I cibi “ultraprocessati” hanno un impatto negativo sulla salute della popolazione generale, come dimostrano molti studi. Una ricerca condotta dal Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione dell’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli (IS), pubblicata sulla rivista scientifica American Journal of Clinical Nutrition, ha indagato se il consumo di alimenti ultraprocessati sia un fattore di rischio maggiore per chi è affetto da diabete di tipo 2.
I risultati confermano l’aumento sostanziale del rischio di mortalità, sia per malattie cardiovascolari che per tutte le altre cause. Gli effetti dei cibi ultraprocessati sono indipendenti dalla qualità nutrizionale della dieta, misurata in questo caso come aderenza alla Dieta Mediterranea.
I cibi ultraprocessati
Gli alimenti ultraprocessati sono prodotti che hanno subito processi di trasformazione realizzati, in parte o interamente, con sostanze che non vengono utilizzate abitualmente in cucina (es. proteine idrolizzate, maltodestrine, grassi idrogenati). In genere contengono molti additivi, tra cui coloranti, conservanti, antiossidanti, anti-agglomeranti, esaltatori di sapidità ed edulcoranti. Il fine degli additivi non è migliorare le proprietà nutrizionali degli alimenti ma esaltarne il sapore, l’aspetto e prolungarne la durata. Nei cibi ultraprocessati rientrano in genere gli snack confezionati, le bevande gassate e zuccherate, i pasti pronti per il consumo e i cibi fast-food.
Possono essere ultraprocessati anche cibi “insospettabili”, come ad esempio yogurt alla frutta, cereali per la colazione, cracker e buona parte dei sostituti vegetali della carne.
Lo studio
La ricerca italiana, condotta nell’ambito del Progetto Epidemiologico Moli-sani, ha preso in esame 1.066 partecipanti che al momento dell’ingresso nello studio erano affetti da diabete di tipo 2.
“Esaminando l’evoluzione della loro salute nel corso di 12 anni – dice Marialaura Bonaccio, epidemiologa del Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione dell’IRCCS Neuromed di Pozzilli e primo autore dello studio – è stato possibile evidenziare che una alimentazione ricca di alimenti ultra-processati esponeva le persone con diabete ad una ridotta sopravvivenza. Quelle che riportavano un consumo più elevato di cibi ultra-processati mostravano un rischio di mortalità per ogni causa del 60% più alto, rispetto ai pazienti che consumavano questi prodotti in quantità minore. Il rischio di mortalità per malattie cardiovascolari, che sono già frequenti nella popolazione con diabete, aumentava più del doppio”.
“Uno dei risultati più interessanti di questo studio – dice Licia Iacoviello, Direttore del Dipartimento e professore ordinario di Igiene all’Università dell’Insubria di Varese e Como – è che l’aumento di rischio legato ai cibi ultra-processati si osserva anche se si è scrupolosamente attenti a ciò che si mangia. Ad esempio, una persona con diabete sceglie generalmente cibi salutari tipici della Dieta mediterranea. Ma se nella sua alimentazione sono presenti anche molti cibi sottoposti a lavorazione, i vantaggi si annullano, con un evidente aumento di rischio per la salute”.
“Questi risultati – commenta Giovanni de Gaetano, Presidente dell’IRCCS Neuromed di Pozzilli – potranno avere importanti implicazioni per future linee guida finalizzate alla gestione del diabete di tipo 2. Oltre alla tradizionale adozione di una alimentazione basata sui ben noti requisiti nutrizionali, le raccomandazioni alimentari dovranno anche suggerire di limitare quanto più possibile il consumo di alimenti ultra-processati. In questa prospettiva, e non solo per le persone con diabete, riteniamo che le etichette e le indicazioni sui cibi che acquistiamo dovrebbero contenere anche informazioni sul grado di lavorazione al quale sono stati sottoposti”.