Nel mondo più di 5 milioni di persone muoiono ogni anno a causa della sedentarietà. Così l’Università di Stanford ha individuato lo strumento ideale per monitorare il fenomeno: lo smartphone. Con il più grande studio mai condotto finora sull’attività fisica ‘spontanea’ (oltre 700.000 persone, in oltre un centinaio di Paesi diversi), sono stati registrati i ‘passi’ fatti ogni giorno e sono stati delineati i pattern di sedentarietà: maggiori nelle città meno ‘camminabili’ e tra le donne.
In pratica, lo studio ha messo il naso nei cellulari di oltre 700 mila persone, con l’obiettivo di aprire la strada ad iniziative mirate contro l’obesità.
Ad annunciarlo al mondo con un post su Twitter (‘Big data in action!’) è lo stesso Francis Collins direttore dei National Institutes of Health americani anche perché questa ricerca, appena pubblicata come lettera su Nature online, è stata realizzata grazie ad un grant dei NIH.
Il Big data, quindi, conferma il suo potenziale, in grado di spiegare, attraverso le informazioni, i trend di salute. Lo sottolinea Grace Peng, direttore del programma di Computational Modeling, Simulation and Analysis del National Institute of Biomedical Imaging and Bioengineering (NIBIB).
Gli smartphone, posseduti ormai da 3 adulti su 4 nei Paesi industrializzati e 1 su 4 in quelli in via di sviluppo, sono lo strumento più efficace per tracciare le abitudini della popolazione.
Lo studio
Sono stati selezionati gli utilizzatori di un’app gratuita su smartphone (Azumio Argus) per il monitoraggio dell’attività fisica e di altre misure (età, genere, altezza, peso registrati dagli utenti sull’applicazione).
I ricercatori hanno analizzato 68 milioni di giorni di registrazioni da 717.527 utilizzatori anonimi di questa applicazione, residenti in 110 Paesi diversi. La ricerca si è poi focalizzata su 46 nazioni (un migliaio di utenti per ognuna). Il 90% degli utenti vivevano in 32 nazioni industrializzate e solo il 10% in Paesi a medio income.
Per calcolare le disparità di attività fisica per nazione i ricercatori della Stanford hanno utilizzato il Gini index, parametro usato dagli economisti per descrivere le disparità di income. Ne è venuta fuori la misura di quanto una nazione fosse ‘ricca’ o ‘povera’ in attività fisica.
L’utente medio di questa applicazione faceva circa 5.000 passi al giorno; sono state anche confrontate le nazioni con pattern di attività fisica più uniformi e quelle con maggior disparità. Ne è emerso che i soggetti residenti nelle 5 nazioni con la maggiore disparità di attività fisica sono anche quelle con i maggiori problemi di obesità: il loro rischio di obesità è risultato del 200% maggiore rispetto ai soggetti residenti nelle nazioni con il più basso indice di disparità nell’attività fisica.
Le nazioni con maggiori disparità nel livello di attività fisica sono anche quelle con il maggior numero di donne sedentarie. Dove invece l’attività fisica presenta livelli più uniformi (come ad esempio in Giappone), maschi e femmine risultano attivi in maniera confrontabile. Al contrario, ne Paesi con le maggiori disparità di attività fisica (es. Arabia Saudita e USA), sono in genere le donne quelle più sedentarie, con un gender gap di ben il 43% tra i due sessi per quanto riguarda il livello di attività, un dato questo riflesso anche la più rapido aumento di prevalenza di obesità tra le donne, nelle popolazioni più sedentarie.
Insomma, i ricercatori hanno delineato dalla ‘disparità’ il target specifico che richiederebbe interventi più urgenti contro l’obesità. Il team americano, inoltre, auspica l’aumento della ‘camminabilità’ delle città, creando cioè un ambiente sano e piacevole per fare delle passeggiate.
In effetti, dati provenienti da 69 città degli Stati Uniti confermano che le città con i maggiori ‘walkability score’ sono anche quelle che hanno le minori disparità di attività. Le città più percorribili a piedi sono quelle che hanno fatto registrare tra gli utilizzatori dell’app per smartphone il maggior numeri di passi individuali al giorno in tutte le categorie considerate (età, sesso, BMI), anche se le donne per qualche motivo restano sempre un po’ più indietro rispetto agli uomini.
Una caratteristica, quella delle città poco percorribili, fonte di malattia. Ne emergono, però, anche possibili ‘strumenti’ di salute, tirati in ballo di recente anche dalla ‘Lettera aperta ai sindaci’, siglata da Anci (Enzo Bianco, Presidente Consiglio nazionale ANCI) e Federsanità (Angelo Lino Del Favero, Presidente Federsanità Anci), e firmata tra gli altri anche da Andrea Lenzi, Presidente di Health City Institute, Giovanni Malagò, Presidente del Coni e Walter Ricciardi, Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità.
La lettera chiede di porre come priorità la salute nelle agende e nelle strategie.
Nel fare ciò, ha proposto nuovi modi per progettare, costruire e gestire le città per aiutare le persone a vivere una vita sana.