Salute al maschile, cosa è cambiato
«Vivo in prima persona il problema dell’incontinenza che è devastante e che, purtroppo, non mi permette di condurre una vita normale». È la testimonianza, coraggiosa e drammatica, che Francesco Diomede (presidente della Federazione italiana incontinenti e disfunzioni del pavimento pelvico) ha portato in occasione del workshop “Salute al maschile: qualità di vita dopo le cure”, promosso dal network Presa – Prevenzione e Salute per fare il punto sulla medicina di genere. In particolare per discutere di salute maschile, tra oncologia, urologia e trattamenti innovativi. Diomede denuncia che «sono due anni che mancano i finanziamenti previsti nei nuovi livelli essenziali di assistenza (LEA) contenuti nel “patto per la salute”, che inizialmente prevedeva l’istituzione di una cabina di regia per l’avvio di un nuovo percorso diagnostico terapeutico. In realtà – dice – nulla di tutto ciò si è concretizzato, noi pazienti riscontriamo tutt’ora una mancanza di attenzione da parte delle Istituzioni che incide negativamente sulla dignità delle nostre vite».
COMPLICANZE
Incontinenza e disfunzione erettile sono l’altra faccia della medaglia in un campo che ha fatto negli anni enormi progressi. Infatti, se quella contro il tumore della prostata è una battaglia che oggi in molti casi si vince, non sono rare le complicanze funzionali. Lo evidenzia Roberto Carone, direttore della struttura complessa di Neuro-Urologia e del dipartimento delle Mielolesioni dell’Azienda ospedaliera Città della Salute e della Scienza di Torino. «Per questo – dice – è necessario istituire una rete regionale di centri di riferimento per il trattamento dell’incontinenza urinaria che rendano le cure più omogenee da nord a sud Italia».
I COSTI
Oltre al danno si aggiunge poi la beffa di una spesa enorme per lo stato. Beffa, perché rendendo accessibili le tecnologie innovative si avrebbe un risparmio per il Sistema sanitario nazionale. Ne abbiamo parlato con il professor Francesco Saverio Mennini, Research Director, EEHTA del CEIS della Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata.
Professor Mennini, quanto si potrebbe risparmiare con approcci più adeguati?
«Nel caso dell’incontinenza urinaria maschile grave post prostatectomia radicale per tumore prostatico la nostra stima è di 1milione e 500mila in 5 anni. Semplicemente facendo ricorso, e quindi rendendo accessibile a tutti i pazienti, una tecnologia già riconosciuta come gold standard in questi casi».
Si riferisce ad un device in particolare?
«Sì, allo sfintere artificiale AMS800. In termini di spesa, lo studio (Budget Impact Model) evidenzia come, grazie all’utilizzo di questo dispositivo, si viene a determinare una notevole riduzione dei costi complessivi. Un milione e mezzo di euro in 5 anni è una bella somma».
Quali voci concorrerebbero a questo risultato?
«Sarebbe la conseguenza della riduzione degli eventi avversi, del raggiungimento dello stato di continenza totale e del miglioramento della qualità di vita dei pazienti rispetto alla terapia conservativa attualmente utilizzata».
Dunque si risparmierebbe e si avrebbe un miglioramento della qualità di vita?
«Non sono un clinico, ma è evidente. Anche per questo è lampante che servirebbe un’attenta riflessione dei deciosion maker, per adottare policy mirate all’efficientamento del sistema. In questo modo sarebbe possibile garantire una maggiore sostenibilità, e quindi standard di cura sempre più alti».