I medici della Campania in assemblea in quello che è diventato l’ospedale simbolo di una sanità commissariata che non piace: il San Giovanni Bosco. Domani (venerdì 25 gennaio ore 11.30) i camici bianchi si ritroveranno nell’aula della direzione sanitaria, per chiedere di restituire dignità e sicurezza a quanti nella sanità ci lavorano.
La protesta
La manifestazione servirà a lanciare un messaggio forte dalla Campania ad una politica indifferente ai problemi sollevati dalle categorie in difesa della sanità pubblica e della dignità del loro lavoro. «Abbiamo scelto il San Giovanni Bosco – dicono i sindacalisti – perché è in questo momento il simbolo della sanità che non vogliamo, perché vogliamo che tutti i dirigenti che rappresentiamo e gli utenti possano avere ospedali “sicuri”. Il messaggio che si solleva con forza è racchiuso in tre hasthag.
#DIGNITÀ
Le condizioni di lavoro negli ospedali peggiorano senza sosta. Una burocrazia asfissiante, turni massacranti, ogni anno almeno 15 milioni di ore di lavoro eccedenti il dovuto contrattuale, tutti i week end passati a coprire reperibilità e turni di guardia, estenuanti trattative per conquistare le ferie, aggressioni verbali e fisiche, una crescita esponenziale del rischio clinico e medico-legale, a fronte di retribuzioni inchiodate al 2010 e di progressioni di carriera rarefatte ed invase dalla politica, provocano un esodo di massa verso settori più remunerativi che consentono anche una migliore qualità della vita. Il collasso della dignità di una professione accompagna il collasso di un diritto costituzionale dei cittadini.
#ASSUNZIONI
Per far fronte alla carenza dei medici, ormai pesante realtà in molte Regioni del Paese, è necessario correggere la rotta della programmazione della formazione specialistica, aumentando il numero dei contratti di formazione per sopperire alla mancanza di 16.500 specialisti entro il 2025. E cancellare insopportabili vincoli di spesa per garantire almeno il turnover.
#CONTRATTO
Dieci anni senza. Quest’anno si “festeggia” il decimo compleanno del contratto che non c’è, fermato al 2009 da leggi e finanziarie che negli anni ne hanno reiterato il blocco. Una ricorrenza amara, resa ancora più spiacevole dal “regalo” dell’ultima legge di bilancio, il comma 687, che pesa sul rinnovo del triennio 2016-2018 allungando ulteriormente i tempi della sua chiusura.