Tempo di lettura: 3 minutiI bisfenoli si trovano un po’ ovunque: dai contenitori in plastica per l’infanzia, alle lattine, fino all’abbigliamento. Sono considerati nocivi per l’uomo e per l’ambiente e ritenuti sicuri solo in minima quantità.
Tuttavia un’inchiesta appena diffusa da Altroconsumo dimostra che le misure presenti in Europa non riescono comunque a scongiurare il rischio di un’esposizione eccessiva. La preoccupazione riguarda soprattutto i consumatori più vulnerabili e indifesi, come i bambini.
Quali rischi
I bisfenoli sono un gruppo di composti chimici molto usati nei materiali plastici. Si trovano anche nelle resine che proteggono gli oggetti, nel pellame e nella carta termica usata per gli scontrini. Sono nocivi in quanto interferenti endocrini, cioè sostanze che interagiscono con il sistema ormonale dell’organismo umano. Tra i bisfenoli, il più conosciuto è il bisfenolo A (o Bpa). Questi composti, sottolinea l’Associazione Italiana Consumatori, dovrebbero essere limitati, o in alcuni casi proprio vietati, nei prodotti per l’infanzia e nei materiali a contatto con il cibo.
Bisfenoli, dove si trovano. L’inchiesta europea
Altroconsumo, insieme ad altre organizzazioni di consumatori europee, ha portato in laboratorio decine di prodotti di uso comune, moltissimi destinati all’infanzia. “Dagli occhiali da sole per bambini ai massaggiagengive, più del 60% dei prodotti in plastica che abbiamo analizzato rilascia da uno a sei tipi di bisfenolo diversi, compreso il famigerato Bpa, – sottolinea Altroconsumo.
In tutto sono stati analizzati 179 campioni suddivisi per diverse categorie, molti destinati ai bambini. Tra i tessili erano presenti: copertine, calzamaglie, bavaglini e scarpine da bebè. Sono stati analizzati oggetti di plastica come borracce, massaggiagengive per la dentizione dei bebè e occhiali da sole per i più piccoli. Inoltre sono stati inclusi alimenti e bevande contenuti in latte di ferro rivestite e lattine in alluminio. Dai risultati emerge che ben 79 (il 44%) contengono bisfenoli considerati preoccupanti, o rilasciano una o più di queste sostanze in quantità elevata attraverso l’uso, ad esempio a contatto con la bocca o la pelle degli utilizzatori.
L’associazione sottolinea che non si tratta di prodotti fuori legge. In tutti i casi questi sono conformi alle normative vigenti, quindi non comportano un rischio imminente per la salute. Desta preoccupazione, tuttavia, l’esposizione nel lungo periodo. In sostanza c’è da capire quanto è alto il rischio di esporsi eccessivamente ai bisfenoli, usando ogni giorno oggetti in plastica, abbigliamento sintetico e alimenti nei contenitori.
In particolare, l’alimentazione è la fonte principale di esposizione ai bisfenoli. Sono molto presenti negli alimenti in conserva e le bibite in lattina (si trovavano in tutti i contenitori analizzati). Il 64% dei tessili contiene almeno tre tipi di bisfenolo diversi e nel 14% dei casi la presenza di Bpa supera il limite considerato sicuro dal Comitato scientifico europeo per la sicurezza dei consumatori.
La normativa
L’Ue ha adottato diversi regolamenti sull’uso dei bisfenoli nei prodotti di consumo, in particolare per il Bpa, bisfenolo su cui ci sono più dati di tossicità. Infatti, l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa) lo ha classificato come sostanza estremamente preoccupante (Svhc) per via della sua capacità di interferire con il sistema ormonale.
L’uso del Bpa, in base al regolamento Reach (registrazione, valutazione, autorizzazione e restrizione delle sostanze chimiche) è sempre soggetto ad autorizzazione. Nel 2011, ad esempio, il Bpa è stato vietato nella produzione di biberon e nel 2016 la Commissione europea lo ha limitato nella carta termica usata per gli scontrini fiscali. Tuttavia l’uso di altri bisfenoli, come Bps e Bpf, non è oggi limitato dal diritto della Ue, anche se la tossicità di queste sostanze è molto simile ed è in fase di revisione da parte dell’Agenzia europea per le sostanze chimiche.
Nel 2021, l’Echa ha proposto una restrizione all’uso di Bpa, Bps e altri bisfenoli nella carta termica, nonché in alcuni tipi di prodotti di consumo, come i materiali a contatto con gli alimenti e i dispositivi medici, ma la proposta è ancora al vaglio della Commissione europea.
Come proteggersi dai bisfenoli
Per limitare l’esposizione al bisfenolo A, agli altri bisfenoli e più in generale ai plastificanti, gli esperti dell’Istituto Superiore di Sanità.
Il primo è quello di consumare i pasti limitando la plastica, preferire il vetro, la ceramica o l’acciaio inossidabile. Limitare il consumo di acqua confezionata in bottiglie di plastica e limitare l’uso di pellicola per alimenti e comunque utilizzare quella idonea al contatto.
Non scaldare mai gli alimenti al microonde con contenitori di plastica non adatta. Quando si tratta di bambini molto piccoli, i giochi in plastica rappresentano un rischio e andrebbe controllato che vengano messi in bocca. Il consiglio di ridurre il tempo trascorso con giochi in plastica, inclusi i giochi elettronici, vale anche per i più grandi.
Per quanto riguarda l’abbigliamento, sono preferibili indumenti realizzati con fibre naturali, come cotone, lana o seta, questi indumenti hanno meno probabilità di contenere sostanze nocive.
Le ricercatrici premiate nel “Top Italian Women Scientists”
Eventi d'interesse, News Presa, Ricerca innovazioneSono 76 le ricercatrici premiate nel “Top Italian Women Scientists”. Il Club promosso da Fondazione Onda riunisce le ricercatrici italiane altamente citate in campo biomedico, delle scienze cliniche e delle neuroscienze.
Le scienziate sono state premiate a Palazzo Pirelli a Milano, nel corso di un incontro organizzato in collaborazione con Regione Lombardia. Durante l’evento si è parlato di disuguaglianze di genere nell’accesso alle terapie farmacologiche, impatto delle malattie infettive nel quotidiano, malattia renale cronica, unitamente a un’analisi dell’impegno delle ricercatrici donne per progredire nella carriera.
Al Club hanno aderito un ampio numero di ricercatrici italiane impegnate nel campo della biomedica, delle scienze cliniche e delle neuroscienze, recensite nella classifica dei Top Italian Scientists (TIS) di Via-Academy. Si tratta di un censimento degli scienziati italiani di maggior impatto in tutto il mondo, misurato con il valore di H-index, l’indicatore che racchiude sia la produttività sia l’impatto scientifico del ricercatore, nonché la sua continuità nel tempo e che si basa sul numero di citazioni per ogni pubblicazione. Per il Club sono state selezionate le ricercatrici con H-index pari o superiore a 50.
«Fare rete nel mondo della ricerca scientifica e promuovere la ricerca delle donne è uno degli obiettivi che Fondazione Onda ha maggiormente a cuore», commenta Francesca Merzagora, Presidente Fondazione Onda, Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere. «Per questo lavora attivamente per far avvicinare a questo mondo le giovani ricercatrici, anche attraverso eventi scientifici, concorsi e bandi di ricerca che contribuiscono a creare una rete di professioniste che si contraddistinguono per un’alta produttività scientifica e soprattutto per un’alta capacità di fare opinione, nella prospettiva di nuove riflessioni ed azioni che possano avere effetti positivi per la salute della donna e di genere. Ed è proprio in memoria di una di queste donne brillanti che è dedicato questo incontro; la Professoressa Rossella Silvestrini, scomparsa il 5 gennaio 2023, è stata una studiosa di fama internazionale che ha dedicato la propria vita allo sviluppo della terapia contro i tumori e alla ricerca traslazionale».
«Grazie al prezioso lavoro e al quotidiano impegno della Fondazione Onda. Con grande capacità di visione, avete colto l’esigenza di promuovere un approccio alla salute orientato al genere, con particolare attenzione a quella femminile. Attraverso la collaborazione della rete di ospedali premiati con i Bollini Rosa – per l’attenzione riservata alla salute femminile – avete dimostrato di saper dialogare con le istituzioni centrali e regionali.
La vostra scelta di lavorare in rete è il modello di riferimento con il quale sto improntando il mio operato – solo insieme si possono raggiungere traguardi importanti. Bene, dunque, il coinvolgimento delle società scientifiche, delle associazioni di pazienti e dei media. Personalmente, sulla scorta del mio percorso professionale di ricercatrice biomedica, esprimo profonda ammirazione per queste 76 ricercatrici, vera eccellenza femminile e scientifica. Vi siete distinte contribuendo all’avanzamento delle conoscenze in campo biomedico, nelle scienze cliniche e nelle neuroscienze. Vi siete distinte per competenza e passione. Vi meritate questo premio. E vi meritate di essere premiate negli spazi istituzionali di Regione Lombardia perché la nostra Regione è orgogliosa di voi», dichiara Elena Lucchini, Assessore alla Famiglia, Solidarietà Sociale, Disabilità e Pari Opportunità.
«Quando con Onda abbiamo preso l’iniziativa di fondare il Club delle Top Scientists donne, ci siamo rese conto dell’importanza di dare una mano a creare una rete delle eccellenze femminili in campo biomedico, anche per aumentarne visibilità e forza. Se si considerano i dati relativi alle posizioni apicali è ancora una minoranza quella delle donne che rivestono il ruolo di direttori di Istituti di ricerca e di Dipartimento.
Alcune istituzioni però hanno dato particolare rilievo e opportunità di carriera alle loro ricercatrici e ne parliamo, anche con EWMD (European Women’s Management Development), nel corso della cerimonia, come esempio virtuoso», commenta Adriana Albini, Presidente Club TIWS di Fondazione Onda, Collaboratrice Scientifica IRCCS IEO-Istituto Europeo di Oncologia, Milano
«Siamo felici di continuare quella che è diventata una tradizione: riconoscere il merito delle ricercatrici che si sono distinte per un alto H-index. Premiare il valore delle donne e il loro impatto nel mondo della ricerca è fondamentale per dare un segnale positivo alle giovani donne che vogliono intraprendere questa carriera», dice Sonia Levi, Co-Presidente Club TIWS di Fondazione Onda, Professore ordinario in Biologia Applicata, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università Vita e Salute S. Raffaele, Milano.
«Le ricercatrici sono penalizzate in campo medico perché, pur essendo in maggioranza, occupano minori posizioni apicali, hanno meno primi o ultimi nomi negli articoli, ricevono globalmente meno fondi per la ricerca. Devono far sentire la loro voce anche perché le donne abbiano una terapia che non sia basata solo sui risultati ottenuti nei maschi», conclude Silvio Garattini, Fondatore e Presidente, Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS, Milano.
Fibromialgia: i sintomi, la diagnosi e le cure
Benessere, Medicina Sociale, PsicologiaSi tratta di una patologia reumatologica spesso invalidante. Provoca un dolore muscoloscheletrico diffuso. Secondo i dati colpisce 3-4 milioni di persone, in maggioranza giovani donne. Eppure, in Italia la fibromialgia non è ancora riconosciuta e ci voglio molti anni per arrivare ad avere una diagnosi. Ne soffrono anche alcune star famose, come Lady Gaga, tanto da essere stata costretta ad annullare i suoi concerti. Oggi ricorre la Giornata Mondiale della fibromialgia e le associazioni di pazienti lanciano un appello alle istituzioni, affinché la malattia venga inserita nei Lea, i Livelli essenziali di assistenza garantiti dal Servizio sanitario nazionale
La fibromialgia, sintomi e diagnosi
Si tratta di una condizione ancora difficile da diagnosticare. I principali sintomi sono: dolore muscolo-scheletrico diffuso, stanchezza cronica, difficoltà a dormire, a concentrarsi e deficit della memoria. Questi sintomi possono sommarsi ad altri disturbi, come: rigidità, cefalea, disturbi digestivi, svogliatezza, formicolii, depressione e disturbi dell’umore.
In assenza di biomarcatori specifici la diagnosi si basa sul dolore diffuso e cronico quando si palpa o si esercita una pressione col dito su alcuni punti del corpo chiamati tender points. La sintomatologia può variare moltissimo tra un paziente e l’altro e questo rende la diagnosi ancora più difficile.
La cura
Ad oggi non c’è una cura risolutiva per la fibromialgia e non si conosce neanche la sua origine. Tuttavia si può convivere con la malattia e attenuare i sintomi. In generale può richiedere l’assistenza di un team multidisciplinare: reumatologo, psicologo, fisioterapista, algologo, nutrizionista.
Attualmente esistono in Italia oltre quaranta Centri specializzati nella sindrome fibromialgica che aderiscono al Registro nazionale della fibromialgia. I pazienti attendono da anni che la malattia sia inserita nei Livelli essenziali di assistenza con le relative prestazioni appropriate per il monitoraggio della malattia in regime di esenzione.
Il Comitato Fibromialgici Uniti – CFU Italia si è fatto promotore di una proposta di legge in Parlamento. Inoltre, in occasione della giornata è stata riproposta l’iniziativa «Non più inVISibili» promossa da Aisf. In tutta Italia s’illuminano di viola (colore della fibromialgia) piazze, edifici, monumenti , con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sulle condizioni dei pazienti con fibromialgia.
Ricette elettroniche, da ora cambia tutto
Economia sanitaria, Farmaceutica, News PresaLa decisione di rendere definitivo l’impiego della ricetta elettronica è stata presa. Manca solo un passaggio alle Camere, ma dovrebbe trattarsi solo di una formalità. Trattandosi di un tema che incide sulla vita di milioni di assistiti, abbiamo deciso di elencare quelle che sono le principali novità, molte delle quali promettono di semplificare, non di poco, la nostra vita.
I CAMBIAMENTI
Stando alla bozza del testo che dovrà essere definitivamente approvato, come prima misura c’è, come detto, quella che riguarda le ricette dei farmaci, che diventano tutte digitali, anche nel caso di terapie non rimborsate dal SSN. Ben più importante, però è la scelta che riguarda i pazienti cronici, per i quali è prevista la possibilità che il medico, in un’unica ricetta, indichi posologia e confezioni dispensabili al massimo per 12 mesi (sospendibile dallo stesso curante). Soprattutto, si introduce la ripetibilità illimitata delle prescrizioni fatte a pazienti cronici e con patologie invalidanti. Questo significherà non dover tonare in continuazione dal medico di famiglia.
LE CARENZE
In questo contesto emerge però un quadro di carenze drammatiche rilevate dall’Agenas, che ben disegna la penuria di medici di medicina generale su tutto il territorio. Un problema che dovrà essere affrontato al più presto, perché si corre il rischio che molti citta dini restino privi del medico di famiglia. Stando al rapporto, nel 2021 risultavano in attività 40.250 medici di medicina generale (in calo di 1.457 unità rispetto al 2020), di questi circa il 75% con oltre 27 anni di anzianità. Sempre nel 2021, il rapporto tra cittadini assistibili e medici di medicina generale risultava pari a 1.237, in calo di una unità (1.238) rispetto al 2020. Mentre il rapporto tra medici di medicina generale e cittadini per 10.000 abitanti, a livello nazionale, era di 6,81. A livello europeo, nel 2020, il maggior numero di medici di medicina generale è stato registrato in Francia (94.000), seguita dalla Germania (85.000), mentre il Portogallo (medici abilitati all’esercizio della professione) e l’Irlanda hanno riportato il maggior numero di medici di medicina generale per 10.000 abitanti (rispettivamente 29,2 e 18,8)
Digiuno intermittente. Esperti: giovani a rischio disturbi
Alimentazione, Nuove tendenze, Prevenzione, PsicologiaLa dieta del digiuno intermittente e altre tendenze dettate dalla moda rischiano di aggravare i disturbi del comportamento alimentare. Questi ultimi rappresentano un’emergenza in crescita. In Italia, infatti, secondo gli ultimi dati ne soffrono oltre 3 milioni di persone, si tratta soprattutto di giovanissimi. I tre disordini alimentari più diffusi sono: anoressia, bulimia e binge eating. Tutti insieme sono la seconda causa di morte degli adolescenti dopo gli incidenti stradali.
A mettere in guardia dalle mode pericolose sono quattro direttori del Corso di Laurea in Medicina dell’Università di Padova, che il 22 maggio presenteranno a 800 studenti delle scuole superiori di città e provincia la “Carta di Padova per la salute dei giovani”.
Gli esperti sottolineano “il combinarsi di un’enfasi mal posta, e soprattutto mal raccontata, sulla necessità di evitare l’obesità e quindi di adottare diete quanto mai varie, a una crescente attitudine narcisistica della nostra società e a un concetto di bellezza il più delle volte ideale, slegato dalla realtà“. In particolare, la tendenza del “digiuno intermittente è associato in modo scientificamente significativo, specie nelle giovani donne, a disturbi psicopatologici alimentari”.
Questo insieme di aspetti “sta favorendo elaborazioni pericolose e distorte del concetto del mangiare. La conseguenza è appunto un costante aumento dei disturbi alimentari negli adolescenti, in particolare di disturbi anoressici potenzialmente molto gravi”.
A condividere il documento, pubblicato sulla rivista internazionale “Frontiers in Pediatrics“, sono Eugenio Baraldi, direttore del Dipartimento Salute Donna e Bambino, Liviana Da Dalt, del Dipartimento didattico Salute Donna e Bambino, Michela Gatta, di Neuropsichiatria Infantile e Giorgio Perilongo, Direttore della Clinica Pediatrica.
Gli esperti sono impegnati in una campagna per “l’adozione da parte dei giovani di sani stili di vita quale elemento fondamentale per impostare e fondare traiettorie di salute le più durature possibili. Solo facendo leva sul ‘bello’, su ciò che è vero, naturale, divertente e solare, si riesce a educare i bambini, gli adolescenti e i giovani adulti ad adottare sani stili di vita”. E “tra le cose belle, vere, naturali, divertenti e solari – precisano – ci sono anche un’alimentazione sana e il mangiare insieme in famiglia”.
Vitamina D, a rischio con le diete fai da te
Alimentazione, News PresaCon l’arrivo della bella stagione sono in molti a correre ai ripari con diete fai da te o da rivista. Benché il desiderio di arrivare pronti alla prova costume sia comprensibile, bisogna stare attenti a non privare l’organismo di nutrienti importanti. Tra i più a rischio, quando non ci si affida alle mani di un esperto, c’è la vitamina D. Un bel problema, visto che proprio la vitamina D è la migliore alleata delle ossa e ha molte proprietà nascoste.
CARENZE PATOLOGIE
Alla base di una carenza di vitamina D possono anche esserci problemi patologici. Malattie come la celiachia, la fibrosi cistica e il morbo di Crohn. Ma anche, l’obesità, malattie renali, insufficienza epatica o l’uso di farmaci anticonvulsivanti e il tabagismo possono determinare una carenza cronica di vitamina D. In questi casi i rischi per la salute sono concreti. La vitamina D serve gioca un ruolo cruciale per il metabolismo dell’osso, ma anche per quello muscolare, nella risposta immunitaria e nella riduzione del rischio oncologico.
LE SUE PROPRIETÀ
Ma quali sono le proprietà di questa alleata della salute? Di certo protegge le ossa, attenuando il rischio di osteopenia ed osteoporosi, soprattutto se coadiuvata da un’adeguata attività fisica e una dieta ricca di calcio, magnesio e vitamina K. Protegge la salute dei muscoli e potenzia il sistema immunitario, prevenendo infezioni respiratorie, malattie infiammatorie, autoimmuni e cardiovascolari, riducendo il diabete e l’ipertensione. Recenti studi dicono che la vitamina D sia coinvolta in importanti meccanismi di protezione verso malattie croniche extra-scheletriche, come vari tipi di tumore (mammella e colon) e diabete. Esprime, inoltre, un’azione protettiva e rigenerativa sul sistema nervoso, aiuta lo sviluppo cerebrale fetale sin dal concepimento e dopo la nascita protegge la qualità del sonno, aiuta a modulare l’umore e riduce il rischio di Alzheimer e Parkinson (spesso associati all’osteoporosi). Può infine avere benefici sul miglioramento della qualità e dello sviluppo follicolare in donne affette dalla sindrome dell’ovaio policistico.
SINTOMI DI UNA CARENZA
La carenza di vitamina D può manifestarsi con dolori articolari, debolezza muscolare, fascicolazione muscolare, ossa fragili, depressione nel tono dell’umore e stanchezza mentale. In questi casi il rischio è che si possano avere problemi alle ossa, contribuendo allo sviluppo di malattie come il rachitismo, nei bambini, e l’osteomalacia e l’osteoporosi, negli adulti. In gravidanza, inoltre, la carenza di vitamina D è associata all’aumentato del rischio di vaginosi batteriche e outcome ostetrici e perinatali sfavorevoli, quali diabete mellito gestazionale, preeclampsia (o gestosi) e ritardo di crescita fetale. Quindi, occhio con le diete fai da te e agli integratori per dimagrire, in caso di qualche campanello d’allarme, meglio affidarsi ad uno specialista per un’analisi accurata.
Hiv, quarant’anni fa il primo caso
News Presa, PrevenzioneQuarant’anni fa, il 20 maggio del 1983, sulle pagine di Science si parlava per la prima volta di Hiv. In particolare, i ricercatori dell’Istituto Pasteur di Parigi descrivevano “un retrovirus appartenente alla famiglia dei virus della leucemia umana a cellule T”. Il virus, si leggeva, è stato isolato da un paziente caucasico con segni e sintomi che spesso precedono la sindrome da immunodeficienza acquisita (Aids). Tra gli autori della scoperta figuravano anche i futuri premi Nobel Françoise Barré–Sinoussi e Luc Montagnier.
LA PRIMA VOLTA
Negli anni ’80, le autorità sanitarie americane iniziarono a segnalare un aumento inspiegabile di polmonite tra giovani omosessuali. Gli scienziati avanzarono diverse ipotesi sulle cause, ma solo nel 1982 ci si iniziò a convincere di un’origine virale. Alcuni focolai di malattia negli USA e casi di trasmissione da madre a figlio sembravano confermare questa teoria. Identificare il virus non fu cosa semplice e nell’83, come detto, fu l’Istituto Pasteur a fare un passo determinante. L’anno successivo, Robert Gallo del National Cancer Institute isolò un virus chiamato “virus umano della leucemia a cellule T di tipo III”. Nel 1986, il virus fu ufficialmente chiamato Human immunodeficiency virus, da cui l’acronimo Hiv.
IL PAZIENTE DI BERLINO
Se la notizia del paziente zero è rimasta nella storia, quella del paziente di Berlino (il primo ad essere guarito) ha segnato una nuova era nella lotta al virus. L’uomo, Timothy Ray Brown, è stato il primo a guarire dalla malattia. Ma oggi siamo ben oltre, l’ultimo caso confermato di guarigione riguarda un uomo tedesco di 53 anni sieropositivo e affetto da leucemia mieloide acuta che, per motivi di privacy, è stato soprannominato “il paziente di Dusseldorf.
LE CURE
Oggi, a differenza del passato, è possibile cronicizzare l’infezione da Hiv usando farmaci che possono essere assunti facilmente a casa. Chi contrae il virus può condurre una vita pressocché normale e può avere figli senza preoccuparsi di infettare il partener o trasmettere l’infezione al nascituro. Attualmente sono in sperimentazione nuove classi di farmaci mirati a stimolare e supportare il sistema immunitario, piuttosto che a una diretta azione antivirale. Accanto ai farmaci, sono in corso da vari anni anche molti studi per mettere a punto un vaccino che possa prevenire l’infezione tra gli Hiv negativi, o possa migliorare il decorso della malattia in chi è già infetto. Scenari che sino a qualche anno fa erano impensabili, ma che ora promettono di salvare centinaia di migliaia di vite.
Bisfenoli interferiscono con sistema ormonale. Rischi e come evitarli
Alimentazione, Bambini, PrevenzioneI bisfenoli si trovano un po’ ovunque: dai contenitori in plastica per l’infanzia, alle lattine, fino all’abbigliamento. Sono considerati nocivi per l’uomo e per l’ambiente e ritenuti sicuri solo in minima quantità.
Tuttavia un’inchiesta appena diffusa da Altroconsumo dimostra che le misure presenti in Europa non riescono comunque a scongiurare il rischio di un’esposizione eccessiva. La preoccupazione riguarda soprattutto i consumatori più vulnerabili e indifesi, come i bambini.
Quali rischi
I bisfenoli sono un gruppo di composti chimici molto usati nei materiali plastici. Si trovano anche nelle resine che proteggono gli oggetti, nel pellame e nella carta termica usata per gli scontrini. Sono nocivi in quanto interferenti endocrini, cioè sostanze che interagiscono con il sistema ormonale dell’organismo umano. Tra i bisfenoli, il più conosciuto è il bisfenolo A (o Bpa). Questi composti, sottolinea l’Associazione Italiana Consumatori, dovrebbero essere limitati, o in alcuni casi proprio vietati, nei prodotti per l’infanzia e nei materiali a contatto con il cibo.
Bisfenoli, dove si trovano. L’inchiesta europea
Altroconsumo, insieme ad altre organizzazioni di consumatori europee, ha portato in laboratorio decine di prodotti di uso comune, moltissimi destinati all’infanzia. “Dagli occhiali da sole per bambini ai massaggiagengive, più del 60% dei prodotti in plastica che abbiamo analizzato rilascia da uno a sei tipi di bisfenolo diversi, compreso il famigerato Bpa, – sottolinea Altroconsumo.
In tutto sono stati analizzati 179 campioni suddivisi per diverse categorie, molti destinati ai bambini. Tra i tessili erano presenti: copertine, calzamaglie, bavaglini e scarpine da bebè. Sono stati analizzati oggetti di plastica come borracce, massaggiagengive per la dentizione dei bebè e occhiali da sole per i più piccoli. Inoltre sono stati inclusi alimenti e bevande contenuti in latte di ferro rivestite e lattine in alluminio. Dai risultati emerge che ben 79 (il 44%) contengono bisfenoli considerati preoccupanti, o rilasciano una o più di queste sostanze in quantità elevata attraverso l’uso, ad esempio a contatto con la bocca o la pelle degli utilizzatori.
L’associazione sottolinea che non si tratta di prodotti fuori legge. In tutti i casi questi sono conformi alle normative vigenti, quindi non comportano un rischio imminente per la salute. Desta preoccupazione, tuttavia, l’esposizione nel lungo periodo. In sostanza c’è da capire quanto è alto il rischio di esporsi eccessivamente ai bisfenoli, usando ogni giorno oggetti in plastica, abbigliamento sintetico e alimenti nei contenitori.
In particolare, l’alimentazione è la fonte principale di esposizione ai bisfenoli. Sono molto presenti negli alimenti in conserva e le bibite in lattina (si trovavano in tutti i contenitori analizzati). Il 64% dei tessili contiene almeno tre tipi di bisfenolo diversi e nel 14% dei casi la presenza di Bpa supera il limite considerato sicuro dal Comitato scientifico europeo per la sicurezza dei consumatori.
La normativa
L’Ue ha adottato diversi regolamenti sull’uso dei bisfenoli nei prodotti di consumo, in particolare per il Bpa, bisfenolo su cui ci sono più dati di tossicità. Infatti, l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa) lo ha classificato come sostanza estremamente preoccupante (Svhc) per via della sua capacità di interferire con il sistema ormonale.
L’uso del Bpa, in base al regolamento Reach (registrazione, valutazione, autorizzazione e restrizione delle sostanze chimiche) è sempre soggetto ad autorizzazione. Nel 2011, ad esempio, il Bpa è stato vietato nella produzione di biberon e nel 2016 la Commissione europea lo ha limitato nella carta termica usata per gli scontrini fiscali. Tuttavia l’uso di altri bisfenoli, come Bps e Bpf, non è oggi limitato dal diritto della Ue, anche se la tossicità di queste sostanze è molto simile ed è in fase di revisione da parte dell’Agenzia europea per le sostanze chimiche.
Nel 2021, l’Echa ha proposto una restrizione all’uso di Bpa, Bps e altri bisfenoli nella carta termica, nonché in alcuni tipi di prodotti di consumo, come i materiali a contatto con gli alimenti e i dispositivi medici, ma la proposta è ancora al vaglio della Commissione europea.
Come proteggersi dai bisfenoli
Per limitare l’esposizione al bisfenolo A, agli altri bisfenoli e più in generale ai plastificanti, gli esperti dell’Istituto Superiore di Sanità.
Il primo è quello di consumare i pasti limitando la plastica, preferire il vetro, la ceramica o l’acciaio inossidabile. Limitare il consumo di acqua confezionata in bottiglie di plastica e limitare l’uso di pellicola per alimenti e comunque utilizzare quella idonea al contatto.
Non scaldare mai gli alimenti al microonde con contenitori di plastica non adatta. Quando si tratta di bambini molto piccoli, i giochi in plastica rappresentano un rischio e andrebbe controllato che vengano messi in bocca. Il consiglio di ridurre il tempo trascorso con giochi in plastica, inclusi i giochi elettronici, vale anche per i più grandi.
Per quanto riguarda l’abbigliamento, sono preferibili indumenti realizzati con fibre naturali, come cotone, lana o seta, questi indumenti hanno meno probabilità di contenere sostanze nocive.
Mammografia, in Usa si abbassa a 40 anni l’età per iniziare
News Presa, PrevenzioneNegli Usa l’età per iniziare la mammografia si abbassa, passando da 50 anni a 40 anni. La decisione è frutto di una revisione a seguito dell’aumento di diagnosi di cancro nelle fasce più giovani.
Da oggi quindi le donne sono spinte a sottoporsi alla mammografia prima, aumentando i livelli di prevenzione.
La mammografia
I dati del Report I numeri del cancro in Italia 2022 confermano che il tumore della mammella è la neoplasia più frequente nelle donne. Il Rapporto stima, per l’anno 2022, 55.700 nuove diagnosi di tumore nelle donne, con un incremento dello 0,5% rispetto al 2020.
La mammografia è un esame fondamentale per la diagnosi precoce del tumore della mammella. È in grado di individuare anche lesioni di piccole dimensioni, consentendo di intervenire in uno stadio iniziale della malattia.
Negli ultimi anni è stato osservato un aumento delle diagnosi di cancro al seno tra le donne più giovani. Ciò ha portato alla revisione delle linee guida americane. La US Preventive Services Task Force ha sottolineato che l’indicazione è indirizzata alle donne di tutte le origini razziali ed etniche a rischio medio di tumore al seno.
Nel 2009 la task force aveva invece alzato dai 40 ai 50 anni l’età. La decisione all’epoca era stata presa dai ricercatori per via della preoccupazione che lo screening precoce potesse portare a trattamenti non necessari, recando quindi un danno.
Psicologo a scuola, l’86% degli italiani lo vorrebbe
News PresaL’86 per cento degli italiani vorrebbe che a scuola ci fosse lo psicologo. Un plebiscito quello che emerge da un’indagine realizzata dall’Istituto Piepoli per il Consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi (Cnop) su un campione rappresentativo della popolazione italiana.
OLTRE LO STIGMA
Se fino a qualche anno fa in molti si vergognavano ad ammettere di essere in cura da uno psicologo, fortunatamente oggi le cose stanno cambiando. Così, sono ormai moltissimi i genitori che considerano lo psicologo una figura “utile” da introdurre all’interno dei nostri istituti. Tema non di oggi ma, oggi più che mai, ansia, depressione, disturbi dell’alimentazione e problemi legati al bullismo stanno diventando un problema enorme. Qualcosa da affrontare con competenza, liberandoci da ogni forma di preconcetto e di pregiudizio.
GLI ORDINI PROFESSIONALI
Di recente il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, annunciando l’arrivo nelle scuole superiori di tutor formati con 20 ore di lezioni in psicologia e pedagogia per dare sostegno agli studenti, ha detto che «si sta discutendo della possibilità di introdurre lo psicologo nelle scuole». Da tempo il Cnop rimarca la necessità di questa figura, sottolineando che «tutto il mondo della scuola chiede una presenza qualificata di psicologi per la promozione delle risorse dei ragazzi, per l’ascolto e la prevenzione, per supportare il personale scolastico».
IN CRESCITA
Anche se i dati sono spesso carenti, gli ultimi disponibili parlano di un tasso di giovanissimi che hanno riferito sintomi depressivi in aumentato del 52% negli adolescenti (passando dall’8,7% al 13,2% dei teenager) e del 63% tra i giovani adulti di 18-25 anni (passando dall’8,1% al 13,2%). C’è stato anche un aumento del 71% dei giovani adulti che hanno lamentato forte stress (dal 7,7 al 13,1%) e del 43% del tasso di giovani che hanno dichiarato di pensare al suicidio (dal 7 al 10,3% dei giovani). Numeri che non lasciano dubbi sull’esigenza di operare un cambio di passo e che ben spiegano il desiderio dei genitori ad avere gli psicologi nelle scuole.
Cosa sono e come si affrontano i disturbi del neurosviluppo
Bambini, Genitorialità, Medicina Sociale, Pediatria, PrevenzioneSempre più spesso, soprattutto da genitori, si sente parlare di disturbi del neurosviluppo. Diagnosi che a volte confondono e lasciano spaesati, perché riferite ad un mondo del quale si parla, e sino ad oggi si è parlato, ancora poco. Proprio per questo, il network editoriale PreSa Prevenzione e Salute ha deciso di intervistare la professoressa Carmela Bravaccio, tra le maggiori esperte in materia e responsabile della Unità operativa semplice dipartimentale di Neuropsichiatria infantile della A.O.U. Federico II.
Professoressa Bravaccio, a cosa ci si riferisce quando si parla di neurosviluppo?
Si tratta di un processo di crescita che riguarda tutte le strutture del cervello, da 0 a 18 anni. È ciò che permette a ciascun individuo di avere uno sviluppo armonioso sotto il profilo motorio, cognitivo, comunicativo, emotivo-relazionale e sociale.
Può spiegarci quali sono i disturbi del neurosviluppo?
Carmela Bravaccio
Sono diversi e, semplificando, bisogna considerare come disturbi del neurosviluppo tutti quei disturbi che comportano una non armonia dello sviluppo delle aree cerebrali, con manifestazioni molto diverse tra loro per tipologia, decorso e prognosi. Si pensi a disturbi dello spettro autistico, del linguaggio e dell’apprendimento o dell’attenzione, malattie neurologiche come le paralisi cerebrali infantili, epilessia che è molto frequente in età evolutiva, disturbi del comportamento alimentare. Ancora, tra gli altri, di schizofrenia e disturbi dell’umore come la depressione, che possono manifestarsi nella fase dell’adolescenza, ma che hanno spesso segni premonitori fin dall’età scolare.
I dati descrivono un aumento delle diagnosi, può dirci in che percentuale e quali sono le cause?
Oggi in Italia sono circa 2.000.000 i bambini e i ragazzi affetti da un disturbo del neurosviluppo o da un disturbo neuropsichico, circa il 20% di quanti sono nella fascia da 0 a 18 anni. L’aumento è certamente anche legato ad una maggiore attenzione alla diagnosi precoce, ma il fenomeno resta di proporzione enormi. Alcuni di questi disturbi sono anche stati slatentizzati dai vari lock-down legati alla pandemia.
Molti genitori vivono il senso di colpa per questi problemi che rendono difficile la vita ai figli, quali sono le cause dei disturbi del neurosviluppo?
Fattori di rischio genetici, neurobiologici e ambientali possono interferire con il processo del neurosviluppo, compromettendo le reti neurali che sottendono alla maturazione delle funzioni adattive, motorie, comunicative, di apprendimento, alle emozioni e al comportamento. Bisogna insomma considerare che le cause sono multifattoriali, non abbiamo un marcatore genetico. Alle mamme e ai papà dobbiamo dire di essere forti e di affrontare il problema guardando alle esigenze del bambino. Bisogna dare a questi bambini delle regole e delle impronte da seguire che, ovviamente, devono essere adatte alle loro caratteristiche. Per questo la presa in carico deve riguardare la famiglia, solo così si può aiutare il quotidiano del bambino.
Spesso è complesso arrivare ad una presa in carico, qual è il percorso giusto da seguire?
Il primo concetto importante è quello della prevenzione. Qualsiasi campanello d’allarme dovesse presentarsi non bisogna avere alcuna remora a parlarne con il pediatra, così si può comprendere precocemente se ci si trova in un momento di paralisi educativa o se invece c’è un sintomo di un disturbo, seppur lieve. La presa in carico dovrebbe essere fatta dalle neuropsichiatrie dei servizi del territorio. In molte regioni, Campania in testa, si sta cercando di lavorare sull’abbattimento delle liste d’attesa. Anche il PNRR potrà essere utile per questo.
In merito all’assistenza, la situazione è omogenea o ci sono differenze da regione a regione?
Direi che è omogenea. Anche in regioni considerate “virtuose” ci siamo resi conto che esistono nell’ambito della neuropsichiatria problmeatiche comuni. L’obiettivo è lavorare per fare in modo che le famiglie possano trovare risposte efficaci sul territorio, ma anche informare e far conoscere la problematica.
Proprio per accendere un faro su questi temi, giovedì 11 maggio la Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza SINPIA ha deciso di lanciare la seconda edizione della Giornata Nazionale per la Promozione del Neurosviluppo. Alcune Regioni italiane tra cui Lombardia, Campania e Sicilia coloreranno ospedali e monumenti con i colori dell’arcobaleno, tra cui la sede degli Spedali Civili a Brescia e la Fontana del Nettuno a Napoli. A partire dalle 16.30 sarà anche possibile seguire un webinar gratuito.