Tempo di lettura: 3 minutiIn tutta Italia il caldo ha raggiunto temperature record nelle ultime settimane. Di conseguenza aumenta il ricorso all’aria condizionata. Tuttavia se la differenza di temperatura tra l’ambiente esterno e interno è superiore ai 7 gradi possono subentrare più rischi che benefici. Uno sbalzo termico eccessivo può causare effetti collaterali e rendere molto meno tollerabile la temperatura esterna.
A spiegarlo è Vincenzo Marigliano, professore emerito di Medicina Interna, già ordinario di Geriatria all’Università La Sapienza, oggi Internista di riferimento della Clinica Villa Margherita di Roma.
Secondo il professore è importante adottare precauzioni, senza allarmismi: “le categorie più a rischio sono i bambini e gli anziani. Sono, infatti, le persone che maggiormente possono essere soggette alla disidratazione, perché per ragioni fisiologiche percepiscono meno la sete. Con la differenza che i bambini, naturalmente dotati di abbondanti riserve idriche, sono maggiormente portati a bere dai genitori o altri adulti di riferimento che li seguono costantemente. Mentre gli anziani, con minori riserve idriche, vengono spesso lasciati soli a loro stessi e, quindi, sono esposti ad un rischio di disidratazione decisamente maggiore, dovuto anche alle difficoltà di deglutizione”.
Alimentazione e caldo
L’alimentazione gioca un ruolo fondamentale contro il caldo estremo. “In estate il mio consiglio è di implementare le dosi di verdura e frutta, non solo per fornire all’organismo il corretto apporto di vitamine e sali minerali ma anche perché, per il loro essere composte in gran parte di acqua, contribuiscono all’idratazione generale dell’organismo. Ovviamente, qualora i nutrienti introdotti attraverso il cibo non fossero sufficienti, per esempio in caso di pressione bassa o eccessiva sudorazione, è opportuno integrare gli elettroliti aumentando il sale nelle pietanze o attraverso integratori specifici.”
Bere acqua e bevande senza zucchero
“La raccomandazione è bere, come minimo, due litri d’acqua al giorno che, per le persone più magre e diligenti, possono tranquillamente diventare tre. Per gli anziani che vivono da soli il suggerimento è di preparare 4 bottigliette da mezzo litro numerate, così da essere certi di non andare al di sotto la dose minima necessaria. In alternativa all’acqua si possono bere tisane fresche o altre bevande; tenendo presente che è opportuno limitare gli zuccheri e le bibite gasate”.
Alcolici ostacolano idratazione
“Gli alcolici sono del tutto sconsigliati dal momento che sono nemici dell’idratazione – ribadisce il prof. Marigliano. Non solo non apportano alcun beneficio all’organismo ma ostacolano l’idratazione, sia con il senso di torpore che riduce la sensazione di allarme per cui siamo portati ad idratarci, sia consumando acqua, perché, per essere smaltiti richiedono molti liquidi.”
Tessuti riparano dal caldo
“Per quanto riguarda l’abbigliamento – continua lo specialista – il modo migliore per sopportare il caldo è tenere coperta la cute. Se si è costretti a uscire nelle ore più calde, il mio consiglio è quello di coprire sempre la testa, oppure, in assenza di un copricapo uscire con i capelli bagnati.”
Gravidanza
“Per le donne in gravidanza, oltre a tutte le indicazioni sopracitate, chiaramente si consiglia una maggiore accortezza e, soprattutto, in caso di gonfiore alle gambe si raccomanda di contattare subito il proprio medico perché è un sintomo da non sottovalutare mai, in nessun caso.”
Aria condizionata
Per quanto riguarda l’aria condizionata, “va benissimo utilizzarla e refrigerare gli ambienti ma senza esagerare. L’ideale è evitare di creare una differenza di temperatura superiore ai 7 gradi tra interno ed esterno, dal momento che uno sbalzo termico eccessivo potrebbe causare effetti collaterali, rendendo anche molto meno tollerabile la temperatura esterna. Per questo, quando si esce il mio consiglio è quello di vestirsi a strati per evitare un eccessivo sbalzo di temperatura quando si entra in esercizi commerciali e viceversa. Per quanto riguarda la climatizzazione domestica, mi preme ricordare che l’importante è togliere l’umidità, anche la notte. Infatti, se si refrigera la camera da letto prima di coricarsi, avendo l’accortezza di attivare la funzione deumidificante, si potrà dormire tranquillamente, senza dover stare sotto il getto d’aria tutta la notte.”
Metastasi colon retto. Nuovi bersagli terapeutici da cellule senescenti
Farmaceutica, Ricerca innovazioneIl 90% della letalità del cancro è dovuto alla formazione di metastasi. Si tratta di cellule tumorali che, spostandosi dalla sede primaria, attaccano anche altri organi. Le metastasi al fegato da tumore del colon-retto ad esempio si sviluppano nel 50% dei pazienti. La rimozione chirurgica, però, è idonea solo per il 10%-20% dei pazienti.
Oggi le cellule tumorali senescenti nelle metastasi epatiche colorettali potrebbero essere nuovi bersagli terapeutici per bloccarne la progressione. Lo rivela uno studio realizzato dal team di ricerca del CNR-Irgb di Milano, in collaborazione con Humanitas. Gli scienziati hanno indagato il processo di invecchiamento cellulare, noto come senescenza cellulare, su biopsie di metastasi epatiche in pazienti con tumore primario al colon.
Lo scopo dello studio, pubblicato su Aging Cell, è quello di indagare questo fenomeno nella fase avanzata del cancro. Dai risultati sono stati identificati due tipi di cellule tumorali senescenti con ruoli opposti, uno benigno e uno maligno, in termini di impatto sulla sopravvivenza dei pazienti e sul tempo che intercorre prima della ricomparsa della recidiva dopo la rimozione chirurgica.
Nuovi bersagli contro le metastasi
“La metastasi epatica è una sfida clinica per il cancro del colon-retto”, spiega Francesca Faggioli, ricercatrice del Cnr-Irgb, “Il 90% della letalità del cancro è dovuto alla formazione di metastasi, cellule tumorali che dalla sede primaria colonizzano altri organi. Le metastasi al fegato da tumore del colon-retto non fanno eccezione. Si sviluppano infatti nel 50% dei pazienti. La rimozione chirurgica dopo chemioterapia neo-adiuvante è il trattamento terapeutico di riferimento, ma solo il 10%-20% dei pazienti è valutato idoneo. La mancanza di efficaci approcci terapeutici risiede nella scarsa conoscenza dell’evolversi della patologia e di quello che effettivamente accade negli organi secondari”.
Il gruppo di ricerca si è chiesto quale fosse il ruolo di queste cellule invecchiate nelle metastasi. “Per rispondere a questa domanda”, afferma Faggioli, “abbiamo applicato lo spatial transcriptomics, una nuova tecnologia in grado di visualizzare sull’area della metastasi l’espressione genica di tutte le cellule che la compongono. Con questo approccio, abbiamo stabilito il tipo di azioni di cui sono capaci le cellule tumorali e quelle che le circondano, incluse le cellule immunitarie e quelle di supporto strutturale. L’esperimento è stato condotto su cinque biopsie metastatiche di pazienti affetti da tumore primario al colon”.
Il ruolo delle cellule senescenti
L’impatto che deriva dalla presenza di cellule senescenti dipende dal contesto patologico. Spesso, la loro presenza in stadi preneoplastici è interpretata in maniera positiva perché, non proliferando più, rappresentano una barriera fisica alla disseminazione del tumore. Tuttavia, in alcuni casi sviluppano proprietà accessorie con le quali manipolano l’ambiente circostante, promuovendo l’avanzamento e l’aggressività delle cellule tumorali. “I risultati sono stati validati in una corte retrospettica di settanta pazienti metastatici randomizzati in due categorie a seconda del trattamento chemioterapico subito”, prosegue la ricercatrice.
“Le cellule senescenti maligne sono sensibili alla chemioterapia e contribuiscono a instaurare un ambiente immunologico permissivo per la crescita tumorale. Un maggiore accumulo di cellule senescenti benigne invece corrisponde a parametri di sopravvivenza positivi e a un ambiente immunitario efficiente con azione antitumorale. Questo studio stabilisce che la direzione in cui evolverà la metastasi è da attribuire al tipo di cellula metastatica senescente che prevale sulle altre. Paradossalmente il ruolo chiave in questo processo è determinato, in ogni caso, da cellule che hanno perso la capacità di dividersi e riprodursi”.
I risultati fanno luce sui meccanismi alla base della crescita metastatica e aiutano a comprendere i limiti delle terapie standard basate esclusivamente sul targeting di cellule proliferanti. Inoltre, aprono la strada all’applicazione di agenti senolitici, in grado cioè di eliminare le cellule senescenti. La ricerca condotta è stata finanziata dal Ministero della Salute.
10 consigli efficaci per dormire bene
News PresaDormire bene è fondamentale per il benessere generale, ma spesso il sonno può essere un lusso difficile da ottenere. Stress, ansia, cattive abitudini e ambienti poco favorevoli possono interferire con la qualità del sonno. Se l’obiettivo è migliorare le tue notti e godere di un riposo ristoratore, ecco 10 consigli per aiutarti a dormire bene e svegliarsi rinfrescati ogni mattina.
In orbita per farmaci innovativi contro malattie incurabili
Farmaceutica, Ricerca innovazioneL’esperimento Zeprion è stato lanciato verso la Stazione Spaziale Internazionale per aprire la strada a nuovi farmaci. Avrà il compito di confermare il meccanismo molecolare alla base di un innovativo protocollo farmaceutico per contrastare le malattie da prioni. Si tratta di un gruppo di malattie rare trasmissibili. A sviluppare il progetto è stato un gruppo internazionale di ricercatori, tra cui le scienziate e gli scienziati italiani delle università di Milano-Bicocca e Trento, della Fondazione Telethon, dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) e dell’Istituto di biologia e biotecnologia agraria del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Ibba). L’esperimento potrebbe avere ricadute importanti anche per altre malattie.
In orbita per scoprire nuovi farmaci
L’esperimento è stato lanciato con successo ieri, mercoledì 2 agosto. Potrebbe portare a una validazione del meccanismo di funzionamento di un protocollo del tutto innovativo per lo sviluppo di nuovi farmaci contro gravi malattie neurodegenerative e non solo. Al progetto internazionale oltre ai diversi istituti accademici ha collaborato l’azienda israeliana SpacePharma.
Decollato con la missione spaziale robotica di rifornimento NG-19 dalla base di Wallops Island, in Virginia (USA), ZePrion vuole sfruttare le condizioni di microgravità in orbita per verificare la possibilità di indurre la distruzione di specifiche proteine nella cellula, interferendo con il loro naturale meccanismo di ripiegamento (folding proteico). L’arrivo di NG-19 e Zeprion sulla ISS è previsto per domani, venerdì 4 agosto, quando in Italia saranno all’incirca le 8:00.
Il successo dell’esperimento ZePrion confermerebbe il meccanismo molecolare alla base di una nuova tecnologia di ricerca farmacologica denominata Pharmacological Protein Inactivation by Folding Intermediate Targeting (PPI-FIT), sviluppata da due ricercatori delle Università Milano-Bicocca e di Trento e dell’INFN. L’approccio PPI-FIT si basa sull’identificazione di piccole molecole (dette ligandi), in grado di unirsi alla proteina che costituisce il bersaglio farmacologico durante il suo processo di ripiegamento spontaneo, evitando così che questa raggiunga la sua forma finale.
Farmaci per malattie attualmente incurabili
“La capacità di bloccare il ripiegamento di specifiche proteine coinvolte in processi patologici apre la strada allo sviluppo di nuove terapie per malattie attualmente incurabili”, spiega Pietro Faccioli, professore dell’Università Milano-Bicocca, ricercatore dell’INFN, coordinatore dell’esperimento e co-inventore della tecnologia PPI-FIT.
Ad oggi manca un tassello per la validazione della tecnologia, ovvero la possibilità di ottenere un’immagine ad alta risoluzione del legame tra le piccole molecole terapeutiche e le forme intermedie delle proteine bersaglio (quelle che si manifestano durante il ripiegamento). L’esperimento confermerebbe in maniera definitiva l’interruzione del processo di ripiegamento stesso. In genere, questo tipo di immagine viene ottenuta analizzando con una tecnica chiamata cristallografia a raggi X cristalli formati dal complesso ligando-proteina. Nel caso degli intermedi proteici, però, gli esperimenti necessari non sono realizzabili nei laboratori sulla Terra. La gravità infatti genera effetti che interferiscono con la formazione dei cristalli dei corpuscoli composti da ligando e proteina, quando questa non abbia ancora raggiunto la sua forma definitiva. Questo ha spinto le ricercatrici e i ricercatori della collaborazione ZePrion a sfruttare la condizione di microgravità che la Stazione Spaziale Internazionale mette a disposizione.
Proteina prionica della mucca pazza
“Esiste infatti chiara evidenza che la microgravità presente in orbita fornisca condizioni ideali per la creazione di cristalli di proteine”, illustra Emiliano Biasini, biochimico dell’Università di Trento e altro co-inventore di PPI-FIT, “ma nessun esperimento ha provato fino ad ora a generare cristalli di complessi proteina-ligando in cui la proteina non si trovi in uno stato definitivo”. Esattamente quanto si propone di fare l’esperimento ZePrion, lavorando in modo specifico sulla proteina prionica, balzata tristemente agli onori della cronaca negli anni Novanta durante la crisi del ‘morbo della mucca pazza’. Questa malattia è infatti causata da una forma alterata della proteina prionica chiamata prione, coinvolta in gravi malattie neurodegenerative dette appunto ‘da prioni’ tra le quali la malattia di Creutzfeld-Jakob o l’insonnia fatale familiare.
“In orbita sarà possibile generare cristalli formati da complessi tra una piccola molecola e una forma intermedia della proteina prionica, che in condizioni di gravità ‘normale’ non sarebbero stabili. Questi cristalli potranno poi essere analizzati utilizzando la radiazione X prodotta con acceleratori di particelle, per fornire una fotografia tridimensionale del complesso con un dettaglio di risoluzione atomico. Campioni non cristallini ottenuti alla SSI verranno inoltre analizzati per Cryo-microscopia Elettronica di trasmissione (Cryo/EM)”, sottolinea Pietro Roversi, ricercatore Cnr-Ibba.
ZePrion è come un laboratorio biochimico in miniatura (lab-in-a-box) realizzato da SpacePharma e controllato da remoto. A ZePrion collaborano anche scienziate e scienziati dell’Università di Santiago di Compostela.
Senza allattamento 14 volte più rischio di morte nel 1ᴼ anno
Bambini, Genitorialità, Pediatria, PrevenzioneLa letteratura scientifica ha dimostrato i vantaggi dell’allattamento al seno per la salute della madre e del bambino. Questo vale per il primo anno di età, oltre il quale è sconsigliato. A livello globale, la percentuale dell’allattamento esclusivo è aumentata del 10 per cento, raggiungendo negli ultimi 10 anni il 48 per cento.
In tutto il mondo i bambini che non vengono allattati hanno una probabilità 14 volte maggiore di morire prima di compiere 1 anno, rispetto ai bambini che vengono allattati esclusivamente. In occasione della Settimana Mondiale dell’Allattamento (1-7 agosto) Catherine Russell, Direttore generale dell’UNICEF e Tedros Adhanom Ghebreyesus, Direttore generale dell’OMS hanno rilasciato una dichiarazione congiunta per ribadire la necessità di misure per abbattere le barriere che le donne incontrano soprattutto sui luoghi di lavoro.
“Negli ultimi 10 anni, molti paesi hanno compiuto significativi progressi per incrementare i tassi di allattamento esclusivo. Progressi ancora maggiori sono possibili quando l’allattamento è protetto e supportato, soprattutto sui luoghi di lavoro.
La percentuale dell’allattamento esclusivo è aumentata del 10% raggiungendo il 48% a livello globale negli ultimi 10 anni. Paesi diversi come Costa d’Avorio, Isole Marshall, Filippine, Somalia e Vietnam hanno raggiunto un ampio aumento nei tassi di allattamento, mostrando che il progresso è possibile quando l’allattamento viene protetto, promosso e supportato. Per arrivare all’obiettivo globale del 70% entro il 2030, è necessario affrontare le barriere che le donne e le famiglie incontrano per raggiungere i loro obiettivi di allattamento”.
“Let’s make breastfeeding at work, work”
Quest’anno per la Settimana Mondiale dell’Allattamento con il tema “Let’s make breastfeeding at work, work”, l’UNICEF e l’OMS pongono attenzione sulla necessità di un più ampio supporto all’allattamento su tutti i luoghi di lavoro. Luoghi di lavoro supportivi sono la chiave. Dati mostrano che mentre i tassi di allattamento calano significativamente per le donne che tornano al lavoro – si legge nella nota. Questo impatto negativo può essere cambiato quando i luoghi di lavoro facilitano le madri a continuare ad allattare i propri figli.
“Politiche a favore della famiglia sui luoghi di lavoro – come congedo di maternità retribuito, pause per allattare e una stanza dove le madri possono allattare o tirare il latte – creano ambienti a beneficio non solo delle donne che lavorano e delle loro famiglie ma anche dei datori di lavoro. Queste politiche generano un ritorno economico che riduce le assenze da lavoro legato alla maternità, consentono alle lavoratrici di mantenere il proprio lavoro e riducono i costi di assunzione e formazione di nuovo personale”.
Allattamento protegge da rischi
Secondo le ultime ricerche, oltre al rischio minore di sviluppare un tumore al seno e all’ovaio, per le donne che allattano esisterebbe una sorta di protezione ulteriore nei confronti delle principali patologie cardiovascolari. L’allattamento protegge i bambini da malattie contagiose comuni e rafforza il loro sistema immunitario. Si tratta del primo intervento efficace per la sopravvivenza e il loro sviluppo.
“Supportare l’allattamento sui luoghi di lavoro è una cosa opportuna per le madri, le bambine, i bambini e le aziende e per questo l’UNICEF e l’OMS chiedono a governi, donatori, società civile e settore private di fare sforzi per: assicurare un ambiente che supporti l’allattamento per tutte le madri che lavorano – comprese coloro nel settore informale o con contratti temporanei – garantendo l’accesso a pause regolari per allattare e strutture che consentano alle madri di continuare ad allattare i propri figli una volta tornate al lavoro. Fornire un congedo retribuito sufficiente a tutti i genitori che lavorano e a tutte le persone che si prendono cura dei bambini per rispondere ai loro bisogni”.
Salute e AI: nuove applicazioni in medicina
Medicina Sociale, News PresaL’intelligenza artificiale (IA) si prepara a rivoluzionare molti aspetti della nostra vita, in particolare quello della salute, aprendo nuove prospettive per il miglioramento delle diagnosi, il trattamento delle patologie e la gestione complessiva della salute individuale e collettiva.
Diagnosi e Personalizzazione del Trattamento
L’IA riesce ad analizzare e interpretare un’enorme quantità di dati clinici e diagnostici. Grazie ad algoritmi di apprendimento automatico, si può per esempio ambire a riconoscere sempre meglio i segnali nascosti all’interno di immagini mediche, permettendo una diagnosi più rapida e accurata di malattie come cancro, patologie cardiache e disturbi neurologici, anche in fase precoce, e dunque migliorando significativamente le possibilità di successo dei trattamenti. L’IA apre la strada anche alla personalizzazione del trattamento medico, aumentando così l’efficacia delle cure e riducendo gli effetti collaterali.
Medicina Preventiva e Monitoraggio
Attraverso l’analisi di dati provenienti da dispositivi indossabili e sensori medici, l’IA può effettuare un monitoraggio continuo dello stato di salute dei pazienti, consentendo di intervenire tempestivamente e prevenendo l’aggravarsi di patologie croniche.
Automazione dei Processi Sanitari
La IA può automatizzare i processi alla base delle operazioni amministrative, lasciando agli operatori della salute più tempo da dedicare all’assistenza diretta ai pazienti e garantendo una gestione più efficiente e sicura dei dati sanitari.
Sfide Etiche e Privacy
Nonostante i notevoli progressi, l’integrazione dell’IA nella salute solleva anche alcune sfide etiche e di privacy. Riuscire a garantire una protezione dei dati sensibili dei pazienti e la sicurezza delle informazioni medica diventa una delle priorità per l’immediato futuro. La trasparenza degli algoritmi e la responsabilità nell’uso dei dati sono quindi elementi cruciali per garantire un approccio etico e responsabile all’integrazione dell’IA nella medicina.
Diabete di tipo 1 in estate, 10 raccomandazioni
Prevenzione, RubricheTra alte temperature e cambiamento delle abitudini, gestire il diabete in estate può essere più difficile. L’esperta diabetologa pediatra indica 10 situazioni da tenere in considerazione e spiega come superarle.
Caldo influenza valori di glicemia
“In estate il caldo può rappresentare una sfida per le persone con diabete, basti pensare alla sola influenza che le alte temperature hanno sui valori di glicemia”. Lo ribadisce Barbara Predieri, Professore Associato dell’Università di Modena e Reggio Emilia, Unità Operativa Complessa di Pediatra del Policlinico di Modena. Fattori come il caldo, lo stress, il cambio di abitudini a tavola, di orari o di attività sportive, possono incidere anche quotidianamente sulla gestione e sull’andamento della malattia”. Da qui l’importanza di “intervenire preventivamente – continua la specialista – soprattutto durante la pausa estiva. Oggi l’uso della tecnologia permette di ottenere un miglior controllo glicemico”.
Diabete in estate: 10 cose da non sottovalutare
“Le alte temperature possono influenzare il metabolismo e l’assorbimento dell’insulina. L’eccessivo calore può causare una maggiore sudorazione e un aumento della disidratazione che può determinare una ridotta efficacia dell’insulina, aumentando quindi la glicemia. Ma non finisce qui, perché ci sono altri elementi che vanno considerati, pezzi di un grande puzzle che si incastrano diversamente e che devono essere discussi con il diabetologo di riferimento” – conclude Predieri.
Dieci aspetti che influiscono sui valori
La specialista suggerisce 10 aspetti da non sottovalutare in estate per chi ha il diabete, in particolare il tipo 1.
Le vacanze, i viaggi o le attività all’aperto possono portare a pasti irregolari, orari di sonno diversi e cambiamenti nell’esercizio fisico. Queste variazioni possono influenzare i livelli di zucchero nel sangue e rendere più difficile il controllo della glicemia. È importante rispettare anche in estate il tempo d’attesa tra la somministrazione di insulina e l’inizio del pasto per evitare un successivo rialzo della glicemia.
Molte persone decidono di fare più attività fisiche all’aperto come nuoto, escursioni, ciclismo o sport di squadra. L’esercizio fisico può abbassare i livelli di zucchero nel sangue, quindi è importante adattare il piano terapeutico per prevenire l’ipoglicemia. È consigliabile evitare di praticare attività sportive durante le ore più calde della giornata e mantenere sempre un buon stato di idratazione.
Si tende a consumare cibi e bevande più zuccherati, come gelati, bibite gassate o cocktail alcolici. Questi alimenti e bevande possono causare variabilità glicemica e rendere più difficile il controllo del diabete. Nel caso si decida di assumerli, occorre considerare il duplice effetto (ipo- e iperglicemizzante) che possono avere. Il consiglio è di parlarne prima con il proprio team diabetologico.
Le occasioni per uscire e mangiare fuori in estate aumentano. È preferibile consumare cibi leggeri, senza dimenticare nei pasti i piatti a base di carboidrati (vanno benissimo le insalate di pasta e/o di riso e/o bruschette e/o focacce-pane), verdura e frutta (ricchi di acqua, vitamine e sali minerali) che, favorendo un assorbimento più lento dei carboidrati, aiutano a mantenere stabili i livelli glicemici.
Con il caldo si tende a bere nel momento in cui si ha sete, ma è fondamentale evitare la disidratazione. Il consumo di acqua aiuta a mantenere efficace l’azione dell’insulina permettendo livelli di glicemia più stabili, evitando l’iperglicemia che a sua volta aumenta la disidratazione per la perdita di liquidi attraverso le urine. Questo spiega quanto sia fondamentale bere abbondantemente nel periodo estivo senza aspettare di avere lo “stimolo” della sete, soprattutto per chi ha il diabete. Bisogna prediligere acqua o tè/tisane fatti in casa senza zucchero, evitando succhi, bevande energetiche e integratori sportivi, salvo indicazioni specifiche del proprio medico. Occorre inoltre ricordare che i sensori glicemici funzionano al meglio quando la persona è ben idratata.
Entrare e uscire dall’acqua del mare o della piscina oppure passare da un ambiente molto freddo per il condizionatore all’esterno può provocare un abbassamento della glicemia. infatti il caldo causa dilazione dei vasi sanguigni determinando a volte un assorbimento più rapido dell’insulina ed il conseguente più rapido consumo del glucosio. Anche le situazioni di stress o disagio durante una vacanza o anche durante il viaggio per arrivarci, possono influenzare la variabilità della glicemia, che spesso aumenta.
Il trasferimento e il soggiorno in località lontane da casa può voler dire modificare anche l’orario dei pasti, delle misurazioni glicemiche e delle terapie. Se il cambiamento è di poche ore, puoi adattare lentamente gli orari dei pasti e delle dosi di insulina o farmaci. Se il cambiamento è più significativo, potrebbe essere necessario consultarsi con il proprio medico di riferimento per pianificare in modo adeguato le regolazioni. A destinazione raggiunta o durante il lungo viaggio, bisogna ricordarsi di modificare l’ora nei microinfusori e ricevitori dei sensori poiché l’aggiornamento non avviene in automatico. Prima di partire procurarsi scorte di farmaci e presidi tecnologici sufficienti per tutto il periodo di vacanza per far fronte a ogni evenienza. In caso di procedure di controllo (es. aeroporto) è necessario avere il certificato del diabetologo per portare farmaci e presidi nel bagaglio a mano e perché per sensori e microinfusori è consigliabile evitare di entrare negli scanner.
Con le alte temperature, le variazioni nella routine e nelle abitudini a tavola, va modificato con attenzione il dosaggio di insulina per gestire correttamente la glicemia durante l’estate. Con l’utilizzo dei sensori oggi è possibile monitorare con maggiore regolarità la glicemia, intervenendo tempestivamente sia in caso di glicemia alta che bassa. Occorre quindi avere sempre a portata di mano l’insulina e carboidrati a rapido assorbimento. L’insulina in uso si conserva a temperatura ambiente, senza però dimenticare che può essere meno stabile a temperature elevate, e quindi va conservata bene per non influenzarne l’efficacia. Può essere di aiuto avere sempre con sé un contenitore refrigerato nel quale è bene conservare anche il glucagone iniettivo, mentre quello in formulazione spray nasale può stare a temperatura ambiente.
In vacanza è frequente decidere di provare qualche attrazione particolare senza essere necessariamente degli sportivi (es. luna park, parchi acquatici, musei interattivi, etc). L’imprevedibilità di movimento e divertimento è tipica dei soggetti in età evolutiva ed è consigliabile, per evitare sbalzi di glicemie, controllare sempre i livelli in anticipo. La terapia con sistemi tecnologici permette sicuramente una maggiore flessibilità rispetto alla terapia iniettiva.
Per la gestione del diabete di tipo 1, l’utilizzo di piccoli device adesivi e impermeabili permettono la misurazione in continuo dei livelli del glucosio, alcuni dei quali avvisano anche in anticipo di eventuali cali di zucchero. Con l’infusione di insulina attraverso microinfusori, permettono una maggiore flessibilità nella gestione della terapia. L’effetto delle temperature grava anche su microinfusori e sensori. La maggiore sudorazione e lo stare molto tempo in acqua possono favorire il distacco precoce dei dispositivi in uso. È bene utilizzare accessori per favorire un maggior “ancoraggio” (es. cerotti, fasce), ma è importante ricordare di portare sempre con sé un set microinfusore e un sensore di scorta. Per le attività acquatiche, in caso di microinfusore con tubi, si consiglia di toglierlo e metterlo all’ombra, mentre i modelli a cerotto (patch pump) e i sensori sono impermeabili e non necessitano di questa precauzione.
Pfas aumentano rischio cardiovascolare. Svelato meccanismo
One health, Prevenzione, Ricerca innovazioneLa contaminazione da PFAS – sostanze perfluoroalchiliche – aumenta l’ipertensione arteriosa e quindi il rischio cardiovascolare. Una ricerca nata dalla collaborazione dell’Università di Padova e dell’Istituto di neuroscienze (In) del Cnr ha svelato i meccanismi molecolari alla base. Gli studiosi hanno preso in esame i due principali PFAS (PFOA e PFOS) rilevati nel sangue di persone che vivono nell’Area Rossa della provincia di Vicenza, la più colpita. Dai risultati è emerso un aumento marcato della sintesi e produzione di aldosterone. Quest’ultimo è il principale ormone che aumenta la pressione arteriosa.
Il lavoro è stato condotto dal gruppo di ricerca del Prof. Gian Paolo Rossi dell’Università di Padova, coordinato da Brasilina Caroccia e con il contributo di Giorgia Pallafacchina per il Cnr-In e di Rosario Rizzuto dell’Università di Padova.
Banditi in Usa, ammessi in EU
I risultati dello studio hanno dimostrato la prima prova che un contaminante ambientale può causare ipertensione arteriosa. I PFAS sono sostanze ampiamente diffuse “siamo quotidianamente esposti ai loro effetti nocivi”– si legge nella nota del CNR. La loro produzione è stata bandita negli USA, ma è tuttora ammessa nell’EU. La ricerca è stata pubblicata sull’International Journal of Molecular Sciences.
I Pfas sono composti chimici sintetici quasi indistruttibili. Sono usati dall’industria per realizzare prodotti antiaderenti, antimacchia, impermeabili e per la produzione di materiali come Teflon o Gore-tex. Possono trovarsi quindi nella carta per alimenti, nelle padelle antiaderenti, nell’abbigliamento tecnico, nei tessuti impermeabili e antimacchia finanche nella carta igienica.
Ad oggi sono due i composti di largo uso della famiglia dei Pfas a essere considerati pericolosi: il Pfos (perfluoroottano solfonato) e il Pfoa (acido perfluoroottanoico). Le forme di esposizione possono essere molte, tra cui il consumo di alimenti che derivano da animali che si sono nutriti su terreni contaminati.
Pfas aumentano radicali liberi
L’Italia è tra i Paesi più colpiti dalla contaminazione da PFAS e in particolare, la regione Veneto. I ricercatori hanno dimostrato che l’effetto dei PFAS è dovuto alle loro proprietà ossidanti che determinano un aumento dei radicali liberi dell’ossigeno nelle cellule di cortico-surrene umano. Attraverso tecniche innovative di analisi subcellulare, i ricercatori sono anche riusciti a capire che l’aumento dei radicali liberi avviene nei mitocondri, le centrali energetiche della cellula, che sono anche gli organelli cellulari responsabili della produzione di aldosterone.
Gelato può sostituire un pasto anche a dieta se bilanciato
Alimentazione, BenessereTutti lo amano, molti lo temono per la linea. In realtà il gelato artigianale, senza grassi vegetali idrogenati, coloranti e aggiunta di zuccheri, è un alimento sano e rientra nella dieta mediterranea. In altre parole ha un importante ruolo nutrizionale e può essere considerato come un “fast food” italiano approvato dai nutrizionisti.
Mangiare un gelato fa tornare tutti un po’ bambini e alcuni studi lo hanno associato persino al buonumore. Inoltre aiuterebbe a combattere l’ansia e i problemi di insonnia. Sarà per questo che il gelato artigianale è un amore che non conosce crisi (nel 2022 le vendite di gelato artigianale in Italia hanno raggiunto i 2,7 miliardi di euro di fatturato). Tuttavia bisogna scegliere quello giusto. Un buon gelato è artigianale, ha ingredienti di qualità e pochi zuccheri.
Attenzione al picco glicemico
In generale, gli zuccheri vanno limitati per abbassare i fattori di rischio per molte patologie, tra cui diabete e obesità. Secondo gli esperti di Airc è importante moderarne il consumo ma senza eliminarli del tutto. In sostanza, vanno aboliti gli eccessi (da qualsiasi fonte, anche vegetale). Il glucosio e il fruttosio sono infatti in grado di aumentare la concentrazione di insulina nel sangue. L’insulina è responsabile della produzione di fattori che favoriscono l’infiammazione e la crescita delle cellule. Questo vale per prevenire non solo il cancro, ma anche tutte le malattie croniche come il diabete e i disturbi cardiovascolari.
Anche il gelato può contenere zuccheri aggiunti, quali saccarosio, sciroppo di glucosio, fruttosio, oltre a quelli provenienti dal latte (lattosio) e dalla frutta (fruttosio). Si tratta di un alimento ad alto indice glicemico, seppur meno di altri dolci. Oggi sono disponibili gelati al fruttosio, con sostituzione del saccarosio, ma non hanno un effettivo controllo del valore glicemico. Il gelato quindi può avere un ruolo positivo se inserito all’interno di una dieta equilibrata e senza eccessi. L’ideale è sempre scegliere un gelato a basso contenuto di saccarosio oppure associare al gelato frutta e verdura fresca di stagione. Infatti la fibra alimentare in esse contenuta è in grado di limitare l’assorbimento intestinale del glucosio. Si può anche scegliere un gelato artigianale preparato con il latte di avena, mandorle o soia per un controllo maggiore del picco glicemico.
Valore nutrizionale del gelato
Un gelato, se di buona qualità e inserito nel contesto di una dieta equilibrata, può sostituire un pasto. Contiene proteine, grassi di qualità, glucidi a rapido assorbimento e a pronta disponibilità energetica come lattosio e saccarosio, apporta vitamine A e B2, oltre che sali minerali. A ribadire il ruolo del gelato artigianale di qualità è la Società Italiana di Scienze dell’Alimentazione – SISA. Oltre agli ingredienti di qualità, anche le materie prime è importante che siano del territorio, come avviene con alcuni artigiani gelatieri che con le loro microimprese e la valorizzazione del proprio territorio conservano il loro mestiere in piccoli centri.
Una dieta per dimagrire mangiando il gelato
“Il gelato offre un buon apporto nutritivo ed è gratificante – sottolinea la Prof.ssa Silvia Migliaccio, Presidente della Società Italiana di Alimentazione, SISA. “Con una dieta adeguata, è possibile perdere due o tre chili in pochi giorni, concedendosi il piacere di uno, talvolta anche due, gelati al giorno. Il gelato, infatti, è un alimento con molte qualità e che, anche psicologicamente, aiuta ad affrontare meglio una dieta ipocalorica. L’importante è mangiarlo come alternativa ad un pasto e non aggiungerlo a primo e secondo come dessert. È prodotto con latte, uova, zucchero, più caffè, cacao o frutta, tutti alimenti con buon valore nutrizionale. Mangiando, per esempio, un gelato alla crema introduciamo proteine di alto valore biologico, grassi di qualità, glucidi a rapido assorbimento e a pronta disponibilità energetica come lattosio e saccarosio. Ma apporta anche vitamine A e B2, oltre che sali minerali, come calcio e fosforo. Se poi aggiungiamo un paio di cialde o un biscotto, che sono a base di cereali, la composizione nutrizionale del pasto si arricchisce di amido”. L’importante è che non si assumano altri dolci e che non si soffra di diabete, sottolinea la specialista. Il gelato però non va mangiato troppo in fretta: “se non ci si ferma qualche secondo, si rischia di anestetizzare le papille gustative e gustarne meno il sapore”.
Caldo, evitare sbalzi oltre 7 gradi. Ne parla lo specialista
Anziani, Prevenzione, RubricheIn tutta Italia il caldo ha raggiunto temperature record nelle ultime settimane. Di conseguenza aumenta il ricorso all’aria condizionata. Tuttavia se la differenza di temperatura tra l’ambiente esterno e interno è superiore ai 7 gradi possono subentrare più rischi che benefici. Uno sbalzo termico eccessivo può causare effetti collaterali e rendere molto meno tollerabile la temperatura esterna.
A spiegarlo è Vincenzo Marigliano, professore emerito di Medicina Interna, già ordinario di Geriatria all’Università La Sapienza, oggi Internista di riferimento della Clinica Villa Margherita di Roma.
Secondo il professore è importante adottare precauzioni, senza allarmismi: “le categorie più a rischio sono i bambini e gli anziani. Sono, infatti, le persone che maggiormente possono essere soggette alla disidratazione, perché per ragioni fisiologiche percepiscono meno la sete. Con la differenza che i bambini, naturalmente dotati di abbondanti riserve idriche, sono maggiormente portati a bere dai genitori o altri adulti di riferimento che li seguono costantemente. Mentre gli anziani, con minori riserve idriche, vengono spesso lasciati soli a loro stessi e, quindi, sono esposti ad un rischio di disidratazione decisamente maggiore, dovuto anche alle difficoltà di deglutizione”.
Alimentazione e caldo
L’alimentazione gioca un ruolo fondamentale contro il caldo estremo. “In estate il mio consiglio è di implementare le dosi di verdura e frutta, non solo per fornire all’organismo il corretto apporto di vitamine e sali minerali ma anche perché, per il loro essere composte in gran parte di acqua, contribuiscono all’idratazione generale dell’organismo. Ovviamente, qualora i nutrienti introdotti attraverso il cibo non fossero sufficienti, per esempio in caso di pressione bassa o eccessiva sudorazione, è opportuno integrare gli elettroliti aumentando il sale nelle pietanze o attraverso integratori specifici.”
Bere acqua e bevande senza zucchero
“La raccomandazione è bere, come minimo, due litri d’acqua al giorno che, per le persone più magre e diligenti, possono tranquillamente diventare tre. Per gli anziani che vivono da soli il suggerimento è di preparare 4 bottigliette da mezzo litro numerate, così da essere certi di non andare al di sotto la dose minima necessaria. In alternativa all’acqua si possono bere tisane fresche o altre bevande; tenendo presente che è opportuno limitare gli zuccheri e le bibite gasate”.
Alcolici ostacolano idratazione
“Gli alcolici sono del tutto sconsigliati dal momento che sono nemici dell’idratazione – ribadisce il prof. Marigliano. Non solo non apportano alcun beneficio all’organismo ma ostacolano l’idratazione, sia con il senso di torpore che riduce la sensazione di allarme per cui siamo portati ad idratarci, sia consumando acqua, perché, per essere smaltiti richiedono molti liquidi.”
Tessuti riparano dal caldo
“Per quanto riguarda l’abbigliamento – continua lo specialista – il modo migliore per sopportare il caldo è tenere coperta la cute. Se si è costretti a uscire nelle ore più calde, il mio consiglio è quello di coprire sempre la testa, oppure, in assenza di un copricapo uscire con i capelli bagnati.”
Gravidanza
“Per le donne in gravidanza, oltre a tutte le indicazioni sopracitate, chiaramente si consiglia una maggiore accortezza e, soprattutto, in caso di gonfiore alle gambe si raccomanda di contattare subito il proprio medico perché è un sintomo da non sottovalutare mai, in nessun caso.”
Aria condizionata
Per quanto riguarda l’aria condizionata, “va benissimo utilizzarla e refrigerare gli ambienti ma senza esagerare. L’ideale è evitare di creare una differenza di temperatura superiore ai 7 gradi tra interno ed esterno, dal momento che uno sbalzo termico eccessivo potrebbe causare effetti collaterali, rendendo anche molto meno tollerabile la temperatura esterna. Per questo, quando si esce il mio consiglio è quello di vestirsi a strati per evitare un eccessivo sbalzo di temperatura quando si entra in esercizi commerciali e viceversa. Per quanto riguarda la climatizzazione domestica, mi preme ricordare che l’importante è togliere l’umidità, anche la notte. Infatti, se si refrigera la camera da letto prima di coricarsi, avendo l’accortezza di attivare la funzione deumidificante, si potrà dormire tranquillamente, senza dover stare sotto il getto d’aria tutta la notte.”
I vantaggi dell’allattamento al seno
Alimentazione, Bambini, Genitorialità, PediatriaL’estate non dovrebbe essere un ostacolo all’allattamento al seno, come sottolineano i pediatri della Società Italiana di Pediatria (SIP). Allattare al seno, anche durante l’estate, è molto utile per la salute del bambino e ci sono almeno quattro valide ragioni per incoraggiare le mamme a farlo: il latte materno nutre e idrata il bambino, è comodo, economico e riduce il rischio di infezioni.
I dati
In Italia, purtroppo, i tassi di allattamento esclusivo al seno sono ancora bassi, con meno della metà dei bambini allattati esclusivamente al seno a 2-3 mesi di età e percentuali ancora più basse in alcune regioni come Sicilia e Campania (rispettivamente 30%). Anche quando i bambini raggiungono i 4-5 mesi, solo il 30% continua ad essere allattato in modo esclusivo al seno (con percentuali ancora più basse in Sicilia e Campania, rispettivamente 13% e 16%). Questi dati sottolineano la necessità di promuovere l’allattamento in modo più attivo.
Primi mesi
I benefici dell’allattamento per la mamma e il bambino sono ampiamente documentati, e sia l’OMS che l’UNICEF raccomandano l’allattamento esclusivo fino ai 6 mesi di età, con possibilità di prolungarlo fino ai 2 anni, se desiderato sia dalla mamma che dal bambino. Per questo motivo, la SIP ribadisce l’importanza di sostenere, proteggere e promuovere costantemente l’allattamento, soprattutto nei primi mesi di vita del bambino. Durante l’estate, è essenziale diffondere queste informazioni per incoraggiare le mamme a fare la scelta giusta per il benessere del loro bambino.
Oltre i 2 anni
Se è vero che allattare al seno ha grandi vantaggi, proseguire oltre i 2 anni è invece sconsigliato. Le ragioni sono molte, ma ce ne sono almeno due fondamentali. In primis, intorno ai 2 anni molti bambini cominciano a dimostrare segni di indipendenza e desiderio di esplorare il mondo circostante in modo più attivo. A questo punto, il distacco dal seno può facilitare il processo di sviluppo dell’autonomia, contribuendo alla crescita del bambino come individuo. Inoltre, continuare ad allattare al seno oltre i 2 anni potrebbe comportare rischi per la salute della madre e del bambino. Ad esempio, potrebbe aumentare il rischio di carie dentali nel bambino a causa dell’esposizione prolungata ai carboidrati presenti nel latte materno.