Tempo di lettura: 4 minutiLa percezione pubblica dell’importanza dei vaccini per i bambini è diminuita durante la pandemia da COVID-19 in 52 sui 55 Paesi presi in esame. Il dato emerge un nuovo rapporto dell’Unicef sulle vaccinazioni.
Il declino nella fiducia nel mondo arriva in un momento in cui si assiste al più grande arretramento prolungato della vaccinazione dei bambini da 30 anni a questa parte. Un dato alimentato dalla pandemia COVID-19.
Il rapporto rivela che tra il 2019 e il 2021 un totale di 67 milioni di bambini nel mondo non hanno ricevuto le vaccinazioni. I livelli di copertura vaccinale sono in calo in 112 Paesi. Di questi 48 milioni non hanno ricevuto una sola dose di vaccino, detti anche “a 0 dose”.
Nel 2022, ad esempio, il numero di casi di morbillo è più che raddoppiato rispetto all’anno precedente. Il numero di bambini paralizzati dalla polio è aumentato del 16% rispetto all’anno prima.
I vaccini salvano 4,4 milioni di vite umane ogni anno. Il numero potrebbe salire a 5,8 milioni entro il 2030 se gli obiettivi dell’Agenda 2030 per la vaccinazione fossero raggiunti.
Prima dell’introduzione del vaccino nel 1963, il morbillo uccideva circa 2,6 milioni di persone ogni anno, prevalentemente bambini. Nel 2021, i decessi per morbillo sono scesi a 128 mila – un numero ancora troppo elevato.
Inoltre, circa 7 ragazze su 8 non sono vaccinate contro il papillomavirus umano (HPV), che può causare il cancro al collo dell’utero.
Il rapporto rileva che nel mondo le donne sono in prima linea nella distribuzione delle vaccinazioni. Tuttavia devono far fronte a salari bassi, occupazione informale, mancanza di formazione formale e di opportunità di carriera e minacce alla loro sicurezza.
La fiducia nei vaccini in Italia
Il rapporto “La condizione dell’infanzia nel mondo 2023: per ogni bambino, vaccinazioni” rivela che in Italia, c’è stato un calo di 6,8 punti percentuali nella fiducia nei vaccini, dal 92,1% all’85,5%. Fra le persone sotto i 35 anni il calo è stato maggiore (7,5 punti percentuali) rispetto a quelle sopra i 65 anni (4,6). Fra le donne (8,6 punti in meno) maggiore che fra gli uomini (4,7 punti in meno).
Secondo i nuovi dati, raccolti dal Vaccine Confidence Project e pubblicati dall’Unicef, Cina, India e Messico sono gli unici paesi studiati in cui i dati indicano una percezione dell’importanza dei vaccini rimasta inalterata o addirittura migliorata. Nella maggior parte dei paesi, le persone sotto i 35 anni e le donne hanno maggiori probabilità di segnalare meno fiducia nei vaccini per i bambini dopo l’inizio della pandemia.
Andamento dei dati legato al tempo
La fiducia nei vaccini è volatile e legata al tempo. Sono necessarie ulteriori analisi per determinare se i risultati siano indicativi di una tendenza a lungo termine, si legge nel rapporto. Nonostante la flessione, il sostegno complessivo ai vaccini rimane relativamente forte. In quasi la metà dei 55 Paesi studiati, più dell’80% degli intervistati ritiene che i vaccini siano importanti per i bambini.
Tuttavia, il rapporto avverte che la confluenza di diversi fattori suggerisce che la paura dell’esitazione nei confronti del vaccino potrebbe essere in aumento. Questi fattori includono l’incertezza sulla risposta alla pandemia, il crescente accesso a informazioni fuorvianti, la diminuzione della fiducia nelle competenze e la polarizzazione politica.
“All’apice della pandemia, gli scienziati hanno sviluppato rapidamente vaccini che hanno salvato innumerevoli vite. Ma nonostante questo risultato storico, la paura e la disinformazione su tutti i tipi di vaccini sono circolate tanto quanto il virus stesso”, ha dichiarato Catherine Russell, Direttore Generale dell’UNICEF. “Questi dati sono un preoccupante campanello d’allarme. Non possiamo permettere che la fiducia nelle vaccinazioni di routine diventi un’altra vittima della pandemia. Altrimenti, la prossima ondata di decessi potrebbe riguardare altri bambini colpiti da morbillo, difterite o altre malattie prevenibili”.
Pesano disuguaglianze. I dati in dettaglio
Il rapporto rivela che tra il 2019 e il 2021 un totale di 67 milioni di bambini non hanno ricevuto le vaccinazioni, con livelli di copertura vaccinale in calo in 112 Paesi. I bambini nati appena prima o durante la pandemia stanno superando l’età in cui normalmente verrebbero vaccinati. Confrontando il periodo 2019-2021 con il triennio precedente, si è registrato un aumento di otto volte del numero di bambini paralizzati dalla polio.
La pandemia ha anche acuito le diseguaglianze esistenti. Soprattutto nelle comunità più ai margini, la vaccinazione non è ancora disponibile o accessibile.
I bambini non raggiunti vivono nelle comunità più povere, remote ed emarginate, a volte colpite da conflitti. I nuovi dati prodotti per il rapporto dal Centro Interazionale per l’Equità nella Salute rileva che nelle famiglie più povere 1 bambino su 5 è a 0 dose, mentre nelle più ricche solo 1 su 20. Il rapporto mostra che i bambini non vaccinati spesso vivono in comunità difficili da raggiungere come aree rurali o slum urbani. Spesso hanno madri che non sono potute andare a scuola e che hanno poco peso nelle decisioni familiari. Queste sfide sono più ampie nei paesi a basso e medio reddito, dove 1 bambino su 10 in aree urbane è a 0 dosi e 1 su 6 nelle aree rurali. Nei paesi a reddito più alto, non c’è quasi differenza tra i bambini in aree urbane e rurali.
“Le vaccinazioni hanno salvato milioni di vite e proteggere le comunità da epidemie di malattie mortali”, ha dichiarato Catherine Russell. “Tutti noi sappiamo bene che le malattie non rispettano confini. Vaccinazioni di routine e sistemi sanitari forti sono il modo migliore per prevenire future pandemie, morti e sofferenze non necessarie. Con le risorse ancora disponibili dalla campagna di vaccinazione contro il COVID-19, è il momento di reindirizzare questi fondi per rafforzare i servizi di vaccinazione e investire in sistemi sostenibili per ogni bambino.”
Così la scuola dovrebbe affrontare il diabete
Bambini, News Presa, PediatriaPer molti genitori con figli diabetici la scuola è una preoccupazione costante. Lo è perché le scuole non sono quasi mai pronte a gestire la terapia ed eventuali crisi. Eppure, in questi giorni compie 10 anni il documento strategico che fornisce le procedure di intervento per la somministrazione di farmaci a scuola attraverso la definizione di un percorso assistenziale. Il documento contiene, inoltre, i protocolli relativi all’inserimento del bambino, adolescente e giovane nei momenti scolastici e informazioni sulla gestione delle emergenze.
I RUOLI
Il documento è un po’ come un manuale operativo, che coordina famiglia, Sistema sanitario (inteso come servizio di diabetologia pediatrica, pediatra di libera scelta, medico di medicina generale), scuola, associazioni per l’aiuto ai giovani con diabete, organizzazioni di volontariato ed enti locali. E nell’ambito scolastico, accanto al personale docente e non docente, emerge la figura del dirigente scolastico, fondamentale nel coordinare le condizioni di tutela del bambino rispetto alla sua piena integrazione e garanzia del diritto alla salute.
I NUMERI DEL DIABETE
La forma di diabete che più colpisce bambini e adolescenti è quello di tipo 1. Nel nostro Paese sono circa 200.000 le persone con diabete di tipo 1, molte delle quali con esordio in età pediatrica, e il 10 per cento (circa 20.000) è under 18. Il tasso di incidenza del diabete giovanile è in continuo aumento e sempre più precoce è l’età della diagnosi. Nella gestione terapeutica un ruolo determinante è svolto dalla famiglia, oltre che dal team diabetologico, ma molto importante è anche il ruolo del personale scolastico. Ecco perché, già nel 2013 da Agd Italia, coordinamento tra le associazioni italiane giovani con diabete, in collaborazione con i ministeri della Salute e dell’Istruzione aveva promosso il documento strategico per la gestione della malattia.
INTEGRAZIONE
Per il presidente di Agd Italia, l’esperienza di questi dieci anni, nella non piena attuazione di questo modello, ha fatto emergere il ruolo cruciale che possono avere figure quali soprattutto quella del dirigente scolastico, quale vero motore di questo percorso. È opportuno promuovere la centralità di questo ruolo, le sue prerogative di coordinamento del processo, capaci di dare una risposta al bisogno di una adeguata integrazione scolastica. Integrazione che, dopo 10 anni, dovrebbe già essere pienamente completata. Perché per molti genitori la gestione della malattia è giustamente molto complessa e in questo compito si trovano spesso troppo soli.
Fritti mangiati in eccesso possono aumentare ansia e depressione
News PresaI fritti non sono solo un pericolo per la linea, ma anche per la salute mentale. Mangiati in eccesso, infatti, potrebbero aumentare l’ansia e i disturbi depressivi. A dirlo è uno studio che ha coinvolto oltre 140 mila persone. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Pnas.
Fritti e salute mentale. Lo studio
La ricerca è stata realizzata all’Università di Zhejiang in Cina. Gli scienziati ipotizzano un meccanismo biologico che spiegherebbe come i fritti possano favorire i disturbi mentali.
In passato erano già state messe in relazione le diete occidentali con la salute mentale. Tuttavia, nessuno aveva analizzato gli effetti a lungo termine del consumo abituale di cibi fritti sulla salute mentale. Quest’ultimo studio porterebbe alla luce i meccanismi alla base.
Uomini più a rischio
Nello specifico lo studio ha coinvolto 140.728 individui, consumatori abituali di cibi fritti, soprattutto patate. Questa tendenza è fortemente associata a un rischio maggiore del 12% e del 7% rispettivamente di ansia e depressione.
Rischiano maggiormente gli uomini e i più giovani. Gli esperti hanno anche approfondito l’aspetto legato all’esposizione cronica all’acrilammide. Si tratta di un sottoprodotto del processo di frittura, che è molto presente quindi nei cibi fritti. Questa sostanza da tempo è sotto i riflettori della scienza e si cerca di capire meglio i suoi effetti sulla salute. I risultati mostrano la sua capacità di indurre disturbi del metabolismo dei grassi nel cervello e neuroinfiammazione.
Il ruolo dell’acrilammide
Secondo gli esperti, l’esposizione cronica all’acrilammide disregola il metabolismo degli sfingolipidi e dei fosfolipidi. Questi ultimi svolgono un ruolo importante nello sviluppo di sintomi ansiosi e depressivi. Inoltre l’acrilammide promuove lo stress ossidativo, agevolando la formazione di radicali liberi. In questo modo si agevola lo sviluppo dei sintomi di ansia e depressione, oltre a promuovere la neuroinfiammazione cerebrale. La ricerca dà prova del meccanismo dell’ansia e della depressione innescato dall’acrilammide. In conclusione, gli autori sottolineano l’importanza di ridurre il consumo di cibi fritti.
Psichiatra uccisa. Zanalda: nuovi percorsi per proteggere medici
News PresaSull’agguato mortale ai danni della psichiatra di Pisa è intervenuto Enrico ZANALDA, presidente della Società Italiana di Psichiatria Forense per sollecitare le Istituzioni. “È imprecisato il numero dei soggetti considerati “pericolosi” che minacciano medici, infermieri, avvocati, magistrati, insegnanti, etc. – precisa – per i quali non si riesce a fornire una risposta di cura e rieducazione adeguata”.
Dal dissenso alla rabbia e violenza
“Queste persone attribuiscono il loro disagio interno alla società o ad alcune categorie di questa che diventano il loro persecutore. Hanno delle idee così bizzarre che difficilmente vengono considerati “sani”. Talvolta si mimetizzano in gruppi o associazioni alternative in cui ci sono correnti di pensiero come quella antipsichiatrica, terrapiattisti, cercatori di Ufo che comprendono persone rispettabili e tutt’altro che violente.
È un argomento delicato perché da un lato non si riescono a prevenire omicidi di sanitari come quello di Pisa, e dall’altro non si vuole impedire alle persone di manifestare il proprio dissenso o pensiero in qualunque ambito anche molto originale. Bisogna impedire però – spiega ZANALDA – che dal dissenso si passi alla rabbia e da questa alla violenza che viene agita da quei soggetti meno dotati intellettivamente che non riescono a dominare l’impulso violento”.
Dallo psichiatra all’insegnante, figure a rischio
“Bisognerebbe poter contenere e rieducare queste persone dal momento in cui diventano reiteratamente minacciose. Individuando delle soluzioni restrittive che non sono né il carcere né la REMS (Residenze per l’esecuzione delle Misure di Sicurezza).
Molti dei pazienti in REMS non hanno una malattia psichiatrica certa: si tratta di detenuti assegnati alla REMS per disturbi di personalità antisociale e dipendenza da sostanze o marginalità sociale, che non vanno confuse con le malattie mentali che possono usufruire dei percorsi residenziali nelle strutture di cura”
Le REMS – continua ZANALDA – dovrebbero accogliere solo autori di reato giudicati, in maniera definitiva, infermi o seminfermi di mente, socialmente pericolosi e non adatti a soluzioni meno restrittive”. Sui 709 ospiti ricoverati nelle 31 REMS distribuite sul territorio nazionale, oltre la metà sono destinatari di misure provvisorie, analoghe alla custodia cautelare in carcere. In molti casi si tratta di detenuti non affetti da una patologia mentale conclamata che vengono ‘etichettati’ come psichiatrici e assegnati alle REMS senza avere un’indicazione clinica. Persone che sottraggono posti a chi ne ha davvero bisogno e che dovrebbero andare in carcere o essere presi in carico da altri servizi sociosanitari rieducativi.
Per queste ragioni si può ritenere non necessario aumentare i posti nelle REMS ma poter indirizzare le persone con disturbo antisociale di personalità in altre situazioni rieducative. Tra queste già esistono le “case di lavoro” sottoutilizzate e sottorappresentate. Per curare bisogna prevenire ma non vi sono strumenti per poter limitare pazienti con noti comportamenti violenti prima che venga commesso un grave reato”.
Nuovi percorsi rieducativi
“L’accesso nelle carceri, nelle case di lavoro o nelle REMS avviene solo successivamente a un reato grave. Vi è la necessità di strutture comunitarie nuove, educative e contenitive il cui accesso prescinde dalla condanna ma potrebbe attuarsi attraverso la segnalazione al Giudice Tutelare da parte delle Agenzie deputate alla tutela e alla cura della persona, come già avviene in molti Paesi dell’Unione Europea.
E’ necessario pertanto realizzare nuovi percorsi rieducativi – conclude ZANALDA – in particolare per quei soggetti con disturbo antisociale di personalità che non beneficiano di trattamenti psichiatrici tradizionali. Per loro risulterebbero utili percorsi contenitivi e di rieducazione di lunga durata a cui se non costretti non si sottopongono. Il problema della psichiatria trattamentale è un tema estremamente attuale tantochè durante il recente Convegno della Psichiatria Forense si è discusso su come individuare nuovi modelli di intervento da proporre alle Istituzioni come risposta concreta a questa nuova emergenza”.
Incredibile quanto costi avere un figlio
Genitorialità, Madri-padriL’Italia invecchia, questo è un dato di fatto. Ma quanto costa avere un figlio? Al di là di complessi calcoli che lasciamo agli statistici, la realtà ci dice che ogni pargolo pesa sul bilancio familiare per una somma che oscilla tra i 500 e i 1.000 euro al mese. Questo sino al termine della scuola primaria del bambino. Ovviamente, questi dati non cadono dal nulla, sono il risultato di un’indagine svolta su 425 persone, 270 donne in età fertile e 155 coppie durante consulenze cliniche ginecologiche da gennaio ad oggi.
I BONUS
L’indagine è stata realizzata dalla Società di diagnosi prenatale e medicina materno fetale e ha chiesto alle persone coinvolte quali tra bonus vigenti, detassazione, rafforzamento degli attuali sostegni sociali (tipo libri, asili, congedi parentali eccetera) e un contributo di 500-1.000 euro a figlio, secondo il reddito, fosse quello più convincente e che avrebbe fatto decidere loro di allargare la famiglia. Secondo il sondaggio, i bonus vigenti sono stati considerati assolutamente insufficienti, come è insufficiente è la detassazione e irrilevanti sono i sostegni sociali. Il contributo di 500-1.000 euro a figlio ha avuto invece il 100% dei consensi.
SEMPRE MENO
Per Claudio Giorlandino, ginecologo e presidente della Società di diagnosi prenatale e medicina materno fetale, i figli sono una ricchezza e garantiscono il futuro muovono l’economia. Giorlandino invita a non dimenticare che nascono solo 300.000 italiani a fronte di circa 800.000 decessi: stiamo perdendo oltre 500.000 connazionali all’anno. Tra pochi decenni non ci saranno più italiani. Si perderà quel meraviglioso popolo che, da oltre 2.000 anni, è un faro di civiltà, cultura e progresso per tutta l’umanità.
WELFARE
Nelle scorse settimane, proprio il tema della denatalità ha portato a dure polemiche, legate però a questioni ideologiche. Sembra invece più interessante concentrati sull’esigenza di potenziare il sistema di welfare, come avviene in altri paesi dove la lotta all’inverno demografico viene combattuta con sostegni concreti alle famiglie. Forse imboccando questa strada saranno di più le giovani coppie che sceglieranno di allargare la famiglia.
Cibi e bevande, allarme dell’autorità europea
News PresaSi chiama bisfenolo A e tutti noi, spesso inconsapevolmente, ci entriamo in contatto quando assumiamo cibi e bevande. Ora l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) lancia un vero e proprio allarme: l’esposizione al bisfenolo A attraverso gli alimenti può avere effetti nocivi sul sistema immunitario ed è un rischio per la salute dei consumatori europei di tutte le fasce d’età.
STORIA CONTROVERSA
In realtà non è da ieri che esistono sospetti sul bisfenolo A. Lo studio dell’Efsa conferma infatti dei dubbi già sorti più di 20 anni fa. È dalla fine degli anni ’90 che questa molecola è sospettata di avere effetti avversi sulla salute in seguito alla migrazione nei cibi. Già dal 2017 è stata classificata in Ue come candidata alla sostituzione e dal 2018 il suo uso è stato vietato nei biberon e in altri contenitori di alimenti per bambini di età inferiore ai tre anni.
DOVE SI TROVA
Il bisfenolo A è prodotto sin dagli anni ’60 dello scorso secolo ed è purtroppo tra le sostanze chimiche più usate in tutti i paesi industrializzati. È impiegato nella produzione delle plastiche in policarbonato (molto diffuse per le proprietà di trasparenza, resistenza termica e meccanica), utilizzate nei recipienti per uso alimentare, e nelle resine epossidiche che compongono il rivestimento protettivo interno presente nella maggior parte delle lattine per alimenti e bevande.
RISCHI
Tra i rischi legati a questa sostanza chimica ci sono quelli per il sistema endocrino. Il bisfenolo a è considerato un interferente endocrino, vale a dire una sostanza in grado di danneggiare la salute alterando l’equilibrio endocrino, soprattutto nella fase dello sviluppo all’interno dell’utero e nella prima infanzia. Gli studi sperimentali, ed anche un numero crescente di studi epidemiologici (vale a dire sull’incidenza di determinate malattie nella popolazione umana), indicano che il bisfenolo a ha effetti estrogenici, quindi in grado di “mimare” l’azione degli estrogeni (ormoni “femminili”) che hanno una vasta influenza sulla funzione riproduttiva, ma anche su altre funzioni dell’organismo. Quindi, questa sostanza può alterare lo sviluppo dei sistemi riproduttivo, nervoso ed immunitario. Particolarmente preoccupanti sono il ischio di obesità e di tumore mammario e della prostata.
Diabete raddoppia rischio di malattie cardiovascolari
PrevenzioneIl rischio di malattie cardiovascolari aumenta da 2 a 4 volte nelle persone con diabete rispetto al resto della popolazione. Nei paesi industrializzati, le malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di morte nei pazienti con diabete mellito.
Diabete aumenta rischio cardiovascolare
In particolare, rispetto a un soggetto non affetto, un paziente con diabete mellito ha un rischio doppio di incorrere in malattie cardiovascolari. Il rischio aumenta per la patologia coronarica, ictus ischemico e morte per cause cardiovascolari, indipendentemente da altri fattori di rischio. Inoltre, il rischio di eventi cardiovascolari è maggiore nelle donne con diabete, non protette come nella popolazione generale femminile da queste patologie. Il rischio, poi, è maggiore nei pazienti con diabete mellito di lunga durata e complicanze microvascolari, tra cui la malattia renale. Il rischio di malattia cardiovascolare, infine, inizia già con valori di glicemia nel sangue al di sotto della soglia che definisce il diabete mellito, ossia inferiore ai 126 mg/dl, e aumenta al suo incrementare.
Valori elevati di glucosio e di insulina nel sangue, insieme alla presenza molto frequente di altri fattori di rischio quali l’ipertensione e l’obesità, sono a loro volta responsabili dello sviluppo di alterazioni dell’endotelio, la superficie interna dei vasi sanguigni. Inoltre sono causa di aterosclerosi precoce a rapida evoluzione che interessa di solito le arterie coronariche. Si stima che tra il 15 e il 25 per cento dei pazienti affetti da scompenso cardiaco siano persone con diabete.
Un’altra complicanza vascolare è l’arteriopatia agli arti inferiori, che può condurre ad ischemia responsabile della complicanza nota come “piede diabetico”. Tale complicanza, in parte da attribuire ad un danno vascolare in parte ad un danno di origine neuropatica, può essere responsabile di temibili esiti quali gangrena ed amputazioni. Sul versante cerebrovascolare, il diabete si associa ad un aumento rilevante del rischio di ictus ischemico e decadimento cognitivo.
Il ruolo dell’alimentazione e dello stile di vita
Degli aspetti che ruotano attorno al rischio legato al diabete se ne parlerà dal 21 al 24 maggio a Panorama Diabete. Il forum disciplinare alla Fiera di Riccione è promosso dalla Società Italiana di Diabetologia presieduta da Angelo Avogaro. Il tema in particolare sarà al centro di due sessioni: “Alimenti e prevenzione delle malattie cardiovascolari” il 22 maggio e “Quale specificità per il rischio cardiovascolare in presenza di diabete?” il 23 maggio.
“Le complicanze cardiovascolari – dichiara il Presidente della SID, Angelo Avogaro – sono le più frequenti nel paziente affetto da diabete, sia di tipo1, sia di tipo 2. Nonostante l’introduzione sul mercato di farmaci sempre più efficaci e sicuri, l’incidenza di queste complicanze rimane superiore nei pazienti diabetici rispetto ai non diabetici. Durante Panorama Diabete si affronterà il problema della fisiopatologia cardiovascolare e verranno approfonditi i suoi numerosi aspetti clinici e scientifici”.
“Lo stile di vita – dichiara il Presidente Eletto della SID, Raffaella Buzzetti – sia per quanto concerne l’attività fisica, in grado di aumentare i livelli di cortisolo HDL, ovvero di quello protettivo, che una alimentazione corretta ricca di fibre, verdura e frutta, povera di grassi saturi e di zuccheri semplici e con adeguato apporto di carboidrati complessi, proteine e grassi insaturi sono fondamentali insieme alla terapia farmacologica per prevenire le complicanze del diabete mellito. Una volta diagnosticato il diabete, un controllo adeguato dei valori glicemici, del colesterolosia HDL che LDL, della pressione arteriosa, una riduzione del peso qualora si parta da situazioni di obesità o sovrappeso rappresentano gli obiettivi fondamentali per la prevenzione delle complicanze”.
I nuovi batteri resistenti, colpa dell’abuso di antibiotici
Farmaceutica, News Presa, PrevenzioneMolto presto potremmo trovarci senza antibiotici efficaci, ma nessuno sembra curarsene. Come sta avvenendo per le allerte sui cambiamenti climatici, anche gli allarmi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e dei medici restano per ora inascoltate. Ma tutto questo dove ci porterà? E quand’è che dovremo farci i conti?
MEDICI DI FAMIGLIA
A sentire i medici di medicina generale, purtroppo, già oggi si stanno moltiplicando i batteri resistenti agli antibiotici. La corsa agli antibiotici, spesso quando non sono indicati, sta dando vita ad una nuova classe di super batteri. C’è una irrefrenabile necessità di cura – dicono i medici della , Federazione italiana dei medici di medicina generale – che spinge le persone a chiedere ai medici di famiglia la prescrizione degli antibiotici quando non sono necessari, per esempio per un raffreddore o la tosse.
FAI DA TE
I medici di famiglia lamentano un fenomeno preoccupante: la maggior parte delle persone ci chiama con i sintomi del raffreddore, dicono, e chiede la prescrizione degli antibiotici. Il problema è che per il raffreddore quel tipo di farmaco non serve e soprattutto si crea il problema dell’antibiotico-restistenza. Assumere, cioè, antibiotici quando non serve, porta l’organismo a resistere al farmaco che non è più in grado di funzionare quando serve. Un fai da te, dannoso e pericoloso.
I TEST
Ancora oggi in troppi pensano di poter andare direttamente in farmacia a comprare gli antibiotici, poi chiedere la prescrizione al medico di famiglia. Per prescrivere antibiotici – proseguono i medici di famiglia – servirebbe una diagnosi chiara da parte del medico e se i sintomi persistono, la cosa migliore da fare è sottoporsi a un test, in farmacia o nei laboratori, per capire se è in corso una infezione di tipo batterico. Successivamente, con i risultati alla mano, se confermata l’infezione, allora si può pensare a un antibiotico.
MALI DI STAGIONE
Per i comuni raffreddori, e in alcuni casi anche la tosse, i rimedi giusti sono paracetamolo e antifebbrili. Occorre avere pazienza, anche perché l’80% delle persone che oggi chiama per dire che ha febbre, mal di gola, principi di otite, domani, prendendo un antipiretico, starà bene. Per i mali di stagione, insomma, basta il più delle volte un po’ di riposo, perché l’organismo per combattere i virus ha bisogno anche di tempo.
Poliposi nasale, intervista alla Prof. Cantone
Partner, PodcastLa poliposi nasale può avere un forte impatto sulla qualità di vita. Tra i sintomi principali ci sono l’ostruzione delle vie respiratorie con difficoltà a respirare, dolore facciale e mal di testa continui, fino ad arrivare, nelle forme più avanzate, alla perdita dell’olfatto e del gusto: di questo ci ha parlato la Prof.ssa Elena Cantone, Professore Associato in Otorinolaringoiatria presso Università degli studi di Napoli Federico II, nella pillola di salute a cura di PreSa – Prevenzione Salute, trasmessa su Radio Kiss Kiss la mattina di Sabato 22 Aprile.
Ascolta il Podcast:
“Contenuto realizzato da Radio KissKiss in collaborazione con PreSa, con il supporto di Sanofi”
Poliposi nasale, oggi esistono trattamenti efficaci
News Presa, Partner, Podcast, PrevenzioneSolo chi è affetto da poliposi nasale può sapere quanto è difficile dover convivere con i sintomi. Oggi, però, siamo in una fase nuova. Esistono farmaci biologici che sono in grado di controllare i sintomi e modificare l’andamento stesso della malattia. Lo ha spiegato ai microfoni di Radio Kiss Kiss Elena Cantone, professore associato di Otorinolaringoiatria presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II. La professoressa Cantone, intervenuta in occasione delle pillole di salute, volute dal network editoriale PreSa Prevenzione e Salute, ha chiarito alcuni passaggi chiave che riguardano la poliposi nasale.
RECIDIVA
«I polipi nasali – ha spiegato – sono formazioni infiammatorie benigne del naso che, solitamente, originano dai seni paranasali. Hanno una causa ancora incerta, probabilmente multifattoriale, con una tendenza alla recidiva. Proprio questi polipi determinano una particolare forma di rinosinusite cronica che si associa spesso ad altre patologie infiammatorie, come l’asma. La diffusione è piuttosto alta, stimata attorno all’1,5 per cento in modo molto variabile a seconda delle aree geografiche».
SINTOMI
Ma quali sono i sintomi tipici di questa malattia? Di certo la rinorrea, anteriore o posteriore. E ancora: naso chiuso, dolore facciale, alterazione dell’olfatto e disturbi del sonno. Possono anche essere presenti alterazione del gusto, senso di ovattamento auricolare e tosse. Come detto, in una quota rilevante di pazienti è presente anche l’asma, spesso grave. In un terzo di casi, all’incirca, è si ha anche una ipersensibilità ad alcuni farmaci, come l’aspirina. Facile comprendere come la poliposi impatti in modo significativo sulla qualità di vita dei pazienti. Spesso, prosegue Cantone, genera forme di sofferenza emotiva molto importanti.
TERAPIE
La buona notizia è che, se fino a qualche anno fa le uniche terapie disponibili erano quelle cortisoniche o la chirurgia, che non riuscivano a controllare la malattia e portavano a continue riacutizzazioni e recidive, oggi ci sono a disposizione farmaci biologici che sono in grado di modificare l’andamento della malattia. Sono farmaci molto efficaci per il controllo dei sintomi e si può dire che hanno rivoluzionato, in meglio, la vita dei pazienti.
“Contenuto realizzato da Radio KissKiss in collaborazione con PreSa, con il supporto di Sanofi”
Vaccini: 67 milioni di bambini senza nella pandemia. Cala fiducia
Bambini, PrevenzioneLa percezione pubblica dell’importanza dei vaccini per i bambini è diminuita durante la pandemia da COVID-19 in 52 sui 55 Paesi presi in esame. Il dato emerge un nuovo rapporto dell’Unicef sulle vaccinazioni.
Il declino nella fiducia nel mondo arriva in un momento in cui si assiste al più grande arretramento prolungato della vaccinazione dei bambini da 30 anni a questa parte. Un dato alimentato dalla pandemia COVID-19.
Il rapporto rivela che tra il 2019 e il 2021 un totale di 67 milioni di bambini nel mondo non hanno ricevuto le vaccinazioni. I livelli di copertura vaccinale sono in calo in 112 Paesi. Di questi 48 milioni non hanno ricevuto una sola dose di vaccino, detti anche “a 0 dose”.
Nel 2022, ad esempio, il numero di casi di morbillo è più che raddoppiato rispetto all’anno precedente. Il numero di bambini paralizzati dalla polio è aumentato del 16% rispetto all’anno prima.
I vaccini salvano 4,4 milioni di vite umane ogni anno. Il numero potrebbe salire a 5,8 milioni entro il 2030 se gli obiettivi dell’Agenda 2030 per la vaccinazione fossero raggiunti.
Prima dell’introduzione del vaccino nel 1963, il morbillo uccideva circa 2,6 milioni di persone ogni anno, prevalentemente bambini. Nel 2021, i decessi per morbillo sono scesi a 128 mila – un numero ancora troppo elevato.
Inoltre, circa 7 ragazze su 8 non sono vaccinate contro il papillomavirus umano (HPV), che può causare il cancro al collo dell’utero.
Il rapporto rileva che nel mondo le donne sono in prima linea nella distribuzione delle vaccinazioni. Tuttavia devono far fronte a salari bassi, occupazione informale, mancanza di formazione formale e di opportunità di carriera e minacce alla loro sicurezza.
La fiducia nei vaccini in Italia
Il rapporto “La condizione dell’infanzia nel mondo 2023: per ogni bambino, vaccinazioni” rivela che in Italia, c’è stato un calo di 6,8 punti percentuali nella fiducia nei vaccini, dal 92,1% all’85,5%. Fra le persone sotto i 35 anni il calo è stato maggiore (7,5 punti percentuali) rispetto a quelle sopra i 65 anni (4,6). Fra le donne (8,6 punti in meno) maggiore che fra gli uomini (4,7 punti in meno).
Secondo i nuovi dati, raccolti dal Vaccine Confidence Project e pubblicati dall’Unicef, Cina, India e Messico sono gli unici paesi studiati in cui i dati indicano una percezione dell’importanza dei vaccini rimasta inalterata o addirittura migliorata. Nella maggior parte dei paesi, le persone sotto i 35 anni e le donne hanno maggiori probabilità di segnalare meno fiducia nei vaccini per i bambini dopo l’inizio della pandemia.
Andamento dei dati legato al tempo
La fiducia nei vaccini è volatile e legata al tempo. Sono necessarie ulteriori analisi per determinare se i risultati siano indicativi di una tendenza a lungo termine, si legge nel rapporto. Nonostante la flessione, il sostegno complessivo ai vaccini rimane relativamente forte. In quasi la metà dei 55 Paesi studiati, più dell’80% degli intervistati ritiene che i vaccini siano importanti per i bambini.
Tuttavia, il rapporto avverte che la confluenza di diversi fattori suggerisce che la paura dell’esitazione nei confronti del vaccino potrebbe essere in aumento. Questi fattori includono l’incertezza sulla risposta alla pandemia, il crescente accesso a informazioni fuorvianti, la diminuzione della fiducia nelle competenze e la polarizzazione politica.
“All’apice della pandemia, gli scienziati hanno sviluppato rapidamente vaccini che hanno salvato innumerevoli vite. Ma nonostante questo risultato storico, la paura e la disinformazione su tutti i tipi di vaccini sono circolate tanto quanto il virus stesso”, ha dichiarato Catherine Russell, Direttore Generale dell’UNICEF. “Questi dati sono un preoccupante campanello d’allarme. Non possiamo permettere che la fiducia nelle vaccinazioni di routine diventi un’altra vittima della pandemia. Altrimenti, la prossima ondata di decessi potrebbe riguardare altri bambini colpiti da morbillo, difterite o altre malattie prevenibili”.
Pesano disuguaglianze. I dati in dettaglio
Il rapporto rivela che tra il 2019 e il 2021 un totale di 67 milioni di bambini non hanno ricevuto le vaccinazioni, con livelli di copertura vaccinale in calo in 112 Paesi. I bambini nati appena prima o durante la pandemia stanno superando l’età in cui normalmente verrebbero vaccinati. Confrontando il periodo 2019-2021 con il triennio precedente, si è registrato un aumento di otto volte del numero di bambini paralizzati dalla polio.
La pandemia ha anche acuito le diseguaglianze esistenti. Soprattutto nelle comunità più ai margini, la vaccinazione non è ancora disponibile o accessibile.
I bambini non raggiunti vivono nelle comunità più povere, remote ed emarginate, a volte colpite da conflitti. I nuovi dati prodotti per il rapporto dal Centro Interazionale per l’Equità nella Salute rileva che nelle famiglie più povere 1 bambino su 5 è a 0 dose, mentre nelle più ricche solo 1 su 20. Il rapporto mostra che i bambini non vaccinati spesso vivono in comunità difficili da raggiungere come aree rurali o slum urbani. Spesso hanno madri che non sono potute andare a scuola e che hanno poco peso nelle decisioni familiari. Queste sfide sono più ampie nei paesi a basso e medio reddito, dove 1 bambino su 10 in aree urbane è a 0 dosi e 1 su 6 nelle aree rurali. Nei paesi a reddito più alto, non c’è quasi differenza tra i bambini in aree urbane e rurali.
“Le vaccinazioni hanno salvato milioni di vite e proteggere le comunità da epidemie di malattie mortali”, ha dichiarato Catherine Russell. “Tutti noi sappiamo bene che le malattie non rispettano confini. Vaccinazioni di routine e sistemi sanitari forti sono il modo migliore per prevenire future pandemie, morti e sofferenze non necessarie. Con le risorse ancora disponibili dalla campagna di vaccinazione contro il COVID-19, è il momento di reindirizzare questi fondi per rafforzare i servizi di vaccinazione e investire in sistemi sostenibili per ogni bambino.”