La ricostruzione del seno è parte della cura del cancro e migliora la qualità di vita delle pazienti. Uno studio, diretto e coordinato da Humanitas, capofila di 17 Centri di senologia di tutta Italia (l’arruolamento dei centri si completerà a dicembre 2019), ha dimostrato la sicurezza oncologica del lipofilling, una tecnica chirurgica che utilizza il tessuto adiposo della paziente per rimodellare aree del corpo danneggiate da tumori, traumi o malformazioni congenite.
“Punto di forza di questo studio promosso da Senonetwork, la rete delle Breast Unit in Italia, è rappresentato dai suoi numeri, poiché sono stati raccolti i dati di ben 5.500 pazienti – ha spiegato il professor Marco Klinger, Principal Investigator e responsabile Chirurgia Plastica di Humanitas -. Mai nessuna ricerca prima aveva analizzato una casistica così numerosa. Per questo sentiamo di essere arrivati a una conclusione definitiva e completamente tranquillizzante per le pazienti”.
Il lipofilling: cosa è
Sempre più utilizzato in chirurgia ricostruttiva (oltre che estetica) il lipofilling è un autotrapianto di grasso che permette di ricreare volumi persi in seguito a interventi oncologici o traumi e di rigenerare i tessuti di rivestimento, grazie alla presenza di fattori di crescita e cellule staminali adulte.
Si tratta di una procedura poco invasiva, che comporta il prelievo di piccole quantità di grasso dalle sedi in questo è naturalmente presente (l’addome o le cosce, di solito), un breve trattamento di depurazione in sala operatoria e quindi il suo trasferimento nei punti in cui si vuole ricreare un volume o migliorare la qualità dei tessuti, rendendoli più elastici e vitali.
Anche in seguito a un approccio senologico meno drastico, che ha visto diminuire le mastectomie in favore di un aumento delle quadrantectomie, il lipofilling è sempre più protagonista nella chirurgia mammaria post-oncologica, in quanto strumento ideale per colmare piccoli deficit di volume e soprattutto per “rigenerare” i tessuti in seguito alla radioterapia, riducendo le complicanze in caso di impianto di protesi.
Lo studio
I risultati dello studio, ottenuti con un campione di oltre 5.500 pazienti, dimostrano per la prima volta al mondo che un’eventuale recidiva non è vincolata all’innesto adiposo autologo.
“Questo lavoro è l’ultimo di una lunga serie di lavori che abbiamo eseguito su questo tema in Humanitas – sottolinea Klinger -. Il primo ha dimostrato clinicamente l’efficacia del lipofilling nel trattamento degli esiti da ustione, consentendo ai pazienti il recupero della motilità, una minore dolorabilità delle cicatrici e maggiore uniformità della cute. Ancora in tema senologico, con un altro lavoro abbiamo dimostrato l’efficacia clinica dell’innesto adiposo autologo per ridurre la cosiddetta Mastectomy Pain Syndrome, la sindrome dolorosa cronica che colpisce molte donne in seguito a mastectomia. Sempre di più, il nostro grasso si rivela una vera e propria miniera d’oro, un kit di emergenza sempre disponibile, a cui ricorrere in caso di necessità”.