Tempo di lettura: 2 minutiLo smog è un fattore di rischio per molte patologie. Ora uno studio ha dimostrato come l’inquinamento dell’aria aumenti il rischio di aritmie, con effetti immediati sull’organismo. La ricerca ha analizzato i dati di 2025 ospedali di 322 città cinesi. I risultati sono stati pubblicati sul Canadian Medical Association Journal.
Smog e rischio aritmie
L’inquinamento atmosferico è un fattore di rischio modificabile per le malattie cardiache. Gli scienziati hanno rivelato evidenze chiare del collegamento tra smog e rischio di aritmie, analizzando i dati di 190.115 pazienti con insorgenza acuta sintomatica.
La fibrillazione atriale e il flutter atriale sono le aritmie più comuni e possono evolvere in malattie cardiache più gravi. Nel mondo colpiscono circa 59,7 milioni di persone.
Dai dati emerge come i rischi si verifichino già nelle prime ore dopo l’esposizione e possano persistere per 24 ore. Le relazioni esposizione-risposta tra 6 inquinanti e 4 sottotipi di aritmie risultano lineari, spiegano gli scienziati della Fudan University di Shanghai. Al crescere dell’inquinamento aumenta il rischio di aritmie.
I disturbi maggiormente associati sono: il flutter atriale, la tachicardia sopraventricolare, seguiti dalla fibrillazione atriale e dai battiti prematuri. Inoltre, tra i 6 inquinanti, il biossido di azoto (NO2) presenta l’associazione più forte con tutti e 4 i tipi di aritmie, e maggiore è l’esposizione, più forte è l’associazione.
Ad oggi restano ancora da chiarire i meccanismi alla base. Tuttavia emerge la necessità di proteggere le persone a rischio, ad esempio evitando le ore in cui aumentano i livelli di inquinamento.
Come proteggersi
Il rischio si diversifica in base alle dimensioni delle polveri sottili. Le particelle con diametro superiore a 10 micron si fermano nelle prime vie respiratorie, quelle con diametro compreso tra i 5 e i 10 micron raggiungono la trachea e i bronchi e quelle inferiori a 5 possono raggiungere gli alveoli polmonari.
Per difendersi dall’inquinamento dell’aria è utile ridurre gli spostamenti nelle ore a più alta concentrazione di smog, cioè quando il traffico è più intenso.
Sebbene siano associate alla pandemia, le mascherine sono anche un mezzo di protezione dall’inquinamento, in grado di bloccare le particelle. Quelle chirurgiche, o anche di stoffa, bloccano il particolato più grossolano. Quelle con il filtro proteggono da diversi tipi di sostanze tossiche, polveri sottili, oltre ad agenti patogeni a trasmissione aerea.
L’attività fisica è un fattore di prevenzione importante per molte patologie. Tuttavia, diventa dannosa se viene fatta all’aperto in zone esposte ad inquinamento. Durante lo sport infatti aumenta il volume di aria che entra nei polmoni e, di conseguenza, anche degli inquinanti in essa diluiti.
Durante le giornate in cui la qualità dell’aria è compromessa è meglio allenarsi in palestra o al parco, possibilmente al mattino presto. Il consiglio riguarda soprattutto chi vive nelle aree metropolitane più inquinate.
Carcinoma della mammella, un test per individuarne la firma genica
Economia sanitaria, News Presa, Ricerca innovazioneUn test genomico consente di evitare a molte donne colpite da carcinoma mammario di effettuare la chemioterapia. Di cosa si tratta lo hanno spiegato i massimi esperti del campo in occasione di un incontro tenutosi a Napoli e organizzato dal Policlinico Luigi Vanvitelli. «Grazie allo sviluppo di test multigenici in grado di caratterizzare il profilo molecolare di queste pazienti possiamo selezionare le donne da trattare guardando al reale rischio di recidiva, risparmiando l’estenuante e lunga chemioterapia alle pazienti con un basso rischio di ripresa del tumore», chiarisce il professor Renato Franco, che al Policlinico napoletano dirige dell’Unità Operativa di Anatomia Patologica.
MEDICINA PERSONALIZZATA
A mettere in luce il ruolo che il Policlinico Vanvitelli svolge ormai in questo campo a livello nazionale e internazionale è Antonio Giordano, direttore dello Sbarro Institute for Cancer Research and Molecular Medicine della Temple University di Philadelphia. È stato proprio lui a parlare di «un’eccellenza ormai consolidata nell’ambito di una medicina sempre più “cucita” sulle esigenze e le caratteristiche dei singoli pazienti». Si chiude così una lunga stagione nel corso della quale le pazienti con carcinoma della mammella, a seguito di intervento, erano indistintamente sottoposte a lunghi cicli di chemioterapia in relazione alle scarse conoscenze della biologia molecolare del tumore e del rischio di possibili ricadute.
ABBATTERE I COSTI
In tutta Italia, e la Campania non fa eccezione, i test molecolari sono sempre stati per lo più eseguiti presso laboratori esteri centralizzati, con elevati costi e tempi di attesa. Ecco perché, poter individuare la firma genica direttamente in una struttura che si trova nel cuore del centro storico di Napoli, all’Azienda Ospedaliera Universitaria Vanvitelli, è un cambio di passo enorme. La firma genica viene poi valutata con tutti gli altri parametri clinico-patologici nell’ambito dei Gruppi Oncologici Multidisciplinari, dove professionisti in ambito oncologico valutano la possibilità di indirizzare a trattamenti con chemioterapici solo i casi che sono davvero ad alto rischio di ricaduta.
PRESA IN CARICO
«Queste tecnologie e nuove metodiche – dice il direttore generale Ferdinando Russo – ci consentono di fare un enorme passo in avanti nella direzione di una medicina sempre più personalizzata. Consentendo, inoltre, alle nostre pazienti di ottenere le migliori cure senza ricorrere a costosi viaggi fuori regione». Aspetto non secondario è che il costo dei test molecolari è garantito dal Ministero della Salute per assicurare alle donne oncologiche il trattamento più appropriato. I test genici saranno disponibili non solo per le pazienti operate direttamente presso l’A.O.U. Vanvitelli, ma anche per le centinaia di donne che saranno operate in altre strutture.
Lavarsi le mani salva milioni di vite. La Giornata Mondiale
Economia sanitaria, Medicina Sociale, PrevenzioneL’igiene delle mani salva milioni di vite. Farlo nel modo corretto può ridurre tra il 30 e il 40 per cento delle infezioni legate alle pratiche assistenziali. Si tratta cioè dei casi in cui ci si infetta per il solo fatto di trovarsi ricoverati in un ospedale.
Lavare le mani è un’abitudine fondamentale nella vita di tutti i giorni, ma essenziale negli ambienti ospedalieri e di cura. La soluzione idroalcolica è una valida alternativa, anche se in Italia, secondo i dati, nel 2021 è calato il consumo.
Dal 2005, ogni anno l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) promuove, per il 5 maggio, la Giornata mondiale per il lavaggio delle mani per ricordarne l’importanza. L’obiettivo è diffondere la consapevolezza in tutto il mondo. Anche quest’anno partecipano alla campagna l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), in collaborazione con il Ministero della Salute (MdS).
Lavare le mani salva la vita
Quasi la metà delle infezioni correlate all’assistenza potrebbero essere prevenute aderendo a una corretta igiene delle mani. Lavare le mani è una procedura semplice, veloce e a basso costo: un momento cruciale dell’assistenza sanitaria che porterebbe anche un risparmio economico.
Oggi, nella giornata mondiale dedicata a questa pratica, l’Istituto Superiore di Sanità organizza per gli operatori sanitari un corso di formazione a distanza.
“Le evidenze mostrano come una serie di attività di educazione e formazione sull’igiene delle mani siano efficaci nel migliorare le pratiche per garantire la sicurezza del paziente e non solo – spiega Paolo D’Ancona, ricercatore Iss – È fondamentale che le persone coinvolte in tutti i livelli dell’assistenza (pazienti e visitatori compresi) conoscano l’importanza di un gesto così semplice e a basso costo, ma efficace, e che venga diffusa una cultura dell’igiene delle mani mirata a un’assistenza più sicura e di qualità”.
Il corso online è realizzato in collaborazione con la Società Italiana Multidisciplinare per la Prevenzione delle Infezioni nelle Organizzazioni Sanitarie (Simpios) e ha lo scopo di promuovere il contrasto delle infezioni correlate all’assistenza e dell’antibiotico-resistenza.
I consumi di soluzione idroalcolica
Secondo l’OMS, l’utilizzo di prodotti a base alcolica sono un’ottima alternativa al lavaggio con acqua e sapone, durante l’assistenza. Grazie ad un progetto CCM, finanziato dal Ministero della Salute, l’ISS ha implementato un sistema di sorveglianza nazionale del consumo di soluzione idroalcolica, utilizzato come indicatore indiretto dell’adesione all’igiene delle mani. Sono stati raccolti dati nel 2020 e 2021 da rispettivamente 13 e 11 Regioni/PP.AA.
Dalle rilevazioni preliminari è risultato un consumo mediano nazionale di soluzione idroalcolica di 25 L/1000 GDO(Giornate di Degenza Ordinaria) nel 2020 e 21 L/1000 GDO nel 2021 nei reparti di degenza ordinaria. Considerando lo standard fissato dall’OMS di 20 L/1000 GDO i consumi del 2020 sono elevati, probabilmente perché correlati alla pandemia Covid-19, mentre nel 2021, nonostante altre ondate pandemiche, si osserva una diminuzione.
Tumore del sangue, l’assistenza da nord a sud
Economia sanitariaIndividuare le criticità per ottimizzare il percorso di cura dei pazienti con tumore del sangue. Con questo obiettivo nasce BRIDGE THE GAP – Insieme per una nuova assistenza ai pazienti oncoematologici. Pochi giorni fa si è tenuto all’Ospedale Niguarda, il secondo appuntamento del progetto a cura di Isheo srl e La Lampada di Aladino ETS con il Focus dedicato alla Lombardia.
È stata eseguita un’indagine in 3 Regioni italiane (Lazio, Lombardia e Puglia) coinvolgendo per ciascuna regione 5 stakeholder di riferimento. La ricerca è validata da un comitato scientifico composto da sei ematologi.
Successivamente, sulla base della Gap Analysis svolta contestualmente, verrà costruito un modello sostenibile di gestione dei pazienti con tumori ematologici. Il modello confluirà in un Piano di Intervento nazionale indirizzato a tutte le regioni italiane, alle aziende sanitarie locali e ai centri di cura e assistenza dei pazienti con neoplasie ematologiche.
Il Piano di Intervento operativo avrà il compito di definire i punti cardine inderogabili dell’assistenza al paziente oncoematologico, per rendere le cure uniformi su tutto il territorio nazionale.
L’indagine sui pazienti con tumore del sangue
Per quanto riguarda il focus sulla Lombardia, “sin dalla sua fase iniziale, la Rete Ematologica Lombarda – ha chiarito Luca Arcaini Professore ordinario del dipartimento di medicina molecolare Università degli Studi di Pavia – si è posta l’obiettivo di migliorare l’assistenza ai pazienti ematologici. Tra i punti di partenza, sicuramente quello imprescindibile è andare a identificare quelli che sono i gap dell’assistenza ma è di fondamentale importanza che tutti gli stakeholders coinvolti nel percorso di cura del paziente, partecipino al cambiamento – obiettivo cardine del progetto. Questo può contribuire, infatti, a cambiare la storia della malattia in termini di garanzia di appropriatezza diagnostica e terapeutica, tempestività delle cure, di un’adeguata assistenza dalla comunicazione della diagnosi, alla spiegazione del percorso terapeutico e al follow-up”.
Focus Lombardia
In merito ai risultati emersi dall’indagine condotta sul territorio lombardo, Davide Integlia general manager di Isheo e Davide Petruzzelli, presidente di Lampada di Aladino ETS spiegano che “a differenza di altre regioni dove le associazioni pazienti trovano difficoltà di coinvolgimento e colloquio, sul territorio lombardo abbiamo potuto registrare un elevato grado di strutturazione tra Associazione dei pazienti (AIL – Associazione Italiana contro Leucemie Linfomi e Mieloma) e i centri ematologici e altre organizzazioni di ricerca. I servizi di assistenza integrata, come ad esempio il supporto psicologico, sono sì presenti nel percorso di cura e nella presa in carico del paziente ma non sono organizzati all’interno di un quadro di offerta codificata. E se è vero che i dati provenienti dai registri di patologia sono ben valorizzati, d’altra parte, quei pazienti che non possono recarsi in ospedale per ricevere i farmaci possono al momento avvalersi solo dei canali distributivi messi in campo dalle aziende. Per i casi di patologie linfoproliferative o linfomi, poi in Lombardia, manca ancora un percorso diagnostico definito e condiviso con il territorio. E sempre riferendosi al territorio, i risultati del focus indicano come in Lombardia sia prioritario potenziare il ruolo del Medico di Medicina Generale quale cardine nella gestione dell’acuzie riscontrata a livello laboratoristico, definendo in primo luogo le modalità di contatto tra Laboratorio e MMG per le segnalazioni in urgenza”.
A sua volta, il Prof. Roberto Cairoli Professore Associato di Ematologia, Università Milano-Bicocca Direttore S.C. Ematologia presso dipartimento di Ematologia e Medicina Molecolare Niguarda Cancer Center ha spiegato, nel suo intervento, come “a seguito del DM 77/2022, siamo in una nuova fase nel concetto di assistenza del paziente in quanto si passa dal concetto dell’assistenza specialistica ospedale-centrica all’integrazione ospedale-territorio, valorizzando i servizi di prossimità. Il DM77 ci offre un’opportunità in questo senso, e questo vale anche per l’Ospedale Niguarda, prospettando una stretta collaborazione tra aziende ospedaliere, MMG, “case di comunità e ospedale di comunità”. Così si potrà coniugare l’equità nell’accesso ai servizi sanitari con la qualità delle cure, creando sinergie tra medicina territoriale ed ospedaliera, anche grazie all’uso della telemedicina – tutto ben contestualizzato all’interno di PTDA operativi caratterizzati da multidisciplinarità e multiprofessionalità – per un miglioramento della qualità della vita del paziente.”
Esofagite eosinofila, tra prevenzione e innovazione terapeutica
Alimentazione, Associazioni pazienti, Economia sanitaria, News Presa«Convivere con i sintomi, attuando dei meccanismi di compensazione, è purtroppo un errore che commettono in molti. Il consiglio è invece quello di rivolgersi ad un centro specializzato che possa aiutarci a tenere sotto controllo la malattia». A parlare è la dottoressa Francesca Racca, allergologa e responsabile del percorso multidisciplinare per l’esofagite eosinofila all’IRCCS Humanitas Research Hospital. È proprio lei ad accendere un faro sull’esofagite eosinofila, svelando che ancora oggi è spesso difficile arrivare a una diagnosi.
MECCANISMI DI COMPENSO
A margine di un importante webinar promosso dal CEIS-EEHTA dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, patrocinato dalla Sihta (Società Italiana di Health Tecnology Assessment) e con il contributo non condizionato di Sanofi, la dottoressa Racca ha spiegato che «la patologia è ancora poco riconosciuta dai pazienti e, purtroppo, anche nel mondo medico. Il ché significa doversi spesso rivolgere a centri specializzati per una diagnosi corretta». Il principale campanello d’allarme è la difficoltà a deglutire il cibo. «I meccanismi di compenso – prosegue Racca – sono quelli di mangiare lentamente, bere tanto durante i pasti ed evitare situazioni sociali legate al cibo». Questo però non ferma la malattia, che può peggiorare sino a richiedere un intervento endoscopico. Essendo caratterizzata da un’infiammazione eosinofila dell’esofago, può infatti causare disfagia, occlusione da cibo e sintomi simili alla malattia da reflusso gastroesofageo. E se non trattata, l’infiammazione esofagea cronica può portare a restringimento e stenosi dell’esofago.
INFIAMMAZIONE DI TIPO 2
Ma cos’è l’esofagite eosinofila? Gli esperti parlano di una malattia immuno-mediata cronica progressiva che – facendo parte del gruppo delle patologie infiammatorie Type 2 – può insorgere sia in età infantile che adulta, e che si manifesta più di frequente negli uomini, occasionalmente negli anziani. È probabilmente causata da una risposta infiammatoria Type 2 agli allergeni ambientali o agli antigeni alimentari in pazienti con suscettibilità genetica. Il webinar tenutosi oggi ha rappresentato un momento di approfondimento e dibattito sull’impatto della patologia sulla qualità di vita dei pazienti, e sulle recenti innovazioni terapeutiche.
I COSTI SOCIALI
A testimoniare un forte impatto socio-economico della malattia sono i risultati di un’analisi condotta dall’EEHTA del CEIS Università di Roma Tor Vergata, diretto dal professor Francesco Saverio Mennini. «La spesa media a carico del Servizio sanitario nazionale per ciascun ricovero – spiega il professor Mennini – è di 2.565 euro. La regione con il maggiore numero di ricoveri medi annui è la Campania (2.317), seguita da Lombardia (1.697) e Lazio (1.676)». Stando ai dati del dall’EEHTA del CEIS, in media la popolazione maschile risulta essere leggermente più giovane, con un maggior peso degli under 35 (19% contro il 15% nelle donne) e nella classe di età 35-64 (40% contro 37%). «È facile comprendere – conclude Mennini – come si sia un problema in termini di perdita di produttività, vista la prevalenza di pazienti in piena età lavorativa». Dati che mettono in luce anche il ruolo dell’innovazione terapeutica in un’ottica di ottimizzazione dello scenario clinico-assistenziale.
IL NETWORK
Fondamentale per il sostegno dei pazienti e delle famiglie è il ruolo dell’Associazione di famiglie contro l’esofagite e le patologie gastro intestinali eosinofile ESEO. «Tra i nostri obiettivi – spiega la presidente Roberta Giodice – c’è quello di sensibilizzare l’opinione pubblica, gli addetti ai lavori e la politica, per questo cerchiamo di essere presenti con le nostre postazioni durante i congressi delle Società Scientifiche ed abbiamo un Comitato Tecnico Scientifico che ci affianca ed è formato dai maggiori esperti della patologia». Per migliorare la qualità di vita e la presa in carico dei pazienti, «per noi è fondamentale cercare di coinvolgere e collaborare con tutti gli stakeholder che a vario titolo possono attuare azioni concrete». ESEO è molto impegnata anche nella creazione di un network che a livello nazionale ed internazionale porti avanti questo obiettivo di sensibilizzazione. Tanti gli eventi che saranno realizzati nella settimana che va dal 18 al 22 maggio, dedicata proprio alle malattie eosinofile. All’evento parteciperanno inoltre Istituzioni e associazioni di pazienti per sensibilizzare stakeholder e media sul reale impatto che tale patologia genera, e sulla vera rivoluzione rappresentata dall’innovazione terapeutica in primis per i pazienti, ma anche per gli stessi medici.
LO SPOT
All’interno del webinar è stato presentato un video dedicato proprio alla sensibilizzazione dei giovani – protagonisti dello spot – sul tema. Un video che mette in risalto anche il rischio di sottovalutazione della malattia in questione. Al centro della storia un ragazzo in pizzeria con i suoi amici, il fratello e la ragazza a cui fa la corte. A un certo punto arriva la pizza e lui, dopo il primo boccone, inizia e bere e a darsi dei colpetti sul torace per cercare di mandare giù il cibo. Alla fine tutto finisce bene. Ma la serata sarebbe potuta terminare in tutt’altro modo.
Mal di testa e ritmi circadiani: cosa dice la ricerca
News Presa, Ricerca innovazioneIl mal di testa rappresenta un problema per molte persone, ma non tutti sanno che ogni tipologia di dolore alla testa tende a presentarsi a un preciso orario, seguendo l’orologio interno del nostro organismo. La gestione del dolore alla testa può essere migliorata con la conoscenza dei ritmi circadiani e delle loro implicazioni. Non si tratta, quindi, di puntare su nuovi farmaci, bensì di conoscere al meglio i meccanismi alla base di questo disturbo.
LO STUDIO
Un gruppo di ricercatori dell’Università del Texas ha condotto uno studio sulla relazione tra mal di testa e ritmi circadiani, analizzando 72 ricerche precedenti. Il team ha scoperto che la cefalea a grappolo ha una forte correlazione con i ritmi circadiani, con attacchi che raggiungono il picco nelle ultime ore della notte fino alle prime ore del mattino, e con una maggiore frequenza in primavera e in autunno. Inoltre, molti dei geni che aumentano il rischio di cefalea a grappolo seguono ritmi circadiani.
L’EMICRANIA
Leggermente differente il discorso per l’emicrania, che risponde a un modello circadiano solo nella metà dei casi, con probabilità di attacchi più alti durante il giorno, tra la tarda mattinata e la prima serata. A differenza di altre forme di mal di testa, per l’emicrania i ricercatori non hanno osservato alcun legame con le stagioni.
LE PROSPETTIVE
Secondo il coordinatore dello studio, Mark Joseph Burish, i risultati della ricerca potrebbero avere ricadute cliniche sulla gestione del mal di testa. Potrebbe essere possibile utilizzare trattamenti per il dolore alla testa basati sul ritmo circadiano, ad esempio assumendo farmaci in determinati momenti della giornata o utilizzando trattamenti che causano cambiamenti circadiani. La conoscenza dei ritmi circadiani può essere quindi utile per la gestione del mal di testa, così come sono importanti altri studi che collegano il disturbo all’alimentazione. La ricerca potrebbe avere ricadute cliniche sulla gestione del mal di testa, aprendo la strada a nuovi trattamenti.
Smog aumenta il rischio di aritmie, come proteggersi
Benessere, Prevenzione, Stili di vitaLo smog è un fattore di rischio per molte patologie. Ora uno studio ha dimostrato come l’inquinamento dell’aria aumenti il rischio di aritmie, con effetti immediati sull’organismo. La ricerca ha analizzato i dati di 2025 ospedali di 322 città cinesi. I risultati sono stati pubblicati sul Canadian Medical Association Journal.
Smog e rischio aritmie
L’inquinamento atmosferico è un fattore di rischio modificabile per le malattie cardiache. Gli scienziati hanno rivelato evidenze chiare del collegamento tra smog e rischio di aritmie, analizzando i dati di 190.115 pazienti con insorgenza acuta sintomatica.
La fibrillazione atriale e il flutter atriale sono le aritmie più comuni e possono evolvere in malattie cardiache più gravi. Nel mondo colpiscono circa 59,7 milioni di persone.
Dai dati emerge come i rischi si verifichino già nelle prime ore dopo l’esposizione e possano persistere per 24 ore. Le relazioni esposizione-risposta tra 6 inquinanti e 4 sottotipi di aritmie risultano lineari, spiegano gli scienziati della Fudan University di Shanghai. Al crescere dell’inquinamento aumenta il rischio di aritmie.
I disturbi maggiormente associati sono: il flutter atriale, la tachicardia sopraventricolare, seguiti dalla fibrillazione atriale e dai battiti prematuri. Inoltre, tra i 6 inquinanti, il biossido di azoto (NO2) presenta l’associazione più forte con tutti e 4 i tipi di aritmie, e maggiore è l’esposizione, più forte è l’associazione.
Ad oggi restano ancora da chiarire i meccanismi alla base. Tuttavia emerge la necessità di proteggere le persone a rischio, ad esempio evitando le ore in cui aumentano i livelli di inquinamento.
Come proteggersi
Il rischio si diversifica in base alle dimensioni delle polveri sottili. Le particelle con diametro superiore a 10 micron si fermano nelle prime vie respiratorie, quelle con diametro compreso tra i 5 e i 10 micron raggiungono la trachea e i bronchi e quelle inferiori a 5 possono raggiungere gli alveoli polmonari.
Per difendersi dall’inquinamento dell’aria è utile ridurre gli spostamenti nelle ore a più alta concentrazione di smog, cioè quando il traffico è più intenso.
Sebbene siano associate alla pandemia, le mascherine sono anche un mezzo di protezione dall’inquinamento, in grado di bloccare le particelle. Quelle chirurgiche, o anche di stoffa, bloccano il particolato più grossolano. Quelle con il filtro proteggono da diversi tipi di sostanze tossiche, polveri sottili, oltre ad agenti patogeni a trasmissione aerea.
L’attività fisica è un fattore di prevenzione importante per molte patologie. Tuttavia, diventa dannosa se viene fatta all’aperto in zone esposte ad inquinamento. Durante lo sport infatti aumenta il volume di aria che entra nei polmoni e, di conseguenza, anche degli inquinanti in essa diluiti.
Durante le giornate in cui la qualità dell’aria è compromessa è meglio allenarsi in palestra o al parco, possibilmente al mattino presto. Il consiglio riguarda soprattutto chi vive nelle aree metropolitane più inquinate.
Sanità digitale. Schillaci: innovazione e AI per migliorare prevenzione
Ricerca innovazioneLe nuove tecnologie possono essere un’opportunità, ma ci sono passaggi da completare per dare al paese una Sanità Digitale. Da questo presupposto nasce l’Intergruppo Parlamentare Sanità Digitale e Terapie Digitali che questa mattina ha presentato al Ministero della Salute il documento programmatico.
Sanità digitale e terapie digitali
L’obiettivo è dare un’accelerazione di sistema, che riguardi sia le tecnologie, che i sistemi informatici, che i servizi digitali. Lo stesso vale per le terapie digitali (DTx). Queste ultime sono già una realtà in molti paesi come Stati Uniti, Giappone, Francia e Regno Unito. In Italia sono perlopiù relegate in un ristretto ambito di esperti. Le ragioni di questo ritardo sono molteplici.
“Presentare il programma di lavoro dell’Intergruppo Parlamentare Sanità Digitale e Terapie Digitali al Ministero della Salute è il segno chiaro della comune volontà di Parlamento e Governo di lavorare in stretto coordinamento per rendere finalmente concreto l’ingresso della sanità italiana nell’era digitale – ha sottolineato l’On. Simona Loizzo, medico e presidente dell’intergruppo – lo faremo rendendo questa materia una delle priorità della XIX Legislatura, orientando anzitutto le prossime scelte politiche e creando tutti i presupposti di tipo normativo e regolatorio che favoriscano l’affermazione delle terapie digitali, in un quadro di indispensabile sostenibilità e organica digitalizzazione del Servizio Sanitario Nazionale”.
Schillaci: innovazione e intelligenza artificiale alleati per la prevenzione
“La sanità digitale – ha detto il Ministro della Salute Orazio Schillaci, intervenuto alla Presentazione del Documento programmatico dell’Intergruppo parlamentare – è fondamentale per la piena realizzazione della medicina del terzo millennio che vede la centralità della telemedicina, della digitalizzazione dei dati fino alle sfide più ambiziose come le terapie digitali. Una sanità in cui l’innovazione e l’intelligenza artificiale diventano preziosi alleati per migliorare la prevenzione e disporre di cure personalizzate e trattamenti sempre più efficaci”. Considerazioni, quelle del Ministro della salute, sulle quali ha convenuto anche l’Onorevole Ugo Cappellacci, Presidente XII Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati.
La sanità digitale cambia la comunicazione tra il cittadino e le strutture della sanità. Le organizzazioni sanitarie, i clinici e il paziente, hanno la possibilità, di disporre di nuovi servizi – dalla cartella informatizzata e condivisa alla sicurezza completa del dato, dalla prenotazione delle prestazioni al monitoraggio delle condizioni del paziente, oltre a molte prestazioni di tipo specialistico. Le terapie digitali possono anche permettere interventi terapeutici per molte patologie, guidati da software basati su evidenze scientifiche, frutto di sperimentazioni cliniche. Inoltre, rendendo possibili percorsi di cura basati su interventi cognitivo-comportamentali personalizzati sui singoli pazienti, migliorano gli esiti clinici su un ampio spettro di patologie. È il caso delle malattie croniche come il diabete, l’asma o l’ipertensione, le malattie mentali, le dipendenze, fino alla possibilità di incidere anche nei percorsi riabilitativi. Questi sono solo alcuni degli ambiti sanitari nei quali le terapie digitali possono potenziare le risposte terapeutiche.
Pillole di salute, su Radio Kiss Kiss si parla dell’impatto dell’asma grave
Partner, PrevenzioneSecondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), l’asma colpisce oltre 339 milioni di persone in tutto il mondo e può causare gravi attacchi respiratori e danni polmonari permanenti, se non diagnosticata per tempo e trattata adeguatamente. Aggressivo e con un impatto importante sulla qualità di vita dei pazienti, l’asma è una patologia complessa, associata a un’infiammazione delle vie aeree che rende difficoltosa la respirazione. Per approfondire il tema dell’asma grave e capire anche quali sono i nuovi trattamenti oggi disponibili, il Network Editoriale PreSa – Prevenzione & Salute ha scelto di dedicare la prossima pillola di salute a questa patologia. La mattina di sabato 6 maggio, ai microfoni di Radio Kiss Kiss, interverrà la dottoressa Francesca Puggioni, Capo Sezione Immuno Center, Humanitas Hospital di Milano. Sarà lei a fare luce sugli aspetti poco noti dell’asma grave, in modo come sempre chiaro e diretto.
Appuntamento dunque sabato 6 maggio (ore 11 e 35 circa) sulle frequenze di Radio Kiss Kiss e sul portale PreSa. Stay tuned, stay connected!
“Contenuto realizzato da Radio KissKiss in collaborazione con PreSa, con il supporto di Sanofi”
Ora sono le ragazze ad amare di più le bionde
Adolescenti, Genitorialità, News Presa, Stili di vitaI giovani e soprattutto le ragazze sono ancora vittime del fumo di tabacco, o di e-cig. E a quanto pare, a poco o nulla sono valse le leggi che impongono il divieto di vendita ai minori. A rivelarlo sono i dati dalla Global Youth Tobacco Survey (Gyts), coordinata dall’Istituto Superiore di Sanità e condotta ogni quattro anni su un campione di 13-15enni delle scuole italiane (quest’anno oltre 2mila).
SOPRATTUTTO LE RAGAZZE
Stando al sondaggio, in Italia il 16% degli studenti tra 13 e 15 anni fuma regolarmente. Scoraggia che ad amare “le bionde”, come si diceva un tempo, sono soprattutto le ragazze. Ed il divieto di fumo nelle scuole è ancora poco rispettato. Unica buona notizia è che il numero complessivo dei giovani fumatori è calato complessivamente dal 2010 al 2022, passando dal 21% al 16%. Questo significa che uno studente su quattro ha usato almeno una volta nell’ultimo mese un prodotto tra sigarette, e-cig e prodotti a tabacco riscaldato e quasi uno su tre ha fumato una sigaretta tradizionale almeno una volta nella vita.
E-CIG E TABACCO RISCALDATO
Se da un lato si nota una piccola flessione del numero complessivo di fumatori, dall’altro è aumentato il numero di chi “svapa”. L’uso della e-cig è salito in 4 anni dal 18% al 20%. Anche il dispositivo a tabacco riscaldato, per la prima volta registrato nell’indagine 2022, viene utilizzato dal 14% dei fumatori abituali. L’indagine ha registrato anche una non sufficiente adesione al divieto di fumo nelle scuole, una forte esposizione dei ragazzi al fumo passivo, a casa o in auto, e una grande accessibilità a tutti i prodotti nonostante i divieti.
I DIVIETI
Nonostante il decreto Tabacchi del 2016 preveda l’inasprimento delle sanzioni per inosservanza del divieto di vendita ai minori, l’indagine del 2022 rileva come queste misure non si siano ancora tradotte in una piena inaccessibilità per i minori a questi prodotti: un 13-15enne su 4 si è procurato le sigarette direttamente al tabaccaio (erano il 49% nel 2010) e il 14% dichiara di aver acquistato e-cig direttamente dai rivenditori. Per entrambi questi due prodotti quasi la metà dichiara di averli ottenute da un parente o un amico. Tra i fumatori abituali che hanno cercato di comprare le sigarette al tabaccaio, il 73% dichiara di non aver ricevuto alcun rifiuto dal venditore a causa della minore età (percentuale che nel 2010 raggiungeva il 92%).
FUMO PASSIVO
Ancora troppo alta, inoltre, l’esposizione al fumo passivo, nelle scuole, in casa e in auto. Nonostante dal 2003 la legge Sirchia imponga il divieto di fumo in tutti i locali chiusi, incluso le scuole, e dal 2013 il Ddl Lorenzin vieti il fumo nelle pertinenze esterne degli istituti scolastici, 1 studente su 3 riporta di aver visto fumare qualcuno all’interno della propria scuola e il 58% nelle pertinenze esterne (cortili, parcheggi, ecc.). Quasi la metà dei giovani intervistati (47%) dichiara che qualcuno ha fumato in casa in sua presenza.
Monaldi al top, 2 trapianti di cuore in 10 giorni
News PresaDue trapianti di cuore in 10 giorni all’Ospedale Monaldi di Napoli, grazie ai quali una donna di 55 anni e ragazza di 17 sono tornate a vivere. La giovane, di soli 17 anni, era da oltre due anni in attesa di un cuore per un severo scompenso cardiaco che ha richiesto, negli anni, diversi ricoveri. Un percorso di cura lungo che è culminato nel desiderato annuncio: c’è un organo compatibile.
VERSO NAPOLI
Quanto alla 55enne, è stata trasferita in emergenza al Monaldi di Napoli dall’ospedale di Cosenza. Per lei l’unica strada da percorrere era quella di affidarsi a un centro altamente specializzato e in grado di assicurare le migliori cure possibili: un trapianto di cuore o, qualora non fosse giunto in tempo un organo compatibile, l’impianto di una assistenza meccanica del circolo. Due storie diverse che, grazie ad un atto di generosità incondizionata, quale la donazione di organi, hanno un comune lieto fine: entrambe hanno ora una nuova vita avanti grazie ai dottori Andrea Petraio e Claudio Marra, nonché a tutto il personale delle Unità operative semplici dipartimentali di Assistenza Meccanica al Circolo e dei Trapianti nei pazienti adolescenti e di Cardiochirurgia generale e dei Trapianti, che afferiscono al Centro unico trapianti di cuore dell’Ospedale Monaldi, che fa parte del dipartimento di Cardiochirurgia e dei Trapianti, diretto dalla professoressa Marisa De Feo, professore ordinario dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”.
CULTURA DELLA DONAZIONE
«Promuoviamo la cultura della donazione di organi, un gesto di amore incondizionato che tutti possono compiere e che aiuta a salvare vite» dichiara Anna Iervolino, direttore generale dell’Azienda Ospedaliera dei Colli. L’Ospedale Monaldi è punto di riferimento non solo della regione Campania, ma anche delle regioni limitrofe, come la Calabria, che non hanno un Centro trapianti di cuore. La nostra priorità è quella di garantire a tutti i pazienti la migliore assistenza possibile. Ascoltando la voce dei nostri pazienti, abbiamo definito i percorsi aziendali per la gestione delle emergenze e urgenze dei pazienti trapiantati di cuore, in attesa di trapianto o portatori di assistenze meccaniche al circolo, al fine di rendere più veloce l’accesso ai reparti di cura dei pazienti già seguiti presso il nostro ospedale, in una logica di miglioramento continuo» conclude.