Tempo di lettura: 4 minutiL’industria farmaceutica crea innovazione ed è un traino per l’economia italiana. Un orgoglio dell’Italia in Europa l’ha definita Marcello Cattani, presidente di Farmindustria, nel corso dell’Assemblea pubblica presso l’Auditorium della Conciliazione, a Roma, inaugurata con centinaia di rappresentati del settore e delle istituzioni. Un valore rappresentato dai numeri, con “49 miliardi di euro di produzione nel 2022, di cui 47,6 miliardi di export, 3,3 miliardi investiti in produzione e R&S, 68.600 addetti, di cui le donne rappresentano il 44% del totale”, – ha continuato Cattani.
Non possiamo gestire con regole vecchie quello che sarà il futuro, ha sottolineato Cattani. “Viviamo una trasformazione epocale – ha continuato – dovuta ai mutamenti geopolitici e demografici, alla competizione internazionale, all’innovazione che corre velocissima grazie alle nuove tecnologie, ai big data e all’intelligenza artificiale. Rispondiamo alla domanda di salute con un’innovazione diversificata, arrivando al record storico di oltre 20.000 farmaci in sviluppo nel mondo, tra cui molti medicinali e vaccini innovativi. Un dinamismo confermato anche dalle previsioni sugli investimenti: tra il 2023 e il 2028 raggiungeranno 1.600 miliardi di dollari a livello globale.
È quindi il momento di sviluppare una visione con nuove regole, che permetta all’Italia di crescere e recuperare velocemente il gap competitivo con altri Paesi, in un sistema a misura di paziente e rivolto al futuro” ha ribadito Cattani. “L’industria farmaceutica è strategica – ha continuato – risponde infatti a esigenze di salute, crescita, sicurezza nazionale ed efficienza della spesa pubblica, evitando costi nelle altre prestazioni sanitarie e di welfare”. I numeri confermano anche un’occupazione di qualità che ha segnato un +9% in 5 anni, soprattutto tra i giovani (+16%) e le donne (+13%).
Innovazione aumenta sopravvivenza
Gli investimenti significano ricerca che si traduce in mesi e anni di vita dei pazienti. Secondo i dati: in dieci anni le persone che sopravvivono dopo una diagnosi di tumore sono 1 milione in più e oggi 2 persone su 3 alle quali viene diagnosticato un cancro sopravvivono dopo 5 anni, mentre 30 anni fa erano 1 su 3. L’83% di questo progresso si deve ai nuovi farmaci. Inoltre con le vaccinazioni sono state eradicate delle malattie e altre sono sotto controllo. Gli antibiotici innovativi, invece, contrastano le infezioni resistenti. Sono tanti i trattamenti in più per patologie acute e croniche, anche grazie alle terapie avanzate. In 20 anni è diminuita la mortalità per le patologie croniche del 41%.
L’industria farmaceutica made in Italy
La concorrenza è globale e l’Europa vede perdere quote mondiali di investimenti rispetto a Usa e Cina. Inoltre corrono anche Paesi emergenti, come Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Singapore con forti politiche attrattive. “Una concorrenza alla quale l’Italia e l’Europa devono rispondere come Nazione e come continente – ribadisce Cattani. “L’industria farmaceutica made in Italy è un patrimonio di sviluppo che deve essere considerato tale nei progetti di nuove politiche industriali per il Paese e i territori”. Per questo è necessario “intervenire urgentemente, rivedendo la proposta di revisione della legislazione farmaceutica europea presentata dalla Commissione Europea che indebolisce la proprietà intellettuale e quindi la competitività e la qualità delle cure, con rischi anche per la salute dei cittadini”.
Il futuro
“Sfruttateci come un valore“ – ha detto Cattani rivolgendosi ai ministri. Tra i nodi da sciogliere, il payback: “servono regole nuove, innanzitutto nella gestione della spesa, che è fondamentale per l’attrattività degli investimenti, messa a forte rischio da livelli ormai insostenibili di payback, proiettati a 1,5 miliardi nel 2023 e 1,8 nel 2024 (15% del fatturato di chi lo sostiene). E ancora: rimodulare i due tetti di spesa, includere già dal 2023 i farmaci a innovatività condizionata nel fondo innovazione, aumentare le risorse e uniformare le regole di gestione della spesa a livello regionale, che creano differenze sui territori”.
Inoltre ha auspicato un “rapido completamento della riforma dell’Agenzia italiana del Farmaco (Aifa), che consentirà di modernizzare le valutazioni delle terapie basate sul valore per migliorare ulteriormente la disponibilità e per gestire la spesa in modo compatibile con la presenza industriale”. “Il Governo – ha ribadito Cattani – ha manifestato fin dall’inizio grande disponibilità al dialogo, in un clima di fiducia, dimostrando nei fatti di credere nella nostra industria come valore per l’intera Nazione. E assumendo anche una posizione forte in Ue a tutela della proprietà intellettuale”.
Schillaci: semplificare i processi affinché il farmaco arrivi al paziente quanto prima
Anche il ministro della Salute Orazio Schillaci ha ribadito la necessità di una “sanità del terzo millennio: la sfida – ha detto – è mettere insieme le caratteristiche demografiche italiane e il tema delle malattie croniche degenerative che portano con sé e la tecnologia che avanza in modo mirabolante, anche per merito dell’industria. Il vero tesoro è la mente degli italiani, la ricerca e l’università sono il punto di partenza e poi il partner è l’industria. Tutto questo però deve essere sostenibile e accessibile”.
Sull’Aifa ha detto: vogliamo che sia “al passo con i tempi, a me interessa soprattutto che le medicine e la tecnologia che arrivano siano prontamente disponibili”. Poi, ha aggiunto: “dobbiamo semplificare i processi per l’industria ma anche per i cittadini affinché il farmaco arrivi al letto del paziente quanto prima”.
“Da settembre – ha affermato la ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini – avremo 4mila posti in più l’anno a Medicina e da domani con il ministro Schillaci ci focalizzeremo sulle specializzazioni, cercando di valorizzare i talenti di ciascuno e puntando a più borse di specializzazione tarate sui fabbisogni di salute”.
Urso: allineare la politica della salute con quella dell’industria
“Allineare la politica della salute con quella dell’industria è fondamentale: lo sappiamo noi e ora lo deve comprendere anche la Commissione Europea ed è questo un passo fondamentale di questo Governo”, ha affermato il ministro delle imprese e del made in Italy Adolfo Urso. “Se abbiamo insediato subito con il ministro Schillaci il tavolo sulla farmaceutica che si riunirà ancora il 20 luglio – ha continuato – è perché questo è un governo coeso, politico, che sceglie la strada di perseguire obiettivi insiee con il sistema industriale del Paese.
Ma abbiamo assolutamente bisogno di una Commissione europea consapevole, che ponga fine a una visione ideologica della realtà e che con noi realizzi una politica industriale della farmaceutica e del biomedicale basata sull’investimento in ricerca e sviluppo per garantire autonomia e competitività delle imprese e quindi la salute dei cittadini europei. La Commissione europea deve far scendere in campo gli Stati – ha proseguito – nel sostenere le imprese nella loro competitività globale perché non possiamo rinunciare ai livelli di benessere che abbiamo raggiunto e che caratterizzano il mondo occidentale”.
Nei cromosomi extra una chiave per battere il cancro
News Presa, Ricerca innovazioneNei cromosomi potrebbe nascondersi una chiave per combattere efficacemente il cancro. Uno studio coordinato da ricercatori della Yale University di New Haven e pubblicato su Science rivela infatti che una delle chiavi che le cellule tumorali usano per sfuggire alle difese naturali dell’organismo e proliferare è proprio nel numero anomalo dei cromosomi. Quindi, una delle strategie più efficaci, potrebbe essere proprio quella di colpire questa caratteristica.
Il meccanismo
Semplificando, lo studio guarda al numero dei cromosomi come all’interruttore che consente alle cellule di spegnere le difese dell’organismo. Le cellule umano normalmente hanno 23 paia di cromosomi, quelle tumorali nel 90 per cento dei casi hanno un numero anomalo di cromosomi.
Lo studio
Il team che ha lavorato a questa interessante ricerca ha lavorato ad uno specifico tipo di tumore dello stomaco e dell’ovaio rimuovendo l’alterazione dei cromosomi e quindi osservato il comportamento delle cellule. Eliminare l’aneuploidia (variazione del numero dei cromosomi) ha compromesso il potenziale maligno di queste cellule, che hanno perso la capacità di formare tumori. Un meccanismo legato alla capacità di alcuni geni (uno in particolare, MDM4) di spegnere i meccanismi di difesa dell’organismo contro le cellule tumorali.
Una nuova speranza
I ricercatori hanno anche identificato sostanze in grado di interferire con questi meccanismi e bloccare la crescita tumorale. Secondo i ricercatori, questo suggerisce che questo meccanismo potrebbe funzionare come bersaglio terapeutico contro il cancro e, trovando un modo per colpire selettivamente le cellule anomale, questa tecnica potrebbe essere buon modo per colpire il cancro con un effetto minimo sul tessuto non tumorale.
Malnutrizione, un problema per l’80% dei pazienti con il cancro
Alimentazione, News PresaLa malnutrizione può essere un grave problema per chi combatte un cancro e, incredibilmente, fino all’80% dei pazienti oncologici risulta malnutrito. Una cattiva alimentazione, spiegano i medici, è quasi sempre legata ad una maggiore morbilità, ma anche a tassi di mortalità più alti e ad una minore capacità dei pazienti di tollerare le chemioterapie. Insomma, ancora una volta l’alimentazione si conferma un’arma efficace contro il cancro, ma anche un grosso problema se inadeguata.
L’indagine
A mettere in luce le carenze del sistema è un’indagine realizzata con le sezioni young di Aiom (Associazione italiana di oncologia medica), Airo (Associazione italiana di radioterapia e oncologia clinica) e Sico (Società italiana di chirurgia oncologica). Indagine che evidenzia come l’atteggiamento nei confronti di questo problema sia estremamente variabile tra oncologi, chirurghi e radioterapisti a causa della mancanza di una collaborazione strutturata. Su 215 operatori sanitari italiani under 40 si scopre che, secondo il 57% degli intervistati, il 57% dei malati di cancro sono stati regolarmente sottoposti a screening nutrizionale. La tempistica della valutazione nutrizionale era alla diagnosi (37,8%), prima dell’intervento chirurgico (25,9%), dopo l’intervento chirurgico (16,7%), prima della radiochemioterapia (13,5%) e dopo la radiochemioterapia (7%). Per quanto riguarda la gestione dello stato nutrizionale dei pazienti oncologici, il 41,8% non ha seguito uno specifico protocollo a causa della mancanza di corsi educativi (14,5%), supporto finanziario (15,3%) e comprensione (13%).
Il paziente al centro
L’indagine si è focalizzata principalmente su alcuni tumori: esofagogastrico, epato-bilio-pancreatico e colorettale ed evidenzia con chiarezza anche un altro dato, vale a dire la necessità di sostituire il tradizionale approccio uguale per tutti con una visione che possa mettere il paziente al centro, riuscendo così a ridurre al minimo gli eventi avversi e migliorando l’effetto delle terapie. Il tema della nutrizione è anche al centro del dibattito a livello istituzionale, e l’Atto di indirizzo 2023 del ministero della Salute sottolinea, tra l’altro, l’importanza per i pazienti oncologici degli alimenti a fini medici speciali definiti come supplementi nutrizionali orali (Ons), ritenuti un importante strumento per combattere la malnutrizione, aumentare l’aspettativa di vita e contribuire anche a una diminuzione dell’impatto sul Servizio sanitario nazionale nel suo complesso.
Nel bacio il segreto del benessere psicofisico
News PresaFalò al mare o romantici tramonti in montagna, l’estate è una delle stagioni nelle quali “volano” più baci. Pochi lo sanno, ma anche questo può essere un modo di prendersi cura della salute. Già, perché il bacio fa bene al nostro benessere psichico e fisico e, se non bastasse, ci aiuta anche ad essere più attraenti.
Sensazioni
Secondo gli esperti, un bacio di coppia (basta che duri una decina di secondi) porta allo scambio di 80 milioni di batteri e attiva una quantità enorme di terminazioni nervose. Un bacio appassionato è un po’ come una tempesta che accende settori diversi del nostro cervello, andando a stimolare le aree associate al gusto, al tatto e all’olfatto. Baciare è inoltre un modo inconsapevole di testare il partner. Il nostro cervello riesce infatti a comprendere se la persona che abbiamo di fronte è adatta a noi.
Antistress
Il bacio ha poi la capacità incredibile di stimolare la produzione di ossitocina, un ormone molto particolare perché coinvolto proprio nelle relazioni sociali. Non a caso l’ossitocina è spesso definita ormone dell’amore o anche ormone dell’abbraccio, proprio poiché è associata a sentimenti di vicinanza, intimità e legame sociale. Baci, abbracci e coccole, anche con gli animali domestici, possono inoltre aiutare ad alleviare lo stress, tenere bassa la pressione sanguigna e persino a perdere peso.
Antibatterico
I baci favoriscono l’aumento della saliva, che aiuta a rimuovere i batteri responsabili di carie e placca (anche se non sostituisce l’igiene orale adeguata, che dovrebbe essere praticata ancor più attentamente quando si prevede un coinvolgimento più intenso attraverso un bacio). Inoltre, il bacio contribuisce alla tonificazione dei muscoli facciali, coinvolgendo da 23 a 34 muscoli, oltre ad altri 100 nel corpo.
Diabete, sport abbassa rischio fino al 74%. L’iniziativa
Prevenzione, SportL’attività fisica è un mezzo di prevenzione anche per il diabete, la conferma arriva da una recente ricerca australiana. Secondo lo studio, l’attività fisica, da moderata a intensa, potrebbe ridurre il rischio di diabete di tipo 2 anche nelle persone con un alto rischio genetico. Lo studio è stato pubblicato dal British Journal of Sports Medicine. Ha coinvolto oltre 59 mila pazienti osservati per 7 anni. I risultati rivalano che dedicare più di un’ora al giorno ad attività fisica, anche intensa, come corsa, ciclismo e trekking, si associa a un rischio inferiore del 74% di sviluppare diabete di tipo 2.
“Diabete e Sport Rumo 2023”
L’attività fisica nelle persone con diabete ha un effetto positivo confermato da molti studi. Per superare lo stigma sociale che porta a percepire la malattia cronica come limitante è nato il Campo scuola “Diabete e Sport Rumo 2023” rivolto a persone con diabete di tipo 1 e organizzato in Val di Non (TN) da Fand – Associazione italiana diabetici e dall’Associazione diabetici Verona Odv. Nei tre giorni di trekking, i partecipanti hanno potuto mettere alla prova tecniche e strategie di gestione del glucosio in attività fisica prolungata.
“Un’importante esperienza di condivisione e di contrasto a stereotipi troppo spesso limitanti e scoraggianti, in cui si è sviluppato tra i partecipanti un legame di fiducia, di rispetto e supporto reciproco – ha dichiarato Emilio Augusto Benini, Presidente Fand. Una dimostrazione a chi ha partecipato e a chi convive quotidianamente con il diabete di tipo 1 che con preparazione, conoscenza della patologia e forza di volontà, non esistono limiti. Un ringraziamento particolare a chi ha fatto sì che tutto ciò potesse svolgersi, allo staff medico del centro di diabetologia dell’AOUI di Verona e alla dottoressa Cristina Cucchiarelli personal trainer”.
Assemblea Farmindustria: farmaceutica vale 2% del pil, crea valore, innovazione e traina il Paese
News PresaL’industria farmaceutica crea innovazione ed è un traino per l’economia italiana. Un orgoglio dell’Italia in Europa l’ha definita Marcello Cattani, presidente di Farmindustria, nel corso dell’Assemblea pubblica presso l’Auditorium della Conciliazione, a Roma, inaugurata con centinaia di rappresentati del settore e delle istituzioni. Un valore rappresentato dai numeri, con “49 miliardi di euro di produzione nel 2022, di cui 47,6 miliardi di export, 3,3 miliardi investiti in produzione e R&S, 68.600 addetti, di cui le donne rappresentano il 44% del totale”, – ha continuato Cattani.
Non possiamo gestire con regole vecchie quello che sarà il futuro, ha sottolineato Cattani. “Viviamo una trasformazione epocale – ha continuato – dovuta ai mutamenti geopolitici e demografici, alla competizione internazionale, all’innovazione che corre velocissima grazie alle nuove tecnologie, ai big data e all’intelligenza artificiale. Rispondiamo alla domanda di salute con un’innovazione diversificata, arrivando al record storico di oltre 20.000 farmaci in sviluppo nel mondo, tra cui molti medicinali e vaccini innovativi. Un dinamismo confermato anche dalle previsioni sugli investimenti: tra il 2023 e il 2028 raggiungeranno 1.600 miliardi di dollari a livello globale.
È quindi il momento di sviluppare una visione con nuove regole, che permetta all’Italia di crescere e recuperare velocemente il gap competitivo con altri Paesi, in un sistema a misura di paziente e rivolto al futuro” ha ribadito Cattani. “L’industria farmaceutica è strategica – ha continuato – risponde infatti a esigenze di salute, crescita, sicurezza nazionale ed efficienza della spesa pubblica, evitando costi nelle altre prestazioni sanitarie e di welfare”. I numeri confermano anche un’occupazione di qualità che ha segnato un +9% in 5 anni, soprattutto tra i giovani (+16%) e le donne (+13%).
Innovazione aumenta sopravvivenza
Gli investimenti significano ricerca che si traduce in mesi e anni di vita dei pazienti. Secondo i dati: in dieci anni le persone che sopravvivono dopo una diagnosi di tumore sono 1 milione in più e oggi 2 persone su 3 alle quali viene diagnosticato un cancro sopravvivono dopo 5 anni, mentre 30 anni fa erano 1 su 3. L’83% di questo progresso si deve ai nuovi farmaci. Inoltre con le vaccinazioni sono state eradicate delle malattie e altre sono sotto controllo. Gli antibiotici innovativi, invece, contrastano le infezioni resistenti. Sono tanti i trattamenti in più per patologie acute e croniche, anche grazie alle terapie avanzate. In 20 anni è diminuita la mortalità per le patologie croniche del 41%.
L’industria farmaceutica made in Italy
La concorrenza è globale e l’Europa vede perdere quote mondiali di investimenti rispetto a Usa e Cina. Inoltre corrono anche Paesi emergenti, come Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Singapore con forti politiche attrattive. “Una concorrenza alla quale l’Italia e l’Europa devono rispondere come Nazione e come continente – ribadisce Cattani. “L’industria farmaceutica made in Italy è un patrimonio di sviluppo che deve essere considerato tale nei progetti di nuove politiche industriali per il Paese e i territori”. Per questo è necessario “intervenire urgentemente, rivedendo la proposta di revisione della legislazione farmaceutica europea presentata dalla Commissione Europea che indebolisce la proprietà intellettuale e quindi la competitività e la qualità delle cure, con rischi anche per la salute dei cittadini”.
Il futuro
“Sfruttateci come un valore“ – ha detto Cattani rivolgendosi ai ministri. Tra i nodi da sciogliere, il payback: “servono regole nuove, innanzitutto nella gestione della spesa, che è fondamentale per l’attrattività degli investimenti, messa a forte rischio da livelli ormai insostenibili di payback, proiettati a 1,5 miliardi nel 2023 e 1,8 nel 2024 (15% del fatturato di chi lo sostiene). E ancora: rimodulare i due tetti di spesa, includere già dal 2023 i farmaci a innovatività condizionata nel fondo innovazione, aumentare le risorse e uniformare le regole di gestione della spesa a livello regionale, che creano differenze sui territori”.
Inoltre ha auspicato un “rapido completamento della riforma dell’Agenzia italiana del Farmaco (Aifa), che consentirà di modernizzare le valutazioni delle terapie basate sul valore per migliorare ulteriormente la disponibilità e per gestire la spesa in modo compatibile con la presenza industriale”. “Il Governo – ha ribadito Cattani – ha manifestato fin dall’inizio grande disponibilità al dialogo, in un clima di fiducia, dimostrando nei fatti di credere nella nostra industria come valore per l’intera Nazione. E assumendo anche una posizione forte in Ue a tutela della proprietà intellettuale”.
Schillaci: semplificare i processi affinché il farmaco arrivi al paziente quanto prima
Anche il ministro della Salute Orazio Schillaci ha ribadito la necessità di una “sanità del terzo millennio: la sfida – ha detto – è mettere insieme le caratteristiche demografiche italiane e il tema delle malattie croniche degenerative che portano con sé e la tecnologia che avanza in modo mirabolante, anche per merito dell’industria. Il vero tesoro è la mente degli italiani, la ricerca e l’università sono il punto di partenza e poi il partner è l’industria. Tutto questo però deve essere sostenibile e accessibile”.
Sull’Aifa ha detto: vogliamo che sia “al passo con i tempi, a me interessa soprattutto che le medicine e la tecnologia che arrivano siano prontamente disponibili”. Poi, ha aggiunto: “dobbiamo semplificare i processi per l’industria ma anche per i cittadini affinché il farmaco arrivi al letto del paziente quanto prima”.
“Da settembre – ha affermato la ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini – avremo 4mila posti in più l’anno a Medicina e da domani con il ministro Schillaci ci focalizzeremo sulle specializzazioni, cercando di valorizzare i talenti di ciascuno e puntando a più borse di specializzazione tarate sui fabbisogni di salute”.
Urso: allineare la politica della salute con quella dell’industria
“Allineare la politica della salute con quella dell’industria è fondamentale: lo sappiamo noi e ora lo deve comprendere anche la Commissione Europea ed è questo un passo fondamentale di questo Governo”, ha affermato il ministro delle imprese e del made in Italy Adolfo Urso. “Se abbiamo insediato subito con il ministro Schillaci il tavolo sulla farmaceutica che si riunirà ancora il 20 luglio – ha continuato – è perché questo è un governo coeso, politico, che sceglie la strada di perseguire obiettivi insiee con il sistema industriale del Paese.
Ma abbiamo assolutamente bisogno di una Commissione europea consapevole, che ponga fine a una visione ideologica della realtà e che con noi realizzi una politica industriale della farmaceutica e del biomedicale basata sull’investimento in ricerca e sviluppo per garantire autonomia e competitività delle imprese e quindi la salute dei cittadini europei. La Commissione europea deve far scendere in campo gli Stati – ha proseguito – nel sostenere le imprese nella loro competitività globale perché non possiamo rinunciare ai livelli di benessere che abbiamo raggiunto e che caratterizzano il mondo occidentale”.
Estate e grande caldo, i consigli per salvarsi i reni
News Presa, Prevenzione, Stili di vitaBello vivere l’estate, ma quanti rischi per i nostri reni. Del resto, si sa, con la bella stagione le occasioni di lasciarsi un po’ andare di certo non mancano. Spesso ci lasciamo andare a qualche bicchiere o cocktail di troppo, ad un’alimentazione eccessivamente ricca di grassi e proteine. E poi la sudorazione eccessiva, ambienti surriscaldati, poca acqua, troppa acqua sono tutti elementi di rischio, perché mettono a dura prova il corretto funzionamento dei reni.
Vademecum
A mettere in guardia tutti, ma soprattutto anziani, ipertesi e pazienti con insufficienza cardiaca, è la Società Italiana di Nefrologia (SIN) che ha stilato un vademecum con tanti consigli utili. In estate è importante bere più liquidi per reidratarsi ma attenzione, raccomanda Stefano Bianchi, presidente della Società Italiana di Nefrologia (SIN), il consiglio di bere tanto, però, vale solo per le persone con una funzionalità renale e cardiaca normale.
Idratarsi
Stefano Bianchi, presidente della Società Italiana di Nefrologia (SIN) avverte: «In estate è importante bere più liquidi per reidratarsi ma, attenzione, il consiglio di bere tanto vale solo per le persone con una funzionalità renale e cardiaca normale». Quindi, se si ha un’insufficienza renale o cardiaca bisogna evitare di assumere quantità di acqua e liquidi molto superiori alla norma, perché i reni divengono incapaci di eliminare i liquidi in eccesso. Per il resto, una buona alimentazione può essere di grande aiuto.
Ipertesi
Altra categoria di pazienti a rischio è quella degli ipertesi, specie se anziani, che assumono terapia antipertensiva, soprattutto in caso di assunzione di diuretici. È molto importante controllare spesso la pressione arteriosa agli anziani, perché il grande caldo tende ad abbassarla anche in modo significativo. Con valori di pressione eccessivamente ridotti gli anziani vanno incontro più facilmente a problemi a carico del cervello e dei reni. Con il grande caldo la terapia antipertensiva o diuretica non va sospesa, ma molto spesso deve essere rimodulata in base alle esigenze dell’organismo: questa operazione va fatta sempre sotto il controllo del proprio medico di famiglia o del proprio specialista di riferimento.
Zanzare invasive e malattie virali per il clima, come difendersi
News Presa, PrevenzioneLe temperature in Europa tendono ad aumentare, accompagnate da ondate di calore, alluvioni ed estati sempre più lunghe e calde. Di conseguenza aumenta anche il rischio di zanzare invasive e di malattie virali. L’allarme è stato lanciato dal Centro Europeo per la Prevenzione ed il Controllo delle Malattie (Ecdc). I cambiamenti climatici infatti creano condizioni adatte per zanzare come Aedes albopictus (la cosiddetta “zanzara tigre”) e Aedes aegypti. Secondo Ecdc, cresce il pericolo di trasmissione di malattie virali trasmesse da queste zanzare invasive, come chikungunya e dengue, e da zanzare autoctone, come è il caso del virus West Nile trasmesso in Italia da zanzare Culex.
Zanzare pericolose e virus
Una delle zanzare più temute è la cosiddetta tigre che è attiva durante le ore diurne e punge con una aggressività maggiore rispetto alle altre zanzare. Per quanto riguarda i virus associati alle zanzare invasive, in Italia si sono registrati sporadici focolai di trasmissione locale di chikungunya (nel 2007 e 2017) e dengue (nel 2020). Si tratta di malattie tropicali di norma assenti nel nostro paese ma che possono originarsi da singole persone infette che rientrano da viaggi in zone in cui sono endemiche.
La diffusione della malattia è poi rapida grazie alla presenza della zanzara tigre che fa da vettore. Il virus West Nile, invece è da almeno 15 anni endemico in Italia con casi di infezione nell’uomo ed epidemie (nel 2018 e nel 2022). In ISS è attiva l’unità di entomologia medica e la sorveglianza epidemiologica dei casi di infezione umana sul territorio nazionale, in collaborazione con il Ministero della Salute e le Regioni e Provincie Autonome.
Come difendersi
Per evitare le punture di zanzara e ridurre il rischio di contrarre malattie trasmesse da questi insetti l’Istituto Superiore di Sanità suggerisce degli accorgimenti:
Inquinamento e cambiamento climatico, 1,4 milioni di morti l’anno
News Presa, One healthNel continente europeo circa 1,4 milioni di decessi l’anno sono legati all’inquinamento e al cambiamento climatico. Nei 53 paesi della regione europea, nel solo 2022, ben 20.000 persone sono decedute a causa del caldo estremo. Sono dati allarmanti quelli diffusi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e discussi a Budapest per la settima conferenza ministeriale su ambiente e salute. Dati che vanno anche oltre quelli dello scorso anno, che già non si potevano definire positivi.
Agire
Per Hans Henri P. Kluge, direttore regionale dell’Organizzazione mondiale della sanità per l’Europa, è il momento di agire. È stato lui, infatti, a sottolineare che è possibile prevenire un milione di morti ogni anno a causa di fattori di rischio ambientale. A fargli eco sono le parole di Csaba Kőrösi, presidente dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite «La salute è una questione di policy-making, una questione di finanziamento, di progresso scientifico, di progresso tecnologico e di come costruire la fiducia tra di noi e come ricostruire le nostre reti di cooperazione».
I dati
Il nuovo rapporto mostra anche che nella Regione che copre l’Europa e l’Asia centrale, nel 2019, circa 570.000 decessi erano attribuibili all’inquinamento atmosferico e più di 150.000 all’inquinamento domestico. Nel 2020, circa 77 milioni di persone non avevano accesso all’acqua potabile. Mentre gli spazi verdi hanno un effetto protettivo sulla salute e possono ridurre la mortalità per cause naturali di quasi l’1%. Dalla conferenza ci si aspetta ora una dichiarazione comune con una serie di azioni concrete per preparare i sistemi sanitari ad affrontare l’impatto dei cambiamenti climatici e ridurre gli effetti sulla salute dell’inquinamento.
Patologie
Ma quali sono le principali malattie legate all’inquinamento atmosferico? Dati dell’OMS ci dicono che l’inquinamento ambientale, in modo particolare quello dell’aria che respiriamo, è la causa di un aumento delle malattie cardiovascolari e respiratorie. Essere esposti per anni all’effetto di polveri sottili può aumentare il rischio di sviluppare ictus, infarti, ipertensione, scompenso cardiaco, fibrillazione atriale, tromboembolismo venoso. Lo smog sembra anche influire sullo sviluppo dell’aterosclerosi.
Diabete per il 4,7% degli italiani ma spesa maggiore va in ricoveri e complicanze
Economia sanitaria, PrevenzioneIn Italia il 4,7% della popolazione fra i 18 e i 69 anni riferisce di una diagnosi di diabete. La prevalenza cresce con l’età (è inferiore al 3% nelle persone con meno di 50 anni e supera il 9% fra quelle di 50-69 anni). La patologia è più frequente fra gli uomini che fra le donne (5,3% vs 4,1%), e nelle fasce di popolazione più svantaggiate per istruzione o condizioni economiche.
Diabete, 50-70% della spesa va in ricoveri e complicanze
Secondo i dati dell’ISS, si stima che almeno un diabetico su sei venga ricoverato in ospedale almeno una volta all’anno. Un tasso che è doppio rispetto alla popolazione normale (235 ogni mille persone contro 99). Inoltre, questi pazienti rimangono in ospedale in media una giornata e mezza in più rispetto agli altri, con un evidente aggravio di costi per il SSN. Se la spesa attribuibile al diabete mellito nel Sistema Sanitario Nazionale si colloca attorno ai 10 miliardi di euro, la quota più importante della spesa (50-70%) è legata proprio ai ricoveri ospedalieri e alle complicanze.
In particolare, i pazienti una volta dimessi hanno bisogno di un percorso assistenziale. Ne hanno parlato ieri in Senato specialisti, Istituzioni e soprattutto pazienti. L’obiettivo è realizzare un network tra territorio, rete di assistenza e paziente diabetico per prevenire le complicanze croniche dei malati. Oltre al miglioramento dello stato di salute, si ridurrebbero anche i costi per il Servizio Sanitario Nazionale, liberando le strutture del Pronto Soccorso dai casi non urgenti ed evitabili.
Sistemi di monitoraggio per la presa in carico
La tecnologia viene in aiuto, perché i sistemi innovativi di monitoraggio del diabete possono consentire una presa in carico del paziente. Ciò ridurrebbe il rischio di eventi acuti e complicanze croniche, e quindi di accessi in pronto soccorso. L’idea è passare “da un concetto di sanità d’attesa, e quindi di cura della malattia, ad un concetto di sanità di iniziativa, e quindi di formazione e prevenzione di pazienti e caregivers”.
Le raccomandazioni sono emerse da uno studio realizzato da Bhave su oltre 100 strutture ospedaliere in tutta Italia e su circa 300mila accessi in Pronto Soccorso. I risultati sono stati presentati in Senato nell’incontro dal titolo “Diabete in pronto soccorso: e dopo?”. Politici, clinici e soprattutto pazienti hanno fatto il punto sul follow up di coloro che accedono alle strutture in situazioni di emergenza.
Il Senatore Mario Occhiuto, Presidente dell’Intergruppo Parlamentare qualità di vita nelle città, ha dichiarato: “bisogna potenziare i pronto soccorsi nelle realtà urbane, come presidi sanitari indispensabili per le comunità locali. Se oltre il 70 per cento degli accessi presso queste strutture di emergenza è definito codice bianco o verde, ossia non urgente, significa che i cittadini hanno perso punti di riferimento territoriali e si riversano negli ospedali, dove l’attenzione è focalizzata verso le urgenze. Il sovraffollamento dei pronto soccorsi – ha concluso il Presidente Occhiuto – è il sintomo di una malattia più grande, che possiamo fermare solo attraverso azioni concrete e strutturali.”
Gestione delle cronicità
“I cittadini hanno diritto ad un adeguato servizio a tutela della salute – ha sottolineato la Senatrice Daniela Sbrollini, Vice Presidente della 10ª Commissione permanente del Senato e Presidente dell’Intergruppo parlamentare obesità, diabete e per le malattie croniche non trasmissibili – L’organizzazione della medicina sul territorio deve liberare il Pronto Soccorso dai casi che non sono urgenti e che sono gestibili al di fuori dei presidi ospedalieri. Sono due punti fermi sui quali la sanità Nazionale sta mostrando seri limiti di efficienza. Sono estremamente preoccupata – ha proseguito la parlamentare – perché questi servizi stanno mostrando ogni giorno carenze che non possono essere imputate agli operatori sanitari. La cronicità e il diabete in particolare rappresentano casi emblematici di come il territorio deve interfacciarsi con le strutture specialistiche, per ridurre al minimo le problematiche relative agli accessi ai pronto soccorsi, relative alle urgenze per ipo e iperglicemie gravi”.
“I pronto soccorso sono uno snodo vitale della nostra sanità e devono essere posti dove l’operatore sanitario deve poter svolgere la propria attività con serenità e nel rispetto delle vere urgenze – ha affermato il Senatore Guido Quintino Liris, Intergruppo Parlamentare per la prevenzione delle emergenze e l’assistenza sanitaria nelle aree interne, componente 5ª Commissione permanente del Senato – rafforzando l’organico del personale sanitario, soprattutto nei servizi di emergenza/urgenza, rendendo più attrattivo e sicuro il lavoro nei reparti di pronto soccorso. Nel contempo, non bisogna dimenticarsi delle urgenze sanitarie nelle aree interne marginali, dove spesso il ricorso al pronto soccorso è difficile e complesso. Vogliamo lavorare per consentire a tutti un accesso alle cure, nel rispetto del lavoro degli operatori sanitari – ha concluso il senatore Liris – e potenziando la presa in carico del paziente cronico e diabetico”.
Diabete e rete assistenziale sul territorio
Presentando i dati principali dello studio, il Dott. Francesco Pugliese, Direttore del Dipartimento Emergenza presso l’Ospedale Pertini di Roma, ha sottolineato una non adeguata gestione del paziente diabetico ospedalizzato. Ha affermato che il Pronto Soccorso molto spesso si deve occupare di complicanze relative a patologie croniche non adeguatamente gestite dalla medicina territoriale. Questo fenomeno, grava pesantemente su queste strutture anche in termini di efficienza della spesa sanitaria. “La soluzione può venire solo da un percorso diagnostico terapeutico assistenziale specifico ed efficiente – ha continuato il Dott. Francesco Pugliese – che veda un’adeguata formazione del personale ospedaliero e territoriale, l’informazione del paziente/caregiver e degli operatori sanitari, oltre ad una reale presa in carico del paziente diabetico che deve prevedere un percorso assistenziale multiprofessionale, multidisciplinare, condiviso con tutti gli attori, compreso il paziente stesso e senza discontinuità. Un percorso oggi più agevolmente perseguibile anche con l’ausilio delle nuove tecnologie”.
Tumore della prostata, problemi nel dopo-intervento spesso non trattati
Associazioni pazienti, BenessereSono più di 40mila gli uomini colpiti ogni anno dal tumore della prostata in Italia, un dato in linea con il resto dei paesi occidentali. Ad oggi è la più frequente forma di cancro maschile, secondo i dati Aiom relativi al 2022. Un numero in forte crescita, considerando che erano 34.800 nel 2017. Le stime indicano anche che una gran parte dei pazienti che hanno subito un intervento chirurgico radicale (prostatectomia) per l’asportazione del tumore sviluppano problemi funzionali di disfunzione erettile. Fondazione Onda in un’indagine ha ricostruito i bisogni dei pazienti, proponendo una gestione multidisciplinare di questa condizione che spesso è resistente alle terapie farmacologiche e di incontinenza urinaria. Gli impatti, sottolinea, sono “devastanti in termini personali e sociali, segnando spesso l’inizio di un difficile percorso”. L’indagine è stata presentata ieri a Roma.
Tumore della prostata, pochi percorsi dedicati
Un paziente operato di tumore della prostata può andare incontro a complicanze funzionali. Del tema si è discusso ieri in una conferenza stampa, nel corso della quale è stata presentata la doppia indagine realizzata da Fondazione Onda in collaborazione con Elma Research e il contributo incondizionato di Boston Scientific. Lo studio ha voluto comprendere il vissuto e le aspettative dei pazienti ed esplorare il grado di conoscenza, percezione ed esperienza da parte degli urologi.
In un’ottica di attenzione alle specificità di genere, dopo il “Bollino Rosa” che promuove percorsi femminili nelle strutture ospedaliere, Fondazione Onda in questi anni ha affiancato il “Bollino Azzurro”, rivolto alla salute maschile.«Quest’ultimo viene dato agli ospedali che assicurano un approccio professionale e interdisciplinare nei percorsi diagnostici e terapeutici dedicati alle persone con tumore della prostata», dichiara Francesca Merzagora, Presidente Fondazione Onda.
“Le problematiche funzionali legate al dopo tumore della prostata sono ancora oggi poco conosciute e considerate. Solo alcuni centri ospedalieri specializzati hanno attivato percorsi dedicati con la possibilità di identificare le soluzioni terapeutiche più appropriate e all’avanguardia. Occorre promuovere la condivisione di buone pratiche cliniche e informare l’utenza delle realtà ospedaliere con migliore competenza e sensibilità nella gestione multidisciplinare di questa malattia”.
I risultati dell’indagine
L’indagine ha coinvolto 151 uomini sottoposti a chirurgia per tumore della prostata fra 1 e 3 anni prima dell’intervista e 13 urologi che si occupano del trattamento chirurgico. I risultati confermano che l’incontinenza e la disfunzione erettile sono due conseguenze funzionali importanti della prostatectomia radicale. Quattro uomini su cinque (81 per cento) ne hanno sofferto dopo l’intervento e tre uomini su cinque (57 per cento) ne soffrono oltre i tempi fisiologici di ripresa.
In particolare, il 32 per cento continua a soffrire di incontinenza e il 54 per cento di problemi di erezione. Nonostante questo, il 14 per cento dei pazienti sottoposti a prostatectomia radicale non ha parlato con lo specialista di queste complicanze. Inoltre, circa il 30 per cento di chi ne ha parlato ha dovuto sollecitare questo dialogo. I pazienti cercano informazioni anche altrove: il 79 per cento dei pazienti si rivolge al medico di famiglia e il 61 per cento le cerca in autonomia online. Non tutti i pazienti che sviluppano complicanze funzionali ricevono un trattamento per farvi fronte. Il 33 per cento dei pazienti con incontinenza urinaria e il 35 per cento dei pazienti con disfunzione erettile, infatti, non è stato sottoposto ad alcun tipo di trattamento.
Fondazione Onda ha anche lanciato un concorso per valorizzare le migliori realtà ospedaliere impegnate nel trattamento delle complicanze funzionali post-operatorie del tumore della prostata. L’iniziativa vuole mettere in luce le migliori prassi cliniche e favorirne la condivisione tra gli ospedali e la popolazione.
Tumore della prostata, la presa in carico nel post-intervento
“Le complicanze funzionali nei pazienti trattati per tumore della prostata, sia chirurgicamente che con altre terapie, sono oramai ben note anche ai nostri pazienti», dichiara Carlo Bettocchi, Direttore USD di Andrologia e Chirurgia Ricostruttiva dei genitali Esterni Policlinico Riuniti di Foggia, “Quello che in realtà vediamo nella nostra pratica clinica quotidiana, in termini di frequenza delle complicanze funzionali, sembra però essere anche peggiore rispetto ai dati della letteratura.
Molti ospedali non possono prendersi in carico queste terapie riabilitative per vari motivi, in primis la mancanza di copertura finanziaria per tutti i dispositivi medici che si rendono necessari. È necessario inserire le protesi nei LEA. Anche se con grande ritardo, è arrivato il momento di garantire all’uomo oncologico le stesse garanzie mediche che da tempo si garantiscono alla donna oncologica, almeno nei centri di riferimento regionali e sicuramente nel nostro SSN”.
Oblio oncologico
“Proprio in questi giorni il governo sta valutando la possibilità di emanare una legge su ‘l’oblio oncologico’. L’obiettivo è: “garantire giustamente alla persona che è stata affetta da una malattia oncologica e considerata guarita un futuro libero dallo stigma del tumore. Permette di non dichiarare la sua pregressa malattia, per esempio, in occasione della stipula di un contratto di lavoro o della richiesta di un mutuo.
Tutto giusto, ed è auspicabile che anche l’Italia riconosca questo diritto nel nostro ordinamento come già avvenuto in altri paesi europei”, conclude Roberto Carone, già primario della Neuro-Urologia e Unità Spinale, AOU Città Della Salute, Torino; Presidente Emerito Fondazione Italiana Continenza. “Per analogia vorrei presentare lo slogan del ‘non oblio funzionale’. Mi spiego meglio. Attualmente, in molti casi, il problema disfunzionale che insorge come complicanza di una terapia oncologica risulta ancora non sufficientemente affrontato e trattato.
Quando si affronta l’argomento di una malattia oncologica, sia a livello tecnico-scientifico che mediatico e di comunicazione l’attenzione viene focalizzata sulla prevenzione, sulla diagnosi, sulla terapia e sul follow-up, ma viene sempre, o quasi sempre, scotomizzato l’aspetto delle complicanze funzionali che conseguono alla terapia e che incidono pesantemente sulla qualità di vita anche del paziente guarito dal punto di vista oncologico”.