintomi (45% vs 45%), mentre è in aumento la percentuale di casi diagnosticati attraverso attività di screening (22% vs 21%).
Malattie rare, si parla dell’iniziativa #LostMoments
News Presa, PartnerSabato 11 dicembre torna il consueto appuntamento che il network editoriale PreSa dedica ai temi della prevenzione e della salute in collaborazione con Radio Kiss Kiss. Proprio nel corso di Good Morning Kiss Kiss, la dottoressa Simona Bellagambi, referente estero di UNIAMO (Federazione Italiana Malattie Rare) e Membro del Consiglio direttivo di Eurordis (Organizzazione Europea Malattie Rare), parlerà dell’iniziativa Rare Disease #LostMoments. Appuntamento sabato 11 dicembre alle 11.35 circa. Stay Tuned!
Obesità, scoperto meccanismo ‘brucia-grassi’
Alimentazione, PrevenzioneL’epidemia di obesità nel mondo occidentale è una delle sfide della medicina moderna. Negli Stati Uniti quasi il 43% della popolazione è obeso, nella regione europea dell’Oms il 20%, in Italia quasi il 10%. L’obesità è un grave fattore di rischio per patologie cardiovascolari, per il diabete di tipo 2 e per certi tipi di tumori, ma ad oggi mancano terapie farmacologiche. Ricercatori dell’Università di Padova e dell’Istituto Veneto di Medicina Molecolare hanno appena scoperto un meccanismo fondamentale che apre nuove strade per combattere questa condizione. I risultati della ricerca sono stati pubblicati su Nature Metabolism. Secondo i ricercatori, una possibilità è data da un “cambiamento” del grasso. Nel nostro corpo esistono infatti due tipi di grasso: il grasso bianco e il grasso bruno. Il cosiddetto grasso bianco è deputato all’immagazzinamento dei grassi, mentre il grasso bruno alla dissoluzione del grasso, che in questo tessuto viene convertito in calore. In altre parole: il grasso bruno “brucia i grassi”, ma tuttavia la sua quantità è esigua e diminuisce con l’età. La speranza dei ricercatori è quella di poter “istruire” il grasso bianco a diventare simile al grasso bruno. In questo caso diventerebbe grasso beige, a rimarcare il colore intermedio tra i due tipi di grasso. Lo studio è stato condotto dalla dott.ssa Camilla Bean dell’Istituto Veneto di Medicina Molecolare (Vimm) e coordinato dal prof. Luca Scorrano, ordinario di Biochimica del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova, Principal Investigator del Vimm di cui è stato Direttore Scientifico.
Un nuovo farmaco anti-Covid per aerosol, al lavoro Irbm di Pomezia
PrevenzioneUn nuovo farmaco anti-Covid per aerosol o iniettabile potrebbe essere vicino. L’azienda di biotecnologie Irbm di Pomezia è al lavoro per la messa a punto in collaborazione con l’azienda farmaceutica Merck and Co, utilizzando una piattaforma valida per l’adattamento alle varianti emergenti. Bisogna, però, aspettare il 2023 affinché gli studi sulla fattibilità siano definitivi. Lo ha affermato all’Ansa il direttore scientifico della Irbm, Carlo Toniatti, a margine del congresso ‘Panorama Diabete’ organizzato dalla Società italiana di diabetologia (Sid). È inoltre “in corso un progetto di ricerca interna Irbm – ha annunciato – su una nuova pillola orale anti-Covid”. Alla base vi è una molecola in grado di inibire una delle proteine essenziali per la replicazione del virus, diversa dalla proteina Spike. Infatti, “la proteina Spike è sulla superficie del virus Sars-CoV-2 – ha spiegato – ma lo stesso virus per replicarsi, una volta all’interno dell’organismo ospite, ha bisogno di varie proteine ‘interne’ che non sono colpite dai vaccini attuali. Si tratta, dunque, di proteina che servono a far replicare il virus, ma diverse dalla Spike”. L’obiettivo, ha concluso, “è dunque quello di inibire tali proteine interne in modo che il virus non possa replicarsi una volta presente nelle cellule dell’organismo ospite”.
Perché la variante Omicron potrebbe non essere un male
News PresaLa cosiddetta variante “Omicron” del SARSCoV2 ha generato un grandissimo allarme a livello mondiale, del resto gli esperti hanno subito potuto verificare una capacità di contagio mai vista prima, grazie alla quale Omicron diventerà prevalente in pochissimo tempo. Tenera alta la guardia, insomma, è fondamentale, soprattutto sino a quando gli scienziato non avranno capito se questa variate può essere più pericolosa e se può addirittura “bucare” i vaccini. Ma cosa sappiamo sino ad ora di Omicron? Stando all’ultimo rapporto dell’Ecdc le notizie non sarebbero così negative, anzi. I casi di variante Omicron confermati in Europa mostrerebbero sintomi lievi o addirittura sarebbero asintomatici. E comunque senza alcun decesso. Questo non significa poter cantare vittoria contro il Covid, ma di certo è un dato che può farci cautamente sperare di essere agli albori di una nuova fase, nella quale sarà più semplice convivere con il virus. Secondo alcuni autorevoli virologi, la nuova variante avrebbe infatti acquisito un ‘pezzetto’ del virus del raffreddore comune, ragione per la quale presenterebbe sintomi più lievi. Su Facebook, che ormai è diventato anche luogo di divulgazione da parte di virologi ed esperti, Matteo Bassetti (direttore della Clinica di malattie infettive all’ospedale policlinico San Martino di Genova) scrive: «Dopo poco più di una settimana da quando è diventata famosa in tutto il mondo grazie a ricercatori del Massachusetts sappiamo qualcosa in più sulla variante Omicron. La nuova variante che ha terrorizzato forse ingiustamente il mondo, ha acquisito un ‘pezzetto’ del virus del raffreddore comune. Ecco spiegato perché darebbe quadri clinici più lievi, rispetto alla Delta, molto simili al raffreddore». Dunque, se queste osservazioni si dovessero rivelare corrette, potremmo essere veramente al cospetto di una svolta. Ma attenzione, i vaccini sono ancora la sola arma che abbiamo contro il Covid e sono fondamentali.
I VACCINI
A testimoniarlo è sempre Bassetti, che in nuovo post aggiunge: «(…)Oggi per me è una giornata triste perché, dopo 3 mesi in rianimazione, è morto un mio conoscente di 62 anni per le complicanze del Covid che, sbagliando, non si era vaccinato. Perché non si era vaccinato? Perché l’Italia è piena di cattivi maestri. Sento dire che gli italiani sono scettici sui vaccini per colpa dei social. Non è vero. La colpa più grande della campagna anti-vaccini e antiscientifica è di alcuni personaggi, soprattutto giornalisti, scientificamente e intellettualmente disonesti che purtroppo occupano con arroganza e ignoranza da ormai 4 mesi tutte le trasmissioni televisive e radiofoniche. Credo sia inaccettabile continuare così. Queste persone hanno sulla coscienza la morte di molte persone. Questo atteggiamento è pericoloso per l’Italia, per il sistema sanitario e per tutti i cittadini. Ora basta». Al di là della polemica contro alcuni esponenti del mondo dell’informazione, il messaggio che arriva chiaro è quello di un nuovo e continuo appello alla vaccinazione. Solo il tempo potrà dirci se Omicron si rivelerà più mansueta e meno pericolosa, ma intanto la certezza è che il vaccino salva la vita.
Perché il Covid non perdona gli anziani
AnzianiCi sarebbe una ragione genetica alla base della maggiore gravità del Covid negli anziani. In particolare sarebbe quello che a livello cellulare è un segno tipico dell’invecchiamento, ovvero l’accorciamento dei “telomeri”, ad associarsi ad un aumento della concentrazione del recettore ACE2 che il virus usa per il processo infettivo. A rivelarlo è uno studio tutto italiano, da Fabrizio d’Adda di Fagagna dell’IFOM – The FIRC Institute of Molecular Oncology, a Milano e dell’Istituto di Genetica Molecolare, Consiglio Nazionale delle Ricerche, a Pavia in un lavoro pubblicato sulla rivista EMBO Reports.
I TELOMERI
Prima di entrare nel merito della nuova scoperta, è bene spiegare (semplificando non poco) cosa sono e come funzionano i telomeri. L’esempio tipico portato dagli scienziati è quello dei lacci di scarpe: i telomeri possono essere immaginati come dei cappucci protettivi che chiudono i cromosomi, un po’ come le pellicole di plastica che si trovano alle estremità dei lacci di scarpe per non farli sfrangiare. Via via che invecchiamo i telomeri si accorciano e questo espone il Dna a danni. Da tempo ormai gli scienziati sono concordi nel ritenere che la misura dell’accorciamento dei telomeri sia un buon modo di stimare la vera età biologica di una persona. In questo studio gli esperti hanno visto che la presenza di ACE2 sulle cellule dei polmoni aumenta tanto più quanto più le estremità cromosomiche, i telomeri, si accorciano.
NUOVE TERAPIE
Con una serie di esperimenti gli esperti hanno anche visto che la produzione di ACE2 viene direttamente influenzata dai segnali cellulari che indicano la presenza di un danno al Dna, e che se questi “SOS” cellulari vengono interrotti, la quantità di ACE2 presente sulle cellule si riduce. Quindi non sono in sé i telomeri a influenzare la concentrazione di ACE2, ma piuttosto i danni genetici che conseguono all’accorciamento dei telomeri. Secondo gli esperti questo studio apre alla possibilità di sviluppare delle terapie mirate per proteggere gli anziani; servono però ulteriori studi in primis per capire se riducendo ACE2 si riduce il tasso di infezioni da SARS-CoV-2 e anche la gravità del Covid. Ulteriori ricerche serviranno pure per capire perché ACE2 aumenta in risposta a un danno del Dna.
SIP/IRS: “formalizzare in tutte le regioni la terapia sub-intensiva pneumologica”
News PresaL’esperienza del COVID-19 ha messo ancora più in luce il valore della salute respiratoria. Gli specializzandi in Malattie dell’Apparato Respiratorio negli ultimi 2 anni sono triplicati, passando da alcune centinaia a circa un migliaio. Ancora in queste settimane gli pneumologi sono in prima linea per contenere l’emergenza Covid-19. Oltre le acuzie, infatti, si è aggiunta una mole importante di pazienti cronici che, in fase post Covid-19, sviluppano fibrosi polmonare e sintomatologie da long-Covid. Se ne è parlato durante Next Generation. Pneumologi di domani a confronto, il workshop di tre giorni appena concluso all’Università La Sapienza di Roma. “Il congresso nasce grazie al lavoro di tutto il consiglio direttivo SIP e del Presidente uscente Prof. Luca Richeldi che nei suoi due anni di mandato ha svolto un incredibile lavoro per portare avanti, nonostante la pandemia, i temi e le istanze della pneumologia. L’integrazione dell’energia e dell’entusiasmo dei giovani specializzandi e specialisti con l’alto valore accademico e clinico della componente senior della SIP/IRS è sicuramente il valore aggiunto di questo congresso – sottolinea il professor Carlo Vancheri, Università di Catania, referente scientifico del congresso.
La telemedicina nella pneumologia di domani
Tra i temi principali: il futuro della telemedicina. “Non esiste una sola telemedicina: ogni percorso di monitoraggio è specifico per patologia e per la natura del paziente ma è sempre orientato a ridurre significativamente l’ospedalizzazione – precisa il dottor Francesco Lombardi, Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e referente scientifico del congresso – In rapporto al Covid-19, per noi pneumologi il telemonitoraggio può essere molto “stretto” misurando la saturazione arteriosa, con strumenti in collegamento bluetooth, a quei pazienti appena contagiati e che potrebbero peggiorare improvvisamente. Di sicuro, in questo periodo pandemico, l’assistenza sanitaria a distanza rappresenta per noi una grande opportunità per seguire e curare tutti quei pazienti affetti da patologie respiratorie non Covid-19”.
Con il congresso Next Generation 2021, dedicato a dar voce ai giovani specializzandi, la SIP/IRS ribadisce anche l’urgenza di formalizzare in tutte le regioni la terapia sub-intensiva pneumologica, a prescindere dal Covid-19 – concludono i due referenti scientifici del congresso -. Si tratta di un servizio ormai necessario, sostenuto da molteplici evidenze cliniche e di costo/beneficio. Infine, un’ultima considerazione: l’esperienza pandemica ha certamente messo la pneumologia al centro della salute del cittadino e, allora, perché non inserire la pneumologia tra le specialità mediche necessarie per accreditare un ospedale, oltre la cardiologia – ad esempio – ed altre specialità considerate indispensabili”?
Vedere dei puntini neri: cosa significa e quando preoccuparsi
News PresaCapita spesso a chi soffre di forte miopia di vedere dei puntini neri, simili a mosche volanti o veli, oppure di percepire lampi di luce, come flash di macchina fotografica. Questi corpi mobili vitreali che vagano nel campo visivo sono opacità che si formano all’interno del corpo vitreo, la gelatina che riempie l’occhio, con il passare del tempo, a causa del suo progressivo scioglimento. Ma in quali casi bisogna preoccuparsi? Ne ha parlato il dottor Fabrizio Camesasca, oculista presso Humanitas. “Queste opacità proiettano la loro ombra e sono più facilmente percepibili guardando uno sfondo chiaro, come il cielo o un muro bianco”. Si tratta di un fenomeno molto comune che può interessare chiunque e in particolare chi soffre di miopia elevata e/o ha più di 55 anni.
In generale non si tratta di una situazione pericolosa, se i puntini neri non compaiono troppo di frequente o all’improvviso, ma richiede comunque una visita specialistica oculistica per scongiurare qualsiasi raro caso grave che può portare anche al distacco della retina. “La presenza improvvisa di corpi mobili nel campo visivo, soprattutto se accompagnata da lampi di luce, deve indurre a rivolgersi senza esitazione all’oculista – sottolinea lo specialista. Questo perché il corpo vitreo in parte sciolto, sollecitato dalle forze di rotazione dell’occhio, viene “tirato” e, nel caso sia fortemente attaccato alla parete interna dell’occhio dove si trova la retina, può scaricare la trazione su quest’ultima e indurre degli strappi retinici (parliamo in questi casi di rotture retiniche)”. In presenza di rottura retinica, quando tempestivamente diagnosticata, l’oculista programmerà il prima possibile un trattamento laser (se la lesione è poco estesa) per saldare la retina e impedire che il vitreo liquefatto passi dalla rottura e progressivamente stacchi la retina circostante, come la carta da parati da un muro. Quando, invece, la rottura è più estesa o ha indotto un distacco di retina, la terapia è chirurgica.
Covid, la mappa dei nuovi contagi e delle vaccinazioni
News PresaL’incidenza settimanale dei contagi a livello nazionale continua ad aumentare: 155 per 100mila abitanti (26 novembre – 2 dicembre), secondo i dati del Ministero della Salute. Erano invece 125 per 100mila abitanti nella settimana precedente (19 – 25novembre). Per quanto riguarda la campagna vaccinale, secondo i dati della Fondazione GIMBE, dopo due settimane di stabilizzazione intorno a quota 127 mila, nell’ultima settimana il numero dei nuovi vaccinati è salito a 168.377 (+31,5%) (figura 9). Tuttavia, dei 6,8 milioni di persone non vaccinate crescono troppo lentamente due fasce che preoccupano: da un lato 2,57 milioni di over50 ad elevato rischio di malattia grave e ospedalizzazione, dall’altro 1,16 milioni nella fascia 12-19 che influiscono negativamente sulla sicurezza delle scuole.
Covid. I dati sui nuovi contagi
Nel periodo 10 novembre – 23 novembre 2021, l’Rt medio calcolato sui casi sintomatici è stato pari a 1,20 (range 1,12 – 1,28), al di sopra della soglia epidemica. É in diminuzione, ma ancora sopra la soglia epidemica l’indice di trasmissibilità basato sui casi con ricovero ospedaliero (Rt = 1,09 (1,05-1,12) al 23/11/2021 vs Rt = 1,15 (1,11-1,19) al 16/11/2021). Il tasso di occupazione in terapia intensiva è al 7,3% (rilevazione giornaliera Ministero della Salute al 02 dicembre) vs il 6,2% (rilevazione giornaliera Ministero della Salute al 25 novembre). Il tasso di occupazione in aree mediche a livello nazionale sale al 9,1% (rilevazione giornaliera Ministero della Salute al 02 dicembre) vs l’8,1% (rilevazione giornaliera Ministero della Salute al 25 novembre).
Una Regione risulta classificata a rischio basso, 20 Regioni/PPAA risultano classificate a rischio moderato. Tra queste, due Regioni sono ad alta probabilità di progressione a rischio alto secondo il DM del 20 aprile 2020. In forte aumento il numero di nuovi casi non associati a catene di trasmissione (30.966 vs 23.971 della settimana precedente). La percentuale dei casi rilevati attraverso l’attività di tracciamento dei contatti è in leggera diminuzione (33% vs 34% la scorsa settimana). È stabile la percentuale dei casi rilevati attraverso la comparsa dei sintomi (45% vs 45%), mentre è in aumento la percentuale di casi diagnosticati attraverso attività di screening (22% vs 21%).
Alcol in gravidanza, individuati i danni al cervello dei nascituri
BambiniChe il consumo di alcol in gravidanza faccia male al nascituro è cosa nota, ma non era mai accaduto che un team di scienziati riuscisse a fotografare in utero le differenze cerebrali tra il feto di una gestante che non beve alcol e quello di chi invece non si pone limiti. Proprio grazie ad uno studio di alcuni ricercatori dell’Università di Vienna, guidati dal professor Gregor Kasprian, ora queste differenze sono note. I ricercatori hanno infatti scoperto nel cervello del feto i danni del consumo di alcol materno durante la gravidanza e lo hanno fatto grazie ad una risonanza ad alta risoluzione dimostrando che già dalla ventesima settimana, queste differenze segnano la vita futura del bimbo. Lo studio è stato presentato al meeting annuale della Radiological Society of North America (RSNA).
RITARDI
Gli esperti austriaci sono partiti da un campione iniziale di 500 gestanti tra la ventesima e la trentasettesima settimana di gravidanza; hanno sottoposto le donne a un questionario anonimo per capire chi di loro avesse consumi anche pericolosi di alcolici in gravidanza. Sono risultate consumare alcolici 51 donne e la risonanza fetale è stata eseguita su parte di loro e confrontata con un numero simile di risonanze su feti di donne che non bevevano (gruppo di controllo). Ebbene, diverse differenze strutturali sono emerse nel cervello dei feti delle donne che consumavano alcol in gravidanza. Le differenze interessano svariate regioni del cervello. Secondo gli esperti l’alcol induce uno sviluppo anomalo del cervello fetale e questo spiegherebbe perché tra i sintomi della cosiddetta sindrome feto-alcolica ci sono tra gli altri disturbi comportamentali, dell’apprendimento, ritardi nel linguaggio. Ecco perché non si dovrebbe mai sottovalutare l’importanza di mantenere comportamenti e stili di vita sani durante una gravidanza (e possibilmente anche dopo), garantendo così un corretto sviluppo del feto, e garantendosi una minore probabilità di dover affrontare patologie anche molto invalidanti.
Attività fisica e longevità, ecco cosa c’è da sapere
Alimentazione, SportTutti sanno che praticare attività fisica aiuta il nostro organismo a mantenersi giovane, ma quali sono i meccanismi alla base di questo principio? A svelarli è una revisione di studi che ne ha individuato uno in particolare, responsabile della capacità dell’attività fisica di allungare la durata della vita in buona salute. In particolare, un gruppo di ricercatori dell’Università di Miami, della Wellness Foundation e dell’Università Tor Vergata di Roma ha individuato gli interruttori della longevità sana che l’attività fisica andrebbe ad accendere. Si tratta dei cosiddetti geni SIRT responsabili della produzione di proteine, chiamate appunto sirtuine (ne esistono in totale 7) che avrebbero effetti sorprendenti sulla durata e sulla qualità della vita. I risultati dello studio, pubblicati sulla rivista Journal of Physical Medicine and Rehabilitation, mostrano anche che a diversi tipi di sport equivale una produzione spontanea di diverse tipologie di sirtuine: ad esempio l’attività aerobica moderata stimola la produzione di SIRT3, mentre attività di allenamento intensivo stimola la produzione di SIRT1, gli atleti professionisti, ad esempio, stimolano, grazie alla loro intensa attività fisica, sia SIRT1 che SIRT3. Tuttavia, purtroppo, questi tipi di effetti diminuiscono di intensità con il passare del tempo, si è dimostrato infatti che nei topi più anziani, a parità di intensità e durata dell’allenamento con esemplari più giovani, l’espressione di SIRT1 e SIRT3 è molto meno accentuata.
INTEGRATORI
Fortunatamente è possibile attivare gli stessi interruttori, anche nei più anziani, assumendo una serie di sostanze naturali e puntando sul ruolo delle “sirtuine”, che si producono normalmente con l’esercizio fisico incidendo positivamente su condizioni croniche come la sindrome metabolica, l’obesità, l’insulino-resistenza e diabete di tipo 2, nonché sul miglioramento della longevità e sull’invecchiamento sano. «La produzione di sirtuine tende a diminuire dopo i 35 anni di età e inizia proprio a decrescere intorno i 60 anni di età”, dice Silvano Zanuso, direttore del Dipartimento Medico e Scientifico di Technogym e tra gli autori dello studio. La buona notizia è che la loro produzione può essere stimolata da specifiche strategie alimentari, da integratori naturali e dall’esercizio fisico”, sottolinea Zanuso. Le sirtuine possono infatti essere attivate da diete che prevedono una rigida restrizione calorica, ma possono essere anche stimolate mediante l’esercizio fisico e composti naturali estratti da piante che si trovano principalmente nei paesi asiatici, come l’insieme di Pterostilbene, Polidatina, Acido Ellagico e Onochiolo».