Hiv, in Italia 63% diagnosi tardive. PrEP e nuove terapie
In Italia il 63% delle diagnosi di HIV arrivano quando emergono già i problemi. Eppure “i test si possono fare in maniera gratuita e anonima in ospedali, centri specializzati, consultori, ma anche in farmacia e nei check-point. Un altro modo per facilitare l’accesso al test riguarda i luoghi di primo accesso, come i Pronto Soccorso e i medici di medicina generale, che possono indagare eventuali comportamenti a rischio dei pazienti” ha ricordato il Prof. Stefano Vella, Presidente Commissione Nazionale per la lotta contro l’Aids.
In Italia sono in calo le diagnosi dal 2012, nel 2021 sono state 1770, ma resta ancora alto il numero delle diagnosi tardive. Il 63% dei pazienti scopre di essere affetto da HIV quando ha già una malattia conclamata. Questo ritardo ostacola l’avvio delle terapie. Da questi dati nascono le proposte frutto della collaborazione tra istituzioni, ISS, società scientifiche e associazioni della Community dei pazienti.
Le proposte sono state presentate in un recente convegno scientifico “HIV Testing & Linkage to care: esperienza di collaborazione tra Malattie Infettive e Pronto Soccorso” a Roma. Sono state esaminate le offerte del test HIV più efficaci per il linkage-to-care tempestivo delle persone HIV positive. Inoltre si è discuso dell’inquadramento legislativo, riferito al Piano Nazionale AIDS e alla riforma della legge 135/90.
La lotta all’hiv, la PrEP
Le nuove terapie antiretrovirali, assunte regolarmente, rendono il virus dell’HIV non più rilevabile nel sangue e non trasmissibile. Un nuovo strumento è la Profilassi pre-Esposizione (PrEP), di cui AIFA ha da poco approvato la rimborsabilità. In molti Paesi questa misura ha già ridotto drasticamente il numero di nuove infezioni. “Nonostante gli straordinari progressi scientifici, la lotta all’HIV nel mondo presenta ancora molte criticità, come dimostrano le circa 1,5 milioni di nuove infezioni che si registrano ogni anno a livello globale, mentre in Italia persiste il problema delle diagnosi tardive, che si riflettono su un ritardo nei trattamenti e un numero ancora congruo di contagi – ha spiegato il Prof. Stefano Vella.
“Serve maggiore informazione e un più ampio accesso al test, soprattutto per chi ha avuto comportamenti a rischio. I test – ha continuato Vella – si possono fare in maniera gratuita e anonima in ospedali, centri specializzati, consultori, ma anche in farmacia e nei check-point gestiti dalla Community. Un altro modo per facilitare l’accesso al test riguarda i luoghi di primo accesso, come i Pronto Soccorso e i medici di famiglia, che possono indagare maggiormente lo stile di vita dei propri pazienti e capire eventuali comportamenti a rischio”.
Diagnosi precoce blocca l’avanzamento del virus
“L’avvio dei trattamenti non può prescindere da un ampliamento dei test nella popolazione – evidenzia il Prof. Claudio Mastroianni – La SIMIT è impegnata in diverse collaborazioni con altri specialisti di riferimento, come gli urgentisti della SIMEU e i Medici di Medicina Generale della SIMG. Obiettivo comune per tutti è riuscire a sfruttare ogni occasione per effettuare il test HIV in ogni momento utile, dall’accesso al Pronto Soccorso alle visite ambulatoriali, fino a quelle situazioni che possano far sospettare la presenza del virus.
Occorre quindi agire in diversi setting stimolando l’esecuzione del test: al Policlinico Umberto I, ad esempio, abbiamo avviato dei progetti finalizzati a testare i pazienti al PS e in tutte le situazioni dove vi possono essere eventi sentinella che possano far pensare all’infezione da HIV. Con questo metodo sono già stati ottenuti importanti risultati, identificando persone affette dal virus e non consapevoli della loro positività: questo ci ha permesso di iniziare precocemente la terapia antiretrovirale, che evita alla malattia di progredire e permette a queste persone di non trasmettere l’infezione”.